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Un cuore grande
L’11 settembre 2001 ha cambiato la storia del mondo incidendo sulla vita di molti popoli e persone, una di queste è quella di Mariane Pearl giornalista, che, insieme al marito Danny, era rimasta in Pakistan. E’ qui che rivive la loro drammatica storia, tratta dallo straordinario libro che ha scosso il mondo “A Might Heart” scritto da Mariane Pearl, che in Italia è stato pubblicato con il titolo di “Un cuore Grande – La vita e la morte coraggiose di mio marito Daniel Pearl”. Il 23 gennaio 2002 lei e il marito, responsabile per il Sud dell’Asia del Wall Street Journal, stavano svolgendo delle ricerche sulla storia di Richard Reis, l’uomo che aveva cercato di far saltare un aereo imbottendo di esplosivo le scarpe. L’indagine aveva spinto il reporter fino a Karachi, dove avrebbe incontrato tramite un intermediario una fonte prestigiosa e preziosa. Quel giorno, quel fatidico giorno, il corrispondente esce da casa per incontrarsi con questo personaggio controverso, uno dei capi del movimento integralista musulmano, ma dall’appuntamento, come dice la storia, non è più tornato. Nove giorni di angoscia, di agonia e di ricerche incessanti sono impressi minuziosamente sulla pellicola cinematografica, fino all’agghiacciante verità. Un vero calvario sopportato da Mariane, allora incinta di sei mesi, e interpretata dal premio Oscar Angelina Jolie, che conferma la sua bravura portando sulla scena una donna a tutto tondo, che aiutata dagli amici cerca di farsi forza, continuando a sperare, riuscendo a calibrare senza eccedere tutta la vasta gamma di sentimenti. La disperazione, la rabbia e la frustrazione si mescolano alla speranza, alla fiducia nelle persone e all’incredulità. E’ una Mariane reale, che nonostante tutto riesce a trascendere le differenze di religione, di razza e di nazionalità, una donna forte e di larghe vedute che continua a credere nella necessità e nell’importanza del dialogo fra le persone. Il dramma assume i toni del giallo, la telecamera segue le diverse piste e le indagini, ma nonostante il pathos finale, interpretato magistralmente dalla Jolie, non si immerge mai nella sofferenza, come se "l’occhio indiscreto”, cercasse di rispettare la sofferenza dei presenti mostrandone gli aspetti, ma senza “sguazzarci dentro”. Immagini di guerra e di odio, come gente che brucia la bandiera americana, armi che sparano, il tutto tratto dai servizi televisivi dell’epoca, si mescolano con la realtà, spezzata a volte dai ricordi felici di Mariane, della sua vita con il suo Daniel, interpretato dal candidato all’Oscar Dan Futterman. A trasporre sulla pellicola questo soggetto così interessante e veritiero è il regista Michael Winterbottom, che ha cominciato la sua carriera realizzando diversi documentari in Inghilterra, fino a dedicarsi al cinema realizzando film come “Benvenuti a Sarajevo” e diversi docu-dramma come “The Road to Guantanamo “ e “24 Hour Party people”. L’origine di Winterbottom è evidente anche in questo film, dove la maggior parte delle riprese, tutte registrare con la telecamera DV a mano dal direttore della fotografia Marcel Zyskind, coprono la lunghezza della scena e inoltre sono state girate tutte in sequenza. Per il regista il copione era il punto di partenza, ciò che gli premeva era catturare il momento, cercando, attraverso l’improvvisazione degli attori, di dare veridicità alla scena con un ritmo più naturale. E’ uno sguardo al fondamentalismo islamico che non deve marchiare un intero popolo, è uno sguardo scevro da ogni pregiudizio, perchè la violenza e l’efferatezza sono ovunque a prescindere dalla razza e dalla religione. E’ un’idea profonda e sentita, che ha permesso al regista di interpretare chiaramente lo spirito del libro e di rappresentare il “sentire” di Daniel Pearl, giornalista ebreo che ha sempre lottato per mantenersi libero da preconcetti e schieramenti. “Un cuore grande” in qualche modo però resta in superficie, registrando ciò che avviene senza schierarsi, tutto accade e tutto è ineluttabile. C’è un quid in più, che va al di là dello stile forse un po’ troppo hollywoodiano, che permette alla pellicola di colpire, mostrando la situazione in cui vive quel popolo.
La frase: "Quelli che l’hanno rapito...il loro scopo è solo quello di terrorizzare la gente".
Federica Di Bartolo
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