Burlesque
Associato allo spogliarello – allora ispirato alle rappresentazioni parigine del Moulin Rouge degli ultimi anni dell’Ottocento – negli Stati Uniti d’inizio XX secolo, in precedenza il burlesque consisteva, in realtà, in uno spettacolo cantato e ballato, comico e parodistico.
Uno spettacolo osé e divertente su cui l’attore newyorkese Steve Antin – già regista dello straight to video "Glass house: The good mother" (2006) – ha pensato bene di scrivere e dirigere un lungometraggio per il grande schermo, rendendone protagonista la cantautrice statunitense Christina Aguilera nei panni di una Alice detta Ali che finisce nel suo paese delle meraviglie quando decide di trasferirsi dalla provincia a Los Angeles.
Dotata di voce bellissima e all’inseguimento dei propri sogni, infatti, il suo paese delle meraviglie lo trova nel Burlesque Lounge, teatro in difficoltà e sede di un noto trasgressivo spettacolo di varietà dove entra a lavorare come cameriera; facendo conoscenza non solo con l’affascinante barman e musicista Jack e con il manager della compagnia Sean, rispettivamente interpretati da Cam Gigandet e il grandissimo Stanley Tucci, ma anche con la proprietaria e direttrice Tess, cui concede anima e corpo Cher.
Ed è proprio con quest’ultima, mentre attira su di se la gelosia della cantante Nikki alias Kristen Bell, che sembra instaurare in maniera progressiva una sorta di rapporto materno, all’interno di circa 116 minuti di visione inevitabilmente ricollegabili all’ultra-classico "Flashdance" (1983) di Adrian Lyne e, ancora di più, al suo epigono "Le ragazze del Coyote Ugly" (2000) di David McNally.
Ma, tra un cameo del veterano James Brolin, lunghe cosce scoperte e scollature vistose, quello che dovrebbe essere un musical sembra sfruttare le situazioni cantate poco nella prima parte e troppo durante la seconda, tanto che, nonostante il grande lavoro svolto su scenografie e costumi, l’insieme non riesce in alcun modo a colpire lo spettatore.
Quindi, l’unica cosa che rimane da fare è ascoltare le performance canore delle due protagoniste, ammorbati dall’ennesimo, banale trionfo di buoni sentimenti al cui interno il burlesque, del quale non viene affatto approfondita la filosofia, finisce soltanto per essere sfruttato come irrilevante sfondo.

La frase: "Mi devi convincere che quel palco è la tua vita".

Francesco Lomuscio

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