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Autore Cinema e memoria
Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 17-07-2008 09:30  
quote:
In data 2008-07-16 17:18, HistoryX scrive:
Allora continuate, o meglio...iniziate a farlo, perchè nel tuo caso hai solo citato parole di altri....



Ma dove? Ho, in un primo post, riportato le righe di Scolpire il tempo di Tarkovskij. E, in un secondo intervento, formulato considerazioni personalissime - peraltro già imbastite (seppur meno appprofindite) in tempi "non sospetti" in questo post - che dall'idea di altri (nel caso specifico, di Deleuze), prendono solo spunto.
Detto questo, comunque, una considerazione che va da sè: quand'anche fosse vero che avessi citato parole di altri, tu di sicuro non te ne saresti mai accorto, dal momento che si stanno trattando argomenti a te completamente alieni.
_________________
E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti.

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 17-07-2008 10:13  
quote:
In data 2008-07-17 00:14, Hegel77 scrive:
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In data 2008-07-15 16:07, Richmondo scrive:
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In data 2008-07-13 22:39, Marienbad scrive:
Guardare un film è un’operazione che amplifica e svilisce insieme il senso dei ricordi. Le immagini filmiche restituiscono alla memoria scivolata nel buio un po’ di luce, ma non sappiamo utilizzarla. Ci ritroviamo ad osservare la luce e ci stupiamo della sua chiarezza. E la memoria resta irrimediabilmente bloccata nell’oscurità, fuggendo dai riflettori.
Quell’istante scintillante che il cinema ci riconsegna appare allora come l’aggiornamento continuo di un ricordo che non muore, ma che cambia. E’ impossibile annullare il processo che porta all’oblio, ma è possibile osservarne ed estenderne il percorso. Il cinema, come un autovelox, fotografa la velocità a cui viaggia il presente, gli scatta una foto e ci lascia una prova concreta della sua istantaneità irrecuperabile e tutta via riproducibile.
Il cinema così ci riconsegna una moltitudine spropositata di prove del tempo trascorso e dei personaggi che l’hanno popolato e continua a farlo, ma noi non percepiamo altro che i loro involucri immutabili. Piangiamo, ridiamo, odiamo e amiamo i simulacri dei nostri ricordi svuotati che corrono sullo schermo, delegando solo all’occhio il potere di giudicarli. I sentimenti che proviamo al cinema sono sentimenti innocui, siamo pronti a provarli all’ombra della nostra consapevolezza di spettatori. Interpretiamo ruoli che non ci appartengono con una distanza sincronica e diacronica, perché non siamo noi quelli sullo schermo.
Il cinema, come ogni altra tecnologia simulativa, ci ha derubato pian piano della possibilità, già di per sé improbabile, di formulare il senso della nostra presenza. Oggi, ormai lontanissimi dalla conquista di quel senso, ci dimostriamo incuranti della nostra precarietà e procediamo in avanti senza guardarci indietro, come se l’atto di voltarsi potesse trasformarci in pietra. Appare quasi ragionevole, in quest’ottica, il timore provato da alcuni popoli al solo pensiero di farsi fotografare. Hanno paura che l’immagine gli rubi l’anima. Forse non hanno torto.
Ma è necessario barattare la nostra anima con una totale libertà e lasciare che l’immagine fotografica e cinematografica estendendano la nostra fallace memoria in previsione di un recupero parziale che abbia effetto sul presente e non sul passato.
In questo senso il cinema è sempre un’immagine del futuro…
Si dice spesso “capire il cinema”. La verità è che non c’è nulla da capire, il cinema andrebbe guardato con gli occhi spalancati sul presente e con una profonda umiltà dello sguardo, altrimenti va a finire che “ci prende tutti a calci nel culo”.





In ogni caso direi che la tua riflessione muove dal retroterra della memoria, ma finisce per addentrarsi irrimediabilmente nel campo del rapporto Cinema/spettatore, indipendentemente dal discorso tempo.
Deleuze sostiene che il Cinema riesca a stabilire un contatto diretto con il pensiero, perché non ha bisogno di nessun supporto immaginativo nell'atto di percezione dello spettatore. Un quadro immortala un'immagine. E questa, come dici tu, può eventualmente implicare anche una sorta di immedesimazione, di empatica partecipazione a ciò che è racchiuso nella tela. Ma, in fin dei conti, è troppo il peso che si attribusce alla immaginazione, per comprendere anche il tempo. L'immagine, di per sè, che sia ferma o in movimento, implica sempre un contesto più ampio, no? Voglio dire.....come esiste il fuori campo, può esistere tranquillamente il fuori tela.
Il punto è che, come dice Deleuze, il fatto stesso che il cinema sia immagine in movimento, toglie allo spettatore il compito di pensare e riflettere, di completare a livello estetico quella stessa immagine che contempla. Noi immaginiamo il quarto stato che avanza verso di noi. Pensiamo alle pieghe dei singoli vestiti, alle ombre che cambiano, ai corpi che si modellano, all'aria che si sposta, ai suoni, ai colori che mutano, allo spazio che si dilata o si riduce. Tutti concetti che si elaborano con la mente e che eslcudono di poter operare anche una contestualizzazione più ampia, che vada oltre lo spazio della tela dipinta. Riflettiamo ed impegnamo tutte le nostre energie per riflettere su quel quadro, su quella specifica immagine, pensandola in movimento. L'immedesimazione, l'empatia in pittura o nella scultura si ferma qui. Per questo, come dice Trakovskij, noi guarderemo un quadro, pur con tutta la partecipazione possibile, sempre con un certo distacco.
Nel cinema,invece, accade l'inverso: non siamo più spettatori, ma partecipi a trecentosessanta gradi. Immersi in un mondo che si muove, che si produce e si riproduce, nei suoni ma, soprattutto, nelle immagini.
L'esempio più lampante è Duel , di Spielberg. Non ci è concessa la possibilità di riflettere, di valutare l'immagine in sé, ma, citando ancora Deleuze, siamo "costretti a pensare", su concetti che vadano oltre il singolo frame. Il movimento nega la riflessione sulla singola immagine, contestualizza i concetti ed apre un mondo molto più ampio, illimitato, capace di riprodursi innumerevoli volte, ma per niente attraverso ombre, immagini vuote o simulacri, bensì tramite le stesse immagini che, così come sono nate, permangono nella memoria, nella mente. Impresse.Ma, soprattutto, piene ancora di se stesse e, parafrasando Antonioni, di cento altre immagini.
La riflessione sull'immagine diventa attinente più al contesto, che all'icona stessa. Qui prende forma il fuori campo. Qui è chiaro come il Cinema vada oltre l'immagine rappresentata. La focalizzazione, o meglio la riflessione, è tanto sul prima, quanto sul dopo. Molto poco sul mentre. Perché la fase immediata è vissuta, in un processo di coinvolgimento totale, nella misura più irrazionale e meno consapevole possibile.
Ciò che rende il Cinema qualcosa di più spinto rispetto alle altre forme artistiche, è proprio la sua continuazione nella memoria e nella dimensione dell'immaginazione.
La testimonianza diretta, vissuta sulla propria pelle, rimane viva nella memoria e riempie le immagini vuote di cui parlavi attribuendo ad esse ora un senso, dopo un altro, domani un altro ancora e così via fino al'infinito.
A ben pensarci, il cinema vive proprio e soprattutto di memoria del passato, immaginazione del futuro, tramite una visione "ad occhi spalancati" (ed aggiungerei passivamente attoniti) sullo scorrere dinamico del presente.

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L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.

[ Questo messaggio è stato modificato da: Richmondo il 15-07-2008 alle 16:09 ]



Sono d'accordo sui presupposti teorici di questo post.
Ma non viene risolto il problema posto da Marienbad: che è quello della impossibilità ad analizzare il film, in sostanza della inutilità della critica cinematografica, della totale debolezza e confusione dello spettatore che si trova senza punti di riferimento. Più cose sai, pià ti allontani dal senso, dalla verità. E' terribile quello che dice Marien, perchè mette a nudo una delle più invereconde paure degli studiosi di Cinema, quella della pagina bianca.
La memoria può essere fonte di errore: esiste una immagine interna, una sorta di proiezione interiore della immagine che vediamo sullo schermo. Questa immagine interiore è modellata sula base delle nostre conoscenze in campo cinematografico, ma anche su altre variabili impazzite come lo stato emotivo, le esperienze vissute.
Il fatto di essere anche noi rulli in movimento non fa che complicare la situazione.
Un film che dieci anni fa avevo considerato un capolavoro sulla base delle mie conoscenze e dei miei studi sul Cinema adesso mi sembra un film appena sufficiente.
Cosa è successo?
E' stato il completarsi delle mie conoscenze teoriche a portarmi ad un giudizio più obiettivo?
Oppure le mie particolari esperienze di vita e la mia maturazione mi portano a un giudizio meno obiettivo?
Che triste rivedere un film e scoprirlo diverso.
Dove sono finite quelle sensazioni di gioia e l'eccitazione?
Come quando ritorni nei luoghi di infanzia scopri che la magia è svanita.
Allora meglio la pagina bianca.
Allora meglio fare come il protagonista di Strade Perdute:"preferiscco ricordare le cose a modo mio".
Che non vuol dire ricordarle per come sono esattamante avvenute.
Un pò come La Rimini di Fellini: probabilmente non è mai esistita ma è coincidente con l'immagine interna dei ricordi (falsati) del regista.
Ed è, per citare Bertetto, un vero e proprio simulacro del reale.






Liquidato dovereosamente il discorso X, torniamo al (nostro) dunque.
Il punto è proprio quello: sono molo belle e condivisibili le tue parole.
Ma il problema sta nel fatto che pensare di considerare un film, nella sua pienezza, nell'istante stesso in cui lo si sta vivendo, è pura utopia.
La visione è relativa al momento, è frammentaria, estremamente frammentaria. Non è possibile contemplare un film immediatamente nella sua interezza, ma solo attraverso un acuto e complesso gioco di raccordi, che inevitabilmente porta ad una scansione di immagini che dipende inesorabilmente dal montaggio del film stesso.
Il ricordo che si avrà, invece, sarà valutativo di una situazione effettivamente più completa, ma, paradosslamnete, invero anche molto più caotica e disordinata. Non sarà la memoria di un film, ma di qualche sequenza o, peggio, di qualche inquadratura del film. Nella maggior parte dei casi, oltretutto, ponendosi nel ricordo tramite uno sconvolgimento totale di quel montaggio che ne aveva composto una sua forma coerente (narrativamente ed esteticamente).
Che cosa succede, però?
Che alcuni registi, in particolare certi contemporanei, hanno tentato e tentano di instradarsi su percorsi differenti.
Io penso a David Lynch. Penso al fatto che, anticipando anche qell'idea di fruizione "moderna" del cinema, attraverso il dvd (strumento spesso sottovalutato, ma che implica un'attiva - anche se facoltativa - partecipazione dello spettatore sulla sucessione delle sequenze dell'opera) è riuscito a portare la visione su un percorso molto meno inflazionto, meno condizionato dallo scorrere del tempo. A ben vedere, in Lynch, il tempo non conta un cazzo. potremmo azzardarci a dire che i suoi siano film che fuggono totalmente da un andamento coerente del tempo, poprio per fornire alla memnoria dell'opera stessa una coerenza maggiore, terminata la visione.
Sembra un paradosso, ma è così. La sua destrutturazione, il suo apparente rifuggire e rinnegare la logica della visione diacronica, ricercando (e trovando) in realtà, un metodo per narrare attraverso il sincronismo, ne è la dimostrazione. In realtà il termine sincronismo è sbagliato. Sarebbe meglio parlare di immediatezza, di de-contestualizzazione, di proposizione (e riproposizione) di mondi fra loro non comunicanti, di microuniversi dinamici ma, al tempo stesso, fermi. E, soprattutto, slegati reciprocamente. In altre parole, l'antitesi di quel Cinema che può risultare incomprensibile a livello istantaneo. Una sorta di uqadro in movimento (e si ricordi, allora, il suo corto Six Figures Getting Sick )
Il cinema di Lynch, al contrario, è "impossibile" a capirsi nel momento stesso in cui lo si sta vivendo, solamente all'apparenza. Ma è in verità molto meno complesso, se lo si vive momento per momento, senza la pretesa di unirne ogni singolo punto. Così facendo, se ne ricaverà un ricordo molto più limpido, molto più coerente. La nostra memoria non conosce ordine, se non forse quello cronologico. Lynch, sovertendo in partenza proprio quello, ci dà la possibilità di riavvolgere la visione e riviverla da più punti di vista, generando, ogni volta, un ilm diverso, ma sempre e comunque vivo nel ricordo.

Ovviamente parlo di Lynch. Ma ci sarebbero altri esempi di tentativi in questo senso.

Il punto è che il cinema tenderebbe, ogni volta, a sintetizzare la vita. Ma è innegabilke che anche della nostra vita non ricordiamo o non riconosciamo ogni singolo aspetto. Inoltre, citando Truffaut, i film non conoscono né vuoti, né tempi morti. I film avanzano, come treni nella notte.
E questo non fa alto che complicare le cose, dal momento che vengono negae anche quelle pause che diano un momento di respiro, concedano un po' di meditazione.
Se si prede pi in considerazione gran parte del cinema contemporaneo, che è strutturato sull'azione, sul dinamismo, sulla totale fuga dalla staticità....Ciò è ancor più penalizzante per la contemplazione.
Siamo sempre più schiavi e sempre più subordinati all'andamento delle cose, nelk Cinema, ancor più che nella vita. Non ci si può ribellare. Su questo avete ragione. Condivido.

Ma opporsi al destino, all'impossibilità di comprendere, al mistero, non sempre è impossibile.
Per questo Lynch va adorato come un totem.
Per questo il vero e grande cinema è proprio quello che comincia dove la pellicola si è completamente srotolata.
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E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti.

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 17-07-2008 12:20  
Questo topic è diventato davvero bellissimo.
Vi faccio i complimenti.
Ora devo partire ma in questi giorni vi leggerò volentieri.
Solo un appunto. Cercate di evitare di citare, spremete solo il vostro cervello e non vergognatevi di essere confusi, banali, inutili. E' tutta salute intellettuale.

Ciao!
_________________
Inland Empire non l'ho visto e non mi piace

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HistoryX

Reg.: 26 Set 2005
Messaggi: 4234
Da: cagliari (CA)
Inviato: 18-07-2008 17:05  
quote:
In data 2008-07-17 09:30, Richmondo scrive:
quote:
In data 2008-07-16 17:18, HistoryX scrive:
Allora continuate, o meglio...iniziate a farlo, perchè nel tuo caso hai solo citato parole di altri....


Ma dove? Ho, in un primo post, riportato...
Detto questo, comunque, una considerazione che va da sè: quand'anche fosse vero che avessi citato parole di altri, tu di sicuro non te ne saresti mai accorto, dal momento che si stanno trattando argomenti a te completamente alieni.



Ma quando scrivi te non è che c'è molto da immaginare eh... è abbastanza palese, e fa persino sorridere questo tuo appunto.
Prendo spunto.
La citazione sta bene quando è marginale, non capisco perchè ci sia tanto parlare dell'inconsistenza della critica cinematografica e poi invece si vuole solo riportare parvenze di idee già battute, che non è nemmeno questo il peggio, perchè il copia incolla e un'altra cosa ancora.
C'è contraddizione in questo, inutile strapparsi la pelle e cercare nuove strade se poi alla fine si rientra comunque dentro i canoni precostituiti.

A parte la semplicità e l'umiltà dello sguardo dove mi trovo completamente in accordo, sempre se non rimangono solo parole, c'è una base che nessuno considera, dentro di noi non vi è solo un punto di vista, sono (almeno) due.
Uno legato alla personalità e uno emotivo.

Le citazioni, le teorie e soprattutto i "ciuè io parlo di tarkovsky" rientrano nella prima sfera.
Mentre l'ascolto che porta all'interiorizzazione dell'immagine, quello che salta persino il raziocinio e forse nemmeno necessita dello stesso fanno parte dell'occhio emotivo.
Beninteso, potrei anche invertire le accezioni positive e negative o cambiare i nomi delle parole stesse anche perchè sono inventati, non è questo il punto.
Infatti, il problema è quando i due aspetti non sono integrati fra di loro, ossia, una visione della personalità abnorme che fagocita le teorie senza interiorizzarle oppure una visione emotiva che non riesce a razionalizzare le informazioni e rimane vittima del riflesso dello schermo, ossia confonde l'emozione visiva con qualcosa di personale senza trarne benefici.

Ora così per grandi linee, per non deviare il discorso, ma è comprensibile che l'atrofia dell'una o dell'altra provoca uno scompenso che limita la visione, per non parlare della persona stessa.
La sensibilità cinematografica per essere considerata tale, necessita di equilibrio, equilibrio che nasce dalla consapevolezza interiore prima e dall'esplorare in prima persona le parole stesse che vengono proferite.
Per questo le domande, quale sia l'utilizzo cinematografico è essenziale, le teorie scarne lasciano il tempo che trovano senza un progetto, senza una direzione, la capacità di utilizzare il proprio cervello e testare la propria sensibilità dovrebbe essere la prerogativa.

Se non si era capito il messaggio iniziale era chiarissimo.
Ma se quel che teorizziamo ci fa cadere nell'identificazione di quello che si scrive come si può solo pensare di non farlo all'interno della sala? Guardiamo il dito e non la luna, da qui a saperla ascoltare realmente ce ne passa...
Il rinunciare alla critica quindi è rinunciare principalmente alla nostra personalità, quella che reagisce con le sue difese ai fantasmi del passato, ai simulacri stessi dentro e fuori dal cinema, rinunciare ad una parte di se stessi così essenziale diviene uno scoglio invalicabile.
Si capisce che quello che era una difesa ora è divenuta la gabbia, e da queste stesse sbarre vi saluto, perchè già è la gabbia che prende il soppravento.
Solo una cosa, forse non è nemmeno possibile rinunciare ad essa, ma è possibile addomesticare se stessi a non reagire meccanicamente ogni volta che la visione tocca le nostre corde, solo così si potrà essere "presenti".
E da qui ognuno diriga se stesso come e dove meglio crede.

[ Questo messaggio è stato modificato da: HistoryX il 19-07-2008 alle 14:20 ]

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DeadSwan

Reg.: 05 Apr 2008
Messaggi: 1478
Da: Desda (es)
Inviato: 18-07-2008 21:13  
quote:
In data 2008-07-17 00:14, Hegel77 scrive:
Un film che dieci anni fa avevo considerato un capolavoro sulla base delle mie conoscenze e dei miei studi sul Cinema adesso mi sembra un film appena sufficiente.
Cosa è successo?
E' stato il completarsi delle mie conoscenze teoriche a portarmi ad un giudizio più obiettivo?
Oppure le mie particolari esperienze di vita e la mia maturazione mi portano a un giudizio meno obiettivo?
Che triste rivedere un film e scoprirlo diverso.
Dove sono finite quelle sensazioni di gioia e l'eccitazione?
Come quando ritorni nei luoghi di infanzia scopri che la magia è svanita.
Allora meglio la pagina bianca.
Allora meglio fare come il protagonista di Strade Perdute:"preferiscco ricordare le cose a modo mio".



Posso capire il punto di vista qui espresso. Ma sono un po' perplesso di fronte alle conseguenze dell'idea di fondo di questi scrupoli.
Che c'e' di male nel rivedere un film e scoprirlo diverso?
Partiamo da una considerazione: non e' solo una maggiore consapevolezza critica che puo' modificare il nostro modo di giudicare i film. Il semplice fatto di vederne sempre di nuovi (oltre alla accumulazione di esperienze di vita, ed al lento cambiamento dei nostri interessi come uomini) lo fa. Senza contare che in ogni approcio ad un film che non sia il semplice restarsene di fronte allo schermo e' contenuto un abbozzo di posizione critica (intendo dire, interpretativa). E col tempo, quasi inevitabilmente, cambia cio' che ci aspettiamo dalla visione.
Perche' le sensazioni e i giudizi avuti in passato dovrebbero avere uno statuto privilegiato? Sono importanti, certo, ed e' importante non disconoscerli. Ma preservarli... fin dove spingersi per farlo? Dobbiamo annullare ogni possibilita' di elaborazione attuale del nostro vissuto, per non correre il rischio di distruggere elaborazioni passate? O negarci le emozioni e i giudizi che dobbiamo esprimere adesso per difendere i privilegi di emozioni e giudizi che furono?
Non ti sto attribuendo questo, solo mi chiedo dove porterebbe il tuo assunto (che, ripeto, mi pare comprensibile) senza i necessari correttivi. Meglio la pagina bianca, perche'? E poi, sempre?
Per assurdo, se qualcuno non avesse mai visto un film, ne' sentito parlare di cinema, la prima pellicola, anche mediocre, che vedesse, sarebbe per lui un intero mondo di emozioni. Che gia' la seconda ridimensionerebbe. Dovrebbe quindi non vedere piu' nessun film per non perdere quelle emozioni?
E poi, le perderebbe? Le ha vissute, no? Sono ormai parte del suo vissuto, hanno contribuito, molto o poco, a formare quell'uomo che ora lui e' e che puo' mettersi in gioco con altre esperienze.
Riprendendo il tema della memoria. Vissuti di epoche diverse non si succedono gli uni agli altri nel teatrino immutabile della nostra personalita'; si stratificano, contribuiscono a formare quella personalita', modificandosi nel processo, alla fin fine questa stratificazione E' la personalita' che affronta ogni nuova esperienza come concrezione nella contemporaneita' di tutto il passato. La memoria e' la traccia presente di un processo temporale; e, potrei dire, vive e respira. Se questo e' vero, fermare il processo per difendere una particolare traccia, risalente ad un particolare tempo, per conservarla cosi' come e' (ora...) e sottrarla al divenire della personalita': e' davvero cio' che vogliamo? Non credo che sia questo cio' che vuoi; ma pensa: aver paura di applicare le nostre conoscenze (anch'esse in fondo parte della nostra memoria) per inseguire l'impossibile riproduzione esatta di una certa sensazione del passato... che non si capisce perche' dovrebbe avere un tale privilegio... oppure per goderne la 'magia' data dalla distanza e dalla nostalgia, come (permettimi) un rifugio dal confronto col mondo. Secondo me e' questo che porterebbe l'assolutizzare i tuoi scrupoli e il temere assolutamente (il temere in parte va bene) l'effetto smitizzante della riflessione su certi frammenti di memoria. Alla lunga, sarebbe la paralisi.
Intendiamoci, conservare cio' che siamo stati, che abbiamo vissuto, che abbiamo pensato, e' importante. Direi indispensabile. Ma ha senso se diventa parte di una persona attiva, ancora viva e in movimento, dove l'impeto di questo movimento viene dalle radici stesse della memoria. E non se il timore di dimenticare qualcosa rischia di imbalsamarci: non si deve aver paura di correre il rischio di cambiare. In breve, direi che una condizione di una memoria che sia abito vitale della persona e' saper mettere in pratica un'arte prudente dell'oblio.

P.S. Che non vuol dire dimenticare indiscriminatamente!
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Dresda, Sassonia, Germania
Se non riesci ad uscire dal tunnel, almeno arredalo

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 18-07-2008 21:48  
Le classiche conversazioni sotto l'ombrellone...

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Hegel77

Reg.: 20 Gen 2008
Messaggi: 298
Da: Roma (RM)
Inviato: 19-07-2008 11:20  
Rispondo a Deadswan.
Vorrei avere i tuoi occhi, potere approcciare l'immagine cinematografica con il tuo sguardo, maturo e ancora curioso del mondo, potere ancora spalancare gli occhi e non farmi prendere a calci in culo dal cinema.
E' che c'è un punto in cui cominci a renderti conto che l'illusione, il gioco di prestigio sono difficili da ripetere.
Il trucco perfetto non dovrebbe essere più ripetuto.
Come l'immagine delle persone morte giovani che non invecchiano più, che non si lasciano consumare dal tempo.
Io ho coniato una mia definizione: il cinema è il tempo fatto ombra. Nel senso che pur annullando la dimensione temporale, ne nasconde la minaccia, ne fa intuire la pericolosità mortale. Aggiungo anche che il cinema dilata lo spazio all'infinito, ma non lascia più intravedere l'orizzonte degli eventi reali. Quindi o ti annulli completamente, lasciando che i tuoi occhi non abbiano questi limiti spazio temporali, oppure rischi di morire ala fine di ogni visione.
So che è un discorso folle, ma è il mio modo di sentire la visione.
Comunque molto belle le tue parole.
Altro che discorsi da ombrellone.
_________________
Dare un senso alla vita può condurre a follie,
ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 19-07-2008 11:26  
quote:
In data 2008-07-19 11:20, Hegel77 scrive:
Altro che discorsi da ombrellone.



Ma non era un giudizio di valore.
Anch'io da fumato faccio certi discorsi pippamentaleschi non da poco, e non di rado vengono fuori idee anche carine...
Comunque il thread lo leggerò più attentamente più là, ma qua e là ho notato che ci sono spunti interessanti...

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 19-07-2008 12:03  
quote:
In data 2008-07-18 17:05, HistoryX scrive:
quote:
In data 2008-07-17 09:30, Richmondo scrive:
quote:
In data 2008-07-16 17:18, HistoryX scrive:
Allora continuate, o meglio...iniziate a farlo, perchè nel tuo caso hai solo citato parole di altri....


Ma dove? Ho, in un primo post, riportato...
Detto questo, comunque, una considerazione che va da sè: quand'anche fosse vero che avessi citato parole di altri, tu di sicuro non te ne saresti mai accorto, dal momento che si stanno trattando argomenti a te completamente alieni.



.....





Ciò per cui tu sbagli e per cui, finora e finché non avrai abbandonato questo tuo abito mentale, continuerai a fare è un problema mica da ridere, uno scoglio insormontabile che non ti permette di giudicare con l'occhio obiettivo, ma sempre con l'ombra di un'ottusità impenetrabile da qualsivoglia idea nuova:
valuti l'utente e non ciò che scrive. Ed anche qui, è evidente come, peraltro senza avere la seppur minima base (vorrei che riportassi per filo e per segno quei tratti palesi che dimostrerebbero i miei appigli saldi a tesi precostituite, per non dire, banalmente, il famoso copiaincolla di cui in molti qui si sono macchiati....), tu non ti concentri sull'argomnto di base, forse perché troppo difficile per te da capire, forse perché considerato troppo idealizzante rispetto a quel materialismo contadino che in parte sembra, qui sul forum, contradisigneurti. Non so perché, può essere per una sorta di carattere chiuso e poco propenso a capire il prossimo, ma solo a denigrare sulla base solida dell'invidia o dell'antipatia (nata poi da dove? Boh...), che ti spinge poi ipocritamente a disprezare i fascisti perché "chiusi mentalmente" (ahahaha), senza renderti conto che se c'è un fascista, su questo forum, quello sei tu.
Si sta parlando di argomenti interessantissimi. A dire il vero si sta puntando proprio alla luna. Forse non la si raggiungerà mai. Ma non è un caso che il mio avatar (mi e ci) rappresenti, come in una scena di caccia, l'uomo in eterna ricerca di una verità troppo più grande di lui.
Parli di umiltà? Tu? Ahahah. Qui tutti siamo umili. A partire dalla tanto (da te) disprezzata Marienbad, che solleva un dubbio cinematografico/esistenziale che da te, probabilmente, dall'alto dela tua onnioscenza, non merita neppure di essere preso in considerazione, perché tu i film li capisci, li leggi, li interpreti, senza bisogno di parlarne (e infatti quanto posti in quetsa sezione? Mah...sarà per una sorta di sentimento di filantropismo, che per amore verso il prossimo ci eviti la frustrazione di vedre che arrivi sepre alla verità un momento pima che ci arriviamo noi, o quando noi, adiritura, non ci giungeremo mai....) o di appoggiarti alle tesi di qualcun altro.
Ma, soprattutto, ignorando completamente le sopracitate teorie, accusi sulla spinta vigorosa dell'obnubilazione mentale, il prossimo che, umilmente, elabora concetti, ma li fa propri, palando di copiaincolla solamente per poter colmare il vuoto di conenuti che non senti tuoi.
Noi tutti qui ci siamo espressi sulla luna, ciando, sicuramente sì, ma esprimendo umilmente e sentitamente delle senzazioni e delle idee completamente nostre, senza copiare. Citare è diverso da copiare. E stupisce, nonostante la tua personalità sia emersa diffusamente, negli anni, su FilmUp, che ad un maggiorenne e vaccinato se ne debba spiegare la radicale differenza. Ma poi tutto si fa chiaro, riconducendo il discorso proprio a quel carattere chiuso, al paraocchio mentale, (e non è un caso se uso il singolare: chiudi un occhio al CiclopyX, e lo avrai reso cieco), alla tua polifemica incapacità di accogliere le idee degli altri senza lombra del luogo comune che infesta il tuo pensiero inquinato, siano esse di critici affermati, filosofi o pensatori, siano esse dell'ultimo e sfigato utente di un forum.
Noi qui si è volto lo sguardo speranzoso e si è riposta la fiducia in quelle stesse idee che tu volutamente ed ostentatamente (olreché ostinatamente) rifiuti, ma si è anche tesa una mano (nel mio caso, una freccia) a quella luna splendente ed abbagliante che il Cinema, il quale brilla della luce riflessa dei suoi profeti, ma vive anche della sua forza intinseca, del peso mastodontico della sua essenza.
Tu, invece hai saltato questo passaggio. Ti sei sentito subito non all'altezza del balzo, così hai barato ed hai provato a scendere per il sentierino giù dalla rupe, come quella capra di montagna che, come te, punta il suo sguardo sbarrato sul filo d'erba e non sul campo da cui nasce.
Continua pure, se ti fa piacere, a tentare di dar sollievo alle tue ambasce in questo modo.
Io mi sentirei avvilito. Ma forse perché siamo diversi.
Forse un giorno ti ravvederai, perché probabilmente (e spero), nella vita, quando ti si offre un bicchiere d'acqua per dissetarti, non respingi l'offerta, quando ti proviene dal negro. O forse sì.
Chissà. In fin dei conti, caro X, non ci interessa.
Tu sei una X, appunto, qui su questo forum e ancor di più lo sei su questo topic, nonostante il fatto che io abbia gettato via dieci minuti del mio tempo per continuare questa inutile polemica (sarà più utile questa o quella sul Caps Lock? Ti faccio presente che quella verteva sul cinema....) rappresenti per te una seppur magra consolazione, una specie di rivincita.
Ma non è così.
Prosegui pure a tirarci per la camicia. Persevera pure nella tua diabolica inconsistenza.
Noi si guarda la Luna.
Tu continua pure a seguire il dito (medio), che si alza per sbefeggiarti.
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E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti.

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 19-07-2008 12:14  
quote:
In data 2008-07-18 21:13, DeadSwan scrive:
quote:
In data 2008-07-17 00:14, Hegel77 scrive:
Un film che dieci anni fa avevo considerato un capolavoro sulla base delle mie conoscenze e dei miei studi sul Cinema adesso mi sembra un film appena sufficiente.
Cosa è successo?
E' stato il completarsi delle mie conoscenze teoriche a portarmi ad un giudizio più obiettivo?
Oppure le mie particolari esperienze di vita e la mia maturazione mi portano a un giudizio meno obiettivo?
Che triste rivedere un film e scoprirlo diverso.
Dove sono finite quelle sensazioni di gioia e l'eccitazione?
Come quando ritorni nei luoghi di infanzia scopri che la magia è svanita.
Allora meglio la pagina bianca.
Allora meglio fare come il protagonista di Strade Perdute:"preferiscco ricordare le cose a modo mio".



Posso capire il punto di vista qui espresso. Ma sono un po' perplesso di fronte alle conseguenze dell'idea di fondo di questi scrupoli.
Che c'e' di male nel rivedere un film e scoprirlo diverso?
Partiamo da una considerazione: non e' solo una maggiore consapevolezza critica che puo' modificare il nostro modo di giudicare i film. Il semplice fatto di vederne sempre di nuovi (oltre alla accumulazione di esperienze di vita, ed al lento cambiamento dei nostri interessi come uomini) lo fa. Senza contare che in ogni approcio ad un film che non sia il semplice restarsene di fronte allo schermo e' contenuto un abbozzo di posizione critica (intendo dire, interpretativa). E col tempo, quasi inevitabilmente, cambia cio' che ci aspettiamo dalla visione.
Perche' le sensazioni e i giudizi avuti in passato dovrebbero avere uno statuto privilegiato? Sono importanti, certo, ed e' importante non disconoscerli. Ma preservarli... fin dove spingersi per farlo? Dobbiamo annullare ogni possibilita' di elaborazione attuale del nostro vissuto, per non correre il rischio di distruggere elaborazioni passate? O negarci le emozioni e i giudizi che dobbiamo esprimere adesso per difendere i privilegi di emozioni e giudizi che furono?
Non ti sto attribuendo questo, solo mi chiedo dove porterebbe il tuo assunto (che, ripeto, mi pare comprensibile) senza i necessari correttivi. Meglio la pagina bianca, perche'? E poi, sempre?
Per assurdo, se qualcuno non avesse mai visto un film, ne' sentito parlare di cinema, la prima pellicola, anche mediocre, che vedesse, sarebbe per lui un intero mondo di emozioni. Che gia' la seconda ridimensionerebbe. Dovrebbe quindi non vedere piu' nessun film per non perdere quelle emozioni?
E poi, le perderebbe? Le ha vissute, no? Sono ormai parte del suo vissuto, hanno contribuito, molto o poco, a formare quell'uomo che ora lui e' e che puo' mettersi in gioco con altre esperienze.
Riprendendo il tema della memoria. Vissuti di epoche diverse non si succedono gli uni agli altri nel teatrino immutabile della nostra personalita'; si stratificano, contribuiscono a formare quella personalita', modificandosi nel processo, alla fin fine questa stratificazione E' la personalita' che affronta ogni nuova esperienza come concrezione nella contemporaneita' di tutto il passato. La memoria e' la traccia presente di un processo temporale; e, potrei dire, vive e respira. Se questo e' vero, fermare il processo per difendere una particolare traccia, risalente ad un particolare tempo, per conservarla cosi' come e' (ora...) e sottrarla al divenire della personalita': e' davvero cio' che vogliamo? Non credo che sia questo cio' che vuoi; ma pensa: aver paura di applicare le nostre conoscenze (anch'esse in fondo parte della nostra memoria) per inseguire l'impossibile riproduzione esatta di una certa sensazione del passato... che non si capisce perche' dovrebbe avere un tale privilegio... oppure per goderne la 'magia' data dalla distanza e dalla nostalgia, come (permettimi) un rifugio dal confronto col mondo. Secondo me e' questo che porterebbe l'assolutizzare i tuoi scrupoli e il temere assolutamente (il temere in parte va bene) l'effetto smitizzante della riflessione su certi frammenti di memoria. Alla lunga, sarebbe la paralisi.
Intendiamoci, conservare cio' che siamo stati, che abbiamo vissuto, che abbiamo pensato, e' importante. Direi indispensabile. Ma ha senso se diventa parte di una persona attiva, ancora viva e in movimento, dove l'impeto di questo movimento viene dalle radici stesse della memoria. E non se il timore di dimenticare qualcosa rischia di imbalsamarci: non si deve aver paura di correre il rischio di cambiare. In breve, direi che una condizione di una memoria che sia abito vitale della persona e' saper mettere in pratica un'arte prudente dell'oblio.

P.S. Che non vuol dire dimenticare indiscriminatamente!




Una sega, Valpa! Gran post questo di Dead sawn, che non risolve indubbiamente il probema, ma offre una ragionevole ed ottimistica speranza.
Cigno, trovo le tue riflessioni ottime, in fin dei conti perché emerge quella visione abbastanza nichilista, ma nel senso più positivo del erine: noi non dobbiamo esere padroni del film. Né noi, né il regista.
Un film cambia dentro di noi, proprio attraverso la memoria, così cambiao anche noi.
E non dev'esere la paura di non trovare punti fermi, di non riuscrire a trovare certezze solide su quel film, perché l'evoulzione ed il cambiamento non sono mai aspeti negativi dell'esistenza.
Specialmente laddove l'esperienza è limitata, mi rendo conto che ciò che avevo detto o pensavo di aver capito su un film un mese fa, oggi è già un giudizio cambiato.
Per quella serie di fattori emotivi, sogettivi, ma anche oggettivi, per il continua evolversi del Cinema esternamenet, ma anche internamente alla coscienza (e alla sfe adella conoscienza) di ciascuno di noi.
Anche quei critici che credono di gettare le basi per tesi sicure, non approdano in definitiva da nessuna parte.
LA verità rimane, nell'arte, una meta irraggiungibile.
E del resto, non ho ancora trovato nessun artista che si prefigga lo scopo di fornire sempre e comunque delle risposte certe, a qualsivoglia problema. Né che si aspetti che il fruitore possa trovarle, nel rivivere la sua opera, nel presente, soc' come nel futuro o nella memoria.
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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
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Da: Napoli (es)
Inviato: 19-07-2008 12:56  
Ma vedi Rich, io non ego che questi contorcimenti mentali possano rivestire un certo interesse per qualcuno, e come ho detto in parte sono anche gradevoli da leggere.
Però non dimentichiamo che state girando attorno ad un ovvietà, e cioè che col tempo si cambia, ci si evolve (non necessariamente in meglio) e anche i propri gusti in fatto di cinema, come tante altre cose, si modificano.
Questo è un dato dell'esperienza umana che tutti danno abbastanza per scontato.
Se vi poneste il problema del perché allacciarsi le scarpe la mattina, e perché allacciare prima una scarpa piuttosto che latra, ugualmente potreste raggiungere risultati filosofici di grande rilievo.
Si tratta di discorsi che vivono un po' di se stessi, e che può essere anche piacevole affrontare in certi casi, ad esempio, come ho detto, da fumati. Comunque qua e là da discorsi come questi può anche scaturire una idea brillante, quindi non li disdegno affatto... Appena avrò un po' più di tempo cercherò di recuperare il complesso della discussione, anche perché sono convinto, e come ho detto, alcune le ho già notate, che nel mare magnum della pippa mentale ci siano alcune gemme meritevoli di essere raccolte.


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DeadSwan

Reg.: 05 Apr 2008
Messaggi: 1478
Da: Desda (es)
Inviato: 19-07-2008 13:29  
Ora non cambiare discorso. Qui si e' parlato di ombrellone: dov'e'? Tiratelo fuori, brutte merde, che mi sto cuocendo la testa sotto il sole! Ed i risultati si vedono!

quote:
In data 2008-07-19 11:20, Hegel77 scrive:
Vorrei avere i tuoi occhi



Ai miei occhi mancano sei diottrie per uno. Tieniti i tuoi, e' meglio.
_________________
Dresda, Sassonia, Germania
Se non riesci ad uscire dal tunnel, almeno arredalo

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Hegel77

Reg.: 20 Gen 2008
Messaggi: 298
Da: Roma (RM)
Inviato: 19-07-2008 13:31  
quote:
In data 2008-07-19 13:29, DeadSwan scrive:
Ora non cambiare discorso. Qui si e' parlato di ombrellone: dov'e'? Tiratelo fuori, brutte merde, che mi sto cuocendo la testa sotto il sole! Ed i risultati si vedono!

quote:
In data 2008-07-19 11:20, Hegel77 scrive:
Vorrei avere i tuoi occhi



Ai miei occhi mancano sei diottrie per uno. Tieniti i tuoi, e' meglio.




Molto gentile, grazie.
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Dare un senso alla vita può condurre a follie,
ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio

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HistoryX

Reg.: 26 Set 2005
Messaggi: 4234
Da: cagliari (CA)
Inviato: 19-07-2008 14:13  
quote:
In data 2008-07-19 12:03, Richmondo scrive:
...


. . .
boh...te hai grossi problemi, parlo seriamente.
A parte che ho detto "prendo spunto" e quindi non mi riferivo direttamente a te, secondo leggi bene che forse ti aiuta.

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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 19-07-2008 14:27  
quote:
In data 2008-07-19 12:56, Valparaiso scrive:
Ma vedi Rich, io non ego che questi contorcimenti mentali possano rivestire un certo interesse per qualcuno, e come ho detto in parte sono anche gradevoli da leggere.
Però non dimentichiamo che state girando attorno ad un ovvietà, e cioè che col tempo si cambia, ci si evolve (non necessariamente in meglio) e anche i propri gusti in fatto di cinema, come tante altre cose, si modificano.
Questo è un dato dell'esperienza umana che tutti danno abbastanza per scontato.
Se vi poneste il problema del perché allacciarsi le scarpe la mattina, e perché allacciare prima una scarpa piuttosto che latra, ugualmente potreste raggiungere risultati filosofici di grande rilievo.
Si tratta di discorsi che vivono un po' di se stessi, e che può essere anche piacevole affrontare in certi casi, ad esempio, come ho detto, da fumati. Comunque qua e là da discorsi come questi può anche scaturire una idea brillante, quindi non li disdegno affatto... Appena avrò un po' più di tempo cercherò di recuperare il complesso della discussione, anche perché sono convinto, e come ho detto, alcune le ho già notate, che nel mare magnum della pippa mentale ci siano alcune gemme meritevoli di essere raccolte.





completamente d'accordo. Tutte bellissime parole che contenutisticamente si riassumo in qualcosa di assolutamente estraneo dal concreto. Fare una critica ad un film significa tutto e niente. Non occorre essere esperti di cinema (la C maiuscola la usavo all'inizio anche io, per far colpo sui vecchi quando ancora non capivo una mazza) per valutare la bontà di una pellicola. Occorre essere esperti di cinema per argomentare una propria impressione e renderla fruibile per i più. Io credo fortemente nella operazione didattica della critica, forse sbaglio, forse sono troppo giovane (mentalmente) per pensarla altrimenti, ma sono assolutamente convinto della filantropica missione.
Certo che più si apprende e più c'è il rischio di cadere nella famosa "pagina bianca", ma questo deriva da un approccio totalmente fallace alla critica, all'analisi del film. Analisi, critica, decoupage, recensione latu senso... boh, sono tutte parole ontologicamente distinguibili, ma che potrebbero ben sostituirsi reciprocamente come sinonimi/contrari. Si può dire tutto e il contrario di tutto nel momento in cui si approccia criticamente un'opera ed è per questo che molti dei post precedenti, pur se confezionati ad arte, sono assolutamente peregrini; da fumati come giustamente dice Valpa.
Analizzare un film non serve per convincere qualcuno della sua oggettiva precisione stilistica. Serve "solo" a stimolare un confronto. Nessuno ha, o deve avere, la pretesa di dare una oggettiva interpretazione in senso assoluto: già di per se sarebbe un ossimoro eccessivamente costrittivo.
Risulta ovvio che una base di partenza oggettivamente individuabile deve pur esserci, la cementificazione delle fondamenta della nostra istintiva impressione. Fondamentale è l'istinto, il tuffo al cuore che un'opera sa dare e nell'argomentare, successivamente, la nostra idea subentra la preparazione culturale di ogni singolo individuo.
L'analisi del film è un'interpretazione oggettiva dove l'interpretazione è data dal nostro istinto e l'oggettività dalla nostra formazione culturale. Entrambe diverse, entrambe eterogenee, che variano da individuo ad individuo... è questo il bello.

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