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7 Psicopatici











Ci si lamenta spesso della piattitudine che contraddistingue parte delle pellicole che arrivano in sala, puntando il dito a supporto della propria tesi contro il vuoto creativo che circonda il processo di scrittura. Chi rientra in questa categoria non faticherà a trovare nello stile di Martin McDonagh (In Bruges – La coscienza dell’assassino) la panacea allo sbadiglio cinematografico.
L’autore anglo-irlandese aveva già sorpreso pubblico e critica percorrendo strade insolite con l’esordio – product placement oriented – ambientato nella fascinosa città belga, ma è con "7 Psicopatici" che si accredita come uno dei registi più vivaci in circolazione. La sua mano di apprezzato commediografo affiora in uno script delirante, dove una narrazione a scatole cinesi descrive una sgangherata avventura con protagonisti dei bizzarri personaggi che fanno la spola tra la realtà e la finzione.
Tutti in parte psicopatici, a cominciare da Marty (Colin Farrell), che scrive una sceneggiatura nella sceneggiatura intitolata appunto "Sette Psicopatici"; poco alla volta, grazie all’aiuto dell’amico Billy (Sam Rockwell) e alla sua mania del rapimento di cani, mette insieme tutti i tasselli utili a completare la formazione che animerà il rompicapo pulp. Dalla spiazzante sequenza iniziale all’ombra delle colline hollywoodiane è un martellante andirivieni di pistole, sangue, gangster e... comicità. Già, non inganni l’attitudine violenta della pellicola, perché "7 Psicopatici" è una storia di amicizia come tante, srotolata in una meccanica farsesca e intinta in sanguinosa ironia.
McDonagh è esuberante nella scrittura, capace di muoversi in bilico tra l’esperienza pervasiva e un pericoloso effetto sopra le righe: il suo strano esperimento, però, sembra riuscire perfettamente. Generi e pellicole di riferimento vengono maneggiati – a volte scherniti – e reinterpretati con sicurezza, in una messa in scena attuale impreziosita dalle mirabolanti scenografie di David Wasco ("Bastardi senza gloria", "I Tenenbaum") che confluiscono nell’onirica sparatoria al Rosedale Cemetary. Scontro a fuoco che si inserisce in una lunga seconda parte ambientata nel deserto, dove il film perde per un attimo la bussola inventiva e mostra il fianco ai detrattori che possono – anche loro – prendere fiato dopo più di un’ora pirotecnica, rimproverando al regista una compiaciuta autoreferenzialità e lo stile buffonesco modello "Hangover".
Anche la comparsata della sensuale Bond girl Olga Kurylenko e la repentina uscita di scena di Kaya (Abbie Cornish) non si fanno ricordare e sembrano – specialmente la prima – riempitivi adoperati come leva promozionale. Scarsa presenza delle donne bilanciata da un cast maschile con i fiocchi, dove è una gara al più bravo e nella quale ha più di una nomination Christopher Walken con il suo Hans, che attinge a piene mani dal cult movie "La morte corre sul fiume" (Charles Laughton, 1955).
Come si legge tra le righe, pur con qualche debolezza, "7 Psicopatici" rimane un delizioso svago la cui visione provocherà a tanti habitué una specie di ebbrezza oltre che un film di puro, ingegnoso intrattenimento a disposizione di tutti i pazzi cinefili.

La frase:
"Occhio per occhio lascerà il mondo cieco".

a cura di Nicola Di Francesco

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