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Anno uno
Due primitivi vengono allontanati dal villaggio e finiscono prima nel mezzo del litigio tra Caino ed Abele, poi nella provocante Sodoma.
Basta una riga per descrivere la storia di "Anno Uno", in assoluto il peggiore film di Harold Ramis. Non ci saremmo mai aspettati che lo sceneggiatore di "Ghostbusters" (di cui interpretava anche il preciso dottore Egon Spengler) nonché regista di "Ricomincio da capo", "Terapia e pallottole" e tante altre belle commedie avrebbe mai preso parte ad un film di così bassa lega. Eppure è così, e la delusione è anche per Jack Black che da tempo si era allontanato dal demenziale per costruirsi una carriera convincente anche come attore a tutto tondo. Ecco invece un film banale e senza uno straccio di idea, ancorato all’idea che la volgarità e l’espediente della ricerca ossessiva di sballo (intesa come donne) basti a far ridere.
Anche volendo soprassedere sull’idea di volere far viaggiare i due protagonisti per varie epoche senza spiegare nulla (e per tanti ignorantoni che forse andranno al cinema, il rischio è che ci credano davvero), toccando leggende e storie con estrema superficialità, "Anno uno" va avanti a strappi, senza una vera struttura narrativa, singhiozzando puzze, pipì, toccate di seno, genitali messi a rischio e così via. "Superfantozzi" al confronto era un capolavoro (ma forse lo è anche senza confronto). Tutti i brutti luoghi comuni delle più insopportabili pellicole stupide americane vengono toccati, lo spazio per il buongusto è pressoché nullo. Non è la demenzialità in sé ad essere fastidiosa: sono tanti gli esempi di pellicole volutamente nonsense che in passato hanno strappato sorrisi ad un pubblico ben conscio del fatto che il racconto fosse inverosimile. Qui però sembra di essere solo davanti ad un’operazione commerciale. Ciò che si percepisce è che c’era una sola idea prima di decidere di realizzare il film: due imbranati, giovani che avrebbero potuto spendere le proprie giornate non facendo nulla in un college, che però vivono duemila anni fa. Tutto il resto è riempitivo: nessun discorso sull’amicizia, nessuna volontà di deridere con intelligenza un po’ le credenze del passato. Tutto viene buttato in un calderone di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. Dati i nomi che vi hanno preso parte, tutto questo è un vero peccato.
La frase:
- "Ci vediamo stasera?"
- "No, non credo, devo lavarmi i capelli"
- "Ma te li sei lavati già un anno fa!"
Andrea D'Addio
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