Against the ropes
Per Jackie Kallen (Meg Ryan - In the cut) è sempre stato difficile imporsi all'attenzione di chi le sta accanto. Eppure non è una donnina timida, introversa, senza carattere. Cresciuta nella palestra del padre, viziata dalle mille attenzioni dello zio, un noto pugile, Jackie è cresciuta con la passione per la boxe, e con la consapevolezza che quel mondo per lei sarebbe rimasto sempre un tabù. La vita non le ha dato molte chance, e pur di non abbandonare la sua passione, non esita a fare da segretaria al direttore del Cleveland Coliseum, un arrogante smidollato, alle complete dipendenze del re della boxe degli stati occidentali Sam La Rocca (Tony Shalhoub - Attacco al potere). Ma un giorno, stufa delle allusioni e delle battutacce che quest'ultimo le propina, Jackie reagisce in malo modo. Lo scontro verbale fra i due si fa tanto acceso che La Rocca per indispettirla le propone di comprare, per un dollaro, uno dei suoi pugili. E' l'occasione buona, quella che Jackie aspettava da sempre. Piena di buoni propositi va nell'appartamento del pugile, ma lo trova in preda ai fumi del crack e soprattutto in preda ai pugni di un certo Luther Shaw (Omar Epps - Big trouble, una valigia piena di guai), guardaspalle del pusher. All'istante la donna si rende conto che il pugile di cui ha acquistato i diritti non vale nemmeno quel dollaro speso, mentre lo scagnozzo dello spacciatore, ha la stoffa del campione. Fra difficoltà oggettive, indecisioni e insicurezze, Jackie porta Luther sul ring. La vittoria tanto sperata arriverà per entrambi. Nuova finestra sul mondo della boxe americana. Questo film, però, a differenza dei tanti Rocky, getta uno sguardo non tanto sul campione che sale sul quadrato, quanto sullo staff che ne resta fuori, ma che ha un peso non meno importante. Getta uno sguardo su un mondo da sempre maschilista, in cui le donne hanno solo il compito di agitare il sedere fra un round e l'altro mostrando cartelloni con enormi numeri. Jackie Kallen non è un personaggio di fantasia, è esistita davvero. Anche se la pellicola a volte scade nell'ovvio e si affida a modi di dire e luoghi comuni (cosa questa che irrita profondamente), restano comunque le gesta di questa donna che si è fatta largo in un ambiente proibitivo, tirando pugni, non tanto fisici quanto morali. Il regista decide di mostrare non solo le difficoltà della protagonista o i sacrifici del giovane pugile, ma di costruire intorno a loro un mondo complesso, fatto di arrampicatori sociali, di prepotenti, di gente pronta a sacrificarsi per raggiungere un sogno. Da questo punto di vista possiamo dire che il maggior pregio del film è quello di riuscire a cogliere quelle sfumature e quelle sensazioni tipicamente femminili, che gli altri film sulla boxe non sono stati capaci di rimandare allo spettatore. Ecco quindi che accanto all'adrenalina sentiamo scorrere anche un po' di tenerezza nei confronti di questo ragazzo che, nato e cresciuto nei sobborghi più poveri di una città, si affida ad una donna squattrinata per cercare di crearsi una vita migliore. La prova di Meg Ryan (che ha perso quella freschezza che la contraddistingueva…sarà l'avanzare degli anni?) è ottima: riesce a camminare come un maschiaccio e ad avere espressioni "toste" mentre porta come se nulla fosse tacchi vertiginosi, minigonne inguinali e scollature mozzafiato.

Teresa Lavanga

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