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Charlie Bartlett
Sempre con il sorriso sulle labbra, uno sguardo fintamente ingenuo che nasconde, in realtà, estrema scaltrezza e un savoir faire che lo rende irresistibile, Charlie Bartlett è un giovane poco più che adolescente che ovunque si ritrovi, soprattutto a scuola, cerca di essere popolare.
Premesse per un film moralistico-adolescenziale come tanti altri prodotti americani in cui dopo uno shock di qualche tipo fa capire al suo protagonista che il voler piacere non è tutto nella vita? Niente affatto.
La bellezza di questo film del debuttante, ex montatore, Jan Poll, risiede prima di tutto nella capacità di allontanarsi dai soliti luoghi comuni cinematografici e non. C’è, sì, una sorta di "denuncia" del sistema scolastico (e sociale) americano, ma è realizzata senza ricorrere a schematizzazioni o ad emblematici casi estremi. Non c’è soprattutto drammatizzazione degli avvenimenti. Qualsiasi tema, che sia un tentato suicidio per incapacità relazionale o l’alcolismo di un genitore, viene affrontato con leggerezza: il contenuto non viene banalizzato e al contempo si lascia allo spettatore la possibilità di divertirsi con intelligenza, merce sempre più rara. Charlie Bartlett, nella bella sceneggiatura di Gustin Nash, diventa così l’espediente per ascoltare e guardare gli adolescenti, uno specchio su cui si riflette il bisogno di molti di essere capiti e soprattutto, presi in considerazione, non a dosi di psicofarmaci, ma di parole e buon senso.
E la sua voglia ossessiva di essere leader non è altro che la manifestazione di un malessere che per i suoi coetanei si concretizza in altri atteggiamenti. Solo quando sceglierà di riconoscerlo a sé stesso, riuscirà a buttare la maschera come già ha consigliato a tanti suoi compagni di scuola.
Un film bello, ironico e al di là di tutto allegro, ritmato e ricco di trovate interessanti sia di sceneggiatura che di regia, che solo nel finale perde un pò di compattezza. Un prodotto che si smarca anche da quell’essere "film indipendente" che sempre più spesso significa, per pellicole analoghe, anche attimi di estrema noia (quasi che la "riflessione" di uno spettatore non possa che essere sollecitata attraverso momenti morti). Un lavoro di pregio su cui brilla l’interpretazione eccezionale del protagonista Anton Yelchin, già visto in Alpha Dog. Il modo in cui buca lo schermo è pari al carisma del personaggio che interpreta.
La frase: "C’è qualcosa di meglio del farsi benvolere?".
Andrea D’Addio
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