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A mano disarmataLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio04 giugno 2019Voto: 6.5
“Io sono Federica Angeli e mi manda il giornale per cui lavoro, La Repubblica”.
Potremmo partire da questa battuta per introdurre la vicenda che si trova alla base del ritorno alla regia da grande schermo – diciannove anni dopo la commedia “Le giraffe”, del 2000 – per il Claudio Bonivento che ha dedicato buona parte della sua carriera alla produzione di opere altrui, con Carlo Vanzina, Marco Risi e Claudio Amendola tra gli autori finanziati. Perché, prendendo le mosse dal libro “A mano disarmata” scritto dalla stessa Angeli, è la lotta intrapresa da questa Erin Brockovich tutta italiana nei confronti della mafia che infesta il lido capitolino di Ostia ad essere raccontata nella oltre ora e quaranta di visione. Una lotta iniziata nel 2013 contro coloro che si vantano da quarant’anni di tenere in pugno nella propria zona politici e divise e che portano nella finzione il cognome Costa, comprendenti il violento Calogero incarnato da Mirko Frezza e il vecchio boss Rocco che, dalle fattezze di Rodolfo Laganà, ancora soprintende. Soltanto due dei nomi che costituiscono un ricco e valido cast, che, al di là di una intensa Claudia Gerini nei panni della protagonista, include Francesco Venditti in quelli del marito Massimo Coluzzi e Francesco Pannofino nel ruolo del suo caporedattore Riccardo Torrisi. Senza dimenticare il calvagnano Claudio Vanni, qui affiancato da un giustamente freddo Lorenzo Roma nel fare da compagno di delinquenza al citato Frezza e capace come sempre di spiccare, sebbene relegato nello stuolo di personaggi di contorno insieme ad un Nini Salerno maresciallo dei carabinieri, un Claudio Botosso presidente di municipio e un Maurizio Mattioli ambiguo dottor Serra. Mentre è la Emanuela Fanelli di “Beata ignoranza” ad interpretare Chiara Colombo, amica di una Angeli rappresentata proprio come è nella realtà, figura femminile altamente coraggiosa e tutt’altro che propensa a piegare la testa dinanzi alle prepotenze e ai soprusi. Perché, con inevitabile momento che si riferisce alla documentatissima testata che il malavitoso Roberto Spada diede in pieno volto al giornalista Daniele Piervincenzi, quello che Bonivento mette in piedi è un lungometraggio guardante in maniera convinta al realismo e capace di distaccarsi totalmente dalla moda cinematografica tricolore che, da “Romanzo criminale” di Michele Placido a “Il traditore” di Marco Bellocchio, ha provveduto quasi (?) a trasformare in antieroi i poco raccomandabili individui che hanno fatto riempire di lacrime e sangue le pagine della cronaca tricolore. Un lungometraggio caratterizzato da una sorpresa di script atta a testimoniare che il marcio sembra essere inaspettatamente ovunque e in cui, al contrario, i cattivi non devono lasciar trapelare assolutamente nulla di affascinante per rivelarsi solo ed esclusivamente un male da debellare e nei confronti del quale bisogna provare paura. Ed è nell’inscenare il tutto attraverso la visione della donna posta al proprio centro che l’operazione manifesta un desiderio di giustizia più che di giustizialismo, in quanto anziché ricorrere ai grilletti facili preferisce ricordare – attenendosi, ovviamente, alla sincerità del materiale di partenza – che la penna è più forte della... Spada! La frase dal film:
- “Angeli, l’inchiesta è tua” - “Se non mi ammazzano prima” I FILM OGGI IN PROGRAMMAZIONE: In evidenza - Dal mondo del Cinema e della Televisione. |
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