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Black Butterfly

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato03 luglio 2017Voto: 7.0
 

  • Foto dal film Black Butterfly
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Antonio Banderas torna al cinema con Black Butterfly, il film diretto da Brian Goodman che vede coinvolti nel cast anche Jonathan Rhys Meyers, Piper Perabo e Abel Ferrara.
La pellicola racconta la storia di uno scrittore, Paul, la cui carriera è in costante declino. Un giorno, dopo essere stato difeso da un misterioso uomo, decide di accoglierlo nella sua dimora, un luogo isolato e poco frequentato. Il giovane però si scoprirà avere un passato nascosto che, se scoperto, potrebbe mettere nei guai Paul e Laura, una donna molto vicina al protagonista, Banderas. Ma siamo sicuri che non ci sia dell’altro dietro tutto questo?
È un vero peccato che un film tanto ben fatto sia stato letteralmente rovinato da un finale così banale e superfluo ai fini del racconto. Due minuti in più che, se non ci fossero stati, avrebbero fatto la differenza. Ma andiamo per gradi, perché il film merita di essere visto per diversi motivi.
Intanto è bene dire che la pellicola di Brian Goodman si avvale di un ritmo altalenante che permette di assaporare ogni singolo evento presentato. Dopo una partenza a rilento, si assiste ad un crescendo di situazioni esaltanti che trovano il loro apice nei pochi minuti prima della suddetta conclusione. Le dinamiche iniziali tra le due figure principali - Paul e il giovane - non sono approfondite come meriterebbero.
Non si capisce, infatti, come sia possibile, soprattutto di questi tempi, prendere in esame anche solo l’idea di ospitare uno sconosciuto in casa propria, così, dal nulla. Certo, qualcosa per meritare un minimo di fiducia l’aveva fatto, ma non tanto da giustificarne l’invito a casa sua. Altro aspetto altrettanto ridicolo è la reazione di Paul ad alcuni eventi che si manifestano, la quale sembra innaturale rispetto a quella che al normale vedremmo nella realtà.
Eppure il film funziona perché man mano che la storia prosegue il livello di tensione si alza notevolmente e permette al pubblico di rimanerne affascinato e di seguire quanto accade senza mai sentirsi annoiato.

Ciò che colpisce però è la regia di Goodman, il quale - attraverso un uso sapiente delle inquadrature - riesce a far immergere sin dall’inizio gli spettatori nella storia e a chiedersi in modo assiduo cosa sia realmente accaduto in passato. Queste inquadrature sono in grado di trasmettere a loro volta una maggiore tensione (seppur non abbastanza alta da far saltare lo spettatore sulla sedia), spesso evidenziata da una colonna sonora adeguata e mai fuori luogo e una fotografia pulita e composta da toni prevalentemente freddi e scuri.
Ma è come se il regista si fosse volutamente trattenuto: avrebbe potuto rendere la pellicola più accattivante con dialoghi incisivi e un maggior uso di primi piani dei volti dei protagonisti. Se Jonathan Rhys Meyers (Shelter - Identità paranormali e il recente London Town) ha dato grande prova di sé, risultando molto credibile, lo stesso non possiamo dire di Antonio Banderas il quale il più delle volte appare inespressivo.
Solo verso la fine, anche merito della buona idea del regista di chiarire la situazione solo negli ultimi 15 minuti di Black Butterfly, l’attore è riuscito a trasmettere lo stato d’animo di Paul.
Infine, possiamo dire che il progetto - nonostante abbia una perfetta ma semplice struttura narrativa e un vero e proprio colpo di scena - non si avvale di una sceneggiatura particolarmente originale. Eppure, in alcune scene presenta dei dialoghi intelligenti e ben studiati, diretti e pungenti.


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