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Contrariamente al resto dell'Europa qui in Italia non avremo la possibilità di vedere il manifesto dell'ultimo film di Costa-Gavras, per le strade delle nostre città. Manifesto ideato dal fotografo italiano Oliviero Toscani che suscitò molte polemiche alla sua presentazione al Festival di Berlino, ma che riassume magistralmente l'essenza provocatoria del film. Storia del passato, incentrata sul silenzio delle potenze internazionali e della Chiesa cattolica, di fronte alle notizie dello sterminio degli ebrei (senza dimenticare degli zingari e degli omosessuali) operato dalla Germania di Hitler. "Metafora sui silenzi della nostra società" come lo ha definito lo stesso regista, in cui si sottolinea il ripetersi, oggi come ieri, di eventi drammatici, quali le oppressioni di etnie e di intere popolazioni, davanti all'indifferente silenzio del resto del mondo. Adattando una pièce teatrale che fece scandalo alla sua apparizione nel 1963, "Il Vicario" del tedesco Rolf Hochhut, Costa-Gravas torna allo scontro dell'individuo con la macchina politica. Rievoca la responsabilità di coloro che si rifiutarono di sapere cosa accadeva nei campi nazisti. A partire dal Vaticano che nella figura di Pio XII non partecipò in alcun modo, né si adoperò per tentare di fermare quel terribile massacro.

Il film ruota attorno a due importanti apparati di potere: la macchina di morte ben oliata e organizzata dei nazisti e la diplomazia del Vaticano, e racconta la lotta di due uomini contro questi due apparati. Da una parte Kurt Gerstein, chimico e ufficiale delle SS, personaggio realmente esistito, che fornisce i campi di sterminio del terribile veleno Zyklon B usato nelle camere a gas. Una figura tragica che tenta disperatamente di denunciare i crimini che si svolgono nella sua patria avvertendone gli alleati, il Papa e persino la stessa popolazione e, pur mettendo a repentaglio la propria vita e quella della sua famiglia, resta inascoltato.
Dall'altra Riccardo, giovane gesuita, personificazione delle migliaia di preti cattolici che ebbero il coraggio di lottare apertamente contro la ferocia dei nazisti e la crudeltà del silenzio di tutti gli altri.

Denuncia senza compromessi, in cui il regista di origine greca, risparmiando allo spettatore le immagini tragiche e indimenticabili dei campi di concentramento, non lesina nell'accusare l'indegno silenzio. La disperata ricerca dei due protagonisti di qualcuno che li ascolti, è così ritmata dal continuo passaggio degli infami treni merci che attraversando continuamente l'intero territorio della Germania, evidenziano l'insistente imperturbabilità nazista e l' indegna indifferenza mondiale.

Chi era Kurt Gerstein?
Idealista appassionato Gerstein cominciò a provare un reale e profondo interesse per il cristianesimo fin dagli anni giovanili entrando a far parte dei giovani evangelici subito dopo la laurea. Costretto dalla famiglia ad iscriversi al partito nazional-socialista nel 1933, l'ingegnere diplomato e specializzato in scavi minerari si sentì immediatamente attanagliato da tormenti provocati dalla sua profonda e sincera religiosità. Picchiato selvaggiamente da un gruppo di nazisti nel '35, dopo aver protestato fermamente e a voce alta contro l'ideologia atea della Germania del Furher, venne arrestato nel '36 per aver fatto propaganda contro il regime nazista in nome della Chiesa protestante. Dopo un nuovo arresto e un internamento in un campo di concentramento, nel '40 si verifica una sorprendente trasformazione e Gerstein si iscrive volontario nelle SS. Divenuto capo del servizio sanitario e nominato Oberurmfurher, Gerstein raggiunge il suo principale obiettivo: scoprire cosa accade nei campi di concentramento. La sua missione è infatti quella di assistere ai test del gas Zyklon B, utilizzato per sterminare migliaia di prigionieri nei campi di Belzec e Treblinka. Riuscirà a informare molti importanti personaggi del panorama politico internazionale sulle sue esperienze nei campi. Si sa con certezza che Gerstein riuscì ad informare anche i membri della Chiesa confessionale protestante, i membri della resistenza olandese oltre al diplomatico svizzero Paul Hochstrasser e quello svedese barone von Otter. Alla fine della guerra, nel 1945 redasse il "Rapporto Gerstein", testimonianza in tedesco, francese e inglese sulle atrocità a cui aveva assistito nei campi di concentramento. Fu comunque accusato di crimini contro l'umanità, interrogato e incarcerato. Il 25 luglio 1945 venne trovato impiccato nella sua cella. Il corpo inumato nella fossa comune del cimitero di Thiais, e poi gettato nell'ossario, Gerstein scomparve nel nulla, privato anche del suo stesso nome. La sua famiglia venne a sapere della sua morte solo un anno dopo.

Valeria Chiari

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