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Chi è senza colpa











Bob Saginowski è un barman di Brooklyn che lavora nell’ex pub del cugino Marv, ormai mero gestore del locale caduto in mano a un boss della mafia cecena, che lo usa come copertura (drop-bar) per il deposito e riciclo del denaro sporco.
Ma Bob non è un semplice barman, il suo passato è oscuro e tormentato e l’ha reso un uomo solitario e di poche parole. Una sera, Bob trova un cucciolo ferito di pitbull in un cassonetto dell’immondizia e poco dopo fa la conoscenza di Nadia, una giovane donna che si offre di aiutarlo con il cucciolo. Il cane diverrà in seguito l’oggetto di uno scontro che si trascinerà per tutto l’arco del film tra Bob e Eric Deeds, un criminale psicopatico ed ex fidanzato di Nadia che pare non aver dimenticato la ragazza.
Le cose degenerano quando Marv decide di rapinare il suo ex locale per riprendersi l’onore che a suo giudizio gli è stato tolto ingiustamente tanti anni prima. Bob si troverà a dover gestire delle situazioni che lo costringeranno a fare i conti con il proprio passato, provando a costruire un nuovo futuro.
Il film è l’adattamento di una novella di Dennis Lehane, uno dei massimi esponenti del noir americano che peraltro ha anche co-firmato la sceneggiatura.
Diretto da Michaël R. Roskam, “Chi è senza colpa” conferma il talento del regista belga che porta in America la sua riflessione sul concetto di innocenza e redenzione.
Nel caso specifico, l’innocenza si annoda a doppio filo con la menzogna e gli intrighi da leggersi tra le righe non tanto dei dialoghi quanto nei comportamenti dei personaggi. Ogni personaggio è l’esatto opposto di ciò che esprime con le sue parole o la propria fisicità. Il concetto del passato come lenta agonia che torna a far visita giorno dopo giorno. L'innocenza degli animali come via per la redenzione.
L’ambientazione mafiosa, le attività illegali fungono da sottobosco dove si susseguono alleanze segrete, omicidi silenziosi e tradimenti inconfessabili.
Il film è il risultato di un insieme di generi: rapina, noir, poliziesco, drama.
In sostanza la pellicola sottolinea ed evidenzia la complessità e la totalità del comportamento umano e per farlo si avvale di una regia pulita, cruda e lucidamente (ma anche intelligentemente) ficcante, oltre che di una recitazione notevole da parte dei suoi interpreti, entrambi in gran spolvero.
Ogni personaggio si cela dietro l’iniziale maschera da perdente che il regista gli cuce sapientemente addosso salvo poi farla crollare con l’incedere del film.
La morale del film e della riflessione del regista è che nessuno è mai davvero innocente nè tantomeno chi dice di essere.
La menzogna e l’innocenza sono i veri protagonisti della pellicola. Questo è per altro l’ultimo film di James Gandolfini e l’attore si congeda con una scena che il destino renderà indelebile.
Un film crudo, doloroso, toccante. Consigliato a chi voglia vivere un’esperienza completa al buio di una sala e all’onestà della propria coscienza.

La frase:
"Il demonio non esiste, a volte Dio semplicemente ti dice che non puoi entrare. Che tu devi rimanere da solo".

a cura di Jacopo Landi

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