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Il destino di un guerriero - Alatriste
Se già i romanzi dello scrittore spagnolo Perez-Reverte, e nello specifico quello dedicato al "Capitano Alatriste", sono spesso considerati come "una specie di risposta mediterranea ai milioni di copie vendute da Wilbur Smith e Ken Follett" (cit. Anna Folli in "Il ritorno del Golem")", dalla versione cinematografica del tutto non ci si poteva che aspettare un kolossal in stile USA.
Ecco quindi una storia di cappa e spada, che sullo sfondo storico della Spagna del 17o secolo impegnata in lotte di potere interne e guerra nelle Fiandre contro le rivoltose Province, narra vent'anni di vita di un uomo tanto abile con la spada da essere sempre impegnato o in battaglia o a sbrigare qualche "faccenda di sangue" per conto di nobili. Uno stile di vita che cambierà un poco strada quando al Capitano sarà affidata la tutela di Inigo, figlio di un suo compagno morto in guerra...
Tanto si può criticare al cinema blockbuser statunitense, ma quei film sotto un certo livello non scendono mai: per essere spettacolari sono spettacolari, la retorica per quanto fastidiosa è quantomeno una linea guida all'interno della narrazione e dove si voglia andare a parare si capisce sempre. Elementi minimi che purtroppo mancano allo spagnolo "Alatriste". Nonostante la bontà degli intenti infatti, cioè la volontà di descrivere uomini e situazioni che cambiano continuamente opinioni e colore incapaci di distinguere tra bene o male proprio perché una differenza non c'era, lo svolgimento appare piuttosto confuso. A partire dalle scene di battaglia in cui è difficile, se non impossibile, distinguere chi stia da una parte e chi dall'altra, passando per gli intrighi di palazzo cosi articolati da dover essere prestamente abbandonati da chi dopotutto vuole vedersi un film e non risolvere un rebus, per finire con la descrizione dei caratteri dei protagonisti, immersi più che in un film di cappa e spada in una sorta di Alatriste di Rivombrosa. Perfetto per una miniserie televisiva con attore di richiamo (Viggo Mortensen, che forse ha accettato pensando ad una nuova puntata di Highlander) e lancio di giovani divi come Elena Anaya (Angelica) e il sempre in tiro (barba mai sfatta, giacca di pelle molto "in") Unax Ugalde (Inigo), il tutto ambientato in una Madrid più borgo sugli Appennini in cui si incrocia un conoscente ogni volta che si fanno due passi e nevica sempre (ma l'estate non esisteva al tempo?) che capitale.
Due ore e venti più un poco di pubblicità, ed ecco tre puntate per una prima serata Rai o Mediaset.
La frase: "Ci sono re e re. E questo potrebbe dedicarsi a governare".
Andrea D'Addio
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