Biancaneve e gli 007 nani
Nani vendicativi non ne abbiamo visti. Scontrosi, al massimo, ma sempre squisitamente altruisti. "Happily N’ever After 2", gioco di parole dal sapore remotamente shrekeggiante, in italiano titola in conformità alla puntata precedente ("Cenerentola e gli 007 nani") ma morde ancor meno: l’happy ending è di rigore, condito al miele per di più. Destinato al mercato internazionale dell’home video, ma incomprensibilmente sbarcato nelle sale cinematografiche italiane, il film s’accontenta di poco: una trama esile e infarcita di stereotipi (lei, lui, la strega cattiva, un pizzico di redenzione e la solita retorica ipocrita sulla fatuità dell’apparire), una computer grafica a dir poco discutibile, uno script teso a svecchiare il mondo dei Grimm a colpi di slang gggiovane e frasi fatte – tutto pur di raccontare ad un target smaccatamente infantile una vicenda adolescenziale di dubbia originalità.
L’intreccio è presto detto: Biancaneve, orfana della splendida e amatissima regina Grace, vive col padre Cole, sovrano giusto quanto palesemente inesperto in campo pedagogico. E’ così che cresce la teen principessina viziata ed egoista, cieca e sorda ad ogni richiamo che vada in direzione contraria a quella suggeritale dalle damigelle svampite Cappuccetto Rosso, Riccioli d’oro e Pastorella: inaugurazioni, ospitate, locali esclusivi e privé (!), con buona pace dell’ospizio degli orfanelli trascurati dall’infanta perché "si mettono le dita nel naso, che schifo!". Quando sul regno si stende l’ombra dell’invidiosa Lady Vanity, decisa a impalmare Cole e salire al trono, tra matrigna e figliastra è guerra aperta, mele rosse comprese: anche se, siccome ne ferisce più la lingua che la spada, al veleno mortale si preferisce la disinibizione gossippara – quale maledizione!
Il crossover tra fiabe diverse e generi antitetici persiste, apparentemente, ma della ferocia di un certo orco verde qui non c’è l’ombra. Mancano le gag, il ritmo, la verve: in compenso nessi logici fondamentali sembrano malamente tagliati in fase di montaggio (come avviene il malefico sodalizio tra Vanity, Rumpy e lo Specchio, ad esempio?), mentre la resa tecnica è brutalmente approssimativa (texture, mesh poligonali e fluidità di movimento appaiono spesso risibili, a scapito della qualità complessiva del prodotto).
Discutibili, poi, le scelte nostrane di doppiaggio: a identificare l’adolescente protagonista con la conduttrice tv Antonella Clerici, quarantaseienne, si stenta. Non trattandosi infatti di una professionista della voce, i suoi comprensibili limiti (di natura anagrafica e non, beninteso) appaiono chiarissimi sin dalle prime battute. Il target di riferimento, ad ogni modo, è prevalentemente quello femminile in età prescolare – la stessa fascia di future consumatrici che obbliga genitori e nonni alla visione compulsiva di prodotti rosa fuxia ideati e prodotti in versione DVD-only (pensiamo alla saga tridimensionale di Barbie Raperonzolo e compagnia, ad esempio). A maggior ragione, il "Doppia libidine!" esclamato da Jerry Calà in versione Specchio delle Brame ha l’indubbio potere di generare tra gli adulti in sala un’epidemia di pelle d’oca.

La frase: Biancaneve: "Papà, non puoi mettermi il coprifuoco! Vuoi che faccia la figura della sfigata?"

Domitilla Pirro

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