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Al primo soffio del vento
Franco Piavoli, settantenne regista lombardo, è certamente una figura anomala del cinema italiano.
Autore di opere come "Il pianeta azzurro" (1982), "Nostos - Il ritorno" (1989) e "Voci nel tempo" (1996), Piavoli è sempre caratterizzato da una cifra di originalità e singolarità artistica. Elementi della sua poetica che ritroviamo anche in questa ultima fatica dal titolo evocativo "Al primo soffio del vento", tratto dal terzo libro delle Argonautiche di Apollonio Rodio. Già dal titolo è facile intuire l'estremo intellettualismo dell'opera di cui si parla. Un cerebralismo che si traduce in immagini dal contenuto altamente pittorico qualificate da uno sviluppatissimo senso estetico che, forse, è la cosa migliore del film. Dalle nitide e silenziose diapositive iniziali, alle nature morte incastonate in colori pallidi e cerulei; da una piega del viso, alla postura dei personaggi che sembrano ricordare le pose plastiche di una statua della classicità ellenica, dal fremere di un albero fronzoso, allo scorrere di un torrente: Piavoli sciorina tutta la sua abilità nel cogliere quel nesso di intrinsicamente artistico che c'è nelle cose, che alberga nella natura, intesa come un divenire all'interno di un invisibile circolo. Ispirandosi a Lucrezio - "Ognuno si aggira in un cerchio" - il regista lombardo immagazzina il Mondo, raccontandocelo nel volgere di un caldo pomeriggio d'Estate. Una moglie che si aggira, pigramente, per le vuote stanze della fresca villa padronale vagheggiando versi d'amore. La figlia più piccola che si perde nel bosco stretta tra l'afa estiva e pensieri di incoffessabili voglie nascenti dalla sua pubertà ormai incipiente. Il nonno che mastica parole dal suo letto di malattia. Su tutti, il padre. Padrone della villa e degli operai africani al suo servizio. Scruta il mondo con l'occhio dell'entomologo e cerca, come un compilatore medievale, di riordinare il caos dell'universo. A partire dal primo, grande, enigma: quello dell'esistenza e della sua evoluzione. Ma il pomeriggio d'estate non offre risposte ai protagonisti del nulla che sembra essere la vita in un breve pomeriggio di agosto. Giunta la notte, ognuno si addormenterà portando seco i propri dubbi, i propri turbamenti, le proprie speranze.
"Al primo soffio del vento" è un film che non può non risultare interessante, ricco com'è di spunti filosofici ed intenti estetici che ne allietano la visione, stimolando la riflessione. Ma, al contempo, non può non essere esente da una pesantezza di fondo che l'estrema astrattezza, ed una certa presunzione intellettuale, causano inesorabilmente.
Un consiglio: da vedere al cinema.
Daniele Sesti
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