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Autore Elezioni USA. Perchè Kerry non ha ancora un vantaggio decisivo
ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 26-08-2004 10:34  
Ho trovato questo articolo che racconta alcune contraddizioni di Kerry. A quanto pare la campagna di Bush si basa soprattutto sul comportamento contraddittorio del suo sfidante. E Kerry pare fare di tutto per fornire nuovo materiale.

Band of Brothers o baby killers?(ilfoglio)
Milano. Fate l'amore e, soprattutto, fate la guerra. Lo slogan pacifista degli anni Settanta va adeguato ai nuovi tempi della politica americana, dove il fronte liberal deve provare di essere più guerriero di Bush e più pronto all'azione militare, se il 2 novembre vuole sconfiggere l'avversario. Così capita che il candidato liberal, John Kerry, sia costretto a presentarsi sul palco della convention di Boston con il saluto militare sulla fronte e un bellicoso "John Kerry, a rapporto", nonostante abbia dedicato la sua vita pubblica alle ragioni del pacifismo, prima come portavoce dei Veterani contro la guerra in Vietnam, poi con audizioni giurate nelle quali accusava i suoi commilitoni, la sua band of brothers, di tutti i più atroci crimini di guerra possibili. Una carriera, infine, consolidata sui banchi del Senato da oppositore di tutte le iniziative militari reaganiane e finanche della Prima guerra del Golfo.

Il paradosso per Kerry e per la stampa liberal americana è che il cosiddetto reazionario, estremista, semifascista e guerrafondaio George Bush, da imboscato del Vietnam, al confronto col tenente-Kerry-a-rapporto sembra un personaggio di Hair, il musical diventato un mito per pacifisti e rivoluzionari di tutto il mondo. Kerry, invece, coccolato dalla sinistra buonista, lotta come un leone, e la stampa con lui, per spiegare che in Vietnam ha combattuto come neanche Robert Duvall in Apocalypse Now. Manca poco e lo vedremo, come il colonnello Bill Kilgore nel film di Francis Ford Coppola, raccontare che di buona mattina l'odore del napalm era una meraviglia. Dice Christopher Hitchens, giornalista di Vanity Fair e intellettuale di sinistra, che Kerry è riuscito nell'incredibile impresa che non era riuscita neppure a Richard Nixon e Ronald Reagan, cioè quella di rivalutare l'orrore del Vietnam come fosse stata "una causa nobile".

Bush ai tempi s'era dato come uno di quei ragazzotti di Hair che bruciava la cartolina di leva a Central Park. Riuscì a farsi mandare in Alabama, con la Guardia nazionale, invece che in 'Nam con i Berretti verdi. I democratici all'inizio dell'anno hanno impostato la campagna elettorale proprio su questo, su un presidente che aveva risposto alla chiamata dell'Età dell'Acquario piuttosto che alla Patria. Tattica sempre perdente, peraltro, come dimostra il successo dell'imboscato Bill Clinton contro i due grandi eroi di guerra George Bush senior e Bob Dole.
Il presidente del comitato del partito di Kerry, il potente Terry McAuliffe, arrivò ad accusare esplicitamente Bush di essere stato "perlomeno un Awol", che sta per Absent without leave, assente senza permesso, un passo prima della diserzione, cioè disse agli americani che il loro presidente non si era neanche presentato al servizio in Alabama. Lo stesso Kerry, l'8 febbraio del 2004, andò giù duro sul servizio militare di Bush, e lo fece direttamente: "Qui la questione è se lui era presente e attivo in servizio in Alabama nei momenti in cui avrebbe dovuto esserci".

Le accuse del 1971 ai commilitoni
Perché Kerry si sia cacciato in questo guaio è difficile da comprendere, certo non è vittima degli "sporchi trucchi" dei repubblicani, come la solita stampa liberal all'amatriciana ancora ieri scriveva in prima pagina. In quel guaio s'è cacciato lui stesso. L'altro ieri, al New York Times, un esponente del partito democratico, che ha chiesto di non essere citato per nome, ha ammesso che la mossa del candidato è stata un errore, perché "se ti candidi principalmente sulla base della tua biografia e sei costretto a parare i continui attacchi volti a indebolire la credibilità della tua biografia, be' allora sei nei guai".

Gary Schmitt, direttore del Project for a New American Century, centro studi neoconservatore, prova a dare al Foglio una spiegazione: "La speranza di Kerry è che la gente voti contro Bush per i problemi all'estero e per la crisi economica sul fronte interno. L'idea, di per sé non irragionevole, è che la maggior parte delle elezioni riguardanti un presidente uscente siano un referendum su quanto fatto al governo, per riconfermarlo oppure per cacciarlo. Secondo questa impostazione, tutto quello che Kerry doveva fare era di mostrarsi come un'alternativa ragionevole a Bush.

Kerry ­ continua Schmitt ­ ha progettato la sua campagna per mostrarsi più moderato rispetto alla sua storia, ecco perché ha enfatizzato gli errori di Bush nell'applicazione della politica contro Saddam, piuttosto che criticare la scelta di andare in Iraq. Ecco perché ha messo l'accento sul suo servizio militare in Vietnam, piuttosto che sulle sue attività post Vietnam". Kerry era convinto che l'essere stato un eroe di guerra e poi anche uno dei capi del movimento pacifista lo avrebbe avvantaggiato, invece s'è impigliato nella palese contraddizione di presentarsi come la bandiera di una guerra che lui stesso definiva disonorevole.

"Una volta che Kerry ha fatto della sua partecipazione in Vietnam la misura del suo personaggio ­ ha scritto ieri sul Washington Post, David Ignatius ­ era inevitabile che i supporter di Bush avrebbero cercato di contestare il suo curriculum". Tanto più che il 22 aprile 1971, in una testimonianza al Senato, Kerry ha raccontato come i suoi compagni d'armi in Vietnam si fossero macchiati di crimini come stupri, tagli di orecchie e di teste, shock elettrici sui genitali, assassinii per gioco e, ancora, di aver sparato a caso sulla folla, di aver fatto saltare in aria persone inermi, di aver razziato i villaggi alla maniera di Genghis Khan e di aver avvelenato il cibo per affamare i vietnamiti. In seguito si è scoperto che la gran parte di quelle accuse era falsa.

Kerry lo ha riconosciuto a mezza bocca, e non s'è mai scusato con i suoi commilitoni, i quali in patria venivano accusati, anche sulla base della testimonianza di Kerry, di essere dei baby killers, assassini di bambini vietnamiti. "Non erano incidenti isolati ­ disse Kerry quella mattina al Senato ­ ma crimini commessi quotidianamente con la piena consapevolezza degli ufficiali di tutti i livelli di comando". Nel corso della grande manifestazione pacifista che seguì, fece il gran gesto di spogliarsi delle onorificenze guadagnate sul Mekong, ma soltanto il gesto perché poi le recuperò, le conservò con cura e ora sono, appunto, il suo cavallo di battaglia elettorale.

Così, con l'aiuto di finanziatori repubblicani, "i Veterani per la verità" hanno cominciato la campagna di spot televisivi che contesta l'eroismo del candidato in Vietnam. "Kerry ­ continua Schmitt ­ ora ha il problema di riportare l'attenzione sul confronto con Bush, ritornare a parlare del presidente invece che di se stesso, vedremo se funzionerà". Ieri ha cominciato Howard Dean ad accusare Bush di aver violato la legge sui finanziamenti elettorali per aver coordinato con i Veterani anti Kerry la campagna di spot. Poi è stato lo stesso Kerry, a New York, a dire che "Bush e i suoi alleati stanno conducendo una campagna di paura & calunnia soltanto perché non possono parlare di lavoro, di assistenza sanitaria, di alleanze internazionali, di fonti energetiche, delle cose che davvero interessano gli americani".

Soros, il finanziatore esterno dei Dems
Questo affidarsi a gruppi terzi per fare campagna elettorale però è un trucchetto previsto dalla legge, dal comma 527 del codice che regola i finanziamenti delle campagne politiche, ed è stato usato prevalentemente dai democratici, tanto che Kerry, fin qui, ha potuto godere di spot per 62 milioni di dollari commissionati da gruppi separati dalla sua campagna ma finanziati da miliardari vicini al partito. George Soros, per esempio, ha sganciato 12 milioni e mezzo di dollari ai "gruppi 527" anti Bush, il più famoso dei quali è MoveOn.org, il sito che ha paragonato Bush a Hitler.

Il presidente è da sempre contrario a questo sotterfugio elettorale, e l'altro ieri lo ha ribadito (ovviamente senza scusarsi, al contrario di quanto ha scritto sulla solita Repubblica Vittorio Zucconi, secondo il quale, evidentemente, Bush avrebbe confessato di essere il mandante dell'attacco dei Veterani). Gli editorialisti indipendenti mettono comunque in guardia lo stratega di Bush, Karl Rove: è vero, sei un genio, sta funzionando, ma alla lunga, caro Rove, la gente potrebbe anche chiedersi se ti è rimasto un briciolo di pudore.

La bugia sulla missione in Cambogia
Ci si può divertire o no a ricostruire con precisione che cosa successe nelle tre settimane in cui Kerry si guadagnò le onorificenze di guerra oppure se le ferite di Kerry sanguinarono o no (in fondo ricorda l'appassionante dibattito sullo spinello di Clinton inalato, ma non aspirato).

Il Washington Post, domenica, però lo ha fatto seriamente e ha scoperto che entrambi i fronti, gli amici di Kerry da una parte e i testimoni oculari anti Kerry dall'altra, non hanno detto la verità al cento per cento. C'è la parola degli uni contro la parola degli altri, anche se la versione di Kerry ha l'ufficialità dei rapporti della Marina, alcuni dei quali però, si crede, scritti dallo stesso Kerry. I suoi avversari invece non hanno fornito prove chiare della macchinazione. La differenza non è sulle sfumature. Per gli uni Kerry è stato un eroe, per gli altri un codardo e assassino di un ragazzino undicenne.

Entrambi i fronti non hanno messo a disposizione degli investigatori i diari di bordo né tutti i documenti ufficiali. In assenza di prove vale, dunque, la versione ufficiale. Fin qui, però, è certo che una delle cose raccontate da Kerry, cioè la missione clandestina in Cambogia nella notte di Natale, non c'è mai stata. Piccola o grande che sia la bugia, nessuna persona sana di mente può davvero pensare che Kerry sia stato in qualche modo un criminale di guerra. Forse solo il Kerry della testimonianza al Senato del 1971 avrebbe potuto pensarlo.

IL FOGLIO, 25 agosto 2004

P.S. il favoloso Film di Moore (Fahrenheit 9/11) in cui pare che si contino 60 sfondoni è già uscito in America. Il risultato direi che è stato praticamente nullo sui sondaggi.
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ADRIANOOOOOOOO!!!!!!!

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 26-08-2004 10:53  
Per capirsi sul vantaggio di Kerry ho trovato
su cnn.com
http://www.cnn.com/2004/ALLPOLITICS/08/01/polls.bounce/index.html
questo sondaggio aggiornato al 1 agosto. Subito dopo la convention democratica

Of the 1,011 adult Americans interviewed, 916 identified themselves as registered voters and 763 said they were likely voters.

The registered voters surveyed favored Kerry over Bush 50-47, a slight change from 49-45 found in a similar poll conducted two weeks ago.

The likely voters polled favored Bush 50-47, whereas two weeks earlier they had favored Kerry 49-47.
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Sembrerebbe addirittura un pareggio!! E tra i votanti quasi certi di recarsi al seggio addirittura vince Bush.

Un sospetto. Che Rutelli e Fassino (recatisi alla convention democratica, perdenti alle politiche di 3 anni fa, e perdenti suffragi col loro nuovo partito "uniti nell'ulivo") portino semplicemente sfiga?
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ADRIANOOOOOOOO!!!!!!!

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ginestra


Reg.: 02 Mag 2003
Messaggi: 8862
Da: San Nicola la Strada (CE)
Inviato: 26-08-2004 16:04  
Non avrà un vantaggio decisivo per tutte le ragioni qui esposte, ma ne ha uno fondamentale: la gente americana che si è stufata di Bush.
In quanto alla poca chiarezza delle sue idee e del suo programma, sono pienamente d'accordo; sbaglio o al telegiornale, in un discorso di alcuni giorni fa, ha detto che, se verrà eletto, non ritirerà le truppe dall'Iraq? In realtà, qui non è tanto la differenza di partito, uno repubblicano e l'altro democratico, che, come ebbi a dire,in un post dell'anno scorso,non hanno grosse divergenze,ma c'è la contrapposizione del personaggio contro l'altro personaggio, ognuno con la sua presenza, col suo carattere, il suo sorriso.In fondo anche in politica gli americani sono ammalati di protagonismo teatrale.
_________________
E tu, lenta ginestra,che di selve odorate queste campagne dispogliate adorni, anche tu presto alla crudel possanza soccomberai del sotterraneo foco, che ritornando al loco già noto, stenderà l'avaro lembo su tue molli foreste.......

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ginestra


Reg.: 02 Mag 2003
Messaggi: 8862
Da: San Nicola la Strada (CE)
Inviato: 26-08-2004 16:08  
P.S. il favoloso Film di Moore (Fahrenheit 9/11) in cui pare che si contino 60 sfondoni è già uscito in America. Il risultato direi che è stato praticamente nullo sui sondaggi


...scusami, ma non ho capito troppo bene questo tuo PS, me lo rispieghi per favore? Grazie!
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E tu, lenta ginestra,che di selve odorate queste campagne dispogliate adorni, anche tu presto alla crudel possanza soccomberai del sotterraneo foco, che ritornando al loco già noto, stenderà l'avaro lembo su tue molli foreste.......

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 26-08-2004 16:09  
quote:
In data 2004-08-26 16:04, ginestra scrive:
Non avrà un vantaggio decisivo per tutte le ragioni qui esposte, ma ne ha uno fondamentale: la gente americana che si è stufata di Bush.
In quanto alla poca chiarezza delle sue idee e del suo programma, sono pienamente d'accordo; sbaglio o al telegiornale, in un discorso di alcuni giorni fa, ha detto che, se verrà eletto, non ritirerà le truppe dall'Iraq? In realtà, qui non è tanto la differenza di partito, uno repubblicano e l'altro democratico, che, come ebbi a dire,in un post dell'anno scorso,non hanno grosse divergenze,ma c'è la contrapposizione del personaggio contro l'altro personaggio, ognuno con la sua presenza, col suo carattere, il suo sorriso.In fondo anche in politica gli americani sono ammalati di protagonismo teatrale.




Mah gli americani si sono proprio stufati di Bush? Gli europei certamente ma non sarei così sicuro degli statunitensi. Certo che alcune cazzate Bush le ha fatte. E magari a Kerry poteva bastare starsene zitto e buono e intascare l'elezione. Ma mi pare che si stia proprio ben impegnandosi per perderla.
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Spock: We must acknowledge once and for all that the purpose of diplomacy is to prolong a crisis.

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
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Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 26-08-2004 16:12  
quote:
In data 2004-08-26 16:08, ginestra scrive:
P.S. il favoloso Film di Moore (Fahrenheit 9/11) in cui pare che si contino 60 sfondoni è già uscito in America. Il risultato direi che è stato praticamente nullo sui sondaggi


...scusami, ma non ho capito troppo bene questo tuo PS, me lo rispieghi per favore? Grazie!




1) volevo scrivere qualcosa di mio
2) siamo pur sempre su filmup
3) ho la sensazione che alcuni giudizi sulle possibilità di vittoria di Bush siano filtrati da una ottica europea. E che quando in europa si vedrà il film di Moore la gente dirà "E' proprio impossibile che con un film così forte Bush non subisca ora un tracollo elettorale"
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 30-08-2004 15:37  
Elezioni USA, grandi cause e colpi bassi(paginedidifesa)
Mandato da antonio Lunedì, 30 Agosto 2004, 10:22.
di Andrea Tani

Con la convention repubblicana che si apre oggi a New York, le elezioni americane stanno entrando nelle semifinali, per usare una metafora olimpica molto comprensibile in queste settimane. I due competitori sono testa a testa, secondo le ultime indagini demoscopiche. La politica estera è diventata l'argomento principe sul quale la contesa si sta focalizzando. Non era mai successo, in nessun'altra elezione. Tengono naturalmente banco l'Iraq, la guerra al terrorismo e le difficoltà che l'America sta incontrando nel venire a capo dell'una e dell'altra questione. Nonché la maggiore o minore idoneità dei due contendenti a gestire le problematiche connesse.
Il presidente Bush si presenta come il comandante in capo in carica, il generale che sta combattendo una battaglia vitale per la sicurezza degli Stati Uniti e la stabilità del mondo. La sua azione è stata improntata al massimo decisionismo attraverso la conquista della iniziativa strategica e il suo mantenimento nelle mani degli Stati Uniti. Al suo attivo può vantare l'eliminazione del santuario terroristico afghano, la defenestrazione del maggiore nemico istituzionale degli interessi americani nel Medio Oriente e risultati incoraggianti nella riduzione dei pericoli della diffusione delle armi di distruzione di massa.

La Libia e l'Iraq sono stati cancellati - con diverse modalità - dalla lista delle minacce immanenti, l'Iran è sotto monitoraggio stretto da parte dell'AEIA e persino dell'Europa - oltre che del Centcom statunitense che ne ha avviluppato le frontiere. I due giganti proliferatori del subcontinente indiano (India e Pakistan) stanno stemperando i loro contenziosi e raggiungendo accordi diretti per evitare attivazioni non intenzionali dei rispettivi deterrenti nucleari.

Persino la schizoide Corea del Nord, che è rimasta ai margini dell'attenzione della amministrazione Bush, è comunque sotto sorveglianza da parte di un gruppo regionale multinazionale che, pure se non prende ordini da Washington, procede sulla via di un ridimensionamento dell'attivismo nucleare di Pyonyang. E quindi in definitiva fa anche i suoi interessi.

I passivi sono quelli che si leggono ogni mattina sui giornali. L'Afghanistan non è pacificato, tutt'altro: sta diventando un'unica piantagione di oppiacei. Ignoriamo se questo esito era stato messo in conto, ma è chiaro sia il cui prodest (la grande criminalità internazionale, non viene a mente altro) sia chi ne sarà più danneggiato (l'Occidente affluente in crisi di valori e di autodisciplina). Dello stato maggiore generale di Al Qaeda nessuna traccia, nonostante alpini del Montana e del Friuli, Royal Marines, pashtun di Islambad occasionalmente tracimanti al di qua della frontiera con il Pakistan e l'onnipresente Network Centric Warfare.

L'Iraq è vicino a trasformarsi in quel Vietnam mignon che tutti i dirigenti americani avevano giurato non sarebbe mai diventato. Con tutte le cautele del parallelo si tratta ormai di un paese sconvolto da una guerriglia aggressiva e anarchica che non lascia presagire risoluzioni a breve. Se qualche ideologo neocon sperava di trarre per il suo paese benefici economici - oltre che quelli strategici, indubitabili - dalla defenestrazione di Saddam Hussein è stato brutalmente contraddetto, e con lui gli Stati Uniti nel loro complesso.

Se per adesso il bilancio geopolitico è certamente favorevole a Washington, con lo stabilirsi di una massiccia presenza dei dispositivi militari stellati nell'area più cruciale del mondo, il conto economico è salatissimo. Poco petrolio (che peraltro sarà gestito dagli stessi iracheni in modo abbastanza trasparente e aperto alla concorrenza internazionale) per l'attivismo dei guastatori sciiti, sunniti, baathisti e qaedisti. Costi per la ricostruzione iperbolici; spese militari alle stelle, crisi di overstretching dei dispositivi militari.

Se Francia e Russia hanno perso con Iraqi Freedom il loro principale cliente mediorientale, Washington ha guadagnato un mare di problemi tutt'altro che autofinanziati. Senza contare i danni indiretti: la crescente collera della masse più fanatizzate dell'Islam, la sottrazione di risorse contro il terrorismo, le difficoltà delle autocrazie arabe, l'impatto sul prezzo del petrolio, la cautela che la situazione mesopotamica impone alla politica americana un po' dovunque, gli incidenti di percorso come Abu Grahib, le diatribe Atlantiche, eccetera.

Su queste difficoltà lo sfidante democratico alle elezioni di novembre, il senatore John Kerry, ha impostato gli strumenti fondamentali della sua strategia. Il suo messaggio è semplice e sempre più definito. A parte i noti dossier economici e sociali sui quali - egli sembra sostenere - i democratici hanno da sempre le idee più chiare dei repubblicani, è proprio sul cavallo di battaglia del GOP (la politica estera e di sicurezza) che è necessario un deciso cambio di rotta.

Solo una nuova amministrazione non compromessa con gli errori del passato - democratica, naturalmente - può assicurarlo. In particolare è il vertice presidenziale che deve essere sostituito al più presto prima che faccia altri danni, quel tycoon texano nei modi oltre che nella formazione che ha caricato la sacrosanta reazione americana all'11 settembre di contenuti e significati eccessivi e fuorvianti. Gli stessi che hanno messo gli Stati Uniti in gravi difficoltà, oltre che in rotta di collisione con gli altri protagonisti della scena internazionale, alleati e non.

Si tratta di un leader che non ha esitato a scatenare conflitti unilaterali e pretestuosi, con giustificazioni quasi fraudolente, nonostante non abbia mai provato di prima mano la terribile realtà della guerra, come del resto quasi tutti i suoi principali collaboratori (solo Powell, in effetti, si è trovato fisicamente in combattimento; Cheney non è mai stato un militare, nonostante sia stato il ministro della Difesa di Desert Storm; Rumsfeld era pilota di marina, ma non ha mai combattuto). "Se George W. avesse visto il sangue e le sofferenze della battaglia da vicino, come è capitato a me - è Kerry che parla - sicuramente sarebbe stato più cauto".

Su questo tasto lo sfidante democratico ha battuto con insistenza appena ha realizzato che il tradizionale elettorato moderato sostenitore del GOP lo stava cominciando in parte ad abbandonare, deluso e spaventato dalle difficoltà che la politica dei neocons aveva provocato. Se fosse riuscito a catturarne una parte, la vittoria sarebbe stata veramente a portata di mano. Il senatore del Massachussets si è quindi simbolicamente riappropriato delle medaglie del Vietnam che nel 1971 aveva rigettato platealmente nel corso di uno dei suoi comizi con Jane Fonda, sbarazzandosi in pari data della tuta blu da metalmeccanico.

Indumento che faceva in verità un po' fatica a indossare, dato che ogni volta rischiava di scompigliare la celebre chioma che il suo parrucchiere personale gli scolpisce a - si dice - 500 dollari a taglio, anche in piena campagna elettorale. C'è chi porta la bandana, chi la detesta. Valli a capire questi miliardari. Da un certo punto in poi - diciamo dalla convenzione democratica di luglio - Kerry è quindi diventato soprattutto un prode veterano, un uomo di pace che ha fatto la guerra con onore e valore ed è molto più qualificato a reggere il timone della repubblica degli imboscati che oggi hanno combinato tutti questi guai per interesse travestito da ideologismo.

La manovra sembrava avere successo e i potenziali elettori parevano assecondarla quando - circa tre settimane or sono - è accaduto uno di quei fatti apparentemente minori che a volte scombinano il corso della storia. Una associazione di veterani dei battelli fluviali della US Navy sui quali Kerry aveva costruito al sua reputazione di reduce eroico (la Swift Boat Veteran for Truth) ha scatenato una violenta campagna mediatica per ridimensionare il passato militare del senatore. E' uscito fuori di tutto. Invece dell'anno canonico, che nel lontano 1968 i militari americani passavano come minimo in zona d'operazioni in Vietnam, Kerry è stato solo quattro mesi (dei quali uno nelle retrovie, in addestramento nella baia di Cam Ramh). Un'inezia.

Alla sua terza ferita riportata in azione - quasi superficiale, come le altre del resto - ha fatto domanda di rientro in patria, avvalendosi di una norma desueta che nessuno utilizzava. La cosa aveva destato un particolare risentimento nei camerati perchè nessuna delle tre ferite - per ognuna delle quali l'allora sottotenente di vascello era stato insignito della decorazione Purple Heart - aveva determinato un ricovero in ospedale, neanche un giorno di degenza. Lo ha sottolineato con una certa indignazione anche l'autorevole senatore repubblicano Dole, del tutto estraneo all'associazione degli Swuift Boats, ma eroe mutilato della seconda guerra mondiale e molto rispettato nell'establishment statunitense.

La prima e la terza ferita erano state oltretutto autoinflitte per errore e le Purple Heart vengono assegnate solo se causate dal nemico. Anche su un'altra delle cinque decorazioni complessive che Kerry aveva conquistato nei suoi frenetici tre mesi al fronte - una Bronze Star - sono state fatte rivelazioni più o meno controllabili. L'azione eroica di Kerry che l'avrebbe determinata - il recupero di un commilitone caduto nel Mekong - non era avvenuta sotto il fuoco nemico, come recitava la motivazione, ma in condizioni ordinarie.

Il suo eroismo, quindi, era praticamente nullo. Sono uscite fuori altre sgradevolezze, come la negazione del fatto che Kerry e il suo equipaggio avessero mai passato il Natale del '68 cinque miglia all'interno della Cambogia, su ordine illegale del loro comando, come aveva sostenuto il senatore in decine di occasioni e in particolare in un discorso al Senato nel 1986. Il 25 dicembre il suo battello si trovava in realtà cinquantacinque miglia all'interno dei confini vietnamiti, come risulta da carte ufficiali assolutamente attendibili.

Insomma fango a quintali, in gran parte verificabile anche se non tutto, rilasciato nel momento elettoralmente più propizio. Non si è trattato solo di una manovra politica, tuttavia. Molti dei veterani del Vietnam a suo tempo ce l'hanno avuta a morte con Kerry per il suo discutibile comportamento nei famosi tre mesi ma soprattutto per quello che ha fatto dopo il congedo. Oltre a diventare uno dei massimi leader antimilitaristi dei tardi anni Sessanta, nel '71 dichiarò sotto giuramento davanti a una commissione parlamentare che i militari americani in Vietnam avevano "violentato, mutilato e ucciso civili innocenti con la connivenza dei loro superiori". Il che è avvenuto, ma ha riguardato una parte molto circoscritta di un esercito serio, civilizzato e professionale come quello americano.

La generalizzazione era sicuramente eccessiva e diffamatoria, anche se forse in buona fede. Kerry aveva allora ventisette anni molto confusi e i tempi erano assai particolari. Jane Fonda, poi, con la quale il giovane reduce pare abbia avuto una storia, doveva essere all'epoca un argomento molto trascinante. Una regina Elena aveva fatto ben di peggio tremila anni addietro. Dopo tanti anni la maggioranza dei reduci aveva dimenticato quasi tutto, ma quando l'antico incendiario ha rivestito con marziale cipiglio i panni di un tetragono pompiere e accampando glorie inesistenti ha tentato di dare la scalata alla massima magistratura americana è scattato negli antichi combattenti un riflesso condizionato che, se anche ha avuto uno spregiudicato utilizzo politico, mantiene comunque una sua giustificazione e moralità fondamentale.

Il risultato è stato una pubblicità a livello nazionale conferita con trentacinque anni di ritardo a ciò che tutti nell'ambiente sapevano. Con qualche inevitabile esagerazione e forzatura. I risultati sono stati abbastanza devastanti. La sua credibilità è stata lesionata, anche se molti lo hanno difeso. Ma i fatti incontrovertibili parlano da soli: le ferite superficiali e autoinflitte premiate con decorazioni fuori misura, i tre soli mesi in azione, la domanda di rimpatrio, l'abbandono dei propri uomini mentre lo "spirito di nave" si stava formando, l'autoglorificazione nei rapporti di combattimento, la storia dello sconfinamento in Cambogia, l'inopinata virata pacifista di uno che sapeva veramente come stavano le cose.

Niente di cui andare particolarmente fiero, meno che meno argomenti con i quali costruire una carriera pubblica di massimo livello. In pochi giorni, secondo i sondaggi, Kerry ha perso il diciotto percento delle preferenze dei reduci del Vietnam, decisivi per la competizione. Fino a quel momento tali preferenze si erano mantenute abbastanza in equilibrio fra lui e il suo avversario che - com'è noto - deve farsi perdonare il suo imboscamento nell'Air National Guard del Texas e dell'Alabama di quegli stessi anni.

Per lo stesso imboscamento, peraltro, potrebbe venir fuori un altro scandalo. Dagli archivi della Guardia Nazionale dell'Alabama è scomparso il dossier relativo del sottotenente pilota George W. Bush relativo ai sette mesi nei quali i gossip sostengono che la sua presenza ai richiami periodici fosse molto poco assidua per ragioni collegate a una eccessiva contiguità con il bourbon del Kentucky. Questa può essere anche la ragione per la quale sembra che i vertici dei due partiti, repubblicano e democratico, si stiano accordando per non utilizzare i passati "marziali" dei rispettivi boss come arma elettorale, indirettamente o direttamente.

Se dovesse prendere corpo un accordo in tal senso, esso finirebbe per danneggiare più Kerry che Bush, perchè il presidente è comunque il comandante in capo della guerra in atto e non può essere certo tacciato oggi di fellonia, l'unico motivo per il quale si sostituisce un generale impegnato in battaglia (non lo si fa certo per eccessivo decisionismo). Kerry invece è tutto da provare, e forse non è il momento più adatto per sperimentazioni. Soprattutto dopo quello che si è saputo.

Il ragionamento è difficilmente confutabile. Se il senatore del Massachusets non ce la dovesse fare a novembre, come invece sembrava probabile qualche settimana or sono, potrà ringraziare il suo mito John Kennedy, ispirandosi al quale chiese di comandare una motovedetta fluviale, simile alla famosa PT 109 che il primo JFK aveva condotto in battaglia contro i giapponesi. Dovrà anche ringraziare la sua spregiudicata ambizione di allora e forse di adesso, la propensione al calcolo - "qualche mese, tre o quattro medaglie che mi daranno perchè sono uno dei pochissimi figli di papà a venire in questa schifezza di posto, e poi via, a casa, a capitalizzare, come il mito" - forse Jane Fonda, e ancora più forse una disinvoltura politico-caratteriale che nel dubbio è meglio si tenga il più possibile lontana dall'ufficio ovale della Casa Bianca.
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
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Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 31-08-2004 10:09  
A confermare la parità.

Le figlie di Bush hanno inviato un filmato preregistrato agli Awards di MTV. Le figlie di Kerry sono invece state all'evento.
Ed entrambe le fazioni hanno preso una bordata di fischi. Comincio a sospettare che chi organizza le campagne elettorali di questi due non sia proprio un fenomeno.
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Spock: We must acknowledge once and for all that the purpose of diplomacy is to prolong a crisis.

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 31-08-2004 12:19  
Ma come – si starà lamentando il povero John Kerry - Non solo devo subire gli attacchi di tutti i repubblicani del paese. Non solo sono stato costretto a raccogliere più fondi di ogni altro candidato democratico della storia per rispondere allo strapotere petrolifero dei Bush. Adesso ci troviamo anche con i leader del partito che per raccogliere voti per la loro elezione si mostrano vicini al presidente.

È quello che ha incredibilmente fatto il capogruppo dei democratici al senato Tom Daschle. Impegnato nella sua campagna elettorale in Sud Dakota contro un difficile avversario repubblicano, John Thune, ha mandato in onda uno spot elettorale nel quale mostra fiero un suo abbraccio con George W. Bush.

“Che meraviglia”, se la ridono i repubblicani a New York: “Il senatore Daschle ha di fatto ammesso che l’immagine del presidente può portare voti e garantirgli la rielezione”.

Nello spot, tra l’altro si dice: “Prima che repubblicani o democratici, siamo americani”; e ancora: “Il Presidente ci ha chiesto di essere grandi, e noi abbiamo risposto alla chiamata”; non basta, si legge un titolo di un giornale: “Daschle: è tempo di stare vicini alle nostre truppe, Bush…”, e contemporaneamente, sullo schermo, il presidente e il senatore democratico si abbracciano.

Il commercial si conclude con la voce di Daschle che dice: “Approvo questo messaggio, perché un esercito potente e un America forte sono il miglior modo per combattere il terrorismo”.
Daschle approva, ma Kerry?

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A parte la visione Italianizzata della vicenda a me pare significativa la frase

“Prima che repubblicani o democratici, siamo americani”

quanto ci vorrà in Italia perchè qualcuno pronunci questa frase?
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 31-08-2004 12:43  
Ma come – si starà lamentando il povero John Kerry - Non solo devo subire gli attacchi di tutti i repubblicani del paese. Non solo sono stato costretto a raccogliere più fondi di ogni altro candidato democratico della storia per rispondere allo strapotere petrolifero dei Bush. Adesso ci troviamo anche con i leader del partito che per raccogliere voti per la loro elezione si mostrano vicini al presidente.

È quello che ha incredibilmente fatto il capogruppo dei democratici al senato Tom Daschle. Impegnato nella sua campagna elettorale in Sud Dakota contro un difficile avversario repubblicano, John Thune, ha mandato in onda uno spot elettorale nel quale mostra fiero un suo abbraccio con George W. Bush.

“Che meraviglia”, se la ridono i repubblicani a New York: “Il senatore Daschle ha di fatto ammesso che l’immagine del presidente può portare voti e garantirgli la rielezione”.

Nello spot, tra l’altro si dice: “Prima che repubblicani o democratici, siamo americani”; e ancora: “Il Presidente ci ha chiesto di essere grandi, e noi abbiamo risposto alla chiamata”; non basta, si legge un titolo di un giornale: “Daschle: è tempo di stare vicini alle nostre truppe, Bush…”, e contemporaneamente, sullo schermo, il presidente e il senatore democratico si abbracciano.

Il commercial si conclude con la voce di Daschle che dice: “Approvo questo messaggio, perché un esercito potente e un America forte sono il miglior modo per combattere il terrorismo”.
Daschle approva, ma Kerry?

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shaquira


Reg.: 04 Set 2004
Messaggi: 140
Da: Lucino (CO)
Inviato: 08-09-2004 13:58  
E tra le varie cose,aggiungerei che Kerry non ha le idee chiare sul dopo-Irak,anzi diciamo che non ha la più pallida idea di cosa fare!
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-Fare il furbo è la prerogativa di ogni imbecille!!!-

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stilgar

Reg.: 12 Nov 2001
Messaggi: 4999
Da: castelgiorgio (TR)
Inviato: 08-09-2004 14:43  
Beh su quello credo che nessuno abbia le idee chiare...sempre che ci sia un dopo Iraq...
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Profundis - L'anima nera della rete

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ginestra


Reg.: 02 Mag 2003
Messaggi: 8862
Da: San Nicola la Strada (CE)
Inviato: 08-09-2004 15:49  
Ipergiorg,l'articolo che hai postato parla di un Bush "generale" che ha risolto la defenestrazione di Saddam e che sta assicurando la stabilità agli Stati Uniti.

Io aggiungerei : un generale senza cavallo ma che, in mancanza di redini, ha una bella mazza da golf in mano,sollazzandosi negli sperduti campi verdi della sua America,in cerca di una pace dell'anima che sicuramente non possiede.
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E tu, lenta ginestra,che di selve odorate queste campagne dispogliate adorni, anche tu presto alla crudel possanza soccomberai del sotterraneo foco, che ritornando al loco già noto, stenderà l'avaro lembo su tue molli foreste.......

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ginestra


Reg.: 02 Mag 2003
Messaggi: 8862
Da: San Nicola la Strada (CE)
Inviato: 08-09-2004 15:56  
In quanto alla lunga durata della guerra in Iraq, è facile prevedere, pur non essendo grandi intenditori di questioni belliche.Se Kerry ha decretato la sua volontà di richiamare le truppe, entro 4 anni,in caso di positivi risultati elettorali,è molto semplice immaginare cosa farà Bush se a lui toccherà la vittoria.Un altro Vietnam, suvvia, stiamo allegri, o guerrafondai!!!!
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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 08-09-2004 15:59  
Questa del richiamo delle truppe entro 4 anni da parte di Kerry mi era proprio sfuggita Ginestra. Dove lo hai letto?
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