Bombón - El Perro
Juan Villegas, meccanico tuttofare viene licenziato dalla stazione di servizio in cui lavora dopo vent'anni. Ha la passione per l'intaglio e crea bellissimi coltelli intarsiati e realizzati con legna dalla provenienza più varia e pittoresca. Ma gli affari vanno male. Il caso lo porta a trovare un amico, Bombon, un dogo argentino, razza canina molto giovane (il primo esemplare fu incrociato negli anni '20) ma altrettanto pregiata. La bestiola, quasi strumento della fortuna, introduce Juan in un mondo che non conosceva, nel business delle esposizioni di cani. Ma non tutto va per il verso giusto.

Carlos Sorin ha realizzato questo "Bombon el perro" lavorando con attori non professionisti, e con l'ambizione di voler mostrare storie di gente comune nell'Argentina di oggi. Quella che ci viene mostrata è un'Argentina delle piccole cose, lontana dal brulicare delle grandi metropoli ed aperta a desolazioni infinite, sia naturali che sociali. Sono molto frequenti i paesaggi in cui gli uomini sono presenze rarefatte, isolate, percosse da un vento libero ed implacabile. Si tratta di un paese in crisi, ma questo non è un film politico e le difficoltà delle persone comuni "de los nadies", la cui dignità era stata cantata dal regista Solanas al Festival di Venezia del 2005, sono appena accennate pur se presenti in ogni dialogo, sempre di disarmante semplicità. Bombon el perro potrebbe essere definito come un film della sospensione, una pellicola aperta a molte possibilità narrative, ma Carlos Sorin non prende nessuna strada con decisione, forse proprio nell'intento di voler ritrarre il fluire naturale della vita. E così non abbiamo una strada veramente politica, lo spiraglio per una storia d'amore viene lasciato appena socchiuso, il mondo delle esposizioni canine viene rappresentato fuggevolmente, e persino il rapporto tra Juan ed il cane non diventa mai una vera e propria amicizia. Forse soltanto verso la conclusione si avverte la presenza di un legame autentico tra l'uomo e Bombon, negli occhi dell'uomo e nel latrato del cane.

Purtroppo questa mancanza di definizione nuoce molto al ritmo del film, che rischia di diventare impegnativo anche per il cinofilo più accanito (il gioco di parole è puramente casuale). L'unica direttiva che si può rinvenire nella sceneggiatura è la fortuna intesa come opportunità di dare una svolta alla propria esistenza. Juan non effettua mai scelte consapevoli, ma si lascia guidare dalla sorte seguendo la corrente del fiume della vita, motore che lo porta ad incontrare a cuore aperto e senza preclusioni i propri simili. In ogni caso, quello che Carlos Sorin offre, è uno spaccato insolito e non patinato di un paese lontano, se non altro nel nostro immaginario.

La frase: "Nel nord America ci sono 80 milioni di cani, sono la prima minoranza!"

Mauro Corso

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