Amami se hai coraggio
Da bambini terribili a vecchi irriducibili, passando per un'adolescenza ed età matura ricca di irriverenza, passione, sfrontatezza e perversione. Julien sta perdendo la mamma che vola in cielo come promesso; Sophie è polacca, ghettizzata, derisa ed oltraggiata dai compagni di scuola fino a quando il suo principino non decide di sostenerla nella guerra contro tutti, loro stessi compresi.
Una scatola porta caramelle è l'oggetto che passa tra le loro mani a seconda di chi sia stato l'ultimo ad aver raccolto e portato a buon fine la sfida proposta dall'altro. La pipì nella stanza del preside, la torta di nozze fatta volare insieme alla tovaglia si trasformano all'università in gelosie indotte e sostenute, pegni d'amore sottratti a sessuali vittime ignare, finti innamoramenti ed atti osceni in luogo pubblico. Quando si gioca si gioca, e nulla si risparmiano i due protagonisti che continuano a sfidarsi rimandando la loro dichiarazione d'amore. Il gioco infantile si evolve in perversione adolescenziale fino a sfociare nel masochismo misto ad eroismo ed autocompiacimento. L'impegno a non cercarsi prima di un anno è duro da portare a termine, ma non abbastanza da non poter rilanciare con dieci lustri di totale distanza. Julien sfida Sophie ad essere testimone delle sue nozze; lei sull'altare gli ricorda la sua promessa di dire no, lei bendata rischia di finire sotto un treno e lui prima non fa nulla per salvarla, sposa un'altra, fa due bambini, e poi aspetta dieci anni prima di vendicarsi facendosi credere sfigurato da un gravissimo incidente. I sogni, gli incubi, un finale tragico ed un'alternativa più rassicurante conducono la storia d'amore a sciogliersi nei baci tagliati dalla pellicola della loro cinica, spietata, avventurosa, perversa, irriverente, folle attrazione fatale.
Al suo primo lungometraggio, Yann Samuell mette nella sua storia d'amore, tutti gli elementi necessari a farci sognare, strizzando ripetutamente l'occhio alle nostre paure, perversioni, debolezze, mantenendo lo spettatore in un limbo prematrimoniale da dolce attesa triste venuta.
La regia è fantasiosa, le scene a volte talmente astratte da fondersi con il paradiso disegnato ed il diavolo animato. Il ritmo è sostenuto e la fine che in primis ci parla allo stomaco, in una seconda chance sussurra al nostro cuore che finché c'è gioco c'è speranza, anche quando le cartucce scarseggiano e la colata di cemento ci impedisce qualsiasi ulteriore movimento.
I protagonisti appaiono gustosamente divertiti e straordinariamente resistenti alla loro attrazione, quasi li avessero, per contratto, mantenuti a cibi afrodisiaci alternati a docce fredde. Più resistono al fascino dell'altro e più appaiono belli ed accattivanti; più cedono allo sguardo languido e più tornano sulla terra, umili, sporchi, sofferenti anche se hanno tutto, felici quando lo mettono in gioco a costo di morire.
Il cinema francese è vivo e lotta insieme a noi!

Andrea Monti

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