Apnea
"Un uomo sta per annegare, e nei secondi interminabili che lo separano dalla fine, costui racconta la sua indagine fatale. Il suo migliore amico era morto, lasciandosi alle spalle non solo le tracce di una vita segreta e oscura, ma il sospetto di una morte tutt'altro che 'normale'".
Con queste parole, il documentarista Roberto Dordit riassume "Apnea", suo primo lungometraggio di fiction che, prodotto nel 2004 dalla Indigo Film e dichiarato di interesse culturale e nazionale dal Ministero per i Beni Culturali, soltanto ora raggiunge le sale cinematografiche grazie all'Istituto Luce e, a quanto pare, all'importante sostegno di Nanni Moretti.
Protagonista della vicenda è Paolo, ex schermidore che, ora giornalista sportivo per un piccolo giornale, si trova a voler far luce, ad ogni costo, sulla morte per infarto del suo amico Franz, ex campione di scherma poi diventato imprenditore, la cui vita, però, non era molto limpida.
Ma quello che sulla carta potrebbe sembrare il solito dramma tricolore a sfondo sociale è in realtà molto di più, infatti, attraverso lenti ritmi di narrazione, Dordit ci coinvolge nelle indagini condotte dal protagonista, interpretato dal sempre lodevole Claudio Santamaria ("Romanzo criminale"), portandoci progressivamente alla scoperta dello sporco mondo degli industriali della concia, mentre fanno la loro entrata in scena il ricco Giordano, con il volto di Elio De Capitani ("Il caimano"), ed i due figli: la scapestrata Chiara ed il piccolo Leo, affetto da una forma di autismo, rispettivamente con le fattezze di Michela Noonan ("Strani attacchi di passione") e dell'esordiente Daniele Mauro.
Siamo quindi dalle parti di un interessante esperimento, in quanto l'ennesimo tentativo di denuncia su celluloide nei confronti di uno degli aspetti negativi dell'Italia - in questo caso si parla di morte sul posto di lavoro - viene questa volta portato in scena seguendo i dettami del giallo, o, comunque, del film di genere, tanto che, al di là del fatto che ci troviamo più vicini ad un'opera d'impegno che ad un prodotto popolare, si avverte perfino una certa influenza argentiana (come non pensare all'autore de "L'uccello dalle piume di cristallo" nel momento in cui viene mostrato il disegno del cadavere in un fiume?).
E, se appare evidente una minuziosa attenzione per l'estetica delle immagini, all'interno di cui nessun colore dei costumi e delle scenografie sembra essere posto per puro caso, a rendere ancor più grigia la triste atmosfera, pervasa da una totale mancanza di speranza, contribuiscono da un lato le belle musiche dell'accoppiata Paolo Buonvino-Pasquale Laino, e dall'altro la contrastata fotografia di Tommaso Borgstrom ("Te lo leggo negli occhi"), la quale fa calare molto volentieri le ombre sui volti dei protagonisti.
D'altra parte, il regista conclude: "'Apnea' è un film di genere, il noir, perché usufruisce dei suoi codici con un duplice intento: innescare il coinvolgimento dello spettatore attraverso una storia a sviluppo verticale, e svelare l'ambiguità dei personaggi scartocciando via via i loro clichè di partenza".

La frase: "Trenta, trenta secondi che non respiro, e quanti ne devono passare ancora".

Francesco Lomuscio

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