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Autore La censura editoriale americana
gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 29-08-2003 11:51  
Si parla tanto della democrazia americana,
vi riporto un bell'articolo uscito qualche giorno su un quotidiano.

La nuova censura /Quattordici famosi giornalisti americani documentano in un libro, uscito in Usa e in Francia, le pressioni subite per costringerli al silenzio. E denunciano un rischio sempre più forte: il legame tra concentrazioni editoriali, politica e potere militare
Libertà di stampa in Lista nera


di LUIGI CANCRINI

USCITO contemporaneamente negli Stati Uniti e in Francia, Black List (Les Arénes, Paris 2003, 22,70 euro) è un libro impressionante, su cui vale la pena riflettere. Coordinato da Kristine Borjesson ma scritto da 14 giornalisti americani che sono incappati, per varie ragioni e a vario titolo, nelle maglie di una censura informale, sfuggente e potentissima di cui esso propone un ritratto esemplare. Legandola, efficacemente, a un processo graduale e apparentemente irresistibile di modificazione del gioco politico e dei rapporti di potere. Aprendo una discussione che andrebbe fatta anche da noi sul modo in cui i poteri forti dell’economia e della politica si stanno impossessando di quello che era, fino a qualche anno fa, il quarto potere: un baluardo di libertà e democrazia costruito intorno al mito del grande giornalismo americano.
Il problema relativo alla guerra contro la droga presentato da Michael Levine come un gioco delle tre carte in cui governo americano, Cia e Dea ingannano regolarmente, dal 1971 ad oggi, il pubblico americano con l’aiuto compiacente della carta stampata e della televisione, è trattato in modo particolarmente attento. Agente e poi funzionario delle dogane, Levine si trasforma in giornalista e scrittore dopo aver faticosamente capito il modo in cui i traffici di eroina dal Sud Est asiatico (il triangolo d’oro fra Laos, Birmania e Thailandia) erano non solo tollerati e coperti ma di fatto organizzati dalla Cia che cercava e otteneva alleanze forti in quella zona ai tempi del Vietnam e che lo stesso copione (con coinvolgimenti forti anche della Drug Enforcement Agency - Dea) si era ripetuto a Panama con Noriega, in Bolivia con i narcotrafficanti autori del “putsch della cocaina” (con il rovesciamento di Lidia Guailer, ritenuta troppo a sinistra dalla Cia ma non dal Robert Redford de I tre Giorni del Condor ) e in Nicaragua con i contras. Regolarmente da allora e fino ad oggi, secondo Levine, che lo documenta in modo apparentemente ineccepibile, il flusso di denaro legato ai traffici di droga viene controllato dalle autorità che dovrebbero combatterlo (la Cia che la satira ridefinirà Cocaine International Agency) e il riciclaggio del denaro sporco serve a finanziare le guerre “contro il comunismo” sostenendo politici di destra che accettano, in cambio di denaro e di protezione, di rappresentare direttamente gli interessi americani nei loro paesi. Limitate ai pesci piccoli, bloccate o sterilizzate quando arrivano troppo in alto, le operazione di polizia (di cui Levine, uno Scarface in carne ed ossa, è stato spesso protagonista in prima persona) sono operazioni di facciata, destinate a dare l’idea che la guerra alla droga serve.
Il problema dal punto di vista della libertà di stampa tuttavia è il seguente: quando un testimone dall’interno è in grado di provare che la Cia introduce negli Stati Uniti delle quantità di eroina sicuramente non inferiori a quelle introdotte dal cartello di Medellin, nessun giornale e nessuna televisione americana hanno il coraggio di pubblicare questi dati. Se poi un giornalista esterno, come Gary Wabb, documenta da fuori e prepara un’inchiesta esplosiva sul modo in cui l’epidemia di crack che devasta Los Angeles è stata determinata dall’azione congiunta dei contras e della Cia, i suoi articoli vengono bloccati o rifiutati da una organizzazione piramidale ben controllata da chi ha comunque rapporti con la proprietà del giornale e della catena televisiva. Non arrivano ad un pubblico che, semplicemente, non deve sapere.
I risultati, conclude Levine, sono sotto gli occhi di tutti. Quella aperta da Nixon nel 1971 e portata avanti dai suoi successori per 30 anni è una guerra che è costata somme più grandi ai contribuenti americani (dai cento milioni di dollari nel 1971 ai mille miliardi di oggi), che ha visto fiorire l’attività di ben 55 agenzie specializzate e che ha determinato, senza che nessuno ne parli , una situazione in cui gli Stati Uniti sono un vero e proprio supermercato della droga, con 5 milioni di tossicomani che costituiscono il 60% dei detenuti delle carceri americane. Una guerra perdente su tutti i fronti, dunque, che la stampa è riuscita a presentare come una catena ininterrotta di successi.
Il modo in cui le redazioni dei giornali e le grandi catene televisive rifiutano di riportare notizie sul latte contaminato prodotto da vacche trattate con ormoni della crescita infischiandosene dei rischi corsi dai bambini e dagli adulti che lo consumano (Jane Akre) e il modo in cui la famiglia dei Du Pont (il re del nailon e di molte altre cose) riescono a sabotare la pubblicazione di un libro che mette a nudo in modo assai documentato le illegalità politiche e industriali commesse dai suoi membri, sono esempi assai interessanti di una censura che oggi sarebbe impossibile in Europa ma che sarebbe diventata naturale negli Stati Uniti di questi ultimi decenni. Il che non è poi così strano, sostengono gli autori, se si riflette sul fatto per cui le imprese che hanno in mano l’informazione e l’editoria sono parte integrante di un piccolo gruppo di famiglie. Sono i potentati economici del paese quelli che hanno le capacità di impedire la pubblicazione di notizie che possono recare loro danno: d’immagine o di sostanza.
Inquietanti e durissime, le pagine scritte da April Oliver sui disertori americani uccisi con il gas in Vietnam, da Kristine Borjesson sull’affare del volo TWA 800 esploso (come il nostro aereo per Ustica) nel corso di una esercitazione militare negata dalle autorità e da Robert Port su eccidi che nulla hanno da invidiare a quelli commessi dai nazisti a carico di civili coreani nella guerra degli anni ’50 propongono un panorama almeno altrettanto inquietante sulla censura che impedisce al giornalista in possesso di dati scomodi di rompere la legge del silenzio raggiungendo il grande pubblico dei lettori e degli ascoltatori. Teso e circostanziato, il racconto propone sempre lo stesso scenario kafkiano per la difficoltà inestricabile di identificare le persone fisiche da cui il rifiuto dipende, le tecniche usate per denigrare e danneggiare chi insiste, il muro liquido e denso di false testimonianze che coprono, annullandolo, l’effetto delle notizie che riescono comunque a filtrare. Proponendo l’idea di una censura efficace ma non dichiarata, basata sulla rete fitta di amicizie “mafiose” che legano indissolubilmente fra loro i potentati politici e militari. Una censura che non ha bisogno di impedire apertamente la libertà di critica e di parola ma che crea le condizioni concrete di una impossibilità di essere ascoltato per chi tenta di fare discorsi scomodi.
Il rischio corso dalla democrazia nelle società occidentali moderne, segnalano i giornalisti della Black List, è soprattutto un rischio legato alla concentrazione del potere mediatico inteso come potere di far arrivare informazioni corrette ad un grande pubblico nelle mani di poche persone in grado di avere rapporti privilegiati con il potere politico e militare. Non vi è più alcun bisogno, per una dittatura mediatica moderna, di vietare la piccola tipografia clandestina o la libertà di scrivere qualsiasi cosa. Quello di cui c’è bisogno è il possesso, saldo e ramificato, dei giornali, delle televisioni e dell’editoria da parte di gruppi economici che hanno stretti rapporti con le lobbies militari e con gli apparati dei due grandi partiti che lottano fra loro per decidere chi governerà in paese... I giornalisti vengono trasformati lentamente, in condizioni di questo tipo, in funzionari del consenso. Capaci di raggiungere posizioni invidiabili di successo e di potere: purché accettino di somigliare, però, per la loro devozione di fronte a chi comanda (lo osserva duramente Robert Mc Chesney), ai loro colleghi della Pravda o della Iswestia nell’antica Unione Sovietica. Nel rispetto formale (ma non sostanziale) di quella libertà di stampa sancita storicamente dal primo emendamento che tanta parte ha avuto nello sviluppo della democrazia e del sogno americano e che tanto ha contribuito a farci amare quello che è stato e che tutti sperano possa essere a lungo un grande paese democratico.


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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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ginestra


Reg.: 02 Mag 2003
Messaggi: 8862
Da: San Nicola la Strada (CE)
Inviato: 29-08-2003 19:41  
Vorrei che a questo topic rispondessero soprattutto quelli che mi hanno contestata nel mio: La democrazia americana. Staremo a vedere cosa porteranno ancora a difesa del sistema americano, contro delle obiettive dichiarazioni e prove, di chi ha vissuto, in prima persona, certe situazioni coercitive e castranti.In realtà, quello che tu hai scritto è un po' il prosiego di quello che già disse Quilty, quando ci parlò della lista nera degli artisti del cinema.Che dire?
Siamo in un'era, in cui, la cosiddetta civiltà avrebbe potuto non farci commettere gli stessi errori del passato. "La storia è maestra di vita", si dice così? Non sai quanto questa espressione, oggi più che mai suoni falsa ai miei orecchi!!!Ricordi la poesia di Quasimodo "Uomo del mio tempo"?.....
....
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo.Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t'ho visto dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura.T'ho visto eri tu con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senz'amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,come sempre,come uccisero i tuoi padri.....................



ecco questo è l'uomo di oggi, sono passati invano migliaia di secoli? Parrebbe di si.Almeno l'uomo preistorico doveva difendersi dalle fiere e dalla natura selvaggia, oggi noi ci difendiamo dal nostro stesso simile.



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E tu, lenta ginestra,che di selve odorate queste campagne dispogliate adorni, anche tu presto alla crudel possanza soccomberai del sotterraneo foco, che ritornando al loco già noto, stenderà l'avaro lembo su tue molli foreste.......

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gmgregori

Reg.: 31 Dic 2002
Messaggi: 4790
Da: Milano (MI)
Inviato: 30-08-2003 08:06  
Non è cosa nuova. se volete leggere le nefandezze di 50 anni di america, leggete Noam Chosky , Le capanne dello Zio Sam.(controllate il titolo).

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stef73

Reg.: 07 Giu 2002
Messaggi: 635
Da: Cirie (TO)
Inviato: 30-08-2003 16:14  
Mi sa che me lo comprerò, questo libro. Se interessa anche a voi, questa è la pagina su amazon.fr: Black List
mentre se lo cercate in inglese, il titolo è diverso, e questa è la pagina di amazon.co.uk: Into the buzzsaw

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I'm Jack's complete lack of surprise.

[ Questo messaggio è stato modificato da: stef73 il 30-08-2003 alle 16:24 ]

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