Battaglia nel cielo
Quando si scomodano personaggi tipo Roberto Rossellini ("ho pensato a Rossellini ed al suo modo di lavorare in "Roma città aperta") o tipo Tiziano e Tintoretto ("a livello visivo pensavo alla loro pittura") come afferma Carlo Reygadas, regista messicano di belle speranze, si rischia di alimentare speranze al fiducioso spettatore.

Speranze, purtroppo, che si rivelano false quando ci rendiamo conto che tra le due fellatio con cui l'opera inizia e finisce, in mezzo c'è un nulla di idee e di concetti.

E', pero, un nulla ben confezionato. Perché Reygadas la macchina da presa la muove veramente bene. E' capace di ariose carrellate, di passaggi impercettibili da panoramiche a soggettive, di riprese che testimoniano sempre un'alta attenzione agli angoli di visuale, alla luce, alla intrinseca dinamicità dell'azione. Ed il tutto davanti a personaggi la cui primaria caratteristica sta in una certa atarassia di fronte a quello che accade, a loro intorno a loro. E così ci può capitare di vedere espressioni inerti nel pieno di un orgasmo e movimenti lenti e compassati mentre si spanzano persone.
Anche il sangue sembra uscire lento e controllato, insensibile a qualsivoglia pressione esterna od interna.

La storia si fa fatica a seguirla tanto complessa pur nella sua essenzialità.
Siamo a Città del Messico, metropoli alla quale sembra volersi assegnare dignità bibliche. Una guardia giurata, Marcos (Marcos Hernandez, attore non professionista), grasso e sempre sudato, rapisce un neonato a scopo di estorsione assieme alla moglie, grassa e sempre sudata. Il neonato muore e lui rivela questa circostanza ad Ana, la figlia, che, per inciso, per diletto offre le sue prestazioni in una casa di tolleranza di un ricco uomo d'affari, per il quale Marcos lavora. Nel frattempo Marcos, non si capisce quando e perché, si innamora di Ana…

Immagini forti quelle che Reygadas ci propone soprattutto nella ripresa dei corpi nudi dei protagonisti che a parte le belle fattezze di Ana (Anapola Mushkadiz), sono tutt'altro che avvenenti.
I personaggi mostrati nelle loro nudità più intime, ed anche più ripugnanti, si offrono alla cinepresa nella loro più assoluta naturalezza - bravura degli attori - consegnando una certa dose di realismo ad un film che lascia perplessi per le sue assurdità. Per il resto, si rimane in attesa di qualche sviluppo decisivo fino alle ultime sequenze che, come detto, in una sorta di circolarità degli eventi, riprendono quello che nelle prime scene si era iniziato…

La frase: "Prima vado alla processione e poi mi costituisco".

Daniele Sesti

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