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Autore 2001 e The tree of life: una esegesi comparativa
MunUoccer

Reg.: 16 Feb 2010
Messaggi: 43
Da: Torino (TO)
Inviato: 11-06-2011 19:20  
«C’è qualcuno in sala che sappia spiegarmi qualcosa?» (Rock Hudson alla prima del film)

«Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film, io ho tentato di rappresentare un'esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell'inconscio.» (Stanley Kubrick)

Su “2001: Odissea nello spazio” è stato scritto praticamente di tutto, è stato analizzato, sviscerato, vivisezionato. 2001 è innanzitutto un’Opera d’arte, non dà delle risposte, bensì esplora, compie una ricerca artistica (principalmente visiva), sfida il linguaggio cinematografico e pone degli interrogativi. Ed è naturale che questo Dramma del Dubbio, nel quale dobbiamo aspettare quasi la fine perché uno scienziato, il dottor Floyd, ci dica che quell’oggetto a forma di parallelepipedo, nero e liscio come la grafite e che ha fatto la sua inquietante comparsa già un paio di volte sullo schermo, è la più antica testimonianza di vita intelligente mai rinvenuta, ma che le sue origini ed il suo scopo sono tuttora avvolti nel mistero più assoluto (ovvero in sostanza che non ci dica nulla), è naturale, dicevo, che ponga alti e complessi interrogativi. Ed è proprio questo a mio avviso il colpo di genio di Kubrick, che traendo spunto dal racconto “La Sentinella” di Arthur C. Clarke, ne prende lo spunto del manufatto, ma ne fa sparire la precisa origine aliena, aprendo la strada a molteplici interpretazioni circa quello che è - un po’ in tutti i sensi - il simbolo del film. In queste poche righe che sto scrivendo non voglio parlare delle svariate interpretazioni filosofiche del film: dell’apologo darwiniano e nietzschiano che esso chiaramente sottende (materia sulla quale peraltro non ho alcuna preparazione), delle interpretazioni psicanalitiche: rapporto genitore-figlio, complesso edipico, e curiosamente qualcuno ha notato che l’astronave Discovery ha la forma di uno spermatozoo, simbolismo coerente con l’idea che sia anche un film sulla nascita e sulla fecondazione (il feto astrale), delle interpretazioni numerologiche, simboliche, mitiche, e chi più ne ha più ne metta. Vorrei invece procedere per libere associazioni, perché se è vero che 2001 resta nella storia del cinema un caso a sé, un monolito isolato, un grido solitario nell’umile leggenda umana, e se è indiscutibile che il cinema successivo ha preso una direzione pressoché opposta per cui non avrebbe senso guardare ad esso facendo riferimento a 2001, le sue tracce sono comunque a mio avviso qua e là rinvenibili sia nel cinema ad esso antecedente che in quello successivo.

La trama è nota a tutti: nel primo segmento, intitolato “L’Alba dell’uomo”, osserviamo dei primati che si contendono una pozza d’acqua, inizialmente a suon di grugniti, poi, dopo la misteriosa e repentina apparizione di un grande monolito nero, uno degli ominidi, Moonwatcher, capisce che può usare un osso come arma tanto per sgominare gli avversari e prendere possesso dell’agognata pozza d’acqua, quanto per cacciare animali e cibarsene. Indi Moonwatcher scaglia l’osso in alto verso il cielo e un vertiginoso flash-forward ci porta al futuro, al 2001, e l’osso-arma si sovrappone e diventa un’arma atomica puntata verso la Terra (e non una nave spaziale - che non avrebbe alcun nesso - come spesso erroneamente riportato). C’è poi un intermezzo sulla base lunare, nel quale conosciamo il dottor Heywood Floyd, che ivi si reca perché sulla Luna è stato rinvenuto un monolito identico a quello apparso ai primati nel prologo e che emette un segnale radio diretto verso il pianeta Giove. Nella terza parte del film seguiamo la missione verso Giove del Discovery, il cui equipaggio è composto da Dave Bowman, Frank Poole e altri tre astronauti ibernati. Ma il supercomputer di bordo HAL 9000 “impazzisce” segnalando un’avaria che non c’è e, dopo aver ucciso Frank Poole, deve a sua volta essere “ucciso”. Resta quindi solo Dave Bowman che, a bordo di un Pod, prosegue per Giove e oltre l’infinito, si ritrova in una camera arredata in stile rococò dove vede sé stesso passare per tre stadi: invecchiare, morire e quindi rinascere, dopo l’ultima apparizione del monolito ai piedi del letto dove giace incartapecorito. Il feto astrale (Starchild) fluttua nello spazio avvolto in una “bolla”. Fine.

http://i53.tinypic.com/27wul3m.jpg

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MunUoccer

Reg.: 16 Feb 2010
Messaggi: 43
Da: Torino (TO)
Inviato: 11-06-2011 19:41  
Non posso fare a meno di iniziare parlando di “The Tree of Life”, Palma d’oro a Cannes 2011 ed attualmente nelle sale, e nelle cui recensioni viene sistematicamente citato 2001. L’ho visto una prima volta e sono rimasto indeciso se mi era piaciuto molto o meno. Poi l’ho rivisto una seconda volta e ho deciso che sì, mi era piaciuto molto ma con qualche riserva, e nonostante sia un film non completamente riuscito. Spero di riuscire a vederlo presto una terza volta.

Il film di Terrence Malick descrive la vita di una famiglia nel Texas degli anni ‘50, gli O'Brien: padre, madre e tre figli maschi. L’infanzia dei tre bambini e i loro giuochi, la morte a diciannove anni di uno dei figli (forse in Vietnam?), il conflitto tra un padre autoritario e una madre amorevole ed empatica, il tutto visto principalmente con gli occhi del figlio maggiore, Jack, che vediamo poi anche da adulto, ed intrecciato con la cosmogonia, la nascita delle prime forme di vita, i dinosauri e la loro estinzione, ecc.

La storia è tutta qui, e gli eventi che accadono, la trama, non sono importanti quanto le immagini che si vedono sullo schermo. Devo dire che la prima parte già al primo impatto mi è sembrata la più riuscita e potente, la parte centrale, con la narrazione della vita e dei rapporti familiari, non manca qua e là di una certa grazia (è proprio il caso di dirlo ^_^), poi il film purtroppo si fa via via più debole verso il finale. Malick è professore di filosofia e il suo film è tutto centrato sul conflitto tra gli opposti: Grazia/Natura, Madre/Padre, Vita/Morte, Bene/Male. Ci sono immagini bellissime nella prima parte, bellissima è anche la colonna sonora e in particolare trovo geniale l’uso del brano dal Requiem scritto da Zbigniew Preisner per la morte di Krzysztof Kieslowski (Lacrimosa 2), musica di morte per accompagnare la nascita dell’Universo (il che la dice lunga sull’umore che doveva avere Dio quando ha creato e perché quindi è andato subito tutto a rotoli ):

http://www.youtube.com/watch?v=1MOkUwbAdEU

Ci sono alcuni fotogrammi del cosmo che sono delle vere e proprie citazioni letterali di 2001 (sopra fotogramma da 2001, sotto dal film di Malick):

http://i53.tinypic.com/6h25go.jpg

http://i54.tinypic.com/mtpe7k.jpg

Sotto invece alcuni esempi di "assonanze" che lo evocano più o meno vagamente:

2001
http://i54.tinypic.com/qyvc5l.jpg

The Tree of Life
http://i53.tinypic.com/2i6gto3.png

2001
http://i54.tinypic.com/2djb8g9.jpg

The Tree of Life
http://i56.tinypic.com/9u7wia.png

2001
http://i54.tinypic.com/waq1oy.jpg

The Tree of Life
http://i52.tinypic.com/1p9rtc.jpg

2001
http://i56.tinypic.com/ei6n4g.jpg

The Tree of Life
http://i56.tinypic.com/keydjl.jpg

2001
http://i52.tinypic.com/4sku13.jpg

The Tree of Life
http://i56.tinypic.com/kexbpd.jpg

Ma al di là di queste finezze, che cosa “The Tree of Life” ha in comune con 2001? Sicuramente non l’impianto narrativo, solido a parte il jazz finale in 2001, più anti-narrativo in “The Tree of Life” (ma non nel senso che non c’è una storia e ci sono immagini accostate “a caso” come ad esempio in “INLAND EMPIRE” ma nel senso che la storia è davvero semplice e minimale), così come è fondamentalmente diverso lo stile visivo, al di là di qualche assonanza, come quella di cui sopra. Penso che quello che hanno in comune sia che entrambi si pongono il quesito del senso dell’esistenza umana, ma mentre il film di Kubrick è un poema visivo che attraverso il Mito approda al Trascendente (che non è detto sia Dio, ma potrebbe essere una nuova forma sovrumana dell’essere umano, “dolorosa vergogna” quanto l’uomo lo è per la scimmia), il film di Malick segue invece uno o più flussi di coscienza (c’è chi dice solo quello di Jack, ma il fatto che la voce fuori campo non sia solo la sua, ma anche ad esempio quella della madre mi lascia abbastanza perplesso, e supporre che sia lui che pensi alla voce della madre mi sembra lambiccato oltre che sbagliato da un punto di vista del linguaggio filmico: la voce over deve essere un punto fermo e non ambiguo), e fa porre le domande alla voce fuori campo che rappresenta questo percorso interiore, sì proprio quelle domande banali che da sempre l’uomo si pone tipo “perché il male?”, insomma Malick sembra voler fare un Trattato di Filosofia in forma di preghiera, operazione più simile forse ad alcuni lavori di Tarkovskij (“Solaris”, “Stalker” ma anche “Lo specchio”) che a 2001 di Kubrick. Devo dire che l’uso della voce fuori campo in questo contesto mi lascia perplesso in più punti, io avrei tolto almeno la metà dei dialoghi, in quanto non penso ci si possa affidare alla parola quando si stanno ponendo le Domande Ultime, e in questo resto un kubrickiano convinto.

Nel film di Kubrick i primati si evolvono quando scoprono che possono usare l’osso come arma, poi vediamo che hanno imparato a costruire navi spaziali, supercomputer, ecc. Ma al progresso scientifico e tecnologico non corrisponde una parallela maturazione umana ed emotiva (e la rappresentazione di ciò lo fa spesso passare per un film freddo e razionale, quand'è tutt'altro, anzi è un film molto toccante e poetico, così come pochi avvertono l'umorismo che lo percorre, più sotterraneo ma presente come in ogni film di Kubrick). Ed è evidente che il computer HAL 9000 non serve affatto ad introdurre il tema dell’intelligenza artificiale e a mostrare quanto saranno evoluti i computer del futuro (rispetto al presente del ‘68), ma a far risaltare per contrasto la scarsa umanità degli astronauti, più freddi della macchina HAL (ecco l’ironia di cui sopra). “Ma perché andiamo a frugare l'universo quando non sappiamo niente di noi stessi?” dirà uno scienziato nel film Solaris di Tarkovskij, e potrebbe benissimo essere anche l'epitaffio degli astronauti di 2001. Poi nel finale emerge il Bambino delle Stelle (l’Oltreuomo?), e quasi tutti – me compreso – hanno visto in questa apparizione e in questo finale una risposta utopistica al pessimismo kubrickiano (di ogni altro suo film, precedente e successivo). Però bisogna ammettere che questa impressione di positività è solo emotiva (la ripetizione delle note trionfali di Richard Strauss) e non ha alcuna base razionale, per cui anche il finale è (splendidamente e coerentemente) ambiguo.

Nel film di Malick invece un dinosauro vedendo un altro dinosauro morente (non mi intendo di specie di dinosauri, quindi perdonate la ripetizione ^_^), sta per schiacciargli la testa ma poi non lo fa e va via, compiendo un gesto di pietas ancestrale diametralmente opposto al gesto di violenza primordiale del primate di Kubrick. Ed è proprio nella pietas e nell’amore come forza motrice universale che Malick trova l’unica sensata risposta alle sue domande (“se non ami, la tua vita passerà in un lampo”), e nel finale Jack, alla ricerca di sé stesso, varcando una porta si ricongiunge ai suoi affetti nell’aldilà (?). Ma sul finale (sulla cui interpretazione ci sarebbe comunque molto da dire) non aggiungo di più perché è un altro punto che a me sembra un po' debole. Mi limito a osservare che il senso che ci vedo nell'alternare la cosmogonia, la nascita e la morte dell'universo, la nascita e l'estinzione dei dinosauri, alla tragedia della famiglia O'Brien, è (detto in modo molto grossolano): “tutti siamo destinati a morire, tutto finisce, tanto vale amare e provare compassione". (“Fu durante il regno di Giorgio III che i suddetti personaggi vissero e disputarono, buoni o cattivi, belli o brutti, ricchi o poveri, ora sono tutti uguali”, da Barry Lyndon, che però, eheh, aveva tutt’un altro significato rispetto quanto ho appena scritto.) E, tra l’altro, in quest’ottica assume un senso anche il Requiem per commentare la sequenza della nascita dell’Universo.

Al di là di tutti i suoi limiti per me “The Tree of Life” resta comunque lo stato dell’arte del cinema e se qualcuno vedendo le cascate, gli alberi, le sequenze della cosmogonia, non può fare a meno di parlare di kitsch alla National Geographic, mentre a qualcun altro una mucca evoca la mucca della pubblicità Milka, beh a mio avviso non è affatto la prova che il film ha uno stile pubblicitario o televisivo, bensì la controprova che la televisione ci ha completamente fottuto l’immaginario e che per apprezzare il film bisogna (ri)vederlo con occhi vergini.

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[ Questo messaggio è stato modificato da: MunUoccer il 12-06-2011 alle 12:10 ]

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Jerry88

Reg.: 12 Mar 2007
Messaggi: 2130
Da: L'Aquila (AQ)
Inviato: 12-06-2011 01:14  
Bla, bla, bla. 2001 è un film che ha atmospheres, lux aeterna, requiem II e adventures. Basta.
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Questo non è un lavaggio del cervello, questo non è un lavaggio del cervello, questo non è un lavaggio del cervello, questo non è un lavaggio del cervello, questo non è un lavaggio del cervello, questo non è un lavaggio del cervello, questo non è un lavag

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MunUoccer

Reg.: 16 Feb 2010
Messaggi: 43
Da: Torino (TO)
Inviato: 12-06-2011 10:45  
quote:
In data 2011-06-12 01:14, Jerry88 scrive:
Bla, bla, bla. 2001 è un film che ha atmospheres, lux aeterna, requiem II e adventures. Basta.




Ti lascio con le tue convinzioni! Ciao!
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"No 9000 computer has ever made a mistake or distorted information. We are all, by any practical definition of the words, foolproof and incapable of error." (HAL 9000)

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oronzocana

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Da: camerino (MC)
Inviato: 15-06-2011 19:19  
mmmm interessante, fammi vedere The tree of life.
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Partecipare ad un'asta, se si ha il Parkinson, può essere una questione molto costosa.
Michael J. Fox
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vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
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Da: roma (RM)
Inviato: 16-06-2011 15:27  
quote:
In data 2011-06-11 19:41, MunUoccer scrive:

“The Tree of Life” resta comunque lo stato dell’arte del cinema e se qualcuno vedendo le cascate, gli alberi, le sequenze della cosmogonia, non può fare a meno di parlare di kitsch alla National Geographic, mentre a qualcun altro una mucca evoca la mucca della pubblicità Milka, beh a mio avviso non è affatto la prova che il film ha uno stile pubblicitario o televisivo, bensì la controprova che la televisione ci ha completamente fottuto l’immaginario e che per apprezzare il film bisogna (ri)vederlo con occhi vergini.

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su questo sono d'accordissimo

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 16-06-2011 15:35  
ma infatti mille volte meglio il National geographic che The tree of life.
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 16-06-2011 20:45  
quote:
In data 2011-06-11 19:41, MunUoccer scrive:


Ma al di là di queste finezze, che cosa “The Tree of Life” ha in comune con 2001? Sicuramente non l’impianto narrativo, solido a parte il jazz finale in 2001, più anti-narrativo in “The Tree of Life” (ma non nel senso che non c’è una storia e ci sono immagini accostate “a caso” come ad esempio in “INLAND EMPIRE” ma nel senso che la storia è davvero semplice e minimale



Aha ma sparati!

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 16-06-2011 20:46  
L'INLAND EMPIRE di Malick.

L'INLAND EMPIRE DI T. MALIK. Una grande opera di notevole impatto stilistico narrativo che mescola elementi kubrickiani (la genesi dell'universo) tarkovskiani (la natura) bergmaniani (il silenzio di Dio) felliniani (il finale idilliaco alla 8 e 1/2, sulla spiaggia della Dolce Vita) e lynchiani. Il protagonista del film è il personaggio di Sean Penn che rievoca i suoi più intimi ricordi della sua adolescenza (il rapporto conflittuale con il padre, quello idilliaco con la madre e col fratello più giovane, travolto da morte improvvisa all’età di 19 anni).
La costruzione stilistica è , già a una seconda e più attenta visione, abbastanza elementare eppure carica di un’altissima valenza semantica. Dato per evidente il tempo presente dell’azione, ovvero il labirinto claustrofobico nel quale l’attore si muove, tra grattacieli futuristici dalle impossibili vie di fuga, un lunghissimo e quasi ininterrotto flashback ci porta all’interno del suo mondo interiore sulla sua vita passata, comunicandoci l’evento luttuoso che tormenta la memoria di Jack.
Nulla però viene spiegato riguardo agli eventi che condussero alla scomparsa del fratello, quanto piuttosto a una dolorosa rielaborazione del lutto e alle inevitabili questioni sul significato della vita umana. Quanto può incidere l’assenza di Dio, l’impossibilità di vivere in contrasto con il nostro essere animali, la difficoltà di agire seguendo la via della Grazia, davanti a una natura impassibile di fronte al nostro dolore, al nostro essere selvaggi dotati di tutti i comfort, eppure incapaci di raggiungere una piena e completa felicità? Mentre i ricordi di Jack si alternano alla ricostruzione dei principali eventi del Cosmo, paralleli alla sua nascita,infanzia, adolescenza, la riflessione si muove inevitabilmente sul “come avrebbe potuto essere diversa” la vita di ciascun componente del nucleo familiare, vista in retrospettiva con il senno di poi, consci che “se non si ama, la vita passerà in un lampo”. La macchina da presa si muove velocemente tra le memorie del protagonista: scatti brevi, bruschi stacchi, scarti di visioni e immagini che aprono all’improvviso su un nuovo evento in un flusso di coscienza quasi privo di soluzione di continuità, se non ripreso a volte, richiamato dal cineasta sia da rientri al tempo presente dell’azione, sia da una sovrapposizione temporale di bergmaniana memoria (Jack adulto che osserva fisicamente le vicende del suo giovane padre).L’effetto è volutamente estraniante in quanto tempo trascorso e irrecuperabile. Il presente di Jack quasi non esiste, brevissimi momenti lavorativi,frammenti lampo repentinamente affogati dalle vicende traumatiche del suo passato. Ma lo stato di grazia è ancora raggiungibile, esiste comunque una via di uscita rappresentata dalla figura materna e fraterna , a cui il personaggio principale si appella a inizio pellicola. Ecco dunque che, ricostruite le vicende mnestiche, Jack grande ritrova Jack adolescente e insieme ipotizzano quel non luogo dove tutti i personaggi si rincontrano, passati e futuri, su una spiaggia dal cielo abbagliante, in perfetta simbiosi l’uno con l’altro, con la natura e il mondo intero. Un possibile ponte tra due mondi scollegati.
La costruzione visiva del film rievoca in parecchi punti lo sperimentalismo lynchiano sulla narrazione per immagini, ovvero la capacità di costruire le vicende in senso compiuto e logicamente lineare basandosi sugli strumenti propri del linguaggio della settima arte, ovvero il montaggio in primis (il flashback principale che carica la pellicola di un altissimo valore semantico) il procedere a temi assecondando le invenzioni visive (l’evento della nascita preceduto dall’uscita di un bambino da una stanza immersa d’acqua) nonché le associazioni di immagini tramite paralleli (la carrellata a scendere verso il finale: inquadratura di un grattacielo dipinto dalle nuvole,osservato da Jack -stacco- inquadratura a scendere dell’albero sul quale giocava da piccolo). A differenza di Lynch, questo Tree of Life è forse ancora più INLAND, interiore, e il risultato cinematografico non gli è forse inferiore.
In ogni caso è grande Cinema.

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E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani.

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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 17-06-2011 18:02  
quote:
In data 2011-06-16 20:46, Quilty scrive:
elementi kubrickiani (la genesi dell'universo) tarkovskiani (la natura) bergmaniani (il silenzio di Dio) felliniani (il finale idilliaco alla 8 e 1/2, sulla spiaggia della Dolce Vita) e lynchiani.



... dopo questa, posso anche tirare lo sciacquone del cesso.
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Partecipare ad un'asta, se si ha il Parkinson, può essere una questione molto costosa.
Michael J. Fox
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nboidesign

Reg.: 18 Feb 2006
Messaggi: 4789
Da: Quartu Sant'Elena (CA)
Inviato: 17-06-2011 18:21  
nooooooooo, avete scatenato quilty

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 17-06-2011 19:22  
Ahaha cos'avete fatto
_________________
E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani.

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 17-06-2011 20:02  
ma poi non finisce sulla spiaggia pure 8 1/2?

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 17-06-2011 20:40  
quote:
In data 2011-06-16 15:27, vietcong scrive:
quote:
In data 2011-06-11 19:41, MunUoccer scrive:

“The Tree of Life” resta comunque lo stato dell’arte del cinema e se qualcuno vedendo le cascate, gli alberi, le sequenze della cosmogonia, non può fare a meno di parlare di kitsch alla National Geographic, mentre a qualcun altro una mucca evoca la mucca della pubblicità Milka, beh a mio avviso non è affatto la prova che il film ha uno stile pubblicitario o televisivo, bensì la controprova che la televisione ci ha completamente fottuto l’immaginario e che per apprezzare il film bisogna (ri)vederlo con occhi vergini.

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su questo sono d'accordissimo



Io no, o meglio, non ne condivido la formulazione in negativo. E' semplicemente un processo, che per altro ci accompagna da molto tempo, che si è evoluto fino a consegnarci un certo modello estetico e che si modificherà ancora.
Perdipiù tutto ciò non è certo avvenuto e non continua a farlo solo a causa della tv e della pubblicità, sarebbe riduttivo fermarsi a questo.
Le capacità del regista, comunque, dovrebbero consistere nel manipolare l'occhio contemporaneo, speculare sopra le sue percezioni, adattare l'immagine al nuovo immaginario e non sperare in un occhio vergine quando ormai l'occhio è chiaramente pervertito.
Non ho visto il film di Malick, ma il trailer mi sa un po' di svuotato, di immagine involucro, poco ipercaricata. Mi sa di naif digitale buttato lì. Ma sono solo supposizioni eh.

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vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
Messaggi: 4111
Da: roma (RM)
Inviato: 17-06-2011 21:43  
quote:
In data 2011-06-17 20:40, Marienbad scrive:
quote:
In data 2011-06-16 15:27, vietcong scrive:
quote:
In data 2011-06-11 19:41, MunUoccer scrive:

“The Tree of Life” resta comunque lo stato dell’arte del cinema e se qualcuno vedendo le cascate, gli alberi, le sequenze della cosmogonia, non può fare a meno di parlare di kitsch alla National Geographic, mentre a qualcun altro una mucca evoca la mucca della pubblicità Milka, beh a mio avviso non è affatto la prova che il film ha uno stile pubblicitario o televisivo, bensì la controprova che la televisione ci ha completamente fottuto l’immaginario e che per apprezzare il film bisogna (ri)vederlo con occhi vergini.

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su questo sono d'accordissimo



Io no, o meglio, non ne condivido la formulazione in negativo. E' semplicemente un processo, che per altro ci accompagna da molto tempo, che si è evoluto fino a consegnarci un certo modello estetico e che si modificherà ancora.
Perdipiù tutto ciò non è certo avvenuto e non continua a farlo solo a causa della tv e della pubblicità, sarebbe riduttivo fermarsi a questo.
Le capacità del regista, comunque, dovrebbero consistere nel manipolare l'occhio contemporaneo, speculare sopra le sue percezioni, adattare l'immagine al nuovo immaginario e non sperare in un occhio vergine quando ormai l'occhio è chiaramente pervertito.
Non ho visto il film di Malick, ma il trailer mi sa un po' di svuotato, di immagine involucro, poco ipercaricata. Mi sa di naif digitale buttato lì. Ma sono solo supposizioni eh.




guarda, il problema non è nell'occhio, ma nella mente. c'è un tipo di spettatore pigro ma che si crede astuto che vede i campi di grano luminosi di Io non ho paura di Salvatores e parla di pubblicità del mulino bianco. Per ragioni puramente formali, perché poi nelle pubblicità quel grano significa una cosa (il ritorno alla natura garanzia di cose sane) e nel film tutt'altra (è addirittura elemento di minaccia.

idem parlare di national geographic per Malick, dove le affinità non sono né stilistiche né di senso, ma sc'è solo un'identità di contenuti.

comunque grandissimo film, ma non credo che ti piacerà-

_________________
La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili

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