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A time for dancing
E anche per quest'anno si torna dalle vacanze a passo di danza.
È infatti una ballerina la protagonista di uno dei film del rientro, primo lungometraggio destinato al cinema di Peter Gilbert.
Jules insieme alla sua amica del cuore Sam, balla fin da quando era una bimba. Ed è proprio questo che vuole continuare a fare, ballare, e sopra ogni cosa entrare alla famosa Julliard School di New York. Un talento innato, una ferrea disciplina e i precetti della sua insegnante di sempre e quelli dettati dal film "Scarpette rosse", sembrano aver segnato indelebilmente il cammino di Jules. Ma la sorte le riserva un destino inatteso e ben più tragico. L'esame fisico di routine necessario per partecipare al concorso della Julliard le diagnostica una malattia molto grave.
Mentre le cure che è costretta ad affrontare le consumano piano piano le forze, Jules si avvicina alla propria dimensione intima lasciando che la nozione di 'tempo' acquisisca un nuovo e più profondo significato. Le resta accanto Sam, ombra amica di sempre, introversa e malinconica che attraverso le vicissitudini dell'amica riuscirà a intravedere e risolvere i suoi contrasti personali.
Filo sottilissimo questa storia, che si ispira a dei fatti veri sviluppandosi però attraverso una sceneggiatura inconsistente. Le due tematiche del film che si vorrebbero principali, la malattia terminale e la profondità dell'amicizia, si perdono nell'insipidezza di tutta la pellicola che da "Saranno famosi" a "Flashdance" ripercorre la storia del cinema del genere, senza dimenticare i sospiri d'amore e le aspirazioni professionali.
Balletti sognati o eseguiti interrompono il percorso di questa avventura dal sapore tragico ma senza mai aggiungere nulla se non ulteriore noia, lasciando intuire che si tratti solo di un modo piuttosto scontato per riempire i vuoti della sceneggiatura, accompagnata da una colonna sonora piuttosto eterogenea. Tra le due protagoniste è Larisa Oleynik, nei panni di Jules, la più misurata ed intensa, nonostante la difficoltà del ruolo. Sorrisi amari e dolorosi che riescono a commuovere, sottolineando però al tempo stesso, la totale mancanza di personalità artistica di Sam, interpretata da una Shiri Appleby incapace di far uscire il suo personaggio dallo scontato stereotipo della giovane e problematica adolescente.
Valeria Chiari
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