Cattive inclinazioni
La televisione con le sue esagerazioni e la vita reale con le sue assurdità sono i temi portanti della seconda pellicola del regista di Bugie rosse. In un condominio romano, una giovane maestra viene trovata uccisa. L'arma del delitto è una squadra da disegno, l'assassino l'ha pugnalata alle ovaie. L'efferato misfatto attira subito l'attenzione dei mass media, e soprattutto della giornalista Laura Melli, che conduce un programma di approfondimento sulla cronaca nera. Nel palazzo delle vittime, sono molti i personaggi ambigui e trasgressivi e quasi tutti potrebbero avere dei moventi. Una pittrice nobile ma decaduta (Florinda Bolkan- Metti una sera a cena) che sopravvive facendo affari loschi, una giovane tossica disperata (Elisabetta Rocchetti- L'imbalsamatore), una soubrette sul viale del tramonto (Eva Robin's- Belle al bar), la sua manager nonché amante (Elisabetta Cavallotti- Da zero a dieci) e uno strano ragazzo, taciturno e schivo che nasconde un passato poco chiaro (Guido Berti- I banchieri di Dio). Le indagini vengono affidate al P.M. Rita Facino (Mirca Viola- Una vacanza all'inferno), la quale, nonostante la diffidenza del procuratore capo, non esiterà a rischiare la vita pur di risolvere il tragico caso.
Arriva sul finire di questa lunga estate calda il thriller più sconclusionato e meno convincente della stagione. Benché condita di esagerazioni, lustrini, labbra siliconate, effusioni lesbiche, paillettes, incontri roventi e sesso sado-maso, la trama non riesce a coinvolgere né a suscitare il minimo interesse. Mentre sullo schermo scorrono immagini di appartamenti dalle pareti rosso porpora e di commissariati arredati con mobili d'antiquariato, mentre la prima vittima muore, non si sa bene se per le ferite riportate o se per la delusione di non essere stata stuprata dall'aggressore, mentre qualcuno, di notte, nel centro di Roma, vestito con pantaloni "catarifrangenti", brucia le prove di un delitto sperando che nessuno lo veda, e mentre le indagini si risolvono grazie alle intuizioni di una vecchia zia malata e sensitiva, la sala attonita alterna stati di ilarità isterica a momenti di tragico silenzio. Le esagerazioni sceniche e narrative di questo film sono davvero sconcertanti, tanto che risulta difficile ricondurlo ad un particolare genere cinematografico. Non è un thriller perché manca la tensione, non è un film comico perché ci sono troppi morti, non è drammatico perché manca del tutto l'emotività, e purtroppo, nonostante l'intenzione del regista, che si era ripromesso di fare un lungometraggio "atipico, permeato da una sottile sensualità", non è neppure erotico, perché le tante scene "spinte" non hanno nulla di eccitante, sono solo uno squallido spettacolo che si offre a dei voyeur da strapazzo. La prova data da tutto il cast è pessima, non si salva neppure la Bolkan (indimenticabile e magistrale interprete di passate pellicole), che sembra abbia disimparato a recitare e si sia adeguata all'infimo livello dei suoi colleghi. Da segnalare infine il ruolo, del tutto assurdo e fuori luogo, ricoperto da Franco Nero: un improbabile giudice-barbone che, codice civile alla mano, quasi novello Mosè disceso dal Sinai, inveisce contro la corruzione e l'inefficienza del sistema giudiziario.

Teresa Lavanga

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