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21
Tratto dal romanzo di Ben Merzich, "Blackjack Club", a sua volta ispirato ad una storia vera, "21" è il nuovo film con la stella di "Across the Universe" Jim Sturgess. Accanto a lui giovani astri nascenti del cinema hollywoodiano e due veterani quali Kevin Spacey e Laurence Fishburne.
A Ben Campbell occorrono 300.000 dollari per potersi pagare le rette del college. In suo aiuto accorre un eccentrico professore di matematica e la sua combriccola di giovani giocatori di Blackjack. Cooperando insieme nel famoso gioco di carte, tramite un sistema di segni e conteggi, svaligeranno Las Vegas...
La pellicola della Columbia Pictures cela, dietro le sembianze di "pseudo thriller giovanilistico", una più acuta e disarmante metafora sui giovani di oggi. "21" infatti, non è solo il punteggio utile per vincere a Blackjack, ma è anche e soprattutto l’età dei protagonisti.
Giovani senza grandi idee sul mondo in cui vivono, che re-interpretano l’idea di sogno americano districandosi tra locali alla moda, belle donne e bei ragazzi, ammiccamenti, e tanti, ma tanti soldi.
E a questo, di fatto, si riduce la pellicola di Robert Luketic (regista de "La rivincita delle bionde" e "Quel mostro di suocera") che rinuncia ad assecondare i pochi spunti della trama, per soffermarsi, con varie panoramiche e carrellate, sulla vita notturna di Las Vegas e i numerosi divertimenti che offre. Neppure le partite di carte, motivo iniziale del film, avvincono: divenendo mera scappatoia per sapere cosa si compreranno i ragazzi con quello che vincono al gioco. Fiacco.
La sceneggiatura d’altro canto, pare confermare, con le sue numerose lacune, la natura pretestuosa della pellicola. Non viene ad esempio spiegato fino in fondo come avviene il conteggio tra i vari giocatori (una serie di associazioni di idee e numeri che convincono poco, a meno che già non si conosca il sistema); neppure l’incontro tra il professore Kevin Spacey e il protagonista è dei più credibili, sostanzialmente fragile perché avviene tropo in fretta; come anche il rapporto tra i vari giocatori, tutti estranei l’uno all’altro e la cui relazione si basa sulla funzione che ognuno ha nel gioco. Opportunistici.
Un film debole quindi, che si conclude in modo superficiale (come del resto è il mondo che descrive) e con un colpo di scena molto prevedibile. Ridateci “Il colore dei soldi”!
Gli attori sostengono le loro parti senza infamia e senza lode. Da Jim Sturgess a Laurence Fishburne tutti coprono il ruolo quasi si trattasse, per l’appunto, di una partita a carte. Con l’unica eccezione negativa di Kevin Spacey: abituati a vederlo sempre in gran forma sul grande schermo, questa volta gigioneggia troppo con un personaggio forse poco riuscito.
“21” è un film pieno di buchi di trama, spiegazioni lacunose, e una generale inutilità narrativa. Una pellicola che forse, se avesse giocato meno con le immagini e più con i personaggi, avrebbe potuto vincere la partita. Così com’è invece, è meglio passare la mano.
La frase: "...Vediamo: mi stai dicendo che hai abbandonato il progetto perché te la spassavi a rimorchiare belle donne e fare un sacco di soli? Ti perdono, anche io avrei fatto lo stesso...".
Diego Altobelli
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