Belli di papà
Trattandosi di una produzione targata Colorado Film, cui si devono, tra gli altri, “La peggior settimana della mia vita” e “Il peggior Natale della mia vita”, coinvolto in una breve apparizione è possibile avvistare anche l’Alessandro Genovesi regista del dittico comico interpretato da Fabio de Luigi nel corso di quello che, in realtà, è il rifacimento tricolore del messicano “Nostros los nobles”, diretto nel 2013 da Gary Alazraki.
Rifacimento che vede Diego Abatantuono nei panni di un imprenditore di successo deciso a far sì che i tre viziati figli ventenni la smettano di condurre un’oziosa vita tempestata di agi e ignari di qualsiasi responsabilità; tanto da spingersi ad organizzare una messa in scena per far credere loro che l’azienda di famiglia stia fallendo a causa di bancarotta fraudolenta e che, quindi, l’unica via di salvezza è la fuga in una vecchia e ormai malconcia casa in Puglia.
Una fuga degna di veri latitanti e che non tarda a lasciar emergere il retrogusto di una variante del tipico incontro-scontro sociale tra nord e sud, già alla base di nostre commedie di successo quali “Benvenuti al Sud” e il suo sequel “Benvenuti al Nord”.
Perché, con le fattezze di Andrea Pisani, Francesco Di Raimondo e Matilde Gioli, i tre ragazzi non solo si trovano rispettivamente a sgomberare cantieri, vendere una particolare crema porta a porta e servire in un ristorante, ma si vedono anche costretti ad affrontare l’impatto generato dal passaggio dalla nullafacenza milanese alla fatica imposta dal quotidiano vivere della classe operaia pugliese; con il primo affiancato dal mai disprezzabile Nicola Nocella, il secondo impegnato ad affascinare le attempate signore del posto e la terza destinata a condividere le giornate con il collega Marco Zingaro.
Mentre, rimasto nel capoluogo lombardo in attesa di sposarla, è un convincente Francesco Facchinetti alla sua prima prova d’attore ad incarnare il suo odiosissimo fidanzato, tutt’altro che lontano dallo scontrarsi più volte con il protagonista di “Eccezzziunale... veramente” e “Mediterraneo”, qui non poco dispensatore di risate grazie alla propria consueta gamma di battute ed espressioni.
Risate assolutamente prive di volgarità e che, con un cast comprendente l’Antonio Catania di “Così è la vita”, l’Uccio De Santis di “Non me lo dire” e la Barbara Tabita di “Natale in Sud Africa”, il regista Aurelio Chiesa – autore, tra l’altro, de “Il partigiano Johnny” e “Lavorare con lentezza” – gestisce a dovere attraverso un buon ritmo narrativo e la non assenza di momenti velati d’amarezza.
Al servizio di un’operazione che, mirata a fornire interessanti riflessioni-attacchi nei confronti di quei belli (figli) di papà del tutto estranei e noncuranti (inconsapevolmente?) dei disagi che caratterizzano tante esistenze altrui nel sempre più maleducato e ignorante stivale tricolore d’inizio XXI secolo, si rivela altamente intelligente e capace anche di sfuggire a quella che sarebbe potuta essere una banale conclusione.
La frase:
"Pazzesco, pensare che c’è gente che va alle Maldive quando c’è Taranto".
a cura di Francesco Lomuscio
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