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Autore Cinema e memoria
Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 22-07-2008 11:47  
quote:
In data 2008-07-22 11:37, Valparaiso scrive:
ehm, richmond, su alcune cose che hai scritto sono d'accordo, su altre no, mi preme solo sottolineare che io ho parlato di memoria, e non di ricordo... insomma ciò che si imprime sulla pellicola è memoria, da parte della pellicola, non nostra. Anche per i computer si parla di memoria, e si è parlato in passato persino di memoria dell'acqua. Ad oggi modo questo tipo di memoria esiste sicuramente ance nel digitale, che anzi per certi versi si configura come un ennesimo salto in direzione di una apparecchiatura leggera, come furono le pellicole ultrasensibili e le macchine da presa leggere per la nouvelle vague.
Ad ogni modo l'aspetto documentario del cinema mi sembra davvero un tratto ineliminabile, non vedo come il fatto che un set sia sia reale o ricostruito possa influire su questa qualità intrinseca dell'immagine cinematografica.
Comunque per ora riabbandono la discussione perché porta via davvero troppo tempo, mi sono concesso anch'io una puntata nelle suggestioni da fumato, visto che come ho detto ogni tanto è anche bene farle.






No no certo, ma direi che il problema sollevato da Marien, che è bene non perdere tropo di vista, verteva anche e soprattuto sulla nostra memoria.
Quando vorrai ripassare, una canna la conservo sempre per il classico giro di boa.
Se si volesse aggiungere qualche bella fanciulla...puoi anche farti da parte enon tornare più Un fiore in bocca può servire, sai. Più allegro tutto sembra (cit.)

quote:
In data 2008-07-22 11:37, Valparaiso scrive:

Ah, e 300 comunque fa schifo.





Buuuuuuuu!
_________________
E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti.

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 22-07-2008 12:02  
Sì ma c'entra sempre la "nostra" memoria, però con "ricordo" finisci per delimitare un po' troppo il tutto...
Il discorso memoria è proprio inevitabile, in quanto la fruizione stessa del cinema presuppone la memoria, no?

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 22-07-2008 12:13  
Yes.
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HistoryX

Reg.: 26 Set 2005
Messaggi: 4234
Da: cagliari (CA)
Inviato: 22-07-2008 16:28  
quote:
In data 2008-07-21 20:55, Valparaiso scrive:
quote:
In data 2008-07-21 19:08, HistoryX scrive:
quote:
In data 2008-07-20 16:28, Valparaiso scrive:
...


Furbacchione. Ci hai girato intorno, finalmente centrando il discorso si, però sei ripassato dal via senza pagare pegno.
Hai annullato il problema definendolo un non-problema, definendo la lettura del cinema come un riparo dal tempo che scorre...bello si, ma non meno poetico e inutile, anche perchè nulla aggiunge al problema iniziale che in pochi hanno centrato: l'obsolescenza del messaggio cinematografico che rimbalza sulle nostre difese, date le difficoltà a "leggere" il cinema e noi stessi.
Prima di ogni parola bisognerebbe analizzare se questo problema è riconosciuto o meno.
Oltre questo c'è la regia, e le strade da percorrere o ripercorrere, direttamente o indirettamente si è parlato e citato Haneke, Shy, Linch che attraverso la propria opera obbligano lo spettatore a scuotersi dall'apatia generalizzata, a riflettere, perlomeno a cercare risposte, forse risposte che a mio personale parere una volta trovate fioriscono in tutta la loro banalità, in alcuni casi addirittura nemmeno esistono forse, ma allo stesso modo sono riusciti nel loro intento finale, scuotere nel breve periodo, obbligare a cercare.



Ma no, io nego assolutamente che ci sia tutta questa necessità di "leggere" il cinema. Al massimo il cinema ci dà la possibilità di "leggere", o di percepire, il tempo, per stare vicini alle considerazioni di Tarkovskij.
La ricerca ossessiva del "messaggio" da decodificare mi sembra un voler porre al cinema domande sbagliate... Tra l'altro nemmeno tutto il cinema è così denso di metafore da decifrare. Potremmo dire che è così per il cinema americano, che è un cinema che nasce in una cultura fortemente religiosa, e la religione vive di simboli.
Ma già nel caso del cinema, per dire, francese, ciò accade molto meno... Le immagini che vendiamo non stanno, in genere, per qualcos'altro, ma sono di tipo più iconico, rappresentano, cioè, proprio l'oggetto della rappresentazione.
Rigurado a Lynch, proprio lui ha detto delle cose interessante al riguardo, sintetizzate nella frase con cui ha sostenuto di far parte della scuola "Western Union", e cioè: se vuoi mandare un messaggio, vai alla Western Union".
Per quanto mi riguarda il cinema non è un catalogo di comunicazioni cifrate. Prima di interrogarsi su eventuali significati dei film, trovo molto più essenziale saperne cogliere la bellezza...


No, qui forse non ci siamo capiti, in ogni caso ci si allontana da quel che è il seminato.
Non parlavo del valore o meno dei messaggi, della differenza di impatto sul pubblico tra un Apocalipto e un Memento.
É indifferente, i registi che ho citato erano solo per mostrare una possibile via, un cinema che ti spinge a riflettere in un periodo in cui non la "memoria" o il "ricordo" attenzione, ma il "ricordo di se nel presente" che è diverso, è fortemente compromesso.
É questo il senso della nostra presenza, le emozioni fasulle che ci rapiscono dovrebbero essere vissute con maggiore consapevolezza in funzione appunto del senso di "sè" che ci manca.
La lettura di un opera senza nessun senso di pesantezza, non ricerca ossessiva del messaggio ma attenzione e consapevolezza in noi e in quel che il cinema riesce a catturare tramite si (anche) il vissuto ma in quel che siamo ora.
Essere presenti. Questo intendevo, se non sappiamo chi siamo allora si che qualsiasi visione diviene solo puro vojerismo per alleviare le pene dello sfuggire a se stessi.
_________________
[ Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo. (Johann Wolfgang Göethe) ]

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 22-07-2008 16:58  
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In data 2008-07-22 16:28, HistoryX scrive:
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In data 2008-07-21 20:55, Valparaiso scrive:
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In data 2008-07-21 19:08, HistoryX scrive:
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In data 2008-07-20 16:28, Valparaiso scrive:
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Furbacchione. Ci hai girato intorno, finalmente centrando il discorso si, però sei ripassato dal via senza pagare pegno.
Hai annullato il problema definendolo un non-problema, definendo la lettura del cinema come un riparo dal tempo che scorre...bello si, ma non meno poetico e inutile, anche perchè nulla aggiunge al problema iniziale che in pochi hanno centrato: l'obsolescenza del messaggio cinematografico che rimbalza sulle nostre difese, date le difficoltà a "leggere" il cinema e noi stessi.
Prima di ogni parola bisognerebbe analizzare se questo problema è riconosciuto o meno.
Oltre questo c'è la regia, e le strade da percorrere o ripercorrere, direttamente o indirettamente si è parlato e citato Haneke, Shy, Linch che attraverso la propria opera obbligano lo spettatore a scuotersi dall'apatia generalizzata, a riflettere, perlomeno a cercare risposte, forse risposte che a mio personale parere una volta trovate fioriscono in tutta la loro banalità, in alcuni casi addirittura nemmeno esistono forse, ma allo stesso modo sono riusciti nel loro intento finale, scuotere nel breve periodo, obbligare a cercare.



Ma no, io nego assolutamente che ci sia tutta questa necessità di "leggere" il cinema. Al massimo il cinema ci dà la possibilità di "leggere", o di percepire, il tempo, per stare vicini alle considerazioni di Tarkovskij.
La ricerca ossessiva del "messaggio" da decodificare mi sembra un voler porre al cinema domande sbagliate... Tra l'altro nemmeno tutto il cinema è così denso di metafore da decifrare. Potremmo dire che è così per il cinema americano, che è un cinema che nasce in una cultura fortemente religiosa, e la religione vive di simboli.
Ma già nel caso del cinema, per dire, francese, ciò accade molto meno... Le immagini che vendiamo non stanno, in genere, per qualcos'altro, ma sono di tipo più iconico, rappresentano, cioè, proprio l'oggetto della rappresentazione.
Rigurado a Lynch, proprio lui ha detto delle cose interessante al riguardo, sintetizzate nella frase con cui ha sostenuto di far parte della scuola "Western Union", e cioè: se vuoi mandare un messaggio, vai alla Western Union".
Per quanto mi riguarda il cinema non è un catalogo di comunicazioni cifrate. Prima di interrogarsi su eventuali significati dei film, trovo molto più essenziale saperne cogliere la bellezza...


No, qui forse non ci siamo capiti, in ogni caso ci si allontana da quel che è il seminato.
Non parlavo del valore o meno dei messaggi, della differenza di impatto sul pubblico tra un Apocalipto e un Memento.
É indifferente, i registi che ho citato erano solo per mostrare una possibile via, un cinema che ti spinge a riflettere in un periodo in cui non la "memoria" o il "ricordo" attenzione, ma il "ricordo di se nel presente" che è diverso, è fortemente compromesso.
É questo il senso della nostra presenza, le emozioni fasulle che ci rapiscono dovrebbero essere vissute con maggiore consapevolezza in funzione appunto del senso di "sè" che ci manca.
La lettura di un opera senza nessun senso di pesantezza, non ricerca ossessiva del messaggio ma attenzione e consapevolezza in noi e in quel che il cinema riesce a catturare tramite si (anche) il vissuto ma in quel che siamo ora.
Essere presenti. Questo intendevo, se non sappiamo chi siamo allora si che qualsiasi visione diviene solo puro vojerismo per alleviare le pene dello sfuggire a se stessi.



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In data 2008-07-22 16:28, HistoryX scrive:
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In data 2008-07-21 20:55, Valparaiso scrive:
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In data 2008-07-21 19:08, HistoryX scrive:
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In data 2008-07-20 16:28, Valparaiso scrive:
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Furbacchione. Ci hai girato intorno, finalmente centrando il discorso si, però sei ripassato dal via senza pagare pegno.
Hai annullato il problema definendolo un non-problema, definendo la lettura del cinema come un riparo dal tempo che scorre...bello si, ma non meno poetico e inutile, anche perchè nulla aggiunge al problema iniziale che in pochi hanno centrato: l'obsolescenza del messaggio cinematografico che rimbalza sulle nostre difese, date le difficoltà a "leggere" il cinema e noi stessi.
Prima di ogni parola bisognerebbe analizzare se questo problema è riconosciuto o meno.
Oltre questo c'è la regia, e le strade da percorrere o ripercorrere, direttamente o indirettamente si è parlato e citato Haneke, Shy, Linch che attraverso la propria opera obbligano lo spettatore a scuotersi dall'apatia generalizzata, a riflettere, perlomeno a cercare risposte, forse risposte che a mio personale parere una volta trovate fioriscono in tutta la loro banalità, in alcuni casi addirittura nemmeno esistono forse, ma allo stesso modo sono riusciti nel loro intento finale, scuotere nel breve periodo, obbligare a cercare.



Ma no, io nego assolutamente che ci sia tutta questa necessità di "leggere" il cinema. Al massimo il cinema ci dà la possibilità di "leggere", o di percepire, il tempo, per stare vicini alle considerazioni di Tarkovskij.
La ricerca ossessiva del "messaggio" da decodificare mi sembra un voler porre al cinema domande sbagliate... Tra l'altro nemmeno tutto il cinema è così denso di metafore da decifrare. Potremmo dire che è così per il cinema americano, che è un cinema che nasce in una cultura fortemente religiosa, e la religione vive di simboli.
Ma già nel caso del cinema, per dire, francese, ciò accade molto meno... Le immagini che vendiamo non stanno, in genere, per qualcos'altro, ma sono di tipo più iconico, rappresentano, cioè, proprio l'oggetto della rappresentazione.
Rigurado a Lynch, proprio lui ha detto delle cose interessante al riguardo, sintetizzate nella frase con cui ha sostenuto di far parte della scuola "Western Union", e cioè: se vuoi mandare un messaggio, vai alla Western Union".
Per quanto mi riguarda il cinema non è un catalogo di comunicazioni cifrate. Prima di interrogarsi su eventuali significati dei film, trovo molto più essenziale saperne cogliere la bellezza...


No, qui forse non ci siamo capiti, in ogni caso ci si allontana da quel che è il seminato.
Non parlavo del valore o meno dei messaggi, della differenza di impatto sul pubblico tra un Apocalipto e un Memento.
É indifferente, i registi che ho citato erano solo per mostrare una possibile via, un cinema che ti spinge a riflettere in un periodo in cui non la "memoria" o il "ricordo" attenzione, ma il "ricordo di se nel presente" che è diverso, è fortemente compromesso.
É questo il senso della nostra presenza, le emozioni fasulle che ci rapiscono dovrebbero essere vissute con maggiore consapevolezza in funzione appunto del senso di "sè" che ci manca.
La lettura di un opera senza nessun senso di pesantezza, non ricerca ossessiva del messaggio ma attenzione e consapevolezza in noi e in quel che il cinema riesce a catturare tramite si (anche) il vissuto ma in quel che siamo ora.
Essere presenti. Questo intendevo, se non sappiamo chi siamo allora si che qualsiasi visione diviene solo puro vojerismo per alleviare le pene dello sfuggire a se stessi.



Ah beh questo può essere, può darsi che alcuni registi ti spingano a mantenere una maggiore consapevolezza della tua presenza, ad abbandonarti in maniera meno voyeuristica al flusso dello spettacolo. In generale questo può essere sicuramente vero, come può essere vero per tutto il cinema che in qualche modo non nasconde ma esibisce la trasformazione che opera sul materiale di partenza, attraverso tecniche di straniamento.
E l'autore che costruisce il proprio discorso attraverso il cinema esibisce maggiormente la manipolazione del materiale filmico, provocando da parte nostra un minore abbandono. Sì, questo è indubbio, siamo sollecitati a un ruolo maggiormente attivo e questo ci ricorda la nostra presenza, ci impedisce di annegare nell'immagine.
Di contro mi viene da pensare a uno Spielberg, che tende a porti in un aposizione di totale manipolazione nel corso del film, è un regista che aspira al controllo totale delle tue reazioni, a sapere esattamente dove tu, spettatore, ti trovi in ogni momento della proiezione. E lì davvero ti resta soltanto la rielaborazione successiva alla visione per poter in qualche modo distanziarti da un testo filmico strabordante, e riuscire a coglierne possibili e ulteriori sfumature di senso.
Ma comunque non so nemmeno se si possa fare questo discorso per i registi che hai indicato, Shyamalan e Lynch ad esempio cercano comunque il coinvolgimento dello spettatore, un adesione al fascino primordiale e magico dello spettacolo, Shyamalan in particolare credo si collochi proprio volutamente sulla scia di Spielberg...


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HistoryX

Reg.: 26 Set 2005
Messaggi: 4234
Da: cagliari (CA)
Inviato: 22-07-2008 19:25  
Ma infatti, un giudizio approfondito nella pratica di questa possibilità del cinema non sono in grado di esprimerla.
Posso solo indicare il poco che ha rastrellato in me in un modo o in un altro questa particolare attenzione.
Solo una cosa, parlavi citando haneke che in una proiezione si vedono 100 film diversi, ognuno raccoglie ed elabora diversamente sulle basi di tendenze personali...sperando di non entrare in campi di erba di quella buona... è teoricamente possibile creare un film comunicarmente oggettivo?
Nella musica, nell'architettura se si indaga un pò ci sono esempi in questa direzione, le variabili del cinema non sembrano prestarsi a questo, le sue molteplici sfacettature in questo sembrerebbero il suo limite.
Penso che il meccanismo comunicativo sia talmente complesso che diventa improbabile ciò avvenga, ma e allora?...
Da parte dell'ipotetico regista, lo stimolo della "memoria" rivolta al presente è davvero voluta?

Se il ragionamento non mi tradisce, così il cinema non risulta più solo un immagine del futuro, quanto una delle tante fotografie scattate dal caso.

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 22-07-2008 22:52  
quote:
In data 2008-07-22 19:25, HistoryX scrive:
Ma infatti, un giudizio approfondito nella pratica di questa possibilità del cinema non sono in grado di esprimerla.
Posso solo indicare il poco che ha rastrellato in me in un modo o in un altro questa particolare attenzione.
Solo una cosa, parlavi citando haneke che in una proiezione si vedono 100 film diversi, ognuno raccoglie ed elabora diversamente sulle basi di tendenze personali...sperando di non entrare in campi di erba di quella buona... è teoricamente possibile creare un film comunicarmente oggettivo?


beh forse nella pratica non è possibile, ma si può immaginarlo come una sorta di modello teorico, un film estremamente semplice, costruito intorno a poche precise idee e quindi senza particolari ambiguità o polisemie...
nella pratica ciò che ci si avvicina maggiormente potrebbe essere un film di propaganda, o uno spot pubblicitario, ma magari gli altri vedono diversamente questo punto.
quote:


Se il ragionamento non mi tradisce, così il cinema non risulta più solo un immagine del futuro, quanto una delle tante fotografie scattate dal caso.


No, non credo, alla fine il cinema resta comunque materia organizzata secondo un preciso piano, e quindi a differenza della realtà, un film tende comunque ad esprimere un senso... Il caso dopotutto c'entra molto poco. Ma il senso originato dall'organizzazione e dalla struttura filmica non è detto che dia luogo anche a un significato necessariamente univoco...

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 24-07-2008 09:34  
quote:
In data 2008-07-22 16:58, Valparaiso scrive:
Shyamalan in particolare credo si collochi proprio volutamente sulla scia di Spielberg...





O, prima di tutto, di Hitchcock?
_________________
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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 24-07-2008 09:47  
Prima sicuramente...

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 25-07-2008 16:26  
quote:
In data 2008-07-13 22:39, Marienbad scrive:

Ma è necessario barattare la nostra anima con una totale libertà e lasciare che l’immagine fotografica e cinematografica estendendano la nostra fallace memoria in previsione di un recupero parziale che abbia effetto sul presente e non sul passato.
In questo senso il cinema è sempre un’immagine del futuro…
Si dice spesso “capire il cinema”. La verità è che non c’è nulla da capire, il cinema andrebbe guardato con gli occhi spalancati sul presente e con una profonda umiltà dello sguardo, altrimenti va a finire che “ci prende tutti a calci nel culo”.





Ho più volte sostenuto, anche altrove, in altri tempi/luoghi, che ci sono infatti troppe parole che gravitano intorno al cinema e che cercano di sostitursi ad esso...
La critica - invenzione di un passato accademico/borghese dittatoriale e ricattatorio (nel momento in cui usa la parole come oggetto contundente, o arma della persuazione dell'intellettualità dominante...), che ha (dovrebbe aver) fatto il suo tempo - è una brutta bestia! Il cinema, come tutte le arti, non si spiega.
Possiamo al massimo cercare di spiegare il nostro amore (e odio) per il cinema, per l'arte. Con questo, anche a costo di apparire contradditorio, non intendo affatto avallare il comodo alibi della soggettività. Se non riusciamo a far esistere l'oggettività, che dovrebbe pur sempre rappresentare il linguaggio condiviso, il comune denominatore della riconoscibilità, la cultura e la psiche all'interno di civiltà somiglianti, pur nei diversi approcci, percorsi ed esiti dell'arte e della vita, dunque, per l'appunto, segno distintivo della raggiunta civiltà (che resta un'utopia, nell'arte come nella "politica"), intesa nel senso "greco" del termine, comune intento/tensione, da non confondere con omologazione e appiattimento, figuriamoci l'oggettivività che si traveste spesso - quando si traveste, e lo fa spesso -da libero pensiero per nascondere il suo essere pedante e tracotante incultura, che da diritto al mediocre di poter dire la sua con sommo sprezzo dell'umiltà e della decenza, non avendo idea delle cose di cui parla, nè del modo in cui ne parla, o ne scrive.
Altra bestiaccia, la soggetività che, come "il diavolo che si maschera da cagna per infilarsi nei conventi", rivela spesso il suo volto vile e asservito alle ragioni dell'approssimazione modaiola e conformista, anticamera del tracollo etico ed estetico (anche se poi sono quelli che alla fine finiscono per "comandare"...).
Il percorso conoscitivo che insegue il parametro tecnico conduce spesso verso il baratro; il tentativo di spiegare il "mistero" dell'arte con l'analisi della "materia" presa a pretesto dall'arte (una materia, piuttosto che un'altra, scelta casuale.., una vale l'altra, dove l'ispirazione se ne frega.., si adegua, e lascia che la materia si adegui ad essa, alle sue ragioni) sclerotizza i ricettori interni con i quali cerchiamo di comunicare e comprendere la semplice metafisica della vita attraverso l'arte (e viceversa), che è anch'essa vita, solo più vitale, molto meno ruffiana, compromessa, avvelenata dalle "ambizioni sbagliate" (l'arte fu inventata anche per scongiurare tale "pericolo") che imprigionano pensieri e sentimenti del mondo "reale", o tangibile, o datoper soggettivo da taluni per le ragioni già dette. La più negletta o imperfetta delle tecniche può rivelarsi sublime estetica (vale anche per l'eros, dove spesso un "difetto" fisico cattura, con il suo umano e "compensatore" richiamo, più di una statuaria ma risaputa, scontata perfezione fisica) se figlia del duende, del pathos, della "gracia", di quel "potere" segreto dello spirito che non si può spiegare con le parole; al contrario, la più monumentale ed armoniosa delle strutture tecniche diventa inerte e mesta materia, come quelle sculture di marmo che incontriamo nei parchi cittadini nelle tediose passeggiate domenicali, a far, senz'anima, pur con tutta la loro apparente perfezione, mostra di sè, della loro eterna ed inamovibile vuotezza.
Dicevo amore per l'arte.., che è spesso tiranno, invadente, esigente, esibizionista, geloso, possessivo, esclusivista, come accade in certe strette convivenze coniugali che finiscono con l'uxoricidio, o il mariticidio... In questa fase della mia vita (ma anche in altre), non saprei dire se in gonnella o in pantaloni.., provo impulsi omicidi e suicidi..; al mio amore per il cinema si associa l'odio speculare, uguale e contrario, come due facce di una stessa medaglia, a tal punto che fatico a scrivere di cinema, anzi.., fatico a scrivere di cinema come ne scrive tanta gente allegra ma del tutto priva di "background" artistico, armata di un nozionismo degno del Bignami, incapace di amare veramente, o anche odiare.., soprattutto odiare.., il cinema, spesso da costoro usato come trumento delle proprie "soggettive" e sbagliate ambizioni, del mito del successo. Mi rendo conto che scrivere di cinema "a modo mio", anche per parlare di me con chi intende parlare di sè (non si può non essere ricettori/fruitori dell'arte, in parte anche "creatori" a modo nostro di arte.., senza mediare con le nostre ed altrui più profonde pulsioni e con gli stimoli intellettuali e poetici che scaturiscono di fronte al mistero artistico) significa che fregherebbe un cazzo a nessuno... E allora, se devo scrivere per me stesso preferisco la scrittura mentale ad uso e consumo di me stesso, e di pochi intimi, visto che sono, tra l'altro, anche piuttosto pigro... nonostante quesi paielli...
Il cinema, non è temporalmente connotabile. Ogni critica si "riduce" ad essere buona o cattiva letteratura. Cito me stesso, esiste qui nel forum una - anche più d'una - discussione quasi infinita su tale ipotesi.

Non ho letto tutto il topic, manco da parecchio dal forum, non ho tempo, nè lo stimolo (la voglia forse si, ma subordinata a quello.., e poichè vorrebbe essere una voglia come sempre fuori schema, non per atteggiamento ma per profonda, convinta, irrinunciabile, suppongo sincera (e)vocazione, interessato più al confronto che allo scontro, per quanto la cosa possa apparire incredibile.., mi passa la voglia di aver voglia...), volevo solo (ri)partire principalmente dalle tue due ultime frasi, prendendole a prestesto per farmi i giretti miei mentali sospesi, astratti o concreti, pertinenti o meno al tema, che siano. Scrivo dunque di getto, a sensazione.
L'arte (e la vita) non ha presente, nè passato, nè futuro, non ha età, è, immutabile, la somma di tutto questo. Dunque il cinema, essendo arte, è per forza di cose passato, presente e futuro, e qualche altra "dimensione della psiche" sconosciuta... E' la forza delpassato, delpresente e del futuro. Impossibile ogni tentativo di separazione netta, il tempo è pura convenzione, esiste una sola traiettoria esistenziale e vari stati mentali, e solo alcune sfumature incidentali, che spesso subiamo.., non scegliamo. Fatta forse eccezione per i "santi"...
Il cinema è vivo - memoria e adivinazione - quando si rivela in grado di indurci in contraddizione, in frustrazione, nell'esaltazione, nel godimento e perfino nella noia, quando diventa metafora astratta e mezzo concreto e tangibile dei passaggi atemporali alternati e senza soluzione di continuità del sogno e della veglia, e viceversa, allegoria delle nostre stesse noie ed entusiasmi, quando fissa e ci restituisce implacabilmente le nostre memorie nelle quali non ci riconosciamo più, oppure si, facendoci tuttavia comprendere come tutto sia soggetto a cambiare, anche se non sempre il cambiamento coincide con la trasformazione effettiva ed elettiva, allorchè abbiamo solo indossato una maschera diversa per restare ciò che eravamo. Cinema è un rivelatore di maschere.., le nostre fallaci memorie, "recupero" ed insieme negazione di noi stessi, tra passato e presente, tutto sommato conosciuti, in previsione, o nell'aspettativa (vana o concreta) di un futuro di cui nessuno di noi detiene la chiave.
Non entro nel merito nella "giustezza" o meno del tuo scritto ricco di spunti e riflessioni interessanti e di belle suggestioni, anche se un po', a momenti, accademiche, forse compresse e frutto di teorie non sostenunete da un sufficiente carico esperenziale, mentre questo tuo "cinema" non mi fa dimenticare, nè rinnegare, certi spericolati giri senza rete e cinture di sicurezza sull'ottovolante impazzito, mentre il "padroncino" si incazzava perchè non pagavamo le tante corse corsare che ci facevamo a sbafo, anche a sfregio... di fronte a tanta tirchieria! Ora il film che sto vedendo io mi dice che se anche bisogna pensare al futuro (ma sempre entro i limiti fugaci e fallaci delle fantasie del cinema...), mi permetto di dirlo dato l'approccio tuo "serio" e meditato alla discussione, eravamo meglio prima. E il meglio difficilmente diventa ancora più migliore assai.., anche se è possibile, ma anche certo.., che ciò accada.

Il cinema non ci prende a calci, lui è sulla sua vetta che manco ci vede di sguincio.., siamo semmai noi che prendiamo a calci il cinema. Col solo riultato di romperci il collo del piede...

_________________
"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 25-07-2008 alle 16:33 ]

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