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A Sud di New York
Introdotto da una "Be here waiting" che tanto ricorda "With or without you" degli U2, il racconto di due vite apparentemente lontanissime e destinate a non incontrarsi mai: Carmelina, giovanissima cantante dilettante del profondo Sud Italia con le fattezze della esordiente Carmen Napolitano, e Gennarina detta Jenny, trasferitasi da ragazza a New York per inseguire il sogno della musica, ritrovandosi poi a fare la talent agent sopraffatta dai debiti e ricattata da uno strozzino.
E ad interpretare la donna è la stessa Elena Bonelli che, icona della canzone romana, esordisce qui dietro la macchina da presa, facendo casualmente conoscenza con Carmelina dopo essere stata richiamata alla nativa Callalelessa a causa della morte di uno zio, da cui, però, riceve inaspettatamente in eredità soltanto un suo ritratto unito a tanti debiti.
In realtà, però, il nome di punta dell’operazione è quello del giovane cantautore Luca Napolitano che, finalista dell’edizione 2009 di "Amici di Maria De Filippi", veste i panni di Marco, fidanzato di Carmelina, nel corso di circa 85 minuti di visione il cui svolgimento, partendo dal concetto che il bello degli Stati Uniti risieda nel tanto chiacchierato sogno americano, appare tutt’altro che distante da quello che fu alla base di tanti musicarelli degli anni Sessanta.
D’altra parte, proprio come in quelle pellicole che sfruttavano il successo discografico di idoli della musica popolare tricolore quali Little Tony, Rita Pavone e Mal dei Primitives, l’esile soggetto funge esclusivamente da pretesto per poter sfoggiare la sequela di momenti cantati, quando a dominare la scena non sono volti noti del panorama comico (in questo caso, abbiamo il Franco Neri di "Zelig" e il Francesco Paolantoni di "Mai dire gol") impegnati, però, in gag degne dell’avanspettacolo.
Gag che non facevano ridere quando si raccontavano i bei tempi di "In ginocchio da te" di Gianni Morandi e "Perdono" di Caterina Caselli e che, quindi, suscitano ancor meno risate qui, dove il protagonista è quel divismo di un quarto d’ora fatto di non divi sfornati dalla triste televisione italiana d’inizio XXI secolo.
Perché, in fin dei conti, al di là del fatto che la confezione tecnica non risulti pessima, per merito soprattutto della fotografia del grande Blasco Giurato, l’assordante insieme non sembra distaccarsi affatto, nel look generale, dai tanti prodotti che affollano il piccolo schermo.
E la sola sequenza in cui la Bonelli recita la parte della ubriaca, decisamente da antologia del trash, ci spinge in maniera tranquilla a pensare che sarebbe meglio si limitasse a sfoderare le sue lodevoli doti canore.
La frase:
- "Bello questo paese, sai?"
- "Per chi ci passa una notte sì, ma poi...".
Francesco Lomuscio
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