All'amore assente
In un’accogliente piazza italiana, il politico emergente Massimo Arati (Filippo Plancher), in prossimità delle elezioni, tiene uno dei classici comizi d’inizio millennio in cui la carica seducente delle parole conta molto più del loro contenuto.
Così inizia “All’amore assente”, sottotitolato “Andres and me”, lungometraggio di Andrea Adriatico (“Il vento di sera”) che, sceneggiato dallo stesso in collaborazione con il fido Stefano Casi e l’esordiente Marco Mancassola, segue le indagini di un investigatore (Massimo Poggio) impegnato a far luce sulla misteriosa scomparsa di Andres Carrera, un ghost-writer, ovvero uno di quegli "individui invisibili" cui si deve la stesura dei discorsi di ogni politico che si rispetti.
Indagini che consentono la progressiva entrata in scena di ambigui personaggi tratteggiati a dovere e legati alla vita dello scomparso, dal padre (il regista stracult Tonino Valerii), convinto che il figlio sia stato rapito dagli alieni, alla madre malata (Milena Vukotic), passando per la moglie incinta Iris (Francesca d’Aloja) e il collega-amico Edoardo (Maurizio Patella).
Fino a un sorprendente twist ending (o, se preferite, finale a sorpresa) che sembra principalmente spingere alla riflessione nei confronti dell’anonima esistenza di anime-solitudini (in questo caso i ghost-writers), i cui pensieri e personalità emergono soltanto attraverso le figure-immagini (i politici, appunto) che li espongono al grande pubblico, in un’epoca tendente a privilegiare la cura estetica a quella poetica.
Ed è con pochi virtuosismi tecnici mai usati a sproposito che Adriatico racconta questa coinvolgente vicenda a metà strada tra il giallo e il dramma esistenziale, costruita su lenti ritmi di narrazione immersi in una triste e per certi aspetti inquietante atmosfera fortemente pessimista, impreziosita non solo dalla contrastata fotografia da noir di Andrea Locatelli (“Incantesimo napoletano”), ma anche da un’ossessiva presenza della pioggia.
Del resto, pur affrontando in maniera intelligente una tematica legata alla realtà corrente, “All’amore assente” non sembra distaccarsi poi tanto da quella tipologia di spettacolo su celluloide, spesso basata su enigmi e suggestioni ultraterrene, esplosa soprattutto dopo l’ascesa di M. Night Shyamalan.
Provate a confrontarne la struttura con quella di uno qualsiasi di quei film.

La frase: "Sei tu il politico che vuol vincere, no? Tu ordini, io eseguo".

Francesco Lomuscio

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