6 giorni sulla terra
Prima ancora dei titoli di testa, abbiamo già in scena delle figure extraterrestri; poi facciamo conoscenza con il coraggioso scienziato Davide Piso, il quale, con le fattezze del Massimo Poggio de "Il sangue dei vinti" (2008), studia da anni, attraverso una temeraria tecnica ipnotica, centinaia di alien abductions (casi di persone che ritengono di essere state rapite da esseri provenienti da altri pianeti), facendo rivivere ai propri pazienti le esperienze di sequestro e comunicando con le personalità estranee nascoste nella loro mente.
Quindi, man mano che il protagonista tenta di rendere pubblica la conclusione che alcune razze aliene impiantano le proprie personalità nel cervello dei rapiti considerandoli "contenitori" della preziosa energia meglio conosciuta come "anima", richiama immediatamente alla memoria le tematiche recentemente alla base de "Il quarto tipo" (2009) con Milla Jovovich il secondo lungometraggio – ispirato alle ricerche del professor Corrado Malanga, massimo esperto in materia – diretto da Vano Venturi, regista del drammatico "Nazareno" (2007).
E, mentre Davide si fa aiutare dagli assistenti Elena e Leo, rispettivamente interpretati da Marina Kazankova e Ludovico Fremont, nell’occuparsi anche del caso di Saturnia alias Laura Glavan, diciottenne messa sotto ipnosi che non riesce più ad uscire dallo stato di trance, lasciando il posto ad una "entità" proveniente da antichissime dinastie che afferma di possedere ormai completamente il suo corpo, sono soprattutto gli interni ad essere privilegiati nel corso dei 103 minuti di visione, con ogni probabilità al fine di camuffare la pochezza di mezzi.
Uno stratagemma che da un lato sembra conferire all’insieme un certo look televisivo, accentuato in particolar modo da buona parte dei componenti del cast, comprendente in un breve ruolo anche Francesco Venditti, dall’altro, invece, contribuisce non poco a trasmettere claustrofobia.
Elemento più che indispensabile, quest’ultimo, tenendo in considerazione il fatto che è su lenti ritmi di narrazione che il tutto viene costruito; fino alla serrata parte finale di un’operazione che, nonostante qualche pecca dovuta di sicuro alle ristrettezze di budget, risulta dignitosa e confezionata con una certa cura.
Sicuramente interessante per tutti gli appassionati di ufologia e meritevole di tornare ad affrontare la fantascienza made in Italy a basso costo, assente dai tempi di poco celebrate pellicole come "I navigatori dello spazio" (1993) di Camillo Teti e “Potenza virtuale” (1997) di Antonio Margheriti.
La frase:
"Cosa ci fai tu nel corpo di questa ragazza? Non ti appartiene mica".
a cura di Francesco Lomuscio
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