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Autore Piccolo Elenco dei film Horror da non Vedere.....
freddy666

Reg.: 11 Set 2004
Messaggi: 215
Da: capannori (LU)
Inviato: 20-10-2004 19:21  
ESORCISTA 2: La giovane Regan ( protagonista del primo capitolo ) è ora in cura presso una dottoressa che le provoca uno stato di ipnosi e trance. Un gesuita, incaricato di far luce sulle vicende avvenute qualche anno prima, arriva alla clinica in cui è ricoverata la ragazza, segue le sedute e si convince che il diavolo è ancora presente. Si reca quindi in Africa perché ,secondo lui, è là che vi sono le radici del male. Dopo un lungo esorcismo Regan verrà nuovamente liberata dal demonio. Seguito del grande “ L’Esorcista” di Friedkin, il film non è altri che una pallida imitazione del primo capitolo della saga; l’ossessa è sempre interpretata da Linda Bair ma con risultati assolutamente inferiori alla sua precedente interpretazione. Era praticamente impossibile fare un film migliore di quello di Friedkin ma Boorman non gli si è neanche lontanamente avvicinato; è il più brutto della trilogia.

ESORCISTA 3: Il demonio questa volta aiuta l’anima di un pazzo serial killer, giustiziato sulla sedia elettrica, ad impossessarsi di un nuovo corpo dal quale poi trasmiga in altra corpi per usarli per compiere efferati omicidi. Un detective riuscirà a scoprire la trama del demonio e con l’aiuto di un prete proverà a rimandare l’anima dell’assassino all’inferno. Il film è un po’ lento e piuttosto confuso ma ci regala comunque qualche buona scena in cui si salta sulla sedia; diretto dallo scrittore del primo esorcista, rimane comunque lontano anni luce da primo capitolo della saga.

WISHMASTER 2: In questo caso é la bella ladra Morgana la liberatrice del Djinn. Nel corso di una rapina e di una sparatoria lei colpisce la statua che contiene la gemma in cui è imprigionato il Djinn, il suo fidanzato-complice viene ucciso a seguito di una sparatoria, e lei uccide la guardia. Il Djinn è in libertà e comincia, in modo tutto particolare, ha esaudire i desideri delle sue vittime per poi rubarne l’anima. La bella Morgana si fa aiutare da un prete, suo ex-fidanzato, nella lotta contro il Male. Già il primo film della saga del malefico Djinn lasciava alquanto a desiderare, nonostante portasse la firma di un esperto del genere come Kurtzman e fosse prodotto dal grande Craven, figurarsi se questo seguito poteva essere migliore. A parte un paio di scene con le “solite” morti originali, il resto è una storia senza capo né coda, con un pessimo quanto approssimativo finale ed effetti digitali al risparmio..
.. già spiegava poco il primo capitolo che alla regia aveva il mitico Wes Craven.

A SLEEPING CAR: Un banale film del terrore, effetti e trucchi penosi, 96 minuti di pellicola buttati al vento!!!

FROG: Insopportabile film... su un isolotto popolato da pochi abitanti, la natura sfruttata si rivolta contro l’umanità dissennata e fa una strage. Un’idea non proprio originale supportata da una regia discreta, ma mai particolarmente ispirata, e condita con più di un pizzico di ironia. Il film non ci regala comunque mai veri momenti di “paura”. Simile ai prodotti Hammer degli anni sessanta, trascurabile e lontano dai gusti del pubblico moderno.

IL MISTERO DEL LAGO MISTERIOSO: L'unica cosa misteriosa di questo film di serie B è il titolo!!!
Da evitare!!!!

Qualche commento....?

recensioni tratte da horror cult
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1 , 2 , 3 FREDDY VIENE PER TE!

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Sberla

Reg.: 19 Ott 2004
Messaggi: 24
Da: USA (es)
Inviato: 21-10-2004 09:41  
che commento devo lasciare?
...mai visti fil più brutti di questi!
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Venimmo, Vedemmo....e lo inculammo!

da Ghostbusters.

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Saeros

Reg.: 27 Mag 2004
Messaggi: 7565
Da: Napoli (NA)
Inviato: 21-10-2004 10:10  
io non li ho mai visti... anche se credo che, visto come sono fatta io, mi avrebbe fatto paura lo stesso. ma volevo chiedere una cosa: come mai "Frog" si chiamava cosi? in inglese non vuol dire "rana"? eppure mi pare di capire che non sia una storia di rane che si ribellano all'umanita`, no? era tutta la natura... mammamia, che misteri questi titoli.
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Mizar:Sae è da interpretare stile rebus..
Un Lugubre Equivoco

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simboy

Reg.: 20 Set 2002
Messaggi: 1603
Da: grugliasco (TO)
Inviato: 21-10-2004 12:47  

L'Esorcista 3 non mi sembra che sia proprio così da buttare , l'ho visto solo una volta , anni fa e ne ho un ricordo vago , ma non mi era dispiaciuto affatto...

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pupazz

Reg.: 18 Feb 2003
Messaggi: 2069
Da: prato (PO)
Inviato: 21-10-2004 12:59  
io eviterei anche freddy vs jason
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freddy666

Reg.: 11 Set 2004
Messaggi: 215
Da: capannori (LU)
Inviato: 21-10-2004 16:37  
MA come fai ad evitare freddy vs. jason... non sarà un capolavoro ma è molto gradevo!!!! Forse non ti piaceranno i due cattivi, non lo so, però io non lo eviterei, anzi lo consiglio!!!
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1 , 2 , 3 FREDDY VIENE PER TE!

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Hiyuga

Reg.: 05 Ago 2004
Messaggi: 1301
Da: Gossolengo (PC)
Inviato: 21-10-2004 17:01  
Anche io lo consiglio, se hai da buttare via un'ora e mezza di vita..

Quando hanno iniziato a portare in giro il corpo di Jason a Crystal Lake perchè così avrebbero potuto attirare Krueger, o una roba simile,.,. Mi sono cadute le p*lle..

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freddy666

Reg.: 11 Set 2004
Messaggi: 215
Da: capannori (LU)
Inviato: 21-10-2004 17:02  
HALLOWEEN 5: ECCO A VOI LA TRAMA E IL COMMENTO DEL FILM...Nonostante la polizia lo avesse riempito di piombo, Michael è ancora vivo! Questa volta se la prende con una bambina in particolare, ma c’è sempre il dottor Loomis ha mettergli il bastone tra le ruote ma , quando per “il demone dalla maschera bianca” sembra finita, interviene un fantomatico Dottor Death, adoratore delle forze del male, a liberare l’assassino che era stato imprigionato nelle carceri di Haddonfield. Inutile seguito che in alcune trovate rasenta il ridicolo, la saga di Michael comincia drasticamente a perdere colpi, Pleasence non sa più cosa inventarsi per fermare Myers e il pubblico comincia a non poterne più. Anche la colonna sonora, a cui Carpenter giustamente non ha più voluto contribuire, che nei precedenti capitoli era un po’ uno dei punti di forza del film qui e scontata e ripetitiva. Un ultima curiosità: questo quinto capitolo della saga di Myers è inedito in Italia, pertanto è quasi impossibile reperirlo a meno che non lo si compri all’estero o non lo si riesca a vedere trasmesso via satellite (come è capitato a noi); il nostro consiglio comunque è di non sforzarsi più di tanto per trovarlo, perché non ne vale la pena.


HALLOWEEN 6: Di male in peccio...Il Dr. Death (il nuovo personaggio comparso inaspettatamente alla fine del film precedente), salva Michael e rapisce Jamie portando entrambi in un laboratorio sotterraneo. La nipotina viene quindi ingravidata con il seme in provetta del malefico zio e partorisce un maschietto destinato a subire il progetto THORN. Avendo appreso l'oscuro disegno che si cela dietro la setta del Dr.Death, la ragazza disperata elude la sorveglianza, riprende il figlio e fugge. Ma il tenebroso dottore sguinzaglia ancora una volta l'inarrestabile zio contro di lei. Michael stavolta riuscirà nell'intento di uccidere Jamie ma il suo sacrificio permetterà al Dr.Loomis e a Tommy (il bimbo ormai adulto cui Jamie Lee Curtis fece da babysitter nel primo Halloween), di salvare il piccolo. Lo zio a questo punto si ribella e massacra il Dr.Death e l'intera setta del Thorn. Nel deludente e affrettato finale purtroppo anche il Dr.Loomis cadrà per mano di Michael. Il film, pur apportando nuovi ed originali elementi alla ormai sterile saga dell'invulnerabile psicopatico in maschera bianca, alla fine lascia nello spettatore la sensazione di aver assistito ad un film montato in modo superficiale. In effetti il soggetto originale è stato rimaneggiato quasi completamente a causa della morte improvvisa di Donald Pleasence (che interpretava il ruolo del Dr.Loomis, l'inossidabile antagonista di Michael sin dal primo film). Quindi, nel disperato tentativo di rispettare i tempi di produzione previsti dal contratto, è stata nuovamente girata gran parte del film, tagliando completamente il finale originale. Per svelare il segreto del progetto Thorn e scoprire una volta per tutte il mistero celato nell'anima di Michael Myers vi rimando all'inedito speciale su “Halloween 6”.

HALLOWEEN 8: Ma perchè??? Michael Myers sembrava essere finalmente morto. Certo, questo è quello che si dice alla fine di ogni capitolo delle sue gesta, ma l’ultima volta, dopo che era stato decapitato, sembrava davvero finita. Invece no, ancora una volta è miracolosamente resuscitato con l’immancabile maschera di William Shatner a nascondergli il volto e con la solita immutata voglia di massacrare teenagers. La spiegazione di questa sua ennesima resurrezione è tanto semplice quanto ridicola… Quello decapitato alla fine del precedente episodio non era lui! Ha messo la sua maschera sul viso di un povero paramedico al quale aveva tagliato la laringe (si, certo, come no…) in modo che non potesse parlare. Quindi Laurie Strode decapitò un emerito sconosciuto e non il suo fratellino… Nel prologo lo vediamo irrompere all’interno di un ospedale psichiatrico per regolare i conti una volta per tutte con Laurie Strode (interpretata dalla solita Jamie Lee Curtis che, si vede lontano un miglio, non ne può più del suo personaggio). Dopo un fiacchissimo inseguimento per le corsie dell’ospedale (parente povero dell'analogo inseguimento di Terminator 2), Michael riesce finalmente ad ucciderla facendola cadere dal tetto. Prima di precipitare, Laurie bacia Michael e gli dice il più banale dei "Ci rivedremo all’inferno" per poi spiaccicarsi sul marciapiedi sottostante. Dopo questo prologo imbarazzante (completamente scollegato dal resto della storia e realizzato soltanto per permettere alla povera Jamie Lee Curtis di sbarazzarsi del suo personaggio) partono i titoli di testa e comincia il film. La storia è quella di un gruppo di ragazzi che vincono un concorso che consiste nel passare la notte di Halloween nella casa natale di Michael Myers. Ogni ragazzo porterà una microcamera sulla testa per consentire al pubblico collegato via internet di seguire in diretta quello che avviene nella casa (che ha numerose web cam nascoste un po’ ovunque). Tutte le porte e le finestre sono sbarrate, i ragazzi potranno uscire soltanto l’indomani mattina. Gli organizzatori della diretta su internet (fra i quali spicca per antipatia, incapacità recitativa e atteggiamento ebete il rapper Busta Rhymes) hanno organizzato trappole e scherzi per far paura ai ragazzi rinchiusi nella casa. Non sanno che però Michael Myers è nascosto in cantina e non aspetta altro che far fuori tutti gli adolescenti imbecilli che stanno occupando abusivamente la casa dove lui è nato. I pochi fortunati che arriveranno alla fine riusciranno a scappare dalla casa grazie all’aiuto di alcuni amici che stanno seguendo la diretta via internet e che, tramite messaggi sms, li informeranno sulle possibili vie di fuga. Orrendo ottavo capitolo della serie (che aveva già detto tutto quello che aveva da dire con il primo episodio), assolutamente sconcertante per la totale mancanza di idee. La storia è già di per sé banalotta (una specie di Grande Fratello con annesso maniaco non è certo un’idea particolarmente innovativa) ma quello che la rende insopportabile è la realizzazione che, per quanto sia comunque abbastanza curata, è di una prevedibilità che lascia esterrefatti. Non c’è un solo secondo di suspense, Myers è più imbambolato del solito, gli omicidi sono tutti già visti in mille altri film (tra l’altro qui sono senza quasi una goccia di sangue) e la noia la fa da padrona per la quasi totalità della pellicola. Gli attori sono irritanti nel loro ruolo di teenagers idioti della generazione di internet (c'è il nerd, il fighetto, la ragazza disinibita, quella più casta...) e il rapper Busta Rhymes è assolutamente insopportabile. Quando affronta Michael Myers a colpi di kung fu, dicendogli "Trick or treat, motherfucker!" si tocca veramente il fondo. Nel film non c’è nulla da salvare, anzi, è un disastro completo. È inconcepibile che ci siano produzioni che buttino soldi in progetti inutili come questo “Halloween 8”. I fans americani (non tutti però) l'hanno sorprendentemente apprezzato... E ciò che è peggio è che l’orribile finale lascia intravedere una possibilità estremamente concreta di un nono capitolo…Pessimo e tristemente inutile...
PERCHè IL CAPOLAVORO DI JHON CARPENTER è STATO COSI INFANGATO PER TUTTI QUESTI ANNI?? PERCHè????

NIGHTMARE 6: Mi dispiace Freddy... TRAMA: tralascia gli eventi accaduti nella pellicola precedente rendendolo sin dall’inizio poco credibile. Freddy non ha mai incontrato Alice e non è mai stato assorbito nel grembo di suor Amanda. Al contrario ha sterminato tutti gli adolescenti di Springwood riducendola ad un paese di anziani depressi e senza futuro. Seguendo le tracce dell’ ultimo sopravvissuto in terapia presso la giovane Maggie, psicologa di una vicina città, lo psicopatico vaglia l’eccitante possibilità di trasferirsi e ricominciare il massacro. Ma la dottoressa all’improvviso si ricorda di essere la figlia di Krueger e si scopre che in passato Freddy aveva una famiglia e che aveva strangolato la moglie davanti agli occhi della figlioletta. Maggie decide quindi di eliminarlo per sempre sfruttando la stessa tecnica usata da Nancy nel primo film: strappare Krueger dal sogno e ucciderlo nella realtà. E’ il peggior film della serie. Freddy da carnefice diviene vittima. Non solo perché esplode nel confuso e affrettatissimo finale in modo definitivo, ma soprattutto perché la caratterizzazione del suo personaggio, ormai stereotipicamente commerciale, ha perso tutto il cinismo ed il fascino che possedeva originariamente. Fra l’altro si scopre che il potere di Freddy non è dovuto alla natura traumatica della sua morte e alla relativa sete di vendetta ma a vermi demoniaci che ne avevano penetrato il corpo un attimo prima di morire bruciato… Un insulto all’intelligenza dello spettatore, ma d’altronde siamo negli anni 90 ed ormai Robert Englund alias Freddy Krueger non più uno psicopatico misterioso e assetato di sangue ma un vero divo (e come tale nelle sue battute si rivolge direttamente allo spettatore teenager americano, dai gusti decisamente immaturi rispetto a quelli del 1984, che sicuramente non avrebbero mai immaginato che un giorno quel terrificante uomo nero avrebbe ucciso a suon di battute seguendo la trama di un banale teenmovie). Ma l’elemento più subdolo dell’ultimo capitolo è la trovata prettamente commerciale che prometteva allo spettatore un effetto tridimensionale strepitoso durante la visione del film. La tecnica 3D usata invece fu la più economica e sorpassata che potessero usare (a testimonianza della mancanza di rispetto verso la cultura dello spettatore), e le scene tridimensionali si limitavano solo all’ultimo quarto d’ora. A noi cultori del genere Horror d.o.c. non rimane che assistere impotenti e nostalgici ai titoli di coda che scorrono freddi su una fotografia di Freddy dove, incastonate sulla sua maglietta compaiono le lettere R.I.P (Rest in Peace….Riposa in pace), mentre la splendida colonna sonora del primo indimenticabile Nightmare viene sostituita da un insulso brano metallaro decisamente fuori luogo… da evitare!

Se qualcuno conosce qualche film horror, oppure che rientri nel genere , tipo fantasy, thriller eccc... da non vedere, lo dica pure!!!


recensioni tratte da horror cult
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freddy666

Reg.: 11 Set 2004
Messaggi: 215
Da: capannori (LU)
Inviato: 22-10-2004 22:16  
VAN HELSING: Ricercato dalla polizia e disprezzato dalla gente comune perché ritenuto un feroce e spietato assassino, Van Helsing è in realtà l’arma segreta della Chiesa e del Vaticano nella estenuante ed eterna lotta contro il Male. Coraggioso, intrepido e dal passato oscuro, Van Helsing è un cacciatore di Mostri che attraversa il mondo alla ricerca del Demonio e di tutte le sue manifestazioni, deciso a fermare le creature malvagie che minacciano gli ignari ed indifesi esseri umani. La sua nuova missione porterà lui ed il suo amico frate Carl nella fredda Transilvania per aiutare Anna Valerious, ultima discendente di una nobile famiglia da generazioni in lotta contro il temibile Conte Vladislaus Dracula, deciso ad invadere il mondo con la sua progenie di feroci vampiri.



Prima di qualsiasi commento e di qualsiasi analisi è bene sottolineare subito un particolare: “Van Helsing”, pur attingendo a piene mani nell’immaginario horror collettivo, non è un film dell’orrore. Neanche lontanamente. E neppure è la fedele ricostruzione di un periodo storico o di un personaggio: dimenticate quindi le atmosfere cupe e opprimenti del “Dracula” di Francis Ford Coppola o di “From Hell” dei fratelli Hughes. “Van Helsing” è un purissimo e spensierato film d’azione. Punto e basta. Resta da decidere se sia anche un buon film d’azione…

La nuova pellicola del funambolico Stephen Sommers (regista de “La Mummia” e “La Mummia – Il ritorno”, adrenalinici ed ironici action movie che hanno sbancato i botteghini di mezzo mondo non molte stagioni fa) arriva nelle sale cinematografiche spinta da una campagna pubblicitaria e da una quantità industriale di merchandising tali da far supporre un successo di pubblico degno di un capolavoro annunciato.

Ed è quasi sicuro che il successo di pubblico non mancherà.

Effettivamente è impossibile non riconoscere a “Van Helsing” un impatto visivo eccezionale, realmente fuori dal comune, ottenuto sfruttando un budget da capogiro che ha permesso al regista di utilizzare tutte le più moderne tecniche digitali per portare sullo schermo una carrellata notevole di mostri che popolano il nostro immaginario collettivo da tempo immemorabile. Spazio quindi al cattivissimo Mr Hide, al tormentato Frankenstein, al feroce Uomo Lupo e al temibile (e un po’ inflazionato) Conte Dracula, rappresentati con una veste grafica (è proprio il caso di dire così!) del tutto nuova ed impressionante. Sul piano degli effetti speciali ci troviamo infatti di fronte a quanto di più moderno i mostri classici dell’horror abbiano mai potuto usufruire: per la gioia dei nostri occhi potremo finalmente vedere un trio di feroci vampire volare nel cielo, un Frankenstein visibilmente costruito da pezzi di cadaveri cuciti alla meglio, nonché una serie di terrificanti trasformazioni dell’Uomo Lupo e del Conte Dracula.

Se ci fermassimo a questo punto, di certo “Van Helsing” meriterebbe il massimo dei voti: impossibile però è giudicare una pellicola soltanto per la sua veste estetica, a meno che non si voglia sminuire l’anima profonda del cinema ad un puro e semplice (per quanto costoso) esercizio stilistico.

Come abbiamo già chiarito “Van Helsing” è inequivocabilmente un film d’azione: il ritmo e la velocità delle scene non lasciano infatti un attimo di respiro allo spettatore, susseguendosi con costanza per tutta la durata della pellicola. Ma tutto questo correre veloce, questo assalto frontale, questa frenesia audiovisiva di proporzioni bibliche finisce molto presto per desensibilizzare lo spettatore, che inizia ad intorpidirsi e a diminuire inconsciamente la soglia dell’attenzione. Il passo successivo rischia paradossalmente di essere la noia: un susseguirsi costante e feroce di spettacolari e moderne scene d’azione al limite dell’inverosimile (praticamente non c’è ostacolo fisico che i protagonisti non riescano a superare sfidando tutte le leggi della natura), finisce inevitabilmente per spegnere l’interesse del pubblico. La trama che dovrebbe legare il tutto è praticamente inesistente, confinata a qualche misera riga di copione inserita a forza tra una piroetta ed un fuoco d’artificio: ad un certo punto, probabilmente per svegliaci, ci viene fatto credere che il protagonista Van Helsing nasconda un passato segreto che lui non ricorda per la perdita della memoria, e che lo lega in qualche modo al Conte Dracula. Alla fine sapremo sì cosa li lega, ma a dircelo sarà una semplice frase incapace di darci una spiegazione o di definirci un retroscena, pronunciata soltanto per rispettare la regola che vuole come sempre gradito un colpo di scena alla fine del film. Peccato che invece di stupire lo spettatore tale rivelazione lo porti a credere di essersi perso qualcosa per strada, di non aver capito lo sviluppo di situazioni e personaggi che in realtà non si sviluppano mai.

Certo, anche “La Mummia” e “La Mummia – Il ritorno” non brillavano per complessità narrativa: entrambe le pellicole erano però costruite intorno ad una storia ben definita, leggera ma mai insensata, terreno fertile per la gustosa miscela di avventura e ironia che aveva saputo stregare non poco il pubblico. Nel caso di “Van Helsing” la mancanza di una vera e propria trama rende vane anche le frequenti e infelici battute comiche dei personaggi, troppo prevedibili e stereotipate, troppo forzate e slegate dal contesto.

Altra nota dolente è la caratterizzazione dei personaggi, volutamente immaginaria e fumettosa, ma alla fin fine troppo surreale e inverosimile: il Vaticano rappresentato come un’agenzia governativa alla 007 organizzata contro le forze del male, frati inventori di macchine ammazzamostri, balestre che mitragliano paletti di legno, lame rotanti affettatutto, bombe luminose accecanti (come mai manca un fucile ad acqua santa?), protagonisti dall’incerto look moderno e aggressivo. Pur non essendo a livelli eccelsi di interpretazione, a fallire non è tanto la recitazione degli attori, quanto la loro presentazione sullo schermo: il Conte Dracula diventa uno snob aristocratico dal carisma discutibile, doppiato indecentemente con un finto russo da gioco di bambini delle elementari, e a tratti più simile ad un gracile Renato Zero (non ce ne voglia!) che a un vampiro immortale ed invincibile, ed anche il personaggio interpretato da Hugh Jackman non riesce a convincere, a tal punto che da fallibile uomo comune che affronta con coraggio le forze del male, Van Helsing diventa un tamarro capellone in giacca di pelle, tutto muscoli e poco cervello, una specie di supereroe a cui manca sì la calzamaglia ma non certo un armamentario stravagante e letale.

Pur consapevole di essere al cospetto di un film di puro intrattenimento, una leggera sensazione di disagio serpeggia comunque nella mente dello spettatore.

“Van Helsing” è a tratti troppo movimentato e roboante persino per un patito di film d’azione, così come è a tratti troppo poco appassionante e carico di pathos per un patito di film horror. E’ un film da domenica pomeriggio al cinema con tutta la famiglia, un film da popcorn e patatine, un film da scolaresca rumorosa che sghignazza ad ogni scena rumoreggiando in sala.

E forse per questo è esattamente il risultato che voleva ottenere Stephen Sommers.

Sicuramente non è quello che avremmo voluto vedere noi, che ancora cerchiamo nel cinema (e nel cinema horror in particolare) emozioni reali che ci scorrano tra le vene.

Noi che non baratteremmo per tutto l’oro del mondo le fredde trasformazioni digitali dell’Uomo Lupo di “Van Helsing” con quella shockante ed indimenticabile de “Un Lupo Mannaro Americano a Londra” di John Landis.


recensione tratta da horror cult


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riddick

Reg.: 14 Giu 2003
Messaggi: 3018
Da: san giorgio in bosco (PD)
Inviato: 22-10-2004 22:17  
suggerirei cabin fever...
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M.O.I.G.E. al rogo

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riddick

Reg.: 14 Giu 2003
Messaggi: 3018
Da: san giorgio in bosco (PD)
Inviato: 22-10-2004 22:17  
di metterlo nella lista, naturalmente. non di vederlo
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M.O.I.G.E. al rogo

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freddy666

Reg.: 11 Set 2004
Messaggi: 215
Da: capannori (LU)
Inviato: 22-10-2004 22:20  
CABIN FEVER SECONDO IL MIO PARERE...

TRAMA E CRITICA: Finito il college, cinque amici si recano in una capanna nei boschi per godersi un ultima vacanza di giovane spensieratezza. Arrivati sul posto però s’imbattono in un uomo, un probabile eremita, colpito da una misteriosa malattia che gli sta corrodendo la pelle. In preda al panico, i giovani scacciano l’uomo, che per un incidente prende fuoco e si allontana nella foresta ridotto ormai ad una torcia umana. Tutto sembrerebbe finito, ma… Diretto dall’esordiente Eli Roth, che per la storia si è ispirato ad un fatto della sua adolescenza (a diciannove anni, mentre lavorava come garzone in una stalla, contrasse una strana malattia della pelle), “Cabin Fever” è, come “Wrong Turn”, un omaggio ai film horror del periodo d’oro anni ’70 e ’80. Principalmente il suo punto di riferimento è senza dubbio “La Casa” di Sam Raimi, ma si possono trovare facilmente omaggi a “Un tranquillo Week- End di Paura” per quanto riguarda la caratterizzazione dei locali rednecks che entrano in gioco verso metà film, oppure a “La Notte Dei Morti Viventi” per il finale, anche se qui è reso in maniera talmente paradossale ed esagerata da essere ironicamente prevedibile. L’ironia, ecco, è uno dei cardini della storia (e per questo non è difficile capire come mai a Peter Jackson il film sia piaciuto a tal punto da definirlo “il miglior horror americano degli ultimi vent’anni”): usata in maniera quasi eccessivamente comica all’inizio della storia (prologo a parte), elimina facilmente momenti che senza di essa risulterebbero lunghi e noiosi, portando così rapidamente nel cuore della vicenda, dove si eclissa lasciando posto al dramma, per poi ricomparire, con toni sicuramente più neri e cinici nel finale. Certo, forse l’ironia è stata scelta perché è l’espediente più facile per far scorrere la parte introduttiva, che sarebbe ben difficile da realizzare con ritmo senza una mano esperta, ma c’è anche da tener conto che essa è molto utile per rendere ancora più carica di tensione la parte veramente horror del film: come disse Douglas Preston, l’orrore si crea con i contrasti. Ad ogni modo, resta in effetti ambiguo questo aspetto del film: una decisione presa per dotare il film di maggior mordente, oppure una faciloneria? I personaggi, dal canto loro, sono piuttosto stereotipati: c’è la coppia in calore, quella di candidi fidanzatini ed infine il quinto incomodo ovviamente fuori di testa. Va però detto che in tutti i casi i protagonisti paiono essere volutamente esagerati (in un senso o nell’altro) quasi per parodiare (e criticare) quelli degli innumerevoli horror- slashers di una volta. Discorso simile può essere fatto per i personaggi di contorno (ovvero i rednecks – i bifolchi – locali): al di là dell’esagerazione, la loro caratterizzazione grottesca ricorda quelli del serial cult “Twin Peaks” di David Lynch (che qui figura come produttore esecutivo), così come dal regista di “Eraserhead” (ma anche dalle pagine di Stephen King, così come dai film di Romero) pare uscire una certa critica di fondo nei confronti della provincia americana. Sul lato tecnico, il film gode di una fotografia niente male per quanto riguarda soprattutto gli esterni, mentre non si riscontrano particolari virtuosismi della macchina da presa, eccetto per alcune soggettive, prese direttamente dai film di Raimi ma forse un po’ meno d’impatto e soprattutto evidentemente meno sperimentali (all’epoca de “La Casa” la steadycam era come se non ci fosse, in quanto si trattava di esclusivo appannaggio di grosse produzioni, come “Shining”, il primo film in cui fu usato questo speciale supporto per cinepresa). Arrivati nella parte centrale del film, è impossibile negare che non si provi quantomeno un senso di disagio, se non di tensione, anche solo per il semplice effetto che le idee di malattia e contagio hanno sull’immaginario comune. Inoltre, la tensione è supportata da diverse scene piuttosto splatter: certo, nulla di particolarmente eccessivo, ma di sangue ne viene versato a secchiate, senza contare alcune chicche come il cacciavite nell’orecchio ispirato dall’analoga scena di “Zombi”. Francamente non capisco il gran numero di recensioni negative che il film ha raccolto qui in Italia dopo le primissime proiezioni: certa gente è addirittura arrivata a dire che il film aveva pretese arroganti (?), mentre invece si tratta di un modesto film di serie B che non ha nessun altro obbiettivo se non quello di colpire lo spettatore (se non semplicemente intrattenerlo). È a mio avviso ben difficile trovare strane ed altisonanti ambizioni in questa pellicola, specialmente al giorno d’oggi dove di horror con strane pretese socio- psicologiche se ne trovano a manciate, così come è ridicola la critica secondo la quale il film pecca (gravemente) nel non spiegare da dove venga la malattia che sta alla base della vicenda: è davvero così importante? Voglio dire, importa così tanto sapere da dove viene una piaga che ha proprio nel suo essere sconosciuta il suo particolare più inquietante? Molto probabilmente se ci si fosse rivolti alla più banale e mondana delle spiegazioni (virus creato in laboratorio per scopi bellici…è abbastanza no? Toglie buona parte del mistero e la suspence va a farsi benedire), tale critica non sarebbe stata mossa, ma allora le parole del Grande H. P. Lovecrat (“Il sentimento più antico dell’animo umano è la paura e la paura più grande è quella dell’ignoto”) così come esempi del calibro di “Profondo Rosso” (il pupazzo ghignante che va incontro a Glauco Mari: quantomeno illogico, tant’è che alcuni collaboratori di Argento lo pregarono di non usarlo per evitare che la scena apparisse ridicola, ma è comunque da salto sulla sedia) non avrebbero senso. Al di là di tutto, il film ha poi una serie di difetti che gl’impediscono di essere un capolavoro, ad esempio la succitata ironia, che a volte, nonostante tutti i suoi possibili utilizzi a scopo narrativo, può non essere facile da digerire, soprattutto in determinati momenti: non è sicuramente una cosa per tutti i gusti.
Tuttavia, è un film che merita di essere visto!!

recensione tratta da horror cult
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1 , 2 , 3 FREDDY VIENE PER TE!

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Marxetto

Reg.: 21 Ott 2002
Messaggi: 3954
Da: Milano (MI)
Inviato: 22-10-2004 22:39  
[domanda totalmente estemporanea...]

Freddy,levami una curiosità...ma i pvt ti arrivano?
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riddick

Reg.: 14 Giu 2003
Messaggi: 3018
Da: san giorgio in bosco (PD)
Inviato: 22-10-2004 22:41  
quote:
In data 2004-10-22 22:20, freddy666 scrive:
CABIN FEVER SECONDO IL MIO PARERE...

TRAMA E CRITICA: Finito il college, cinque amici si recano in una capanna nei boschi per godersi un ultima vacanza di giovane spensieratezza. Arrivati sul posto però s’imbattono in un uomo, un probabile eremita, colpito da una misteriosa malattia che gli sta corrodendo la pelle. In preda al panico, i giovani scacciano l’uomo, che per un incidente prende fuoco e si allontana nella foresta ridotto ormai ad una torcia umana. Tutto sembrerebbe finito, ma… Diretto dall’esordiente Eli Roth, che per la storia si è ispirato ad un fatto della sua adolescenza (a diciannove anni, mentre lavorava come garzone in una stalla, contrasse una strana malattia della pelle), “Cabin Fever” è, come “Wrong Turn”, un omaggio ai film horror del periodo d’oro anni ’70 e ’80. Principalmente il suo punto di riferimento è senza dubbio “La Casa” di Sam Raimi, ma si possono trovare facilmente omaggi a “Un tranquillo Week- End di Paura” per quanto riguarda la caratterizzazione dei locali rednecks che entrano in gioco verso metà film, oppure a “La Notte Dei Morti Viventi” per il finale, anche se qui è reso in maniera talmente paradossale ed esagerata da essere ironicamente prevedibile. L’ironia, ecco, è uno dei cardini della storia (e per questo non è difficile capire come mai a Peter Jackson il film sia piaciuto a tal punto da definirlo “il miglior horror americano degli ultimi vent’anni”): usata in maniera quasi eccessivamente comica all’inizio della storia (prologo a parte), elimina facilmente momenti che senza di essa risulterebbero lunghi e noiosi, portando così rapidamente nel cuore della vicenda, dove si eclissa lasciando posto al dramma, per poi ricomparire, con toni sicuramente più neri e cinici nel finale. Certo, forse l’ironia è stata scelta perché è l’espediente più facile per far scorrere la parte introduttiva, che sarebbe ben difficile da realizzare con ritmo senza una mano esperta, ma c’è anche da tener conto che essa è molto utile per rendere ancora più carica di tensione la parte veramente horror del film: come disse Douglas Preston, l’orrore si crea con i contrasti. Ad ogni modo, resta in effetti ambiguo questo aspetto del film: una decisione presa per dotare il film di maggior mordente, oppure una faciloneria? I personaggi, dal canto loro, sono piuttosto stereotipati: c’è la coppia in calore, quella di candidi fidanzatini ed infine il quinto incomodo ovviamente fuori di testa. Va però detto che in tutti i casi i protagonisti paiono essere volutamente esagerati (in un senso o nell’altro) quasi per parodiare (e criticare) quelli degli innumerevoli horror- slashers di una volta. Discorso simile può essere fatto per i personaggi di contorno (ovvero i rednecks – i bifolchi – locali): al di là dell’esagerazione, la loro caratterizzazione grottesca ricorda quelli del serial cult “Twin Peaks” di David Lynch (che qui figura come produttore esecutivo), così come dal regista di “Eraserhead” (ma anche dalle pagine di Stephen King, così come dai film di Romero) pare uscire una certa critica di fondo nei confronti della provincia americana. Sul lato tecnico, il film gode di una fotografia niente male per quanto riguarda soprattutto gli esterni, mentre non si riscontrano particolari virtuosismi della macchina da presa, eccetto per alcune soggettive, prese direttamente dai film di Raimi ma forse un po’ meno d’impatto e soprattutto evidentemente meno sperimentali (all’epoca de “La Casa” la steadycam era come se non ci fosse, in quanto si trattava di esclusivo appannaggio di grosse produzioni, come “Shining”, il primo film in cui fu usato questo speciale supporto per cinepresa). Arrivati nella parte centrale del film, è impossibile negare che non si provi quantomeno un senso di disagio, se non di tensione, anche solo per il semplice effetto che le idee di malattia e contagio hanno sull’immaginario comune. Inoltre, la tensione è supportata da diverse scene piuttosto splatter: certo, nulla di particolarmente eccessivo, ma di sangue ne viene versato a secchiate, senza contare alcune chicche come il cacciavite nell’orecchio ispirato dall’analoga scena di “Zombi”. Francamente non capisco il gran numero di recensioni negative che il film ha raccolto qui in Italia dopo le primissime proiezioni: certa gente è addirittura arrivata a dire che il film aveva pretese arroganti (?), mentre invece si tratta di un modesto film di serie B che non ha nessun altro obbiettivo se non quello di colpire lo spettatore (se non semplicemente intrattenerlo). È a mio avviso ben difficile trovare strane ed altisonanti ambizioni in questa pellicola, specialmente al giorno d’oggi dove di horror con strane pretese socio- psicologiche se ne trovano a manciate, così come è ridicola la critica secondo la quale il film pecca (gravemente) nel non spiegare da dove venga la malattia che sta alla base della vicenda: è davvero così importante? Voglio dire, importa così tanto sapere da dove viene una piaga che ha proprio nel suo essere sconosciuta il suo particolare più inquietante? Molto probabilmente se ci si fosse rivolti alla più banale e mondana delle spiegazioni (virus creato in laboratorio per scopi bellici…è abbastanza no? Toglie buona parte del mistero e la suspence va a farsi benedire), tale critica non sarebbe stata mossa, ma allora le parole del Grande H. P. Lovecrat (“Il sentimento più antico dell’animo umano è la paura e la paura più grande è quella dell’ignoto”) così come esempi del calibro di “Profondo Rosso” (il pupazzo ghignante che va incontro a Glauco Mari: quantomeno illogico, tant’è che alcuni collaboratori di Argento lo pregarono di non usarlo per evitare che la scena apparisse ridicola, ma è comunque da salto sulla sedia) non avrebbero senso. Al di là di tutto, il film ha poi una serie di difetti che gl’impediscono di essere un capolavoro, ad esempio la succitata ironia, che a volte, nonostante tutti i suoi possibili utilizzi a scopo narrativo, può non essere facile da digerire, soprattutto in determinati momenti: non è sicuramente una cosa per tutti i gusti.
Tuttavia, è un film che merita di essere visto!!



tutto questo nei 3 minuti che sono andato al cesso? cribbio!
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M.O.I.G.E. al rogo

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freddy666

Reg.: 11 Set 2004
Messaggi: 215
Da: capannori (LU)
Inviato: 22-10-2004 22:41  
976 - Chiamata per il Diavolo 2: La stessa storia del primo capitolo: un ragazzo usa la linea telefonica maledetta per far esaudire i suoi desideri dal maligno, ma il risultato non è sempre quello sperato. Già era brutto il primo capitolo della saga, che cosa ci si poteva aspettare dal numero 2? Un pessimo prodotto, appunto.

Amityville 3D: Un giornalista specializzato nello smascherare finti medium e apparizioni fasulle, accetta la sfida di andare ad abitare nella famigerata “Amityville house”. Presto le sue convinzioni cominceranno a vacillare: gli spiriti maligni esistono veramente ed a farne le spese sarà proprio la famiglia del giornalista. Terzo episodio della saga di Amityville, col grave difetto (come avrete capito dal titolo) di essere stato girato in 3D, tecnica di gran moda negli anni ottanta ma che oramai risulta, a dir poco, sorpassata ed involontariamente ridicola; e come se questo non bastasse la pellicola ha anche evidenti limiti di sceneggiatura (nessun risvolto originale della trama, pochissime uccisioni) e pessimi effetti speciali (vedi il mostro i gomma e lattice che fuoriesce dalle fondamenta della casa..) risultando stucchevole e poco coinvolgente. Chi lo ha definito “il miglior capitolo della saga Amityville” probabilmente non ha visto i primi due film che, anche se non dei capolavori del genere, sicuramente decisamente superiori a questo. Nel cast compare anche una giovanissima Meg Ryan....

CHI è Entrato nella Mia CASA?
Un ragazzo è turbato da continui e terribili incubi legati in qualche modo alla terribile prigione di Alcatraz; decide così di recarsi in quel luogo accompagnato da un gruppo di amici, ad attenderli troveranno streghe e demoni. Il titolo c’entra poco con la trama del film che si svolge per lo più in una prigione, la pellicola in sé, invece, c’entra poco con l’horror e con il cinema in generale: attori inesistenti, effetti speciali da due soldi e una sceneggiatura sconclusionata. Un titolo da cui stare ben alla larga.


CRITTERS 4: Nel terzo capitolo Charlie sta per distruggere tutte le uova di Critters che erano rimaste nel palazzo ma, pochi istanti prima che prema il grilletto della sua pistola, riceve un messaggio da parte di una non ben precisata autorità che lo obbliga a non sparare sulle poche uova superstiti dato che sarebbe illegale estinguere l’intera razza dei Critters. Charlie esegue gli ordini e raccoglie le uova per portarle in un luogo sicuro ma alla fine viene a trovarsi rinchiuso in un’astronave in compagnia del contenitore delle uova. Dopo 53 anni in cui viaggia per lo spazio in stato di ibernazione viene recuperato da un’astronave. Uno dell’equipaggio non resiste alla curiosità e libera involontariamente i Critters che stavolta si muovono nei claustrofobici spazi dell’astronave. Come al solito Charlie dovrà riparare anche a questo inconveniente… Assurdo quarto capitolo della serie (e speriamo anche ultimo), trattasi di una scandalosa scopiazzatura di film ben più nobili come "Alien" e "Aliens Scontro Finale" e il risultato è francamente imbarazzante dato che ogni tentativo di paragone risulterebbe a dir poco offensivo verso i due cult con Sigourney Weaver… Se il terzo episodio era il più inutile questo è chiaramente il più brutto, può divertire soltanto se lo si guarda con un forte spirito umoristico. Stupisce che nel cast compaiano attori del calibro di Brad Dourif (indimenticabile in "Qualcuno volò sul nido del cuculo" e noto al pubblico horror per essere la voce originale di Chucky, la bambola assassina) e di Angela Bassett (che 4 anni dopo dimostrerà il suo valore interpretando un bel ruolo in "Strange Days"). I più attenti riconosceranno anche il mitico Eric DaRe, attore mediocre che però ha avuto il merito di interpretare il personaggio di Leo Johnson in "Twin Peaks". E questo è probabilmente uno dei maggiori motivi di interesse del film…
Peccato il primo era il mio preferito da piccino, guarda che schifo!!!

Firenze - L'Assassino è ancora tra Noi:
Firenze metà anni ottanta: un folle assassino uccide e sevizia le coppiette che si appartano in zone isolate. La polizia brancola nel buio; una laureanda in criminologia che sta preparando una tesi proprio su “l’assassino delle coppiette” comincia ad indagare… Siamo di fronte all’ennesimo pessimo prodotto della cinematografia italiana di genere. I difetti sono i soliti: sceneggiatura pessima, attori scadenti e incapacità registica. Un film che, nonostante la sua brevità (poco più di un’ora) riesce egualmente a far annoiare lo spettatore e che per giunta termina in maniera brusca e assolutamente indecifrabile. Prima dei titoli di coda il regista ci regala la sua ultima “chicca” inserendo una frase in sovraimpressione che recita: “Questo film è stato realizzato come monito ai giovani (ma monito per cosa! Per non farli andare più ad imboscare con le fidanzate!) e con la speranza che sia di aiuto alle forze dell’ordine per la cattura di questi feroci assassini (sarà sicuramente dopo aver visto questo film che la polizia si è decisa ad arrestare Pacciani!). Parecchio scadente... Da evitare!

IL BOSCO 1: Un gruppo di ragazzi passa la notte in una casetta vicino ad un bosco popolato da demoni e spiriti maligni che non faranno passare ai giovani una notte tranquilla. Insieme a “Demoni 3” di Lenzi e “Zombi 3” di Mattei, “Il bosco 1” si gioca la palma per il peggior horror di tutti i tempi! Interpretazioni al limite del ridicolo, sceneggiatura e trama inesistente, effetti speciali da “supermercato” ed una assoluta incapacità registica sono solo i più madornali difetti del film. Nonostante la tremenda bruttezza la pellicola ha avuto “l’onore” di essere anche distribuita in America dalla Troma production con il titolo di “Evil Clutch”, addirittura in una versione appositamente allungata; questo probabilmente a causa della passione degli americani per il trash. Infine non si capisce perché sia stato inserito il numero uno nel titolo, forse il regista o la produzione pensavano che dopo questo “capolavoro” qualcuno avrebbe avuto il coraggio di girare un seguito? …nessuno lo sa! Sconsigliato, è guardabile solo se lo si vede con spirito umoristico!.

Hypercube – Il Cubo 2: Un gruppo di persone si risveglia all’interno di una struttura composta da stanze a forma di cubo, senza ricordare chi o cosa li abbia portati all’interno. Cercando una via che li conduca all’uscita, iniziano ad interrogarsi sui misteriosi meccanismi che regolano la prigione in cui si trovano, avvicinandosi ad una impossibile quanto inquietante verità: sono prigionieri di un ipercubo, una struttura finora soltanto teorizzata dalla Fisica Quantistica, dove alle tre dimensioni di cui sappiamo essere composti i solidi, se ne aggiunge una quarta, capace di aprire le porte ad una serie di realtà parallele alla nostra. Soltanto viaggiando attraverso le stanze e le molteplici realtà, il gruppo di prigionieri potrà avvicinarsi all’uscita e alla comprensione del misterioso numero ricorrente, il 60659, che sembra essere l’unica chiave per uscire dalla trappola mortale in cui sono stati imprigionati. Almeno sulla carta, questo “Hypercube – Il Cubo 2” sembrava dotato di una serie di premesse convincenti, capaci di scongiurare in partenza la paura di trovarsi di fronte ad uno dei tanti sequel senz’anima, tanto cari al cinema moderno. Produzione più ricca del suo predecessore, regista dal gusto più moderno con una serie di esperienze importanti alle spalle (Andrzej Sekula è stato direttore della fotografia in svariati film, tra i quali “Pulp Fiction” e “American Psycho”, nonché regista di numerosi video musicali), effetti speciali dell’ultima generazione, trama avvincente e gustosamente incomprensibile: tutto sembra promettere qualcosa di più di un semplice ritorno alle atmosfere claustrofobiche del film di Vincenzo Natali, “Cube – Il Cubo”. Ma le premesse non sempre vengono mantenute. Anche ad un livello di analisi superficiale, il film evidenzia fin da subito tutte le sue debolezze: Andrzej Sekula confeziona una regia senza infamia e senza lode, saltuariamente condita da una serie di effetti digitali che, almeno dalle immagini dei primi trailers, sembravano di qualità nettamente superiore. Il cast fa del suo meglio per rendere la pellicola godibile, non riuscendoci affatto: nonostante lo sforzo, il film non appassiona e non spaventa quasi mai. Le carenze più evidenti però emergono ad un livello più profondo: la sceneggiatura infatti (curata, tra gli altri, dallo stesso Sean Hood che aveva lavorato alla stesura di “Halloween: Resurrection”, stavolta anche in veste di ideatore della storia), lascia l’amaro in bocca sotto molti punti di vista. Già dalla sequenza introduttiva che precede i titoli di testa, si capisce di essere davanti ad una brutta copia del film di Vincenzo Natali. Il film inizia con una carrellata sui futuri personaggi della storia, presentando da subito il mondo all’esterno del Cubo, e con esso una fantomatica quanto scontata organizzazione fantapolitica militare chiamata IZON, snaturando due degli elementi che più avevano contribuito a creare il mito intorno al primo film: il non sapere chi si celava dietro la creazione del Cubo e il dubitare persino dell’esistenza di un mondo al di fuori delle stanze. La teoria stessa dell’ipercubo, per quanto affascinante, risulta troppo astratta per essere compresa, vuoi per la completa mancanza di nozioni di Fisica Quantistica nello spettatore medio, vuoi per i pochi secondi dedicati alla sua spiegazione. La “strategia” delle realtà parallele, che sembra aprire strade infinite agli sviluppi della trama, seppellisce suo malgrado qualsiasi coinvolgimento dello spettatore: se nel primo film, per quanto complessa, la soluzione sembrava a portata di mano e raggiungibile con un ragionamento difficile ma logico (spingendoci a calcolare le vie di fuga insieme ai personaggi del film), qui tutto diventa ipotetico, irreale e pertanto lontano da qualsiasi tentativo di ragionamento. La troppa libertà di immaginare porta alla scomparsa della tensione, il mondo del “difficile ma possibile ” lascia il posto al mondo del “impossibile e completamente assurdo”, allontanando a forza lo spettatore: se tutto è possibile, le uniche persone che possono sapere come risolvere il rompicapo sono lo sceneggiatore e il regista. A noi spetta solo guardare e annoiarci. Le trappole che ci avevano promesso, poi, non hanno alcun sapore: al posto delle cattivissime diavolerie meccaniche (ma vi ricordate la tensione nella scena della stanza con i sensori per il rumore in “Cube – Il Cubo”? E la scena iniziale? Roba da mozzare il fiato…), sono comparse futuribili ma allo stesso tempo incomprensibili torture. Una parete che si avvicina e uccide (?), una serie di lastre trasparenti che decapitano (ma che è, ghiaccio?) e una sfera-rasoio alquanto improbabile che spappola un personaggio inghiottendolo nel nulla. Mah… La mancanza più grave e imperdonabile è però la totale assenza di profondità psicologica nei personaggi, completamente piatti e stereotipati: senza questo approfondimento si è perso anche il sottile e cupo messaggio che impreziosiva un film già di per sé perfetto come quello di Vincenzo Natali. Se i prigionieri non riuscivano a convivere in uno spazio ristretto senza massacrarsi tra loro, cosa ne sarebbe stato dell’umanità intera? Valeva davvero la pena che i personaggi della storia si salvassero? La risposta diventava chiarissima alla fine del film: soltanto il “ritardato”, colui che viveva nella sua realtà di purezza e di innocenza, lontano dagli egoismi e dalle prepotenze della razza umana, meritava di guadagnare l’uscita dal Cubo, diventando una sorta di ultimo uomo sulla Terra, un sopravvissuto sul quale ricostruire un mondo migliore. E invece cosa ci rimane dal finale di “Hypercube – Il Cubo 2”? La certezza che i cattivi della IZON abbiano terminato la fase 2 e si apprestino ad iniziarne una nuova. A tal proposito, una sola prospettiva ci spaventa: che il “Cubo 3” non racconti altro che la storia di un povero gruppo di spettatori rinchiusi in una sala cinematografica, costretti a sopportare la tortura mortale della proiezione di un nuovo, inutile sequel. Un consiglio: se non avete visto “Cube – Il Cubo” noleggiatelo in cassetta e ignorate “Hypercube – Cube 2”.... SARà MEGLIO!!!!

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1 , 2 , 3 FREDDY VIENE PER TE!

recensioni tratte da horror cult

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