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Beata ignoranza

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato20 febbraio 2017Voto: 6.0
 

  • Foto dal film Beata ignoranza
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Ci sono dolori che non passano mai ed Ernesto e Filippo lo sanno molto bene: i due hanno personalità agli antipodi e un unico punto in comune, ovvero sono entrambi professori di liceo. Filippo è un allegro progressista perennemente collegato al web. Bello e spensierato è un seduttore seriale sui social network ed è in grado di attrarre anche i suoi studenti grazie a un’app, creata da lui stesso, che rende immediata la soluzione di ogni possibile calcolo. Ernesto è un severo conservatore, rigorosamente senza computer, tradizionalista anche con i suoi allievi e che fa della sua austerità un punto d’onore e vanta una vita completamente al di fuori della rete. È probabilmente l’ultimo possessore vivente di un Nokia del ’95.
Un tempo Ernesto e Filippo erano “migliori amici”, ma uno scontro profondo e mai risolto li ha tenuti lontani, fino al giorno in cui si ritrovano fatalmente a insegnare nella stessa classe. I loro punti di vista opposti li portano inevitabilmente a una nuova guerra. Saranno obbligati ad affrontare il passato, che ritornerà nelle sembianze di Nina, una ragazza che li sottoporrà a un semplice esperimento il quale si trasformerà in una grande sfida: Filippo dovrà provare a uscire dalla rete ed Ernesto a entrarci dentro. Questo viaggio li cambierà profondamente, costringendoli a trovare un equilibrio tra la coscienza globale di chi si affida alla rete e la totale indifferenza di chi si ostina a resistere ad oltranza all’epoca digitale.
Massimiliano Bruno dirige Marco Giallini e Alessandro Gassmann nella nuova commedia italiana “Beata Ignoranza”, che vede tra i suoi interpreti anche Valeria Bilello e Carolina Crescentini.

Le aspettative in merito al progetto erano molto alte, soprattutto se pensiamo all’ultimo film diretto da Massimiliano Bruno, “Gli ultimi saranno ultimi”, che aveva molto da dare al grande cinema.
Questa volta però l’attore e regista non ha colto nel segno: una regia poco incisiva e curata può incidere profondamente sulla riuscita di una pellicola.
Quello che è difficile comprendere è il motivo per cui Bruno abbia deciso di inserire una grande quantità di flashback volti a raccontare il passato comune dei due professori. Uno stratagemma che tende a confondere lo spettatore piuttosto che chiarire la storia. Nonostante sia in parte utile per entrare a pieno nella vicenda, dall’altra non è un elemento necessario per rendere interessante la trama, anzi così facendo la storia perde di intensità, di umorismo e di interesse da parte del pubblico.
Probabilmente sarebbe stato meglio se la storia tra i due uomini fosse stata affrontata solo all’inizio, in modo da mantenere un filo conduttore logico ed evitare troppi salti temporali che non aiutano a mantenere l’attenzione.
Interessante è stata invece la scelta di mettere in pratica una tecnica che ultimamente sta avendo molto ‘successo’ nel panorama cinematografico: l’attore sposta lo sguardo davanti alla camera da ripresa per avere un contatto più diretto con lo spettatore, un po’ come Frank Underwood in “House of Cards”.
Certamente non si può dire che l’utilizzo di questa tecnica sia qualcosa di innovativo, eppure riesce sempre ad avere un certo impatto sulla persona che assiste, anche se ci chiediamo: non avrà usufruito un po’ troppo di questo strumento? Per quanto riguarda la sceneggiatura, non è del tutto soddisfacente. Beata ignoranza, infatti, pecca di prevedibilità. Non mancano però piccoli colpi di scena e una buona colonna sonora, capace di cogliere del tutto lo stato d’animo dei protagonisti.

Ciò che non delude affatto è l’interpretazione di Marco Giallini e Alessandro Gassmann, perfettamente in parte nei loro ruoli e mai sopra le righe, merito anche degli ottimi tempi comici dei due attori. Due personaggi che, visto le caratteristiche fisiche (almeno in apparenza), calzano a pennello a Giallini e Gassmann, soprattutto se teniamo conto che il primo anche nella realtà non usa particolarmente i social e il secondo, invece, ne usufruisce maggiormente (non certo quanto il suo Filippo).
Dal lungometraggio emerge quanto al giorno d’oggi l’importanza dei social sia aumentata a livello sociale (e globale), tanto che pare più rilevante essere presente sui social piuttosto che avere un tetto sopra la testa. Da ciò deriva il totale stato di estraniamento dalla realtà che i social provocano negli individui. C’è chi invece non si lascia influenzare dall’innovazione e preferisce mantenere un basso profilo, fatto di cultura, tradizioni e certezze.
Quando i ruoli vengono scambiati, però, i due capiranno che c’è del buono in entrambi i modi di vivere e che per affrontare la vita e rimanere a passo con i tempi è bene trovare un equilibro tra le due realtà: la cultura e la rete.


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