Bimba - E' clonata una stella
Bimba è una delle tante attricette di poco conto in circolazione, per di più è ignorante, presuntuosa e svampita. Un giorno, per caso, scopre che è stata clonata da un'attrice americana famosa solo per qualche mese. Anche se con difficoltà, riuscirà però a farsi valere, a far incarcerare il titolare della ditta che l'ha "prodotta" e ad affermarsi come attrice di valore.
Alla sua prima prova come regista, se non si tiene in considerazione il cortometraggio "The wild woman" del 1994, Sabina Guzzanti ci propone quasi un cartoon. Vasi che si conficcano sulla testa delle persone, centurioni che pescano, ladri che pur di riuscire a rubare ripuliscono (questa volta nel vero senso della parola) l'appartamento, case in cui per passare da una stanza all'altra bisogna uscire sul balcone e in cui dietro la porta d'ingresso si trova una piscina piena di rane vere. Esilaranti i vestiti, Bimba veste come un'attrice degli anni '50, una vera diva: ha solo personalizzato un pò troppo lo stile. Cappellini con zucchine, triglie, cozze, alghe marine. Scarpe con una zeppa altissima, decolté generosi, trucco esagerato. Colori sgargianti, arredamenti improponibili e personaggi davvero fuori dal comune (ad esempio un maestro di arti orientali che non disdegna di usare un bastone per correggere la postura dei partecipanti ad una riunione aziendale, o l'altro clone della diva americana, Lucy, copia-rivale di Bimba, che ricalca Masha del "Grande Fratello") completano il quadro. Tutto ciò, unito alla simpatia propria della Guzzanti non passa inosservato. Solo che, proprio quelle battute, quello slang, quei travestimenti che tanto piacciono al pubblico e che l'hanno resa famosa, rendono il film quasi insopportabile. Sabina funziona a teatro, in televisione, ma al cinema è snervante. Sembra perdere di significato. Tutto è troppo esagerato, e a lungo andare stufa.
Peccato, l'idea è originale e simpatica, ma diventa troppo surreale. A volte non si capisce il perché di alcune scene, di alcuni dialoghi: spesso, se si fosse proceduto a un taglio, la pellicola sarebbe risultata più snella e gradevole. Bravissimo Paolantoni, ma anche lui risulta invischiato in quel personaggio di cinico e azzeccagarbugli che ci propone nelle sue varie apparizioni televisive. In definitiva sembra quasi di rivedere sullo schermo scene trite e ritrite, battute sentite mille volte, situazioni tipiche. Il fine del film, come afferma la regista, è quello di "parlare di manipolazione, e quindi di omologazione, della falsificazione dell'identità, quella cosa che ci rende unici e irripetibili" il risultato come detto non è dei migliori, speriamo però che il suo messaggio venga raccolto.

Teresa Lavanga

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