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Capitalism: A Love Story
Come suggerisce il titolo, in effetti “Capitalism: A love story”, nuovo documentario d’inchiesta firmato Michael Moore, è esattamente una storia d’amore. E per raccontarcela Moore, noto per Bowling a Colombine, Sicko e Fahrenheit 9/11, parte da molto lontano. Ovvero dall’antica Roma. E’ lì, in effetti, che l’amore per il denaro e la corruzione è scoppiato. Si è acceso divenendo un connubio esplosivo e potenzialmente distruttivo. Proprio come certe storie d’amore. Questo sentimento, ma è meglio definirlo “rapporto”, si è poi poco a poco sviluppato dando vita a quel concentrato di “pari opportunità” e “libero mercato” che i potenti chiamano “Capitalismo”: secondo Moore il più grande male nella Storia dell’umanità.
Il più grande. Senza alcun dubbio.
Al Capitalismo si deve la crisi economica che stiamo vivendo. Si deve la perdita dell’impiego per milioni di persone nel mondo. Si deve la perdita delle case, degli alloggi. Si devono gli scioperi, le occupazioni e le migliaia di persone incapaci di costruirsi un futuro. Si deve la formazione d’istituti, inizialmente concepiti per essere pubblici, privati come carceri e ospedali. Si deve la reclusione di ragazzi minorenni che non (non) hanno commesso crimini. Famiglie senza possibilità di cure mediche. Altre senza possibilità di difendersi in ambito legale. Le amministrazioni corrotte. Le guerre finanziate privatamente. Si deve l’uragano Katrina. Si deve la fame nel mondo. Si deve tutto. Tutto.
Ok, forse Moore ha un po’ esagerato.
Capitalism: A love story è con ogni probabilità uno dei migliori lavori fatti dal regista. Certamente uno dei più appassionati. Moore, riesce, infatti, a toccare le corde giuste nello spettatore e a farlo sentire parte del problema. Lo fa tornare indietro con la memoria al suo primo lavoro da regista, quel Roger and me sulla General Motors, e lo coinvolge a livello emotivo. Tutto questo però, va detto a onor del vero, grazie a un tema che unisce piuttosto facilmente tutte le etnie, le religioni e i ceti sociali: la povertà dei molti contro la ricchezza dei pochi. Un tema molto complesso che si assume il compito assai ardito di scavare nelle ragioni più profonde della crisi economica mondiale.
Si fanno collegamenti tra l’amministrazione Bush e il sistema bancario. Si fanno nomi e cognomi delle persone che hanno ingannato l’amministrazione pubblica. Si innalza Obama come paladino della gente... Si dice molto, insomma. E come sempre alla fine della proiezione rimane la sensazione che non tutto quello che si è detto è proprio inerente all’argomento trattato. Moore questa volta lo nasconde meglio di altre raccontandoci in realtà non una, ma due storie d’amore: quella dell’uomo per il denaro e quella dell’uomo per la verità. Sembra un duello. Infatti, finisce in parità.
La frase: "…Gesù non farebbe mai parte di questo sistema".
Diego Altobelli
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