La musica nel cuore
Recentemente visto al servizio di Woody Allen per “Match point” (2005) ed al fianco di Tom Cruise in “Mission: impossible III” (2006), il bel Jonathan Rhys Meyers non è nuovo a ruoli profondamente legati all’universo delle note musicali.
Infatti, dopo aver interpretato l’ex rock star Brian Slade in “Velvet Goldmine” (1998) di Todd Haynes e dopo aver concesso anima e corpo all’”immortale” Elvis Presley nella mini-serie televisiva “Elvis-The early years” (2005) di James Steven Sadwith, lo troviamo nei panni del giovane chitarrista irlandese Louis Connelly, il quale, in seguito ad una fugace notte d’amore con la viziata violoncellista Lyla Novacek, con le fattezze di Keri Russell (altro nome proveniente dal citato “Mission: impossible III”), si ritrova padre di un bambino reso orfano dalle circostanze. Perché il vero protagonista del secondo lungometraggio diretto da Kirsten Sheridan (il primo è lo sconosciuto “Disco Pigs”, del 2001) è proprio il piccolo senza nome che, ottimamente incarnato dal Freddie Highmore del burtoniano “La fabbrica di cioccolato” (2005), ricorre al suo straordinario talento musicale per ritrovare i genitori, dai quali venne separato alla nascita; mentre un misterioso individuo con il volto di un viscidamente divertente Robin Williams lo ribattezza August Rush, oltre a farlo esibire per le strade di New York.
E, come c’era da aspettarsi, è proprio la bella colonna sonora di Mark Mancina (“Koda, fratello orso”) uno dei punti di forza del film, costruito tra presente e passato sull’efficace script concepito a due mani dal James V. Hart di “Hook-Capitan Uncino” (1991) e da quel Nick Castle divenuto regista e sceneggiatore dopo gli esordi al fianco di John Carpenter, per il quale interpretò il mascherato serial killer Michael Myers in alcune sequenze di “Halloween-La notte delle streghe” (1978).
Per non parlare della fotografia di John Mathieson (“Le crociate”), funzionale nell’accentuare la poesia emanata da una musicalità ricercata perfino nell’insieme di rumori che tempestano la vita di strada, al servizio di un elaborato in parte prevedibile, ma che, diretto con mestiere, sembra riallacciarsi in maniera affascinante alla grande tradizione del magico cinema hollywoodiano che fu (quello che annualmente rivediamo in tv nel periodo natalizio, per intenderci), ricordando anche i personaggi delle fiabe e dei racconti popolari, da Tom Sawyer a Pinocchio, passando per Oliver Twist.
A tratti, addirittura commovente.


La frase: "Io credo nella musica come le altre persone credono nelle favole".

Francesco Lomuscio

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