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Autore Cinema e memoria
Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 13-07-2008 22:39  
Guardare un film è un’operazione che amplifica e svilisce insieme il senso dei ricordi. Le immagini filmiche restituiscono alla memoria scivolata nel buio un po’ di luce, ma non sappiamo utilizzarla. Ci ritroviamo ad osservare la luce e ci stupiamo della sua chiarezza. E la memoria resta irrimediabilmente bloccata nell’oscurità, fuggendo dai riflettori.
Quell’istante scintillante che il cinema ci riconsegna appare allora come l’aggiornamento continuo di un ricordo che non muore, ma che cambia. E’ impossibile annullare il processo che porta all’oblio, ma è possibile osservarne ed estenderne il percorso. Il cinema, come un autovelox, fotografa la velocità a cui viaggia il presente, gli scatta una foto e ci lascia una prova concreta della sua istantaneità irrecuperabile e tutta via riproducibile.
Il cinema così ci riconsegna una moltitudine spropositata di prove del tempo trascorso e dei personaggi che l’hanno popolato e continua a farlo, ma noi non percepiamo altro che i loro involucri immutabili. Piangiamo, ridiamo, odiamo e amiamo i simulacri dei nostri ricordi svuotati che corrono sullo schermo, delegando solo all’occhio il potere di giudicarli. I sentimenti che proviamo al cinema sono sentimenti innocui, siamo pronti a provarli all’ombra della nostra consapevolezza di spettatori. Interpretiamo ruoli che non ci appartengono con una distanza sincronica e diacronica, perché non siamo noi quelli sullo schermo.
Il cinema, come ogni altra tecnologia simulativa, ci ha derubato pian piano della possibilità, già di per sé improbabile, di formulare il senso della nostra presenza. Oggi, ormai lontanissimi dalla conquista di quel senso, ci dimostriamo incuranti della nostra precarietà e procediamo in avanti senza guardarci indietro, come se l’atto di voltarsi potesse trasformarci in pietra. Appare quasi ragionevole, in quest’ottica, il timore provato da alcuni popoli al solo pensiero di farsi fotografare. Hanno paura che l’immagine gli rubi l’anima. Forse non hanno torto.
Ma è necessario barattare la nostra anima con una totale libertà e lasciare che l’immagine fotografica e cinematografica estendendano la nostra fallace memoria in previsione di un recupero parziale che abbia effetto sul presente e non sul passato.
In questo senso il cinema è sempre un’immagine del futuro…
Si dice spesso “capire il cinema”. La verità è che non c’è nulla da capire, il cinema andrebbe guardato con gli occhi spalancati sul presente e con una profonda umiltà dello sguardo, altrimenti va a finire che “ci prende tutti a calci nel culo”.

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Inland Empire non l'ho visto e non mi piace

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utopia


Reg.: 29 Mag 2004
Messaggi: 14557
Da: Smaramaust (NA)
Inviato: 13-07-2008 22:41  
E' uno stralcio della tesina, questo?
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Tutto dipende da dove vuoi andare... Non importa che strada prendi!

Happiness only real when shared.

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 13-07-2008 22:45  
QUesto è uno stralcio di quella che stavo riscrivendo, ma poi mi sono bloccata. Mi è venuta la nausea. Ho pensato di postarla, così me la finite voi.
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HistoryX

Reg.: 26 Set 2005
Messaggi: 4234
Da: cagliari (CA)
Inviato: 13-07-2008 22:56  
Beh...in effetti non si capisce dove vuoi andare.

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Kubrick5


Reg.: 19 Apr 2006
Messaggi: 5694
Da: San Zeno (BS)
Inviato: 13-07-2008 23:11  
quote:
In data 2008-07-13 22:39, Marienbad scrive:
..è che non c’è nulla da capire, il cinema andrebbe guardato con gli occhi spalancati sul presente e con una profonda umiltà dello sguardo, altrimenti va a finire che “ci prende tutti a calci nel culo”.


..Ma forse lo sta già facendo. Il nostro impulso irrefrenabile di dare un senso a tutto è nella nostra natura, dal senso della vita alle regole dell'universo, passando dalla pioggia, la neve, l'alba e pure il cinema.
La nostra è una passione, intesa come quella biblica. Ci sforziamo, usiamo tutte le nostre forze per arrivare al culmine, alla sublime consapevolezza del poter dire:"è cosi".
Ma sappiamo fin dall'inizio di questo cammino che quel famoso "calcio nel culo" non ci è stato dato alla fine, ma all'inizio. Come Gesù con Giuda.
Il cinema prende a calci tutti quelli che intraprendono questa strada, fin dall'inizio; ma è nella nostra natura fare cosi.
Il cinema ci sta forse dicendo che per poterlo tenere fra noi dobbiamo rinnegare parte di noi stessi? Può essere. Anche perchè è questo un film, un racconto visto con degli occhi che non sono i nostri ma di un altro, desideroso di descrivere un desiderio, un sogno.
Come possiamo quindi comprendere fino in fondo un sogno? Beh, io questa risposta non la so, e sinceramente è una delle poche domande a cui non voglio che segua una risposta.
Voglio soltanto ammirare quella luce che da anni illumina le nostre menti ed i nostri cuori, genera emozioni, modifica la realtà e, perchè no, ci fa pure vivere meglio.
Analizzare un sogno vuol dire privarlo della sua magia, togliergli le ali e portarlo sulla terra, dove il reale è la moneta di scambio di ogni relazione, e dove il sogno è un semplice surplus, un privilegio.
Emancipiamoci da questa schiavitù mentale soffermandoci su quello che stiamo facendo; stiamo togliendo le ali alla nostra immaginazione, non riusciamo più a vivere un film fino in fondo. Non c'è più posto per succhiare il midollo della vita urlando "Capitano mio Capitano!"; per non avere nessun problema "quando si ha l'eroina"; per dire alla nostra donna "francamente me ne infischio"; per pescare quel grosso pesce nel lago; per scappare dalla nostra Alcatraz.
In tutto questo, una citazione di un film la prendo e la rendo mia, perchè c'è sempre qualcuno che ha detto le stesse cose che vorrei dire io con parole migliori e cito:"Un giorno verrà un altro diluvio universale e ripulirà queste strade dalla loro sporcizia"
(Taxi driver)

(Marien scusa se ho continuato malamente il tuo scritto, mi incazzerei pure io. Ma dopo che l'ho letto volevo scrivere un mio personalissimo finale)
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Anche la follia merita i suoi applausi

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Fakuser

Reg.: 04 Feb 2005
Messaggi: 2656
Da: Milano (MI)
Inviato: 13-07-2008 23:32  
Kubrick si è travestito da Fak e ha scritto parole bellissime, che sono l'essenza di qualsiasi Passione.. Parole che gridano vendetta, che avrebbero voluto essere state dal sottoscritto, al quale non resta che accodarsi e notare quanto lo scritto di Marien sia pulito chiaro nei concetti ma soprattutto evocativo quanto basta.

Altro che nausea.
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Silencio...

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 13-07-2008 23:57  
meno male che non l'hai riscritta, quella che ho letto è molto meglio.
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 14-07-2008 00:01  
Quella che hai letto l'ha bocciata.
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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 14-07-2008 02:40  
ah beh allora...
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 14-07-2008 03:46  
quote:
In data 2008-07-13 22:39, Marienbad scrive:
Guardare un film è un’operazione che amplifica e svilisce insieme il senso dei ricordi. Le immagini filmiche restituiscono alla memoria scivolata nel buio un po’ di luce, ma non sappiamo utilizzarla. Ci ritroviamo ad osservare la luce e ci stupiamo della sua chiarezza. E la memoria resta irrimediabilmente bloccata nell’oscurità, fuggendo dai riflettori.
Quell’istante scintillante che il cinema ci riconsegna appare allora come l’aggiornamento continuo di un ricordo che non muore, ma che cambia. E’ impossibile annullare il processo che porta all’oblio, ma è possibile osservarne ed estenderne il percorso. Il cinema, come un autovelox, fotografa la velocità a cui viaggia il presente, gli scatta una foto e ci lascia una prova concreta della sua istantaneità irrecuperabile e tutta via riproducibile.
Il cinema così ci riconsegna una moltitudine spropositata di prove del tempo trascorso e dei personaggi che l’hanno popolato e continua a farlo, ma noi non percepiamo altro che i loro involucri immutabili. Piangiamo, ridiamo, odiamo e amiamo i simulacri dei nostri ricordi svuotati che corrono sullo schermo, delegando solo all’occhio il potere di giudicarli. I sentimenti che proviamo al cinema sono sentimenti innocui, siamo pronti a provarli all’ombra della nostra consapevolezza di spettatori. Interpretiamo ruoli che non ci appartengono con una distanza sincronica e diacronica, perché non siamo noi quelli sullo schermo.
Il cinema, come ogni altra tecnologia simulativa, ci ha derubato pian piano della possibilità, già di per sé improbabile, di formulare il senso della nostra presenza. Oggi, ormai lontanissimi dalla conquista di quel senso, ci dimostriamo incuranti della nostra precarietà e procediamo in avanti senza guardarci indietro, come se l’atto di voltarsi potesse trasformarci in pietra. Appare quasi ragionevole, in quest’ottica, il timore provato da alcuni popoli al solo pensiero di farsi fotografare. Hanno paura che l’immagine gli rubi l’anima. Forse non hanno torto.


Fin qui non è affatto male.
Certo però che sei capitata in una bella università di merda, se ti costringono a questo poeticume...

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Fakuser

Reg.: 04 Feb 2005
Messaggi: 2656
Da: Milano (MI)
Inviato: 14-07-2008 03:53  
quote:
In data 2008-07-14 03:46, Valparaiso scrive:
quote:
In data 2008-07-13 22:39, Marienbad scrive:
Guardare un film è un’operazione che amplifica e svilisce insieme il senso dei ricordi. Le immagini filmiche restituiscono alla memoria scivolata nel buio un po’ di luce, ma non sappiamo utilizzarla. Ci ritroviamo ad osservare la luce e ci stupiamo della sua chiarezza. E la memoria resta irrimediabilmente bloccata nell’oscurità, fuggendo dai riflettori.
Quell’istante scintillante che il cinema ci riconsegna appare allora come l’aggiornamento continuo di un ricordo che non muore, ma che cambia. E’ impossibile annullare il processo che porta all’oblio, ma è possibile osservarne ed estenderne il percorso. Il cinema, come un autovelox, fotografa la velocità a cui viaggia il presente, gli scatta una foto e ci lascia una prova concreta della sua istantaneità irrecuperabile e tutta via riproducibile.
Il cinema così ci riconsegna una moltitudine spropositata di prove del tempo trascorso e dei personaggi che l’hanno popolato e continua a farlo, ma noi non percepiamo altro che i loro involucri immutabili. Piangiamo, ridiamo, odiamo e amiamo i simulacri dei nostri ricordi svuotati che corrono sullo schermo, delegando solo all’occhio il potere di giudicarli. I sentimenti che proviamo al cinema sono sentimenti innocui, siamo pronti a provarli all’ombra della nostra consapevolezza di spettatori. Interpretiamo ruoli che non ci appartengono con una distanza sincronica e diacronica, perché non siamo noi quelli sullo schermo.
Il cinema, come ogni altra tecnologia simulativa, ci ha derubato pian piano della possibilità, già di per sé improbabile, di formulare il senso della nostra presenza. Oggi, ormai lontanissimi dalla conquista di quel senso, ci dimostriamo incuranti della nostra precarietà e procediamo in avanti senza guardarci indietro, come se l’atto di voltarsi potesse trasformarci in pietra. Appare quasi ragionevole, in quest’ottica, il timore provato da alcuni popoli al solo pensiero di farsi fotografare. Hanno paura che l’immagine gli rubi l’anima. Forse non hanno torto.


Fin qui non è affatto male.
Certo però che sei capitata in una bella università di merda, se ti costringono a questo poeticume...



senti ma la finisci di giudicare gli studi altrui?

Cazzo, sei davvero insopportabile, la tua invidia valla a sfogare da qualche parte...

E cmq ribadisco il mio giudizio.. non è poeticume.. bensì evocatività dei concetti....
_________________
Silencio...

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 14-07-2008 09:48  
quote:
In data 2008-07-13 22:39, Marienbad scrive:

...Il cinema, come un autovelox, fotografa la velocità a cui viaggia il presente, gli scatta una foto e ci lascia una prova concreta della sua istantaneità irrecuperabile e tutta via riproducibile.
Il cinema così ci riconsegna una moltitudine spropositata di prove del tempo trascorso e dei personaggi che l’hanno popolato e continua a farlo, ma noi non percepiamo altro che i loro involucri immutabili.




Più che fotografare, direi che scolpisce il tempo. Fu proprio Tarkvskij a scrivere: Il Tempo è uno stato. E' la fiamma nella quale vive la salamandra dell'anima dell'uomo. Il tempo e la memoria sono fusi l'uno nell'altra, sono le due facce della stessa medaglia. E' del tutto evidente che, al di fuori del tempo, non esiste neppure la memoria. La memoria, del rasto, è un concetto troppo complesso e l'elencazione di tutte le sue caratteristiche sarebbe insufficiente a definire in modo esauriente la somma delle impressioni che essa produce su di noi. La memoria è un concetto spirituale. Mettiamo, per esempio, che qualcuno ci racconti i suoi ricordi d'infanzia e si può affermare che ci troveremo fra le mani un materiale grazie al quale ci potremmo fare l'idea più completa possibile di quella persona. Un uomo privo di memoria è in balia di un'esistenza illusoria.
Le cause e le conseguenze sono collegate fra loro da un legame diretto e reciproco. Una cosa genera l'altra con necessità preordinata ed implacabile, che sembrerebbe fatale, se fossimo capaci di scoprire fino in fondo tutti i collegamenti. Il collegamento di causa ed effetto - ossia il passaggio da uno stato all'altro - è appunto la forma d'eistenza del tempo, il modo d'incarnarsi di questo concetto nella nostra pratica quotidiana. Ma la causa che dà luogo ad una certa conseguenza non viene assolutamente gettata via, come uno stadio di un missile esaurito. In presenza di una certa conseguenza noi di continuo risaliamo alle sue origini, alle cause: in altre parole, facciamo tornare indietro il tempo. La causa e la conseguenza in senso morale risultano collegate da un nesso inverso, e allora l'uomo, per così dire, ritorna al passato.

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E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti.

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Kubrick5


Reg.: 19 Apr 2006
Messaggi: 5694
Da: San Zeno (BS)
Inviato: 14-07-2008 10:32  
quote:
In data 2008-07-13 23:32, Fakuser scrive:
Kubrick ha scritto parole bellissime, che sono l'essenza di qualsiasi Passione..

Grazie Fak... Anche se so che sarebbero state migliori se scritte in un buon italiano
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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 14-07-2008 10:34  
quote:
In data 2008-07-14 03:53, Fakuser scrive:
quote:
In data 2008-07-14 03:46, Valparaiso scrive:
quote:
In data 2008-07-13 22:39, Marienbad scrive:
Guardare un film è un’operazione che amplifica e svilisce insieme il senso dei ricordi. Le immagini filmiche restituiscono alla memoria scivolata nel buio un po’ di luce, ma non sappiamo utilizzarla. Ci ritroviamo ad osservare la luce e ci stupiamo della sua chiarezza. E la memoria resta irrimediabilmente bloccata nell’oscurità, fuggendo dai riflettori.
Quell’istante scintillante che il cinema ci riconsegna appare allora come l’aggiornamento continuo di un ricordo che non muore, ma che cambia. E’ impossibile annullare il processo che porta all’oblio, ma è possibile osservarne ed estenderne il percorso. Il cinema, come un autovelox, fotografa la velocità a cui viaggia il presente, gli scatta una foto e ci lascia una prova concreta della sua istantaneità irrecuperabile e tutta via riproducibile.
Il cinema così ci riconsegna una moltitudine spropositata di prove del tempo trascorso e dei personaggi che l’hanno popolato e continua a farlo, ma noi non percepiamo altro che i loro involucri immutabili. Piangiamo, ridiamo, odiamo e amiamo i simulacri dei nostri ricordi svuotati che corrono sullo schermo, delegando solo all’occhio il potere di giudicarli. I sentimenti che proviamo al cinema sono sentimenti innocui, siamo pronti a provarli all’ombra della nostra consapevolezza di spettatori. Interpretiamo ruoli che non ci appartengono con una distanza sincronica e diacronica, perché non siamo noi quelli sullo schermo.
Il cinema, come ogni altra tecnologia simulativa, ci ha derubato pian piano della possibilità, già di per sé improbabile, di formulare il senso della nostra presenza. Oggi, ormai lontanissimi dalla conquista di quel senso, ci dimostriamo incuranti della nostra precarietà e procediamo in avanti senza guardarci indietro, come se l’atto di voltarsi potesse trasformarci in pietra. Appare quasi ragionevole, in quest’ottica, il timore provato da alcuni popoli al solo pensiero di farsi fotografare. Hanno paura che l’immagine gli rubi l’anima. Forse non hanno torto.


Fin qui non è affatto male.
Certo però che sei capitata in una bella università di merda, se ti costringono a questo poeticume...



senti ma la finisci di giudicare gli studi altrui?

Cazzo, sei davvero insopportabile, la tua invidia valla a sfogare da qualche parte...

E cmq ribadisco il mio giudizio.. non è poeticume.. bensì evocatività dei concetti....



Ma che mai ne capisci te!
A parte che ho scritto che fin lì mi piace...

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 14-07-2008 13:11  
quote:
In data 2008-07-14 03:46, Valparaiso scrive:


Fin qui non è affatto male.
Certo però che sei capitata in una bella università di merda, se ti costringono a questo poeticume...


Da un lato hai senz'altro ragione...
Il problema della tesina bocciata era proprio la mancanza di poesia. Era fredda, caotica, piena zeppa di teorie, possibilità, punti di vista altrui, ma il tutto restava sospeso senza approdare a nulla. Il mio problema è questo quando si tratta di scrivere.
Se devo pensare al cinema come materia di studio ho in mente una moltitudine sterminata di possibilità inconciliabili. Può essere ricca di spunti, ma non posso fare a meno di lasciarli marcire nei loro territori. Invece, quando metto in gioco me stessa, divento poetica, troppo poetica, quasi irragionevole. E anche lì, non approdo a nulla, ma in questo caso succede perchè il mio nichilismo compromette anche la visione. Quello che accade sullo schermo è per me l'unica parvenza di verità che ci è rimasta del mondo, perchè essendo arte al cinema è concesso inquadrare il senso con l'artificialità della poesia.
Ma se scanso il mondo e lo annichilisco finisce anche che del cinema capisco solo la retorica e la metafora e non la struttura mediale...
Il mio prof di cinema dice in poche parole che per quanto il mio sguardo sia lungimirante, esso non è davvero rivolto al cinema. Poi va beh, io e lui abbiamo visioni completamente diverse del mondo e del cinema. E' solo che la sua versione dei fatti mi sembra più sana e intelligente. Da qui la crisi...
Comunque non è richiesta la poesia è un difetto/pregio solo mio.
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