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Autore Paranoid Park - Gus Van Sant
HistoryX

Reg.: 26 Set 2005
Messaggi: 4234
Da: cagliari (CA)
Inviato: 30-11-2007 13:19  
Una settimana da ora, qualcuno l'ha già visto in anteprima?
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[ Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo. (Johann Wolfgang Göethe) ]

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Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 01-12-2007 10:11  
lo vedo lunedì
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"Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate"

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Nietzsche

Reg.: 03 Ago 2007
Messaggi: 2264
Da: smaramaust (BZ)
Inviato: 01-12-2007 22:20  
ho visto or ora il trailer e mi ispira tantissimo.
non vedo l ora.

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Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 05-12-2007 23:10  
Paranoid Park.
Tracciato dal solco pesante e lieve di una matita sul foglio, il titolo del film risuona in un divenire, grave e leggero al contempo, su un qualsiasi foglio di carta.
La macchina da presa stringe sul primo piano della matita che si muove incerta, a scatti, e che delinea su un quaderno un nome che è anche una filosofia di vita, un richiamo ancestrale dai contorni indefiniti.
“Non so se mi sento pronto per Paranoid Park”.
“Nessuno è mai pronto per Paranoid Park”.
Dopo Elephant e Last days, Gus van Sant ritorna ancora al suo stile straniante, al suo modello narrativo complesso eppur inafferrabilmente semplice, per raccontare una storia che è la storia di un umanità, di un dramma umano. Scava, dissotterra quel che, agli occhi del mondo, viene coperto dall’inesorabile banalità socio-psicologica dei mezzi di comunicazione, del pensiero del vicino, che diventa il pensiero del quartiere, della massa, della televisione, per compiere infine il percorso inverso, in un’inarrestabile circolo vizioso che tutto porta alla luce ma che tutto, in fondo, nasconde.
Se in Elephant al centro erano i due baby killer della Columbine, tratteggiati con un’asciutta essenzialità, forse macchiata appena dalla scelta del mostrare un timido bacio omosex, leggibile quale velato tentativo di “suggerimento”, di chiave, seppur vaga di lettura, in Last days lo sfacelo, fisico-psichico e morale di un cantante (un Kurt Cobain sotto altre spoglie) che, un secondo dopo aver esalato l’ultimo respiro, verrà ricordato come un’icona o come un idolo di deprecabile depravazione, Paranoid Park si concentra sulla vicenda umana di un ragazzino come tanti, innamorato della vita e dello skateboard, con il cuore gonfio di una strana tristezza e gli occhi sempre in cerca di qualcosa da ammirare, di qualcuno da amare.
Ancora una volta van Sant scava nel “prima” del clamore mediatico, in quel divenire che racchiude tutta una vita che implode, prima della (definitiva?) deflagrazione.
“Sapevo solo che avevo una voglia matta di salire su un treno in corsa”.
Alex balza sul treno, con il vento in faccia, innocuamente. Viene sorpreso da un’altrettanto innocua guardia, che lo insegue, lo vuol far scendere. Alex lo allontana quel tanto che basta a fargli perdere l’equilibrio, al farlo cadere sotto la mannaia delle ruote del treno in corsa.
Il film è una discontinua summa del flusso di coscienza che segue i giorni immediatamente successivi alla disgrazia, sospesi tra la voglia di rimuovere, di scordare, di continuare a vivere come l’istante prima, e la profonda, incancellabile coscienza che, indipendentemente dal corso degli eventi, dall’operare della giustizia, nulla potrà mai più tornare come prima.
E così Alex scrive e scrive. Scrive una lettera che non verrà mai inviata, con la solida e fragile mina di una matita, scrive per liberarsi da demoni ormai improvvisamente parte di una vita, quella di prima dell’attimo fatale, che tanto sembrava scorrere via inutilmente, quanto ora si ripercorre come preziosa, gravida unicamente di una serena tranquillità ormai perduta.
Il regista spiazza, mescola gli elementi, mischia le carte al montaggio, nella scrittura, e nella fotografia, esaspera il registro atono già utilizzato in Elephant, rendendolo al contempo più digeribile, più”narrativo”.
Il finale, aperto ma contemporaneamente chiuso su un lento, ineluttabile, scorrere delle cose, ci risparmia la gogna mediatica, i collegamenti in diretta, lo scandalo nazionale.
Il genio di van Sant è quello di farci sembrare del tutto ragionevole, nonostante i tragici e macabri occhi disperanti del moribondo, tifare per un piccolo, timido, assassino.
Ma dopotutto “nessuno è mai pronto per Paranoid Park”.


pubblicata anche qui
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Nietzsche

Reg.: 03 Ago 2007
Messaggi: 2264
Da: smaramaust (BZ)
Inviato: 06-12-2007 12:49  
insomma una figata, come deduco anche dalla scelta del tuo avatar.
dovrò aspettare fino domenica.

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 06-12-2007 13:01  
dovevo andarci stasera all'anteprima con daniel, ma poi l'hanno tolto dal programma
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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Nietzsche

Reg.: 03 Ago 2007
Messaggi: 2264
Da: smaramaust (BZ)
Inviato: 06-12-2007 18:34  
quote:
In data 2007-12-06 13:01, sandrix81 scrive:
dovevo andarci stasera all'anteprima con daniel, ma poi l'hanno tolto dal programma



ueeeh salutami daniel, quel porco!
se fai un salto fino milano, vieni a vederlo con me.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 07-12-2007 21:31  
Per un flm così bello, di rara bellezza, vale la pena contribuire alla "discussione" (?)

Ripercorrendo il solco stilistico-sperimentale già tracciato con Elephant – grazie anche alla collaborazione di Chris Doyle, direttore della fotografia di Wong Kar Wai (Angeli caduti), e alla MK2, casa indipendente francese che ha prodotto il film -, Gas Van Sant torna al tema, a lui caro, della solitudine metropolitana adolescenziale scaturita dalle mancanze del mondo degli adulti a loro volta assillati dal male di vivere, dai vuoti affettivi, culturali e psichici che sfociano in tragedia. Paranoid Park è ancora indagine introspettiva, sguardo lirico-trasfigurante sulle angosce del singolo soggetto riflessi di una collettività distante e alienata, infine concreta, quantunque indiretta, visione politica: la scuola (luogo dove si coagula ed esplode il profondo disagio sociale ed esistenziale - e si da lo specifico caso di Elephant), la famiglia, la società. Il giovane Alex, interpretato dall’esordiente Gabe Nevins che dà efficacemente corpo ed anima alla natura androgina ed ambigua del personaggio (caratteristica ricorrente nel personaggio “minorile” vansantiano), rampollo di una famiglia sfaldata ed assente della classe medio-borghese di Portland, appassionato di skateboard, frequenta un “sottoponte”, chiamato Paranoid Park. Gli skater più spericolati, i giovani delle periferie dell’emarginazione, del 'branco', bruciano la propria libido ludico-ribellista mordendo con le ruote delle loro tavole gli angoli vivi e le piane superfici di cemento ed asfalto di questa ed altre squallide e refrattarie strutture suburbane, come in una sorta di sfida, di danza rituale, a modo suo elegante, nel tentativo di esorcizzare le brutture, la rabbia, il disadattamento, la violenza, l’incerto destino che sembra non riguardare esclusivamente le classi meno abbienti e che si fa tema universale. In questo luogo Alex incontra un coetaneo che lo incoraggia a compiere un' innocente trasgressione (saltare su un treno che procede a bassa velocità) che si conclude con la morte del tutto accidentale di un sorvegliante. Nella sua profonda solitudine, in una vicenda in cui riecheggia il tema del “delitto e castigo” di dostoijevskiana memoria, il ragazzetto non trova nè la forza né il modo di confessare la “colpa”, il proprio frustrante smarrimento. Van Sant lascia in sospeso ogni il giudizio etico-morale, aperto il finale, più interessato a “registrare” l'ordine estetico e psico-esistenziale delle cose che non i risvolti 'polizieschi', ordendo con raro vigore espressivo una rappresentazione del dolore cristallizzato, quasi materializzato – ridotti all’osso i dialoghi – nella più pura essenza dell’immagine filmica, dei 'suoni' e dei silenzi.
Nel trattare un argomento così sensibile e a rischio di eccesso d’enfasi, il regista mette a punto, rispetto al già citato Elephant, uno stile ancora più rarefatto e sperimentale, apparentemente asettico ed invero più che mai autorevole nel gioco asciutto, raffinato, minimale e pur tuttavia tagliente, profondo, scarnificante, della geniale messinscena. L’instabilità d’immagine della macchina a mano, i primi piani dei giovani protagonisti, mai ostentati o morbosamente compiaciuti, le lunghe, riflessive e dolenti inquadrature fisse, le sgranature, i rallentamenti e le accellerazioni, un montaggio che mescola il super 8 (nelle riprese in “soggettiva” sullo skateboard), il digitale, il 35 mm, sfalsando l’ordine (crono)logico del tracciato narrativo, sono gli ingredienti di uno stile personale, riconoscibile, folgorante.
Alla riuscita del film concorrono le splendide musiche, tra cui - evidente quanto inaspettato l’omaggio a Rota e Fellini – alcuni temi tratti da Giulietta degli spiriti e Amarcord. “Arretrate” quanto le immagini, mai invasive, o preponderanti rispetto a quelle, molto più di un semplice commento sonoro, tali composizioni sono sottolineatura dei sentimenti, contrappunto affascinante, ipnotico-sensoriale, quasi tantrico, nel felice e fecondo matrimonio tra la più astratta ed immateriale delle arti e l’immagine, anch’essa frutto di un illusorio fascio di luce che vive riflesso unicamente sullo schermo.
Immagine sovrana incontrastata del cinema, come Gas Van Sant sembra voler ribadire con la forza di quest’opera profondamente cinematografica, della visione pura, di poche parole (quasi bressoniana, ci balza in mente il vivido ricordo di L'Argent) ed ancor meno impastoiata nel “testuale”, nonostante sia stata tratta dall’omonimo romanzo di Blake Nelson.

Pubblicato qui

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 07-12-2007 alle 21:37 ]

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badlands

Reg.: 01 Mag 2002
Messaggi: 14498
Da: urbania (PS)
Inviato: 07-12-2007 21:46  
ovviamente lo vedrò fra mesi,volevo solo dire che van sant è a dir poco strepitoso,forse il migliore narratore di una certa america marginale,oggi.ho visto girni fa elephant,capolavoro assoluto
ciao!

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 07-12-2007 22:07  
quote:
In data 2007-12-07 21:46, badlands scrive:
ovviamente lo vedrò fra mesi,volevo solo dire che van sant è a dir poco strepitoso,forse il migliore narratore di una certa america marginale,oggi.ho visto girni fa elephant,capolavoro assoluto
ciao!



E come tutte le più belle cose.., tocca sudarselo, attendere pazientemente, mentre le sale si riempiono di film-panettoni.

Niente di male di per se.., è la regola ferrea e rigida, quasi una "legge" biblica, che mi manda in crisi. Momentanea.., chi cerca trova!
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 08-12-2007 09:58  
un film esageratamente bello

Trama: Portland. Il sedicenne Alex, appassionato skaters, accompagna un amico al parco apposito per poter sfogare la loro passione sportiva, unico vero momento di grande interesse in una vita monotona e senza particolari stimoli. Un incidente avvenuto nella stazione dei treni, con la misteriosa morte del sorvegliante, minaccia però di cambiare questo incedere monotono e ripetitivo della quotidianità dei ragazzi.

Commento: Dal romanzo omonimo di Blake nelson. Il talentuoso regista/pittore indipendente Gus Van Sant (diresse anche Nicole Kidman e Uma Thurman) torna alla regia con un film dedicato interamente ai ragazzi e alla sua città di nascita, Portland, raccontandoci il disagio e l'esistenza di un sedicenne del liceo locale (Alex, interpretato da Gabe Nevins, ottimo nell'asciutezza e compostezza di una interpretazione mai fuori dalle righe e compassata come richiesto dal copione) che si trova suo malgrado accidentalmente invischiato in un brutto fatto di cronaca locale, la morte di un sorvegliante della stazione dei treni.
Il tipo di racconto ricorda moltissimo quello del suo precedente Elephant, dove il disagio giovanile lì esplodeva in atti violenti ed inconsulti di morte all'interno dell'ambiente scolastico, qua invece nel parco delle paranoie (luogo dove vanno gli skaters a provare i loro numeri sul cemento di appositi mezzi tubi grafitati con le bombolette) il disagio implode, i protagonisti adottano una tecnica di chiusura nel loro paradiso riserva, il parco appunto, per trovare la serenità e l'interesse scintilla di vita che nelle normali attività della società non trovano.
Alex non è un ragazzo privo di soldi oppure di comodità, ma è privo, insieme al fratello, di un vero faro guida per la sua vita, con genitori che stanno divorziando e che non sanno minimamente gestire la situazione dei figli.
Questa mancanza di vere logiche lo porta a disinteressarsi al partecipare a tutto, rimanendo apatico anche di fronte ad un amplesso con la bella fidanzatina (scena girata con una perfezione e tenerezza cristallina, mostrando nulla facendo capire tutto il senso di visione opposto di coinvolgimento con sguardi e carezze) ma anche di fronte al terribile evento che lo vede protagonista, del quale preferisce non fare parola a nessuno (davvero surreale la scena del binario con il povero sorvegliante completamente staccata dal contesto generale del film in quanto ad iconografia di visione).
Con la flebilissima trama gialla, in pratica un pretesto per sottolineare e non vero motore di racconto, Van Sant ci narra di come per essere veramente degni del loro interesse, dobbiamo coinvolgere maggiormente i ragazzi ad interagire e alle attività, capendo ed aiutando, senza mai reprimere, altrimenti li relegheremo in riserve come di fatto è Paranoid Park, sorta di isola felice di maggior interesse della guerra in Irak (della quale Alex dichiara di non volersi minimamente interessare senza leggerla sui giornali dopo averla presa come scusa di disinteresse mentale durante il rapporto/confronto con le ragazze).
Film di regista e non di attori (praticamente tutti esordienti o quasi), Van Sant gira in Super8 e 35MM le sue astrazioni mentali donando sin dall'inizio (come in Elephant) una sorta di quadri naif strepitosi con camera fissa in cui si muovono sul paesaggio le auto o i protagonisti, in un apertura ciclica di giorno e notte che si rincorrono. Notevole l'uso della tecnica del mostrare la solitudine esistenziale come un deserto, dove i protagonisti si muovono in lunghi corridoi vuoti, e le grandi concentrazioni avvengono solo nel parco degli skaters, ma incredibile è anche l'aspetto femminile del racconto, dove le ragazze sono le uniche ad avere il piglio di affrontare le cose in maniera ferma e decisa rispetto all'impermeabilità emozionale dei ragazzi ("Comprerò io i preservativi" e "Non mi puoi mollare dopo aver fatto l'amore con me"). Ci sono delle scene cinematograficamente perfette come quella del litigio silenzioso, oppure quella della doccia mondaproblemi, realizzate nel modo più semplice e asciutto da un regista che come tutti i grandi sa far privilegiare l'arte partendo da cose tecnicamente povere (e i brevi commenti musicali sottolineano perfettamente il tutto).
Siamo di fronte a un lavoro completo, sentito e coinvolto, un racconto semplice ma completo di chi vorrebbe farsi scivolare addosso il mondo ma non può perchè alla fine le cose ti rincorrono, ma per nulla difficile da seguire nel suo svolgimento, privo di qualunque orpello, per cui purtroppo la maggior parte del pubblico potrebbe disinteressarsi a una pellicola totalmente dedicata alla riflessione, nella quale un regista che non ha paura di essere dalla parte totalmente del suo disagiato protagonista, prova a darci un nuovo grande quadro da mettere nella memoria.
In questo periodo natalizio ci sarà altro tempo per le cose innocue e colorate, non ci rovineremo certo le feste, ma le impreziosiremo, se godiamo di un piccolo intenso bel film come questo.

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non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 09-12-2007 23:24  
Stupendo, magari poi scriverò qualcosa.

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Nietzsche

Reg.: 03 Ago 2007
Messaggi: 2264
Da: smaramaust (BZ)
Inviato: 10-12-2007 16:51  
da profana, e ignorante di cinema, dico che questo film deve essere digerito. penso che la sua bellezza mi conquisterà a distanza di giorni, forse mesi dalla sua visione (con elephant capitò così).
tuttavia una cosa è chiara: l assoluta e naturale capacità di van sant di cogliere e trasmettere l adolescenza, e di rapire lo spettatore dalla sua poltrona, creando un empatia fortissima con le sue storie e personaggi. e non è cosa da poco.

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 15-12-2007 13:10  
che delusione sto film
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Chenoa

Reg.: 16 Mag 2004
Messaggi: 11104
Da: Vittorio Veneto (TV)
Inviato: 15-12-2007 14:41  
quote:
In data 2007-12-15 13:10, sandrix81 scrive:
che delusione sto film


Motiva, sennò non ti credo.

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