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Autore La Fiammiferaia, di Aki Kaurismäki
Superzebe

Reg.: 25 Mag 2002
Messaggi: 3172
Da: Genova (GE)
Inviato: 21-11-2003 01:23  
In uno squallido e anonimo sobborgo cittadino finlandese vive Iris, una giovane impiegata in una fabbrica di fiammiferi che divide le sue giornate tra il lavoro, monotono e alinenante, e la famiglia composta da dei genitori parassiti e crudeli. La vita sociale di Iris è altrettanto desolata. Ma un giorno compra un vestito appariscente e incontra un uomo. E’ amore? No, è una notte di sesso e un aborto. Iris ormai uccisa emotivamente decide di restituire con calma questa morte a chi la ha uccisa sotto forma di veleno per topi, aspettando poi con indifferente rassegnazione che la giustizia la trovi. Tanto, non fa nessuna differenza.

Il mondo che ci presenta Kaurismäki è un modo di morti. Un mondo alienate, futile e ripetitivo. Un mondo in cui l’uomo è rinchiuso, come un topo in un labirinto, dove non c’è spazio per i sogni e la felictà può durare solo un attimo, come il fuoco di un fiammifero.

Questo mondo gelido e crudele è colto magistralmente dalla mdp di Kaurismäki. Immobile e impietosa. Ogni movimento di macchina è negato. Iris è intrappolata nell’immagine, fredda e vuota, e se esce è solo per trovarsi inatrappolata in un altra. Spesso in luoghi stretti; chiusa in un angolo o intrappolata dietro un tavolo o semplicemente seduta-abbandonata su una sedia con il vuoto intorno a lei. Impietosa perché coglie per minuti interi la totale assenza d’azione-emozione di Iris svuotando il film, inquadratura su inquadratura di ogni possibile tensione drammatica. Anche i momenti di svolta della vita(morte) di Iris: la notte di sesso con lo sconosciuto e la morte dei suoi "carnefici" non sono colti dalla mdp. Sappiamo che avvengono, li conosciamo come cause (della gravidanza) o come effetti (del veleno) ma non sono mai l’evento centrale della narrazione.

Il regista procede quindi per sottrazione filmico-narrativa per raccontare l’esistenza (?) di Iris, usando una grammatica cinematografica minima fatta di periodi vuoti la cui unica certezza sembra essere il punto fermo, lo stacco tra una scena all’altra che però non amalgama, semplicemente divide due inquadrature, due solitudini, senza fornire un necessario filo logico.

Un film immobile dunque, ma non solo, un film quasi muto anche. I dialoghi sono persi un un mare di silenzi. E non sono mai di conforto. Anzi, ogni parola datta è una ulteriore spinta in basso verso il baratro, verso la più completa desolazione. L’unica stretta (ma inutile) via di fuga per Iris è l’immaginazione. Una fuga musicale, verso gli stereotipi del sogno americano o verso mondi migliori grazie alle parole d’amore di una squallida balera di periferia. Ma non solo: anche una fuga letteraria nel fiume di parole non tue di un romanzo rosa o una fuga cinematografica nel buio della sala.
Ma quando finisce la canzone la fuga è finita, il timido sorriso si spegne di nuovo sulle labbra di Iris e torna alla monotona fabbrica di fiammiferi (fuoco che non scalda) e al gelido nido familiare.

Uno sguardo desolato e desolante su Iris, sul mondo, sull’uomo. Tutto in poco più di un’ora di vuoti e silenzi, un’ora di grande cinema, un’ora ma che è tutta una vita.

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Stack up the chairs, roll up the rug
Savor the things that sobriety brings
Drain in the last from a jug...

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DrCalamaro

Reg.: 14 Giu 2002
Messaggi: 2077
Da: ge (GE)
Inviato: 21-11-2003 15:45  
la piccola fiammiferaia vende piccole luci effimere ad animi corrotti di pseudonormalità. Sei in grado di lasciare un offerta?

mobilis in mobile

topazzi e gatti per arcani complotti di risalite.
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La carne è grassa, lo spirito è lieto.

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MakingSoap

Reg.: 13 Set 2003
Messaggi: 394
Da: milano (MI)
Inviato: 21-11-2003 16:38  
Dovevo andarlo a veder al cinma l'altro ieri ma poi non ce l'ho fatta......

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