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Autore Disturbia
Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 18-09-2007 11:25  
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In data 2007-09-18 02:12, AlZayd scrive:
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In data 2007-09-17 23:08, Valparaiso scrive:
penso sia sempre esistita un'arte che comunica a un livello più viscerale ed emotivo, e altra arte che si rivolge anche all'intelletto, oltre che all'emozione pura... Forse non è una regola che vale sempre, ma in linea genrale credo che il secondo tipo di arte valga di più.



Condivido pienamente, e aggiungo che l'intelletto, che è apprendimento e predisposizione, contempli sempre e comunque l'emozione, e che non sempre l'emozione (automatica) si avvalga dell'intelletto.

Ti chiedevo prima a quale cinema ti riferissi, ritenendo che l'idea di morte del cinema da te prospettatavalga più per il cinema mainstream, o che ci fanno vedere, che per il cinema "sommerso", che invece vive e prospera, in piena salute, nonostante le difficoltà e/o gli ostracismi produttivi, distrubutivi e mediatici. Insomma, quel cinema invisibile, dell'emozione e dell'intelletto, della ricerca e della poesia, che "non vogliono farci vedere". Mi sta molto a cuore questa questione, su cui amo insistere
Magari circostanzierò meglio, ora ho sonno...

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 18-09-2007 alle 02:17 ]


Sì, hai perfettamente ragione, ma comunque io non ritengo assolutamente esaurita la funzione del cinema... Quella ha ancora più strumenti a disposizione. Ciò che viene a mancare è più lo stretto rapporto dell'immagine col reale, anche se cinema realistico ce n'è ancora molto, oggi...
Però questo non è più insito nel mezzo in maniera così immediata, ora la realtà nel film bisogna mettercela attraverso il linguaggio, in maniera più vicina alla pittura o alla letteratura, rispetto al passato. Beninteso questo legame col reale penso lo si possa mantenere, ma è in qualche modo in pericolo e deve trovare strumenti nuovi. Uno di questi, e riconosco che difatti viene perseguito, è il ricorso a tecniche documentaristiche e da reportage miste alla fiction...
In fondo avevano ragione prima Marienbad e Sandrix, a dire che le scelte linguistiche e stilistiche ormai si sono talmente ramificate che, al posto del cinema, forse è più corretto dire che ci sono "i" cinema... Anche se non ci sono più le alternative che c'erano in passato al cinema narrativo di finzione classico, è il cinema narrativo di finzione che presenta una varietà di approcci notevolissima al suo interno...

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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 18-09-2007 11:43  
A me pare che molto del positivo che si vuole vedere in Disturbia, sia prima di tutto involontario(non c'è vera ricerca in Caruso, ma soluzioni spesso trovate quasi per ineluttabilità) e di conseguenza valorizzato più di quanto realmente sia.
_________________
Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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RICHMOND

Reg.: 03 Mag 2003
Messaggi: 13088
Da: genova (GE)
Inviato: 18-09-2007 12:09  
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In data 2007-09-17 23:08, Valparaiso scrive:
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In data 2007-09-17 17:44, RICHMOND scrive:
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In data 2007-09-16 21:19, Valparaiso scrive:
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In data 2007-09-16 18:43, Marienbad scrive:
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In data 2007-09-16 16:50, Tristam scrive:

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In data 2007-09-16 16:31, Marienbad scrive:
Ormai la carrellata non è più questione di morale,



Magari è sempre una questione di morale, ma non è più la stessa cosa. Non ha più lo stesso valore, il cinema non avendo linguaggio non ha regole, se non per il momento in cui lo utilizza.

Ma forse non ci siamo capiti. delle regole non me ne frega un cazzo. Quando dico che la rivoluzione è in corso lo dico semplicemnte perchè ora il cinema è ad un livello di ricerca e di sperimentazione così intenso che non sostenerlo è veramente da ignoranti.




Ma sono d'accordo, abbiamo praticamente sostenuto la stessa cosa.
Ed è proprio in relazione a questo che la critica dovrebbe, se non altro, cercare di stare al passo con il cambiamento.
Impossibile dire cose sia oggi effettivamente cinema.


Il problema è che il cinema in sé stesso è morto, ed è stato ucciso e sostituito da una sorta di Mr.Ripley che è il suo simulacro digitale. La critica deve semplicemente adeguarsi a questa nuova realtà, che è l'uica rivoluzione vera in corso, e che nessuno sa ancora leggere. Anche perché questo cinema tende ad escludere la funzione e l'attività critica da parte dello spettatore, tende ad inglobarlo nello spettacolo stesso, e ciò ha determinato per il momento una sorta di eclissi della critica cinematografica.
Molto spesso lo spettatore sembra più attrezzato dei critici stessi a intepretare il nuovo staus dell'immagine, e la perdità conseguente dell'autorità della critica ne mina alle fondamenta la funzione culturale.




Ti riferisci forse ad un discorso che, guarda caso, ho avuto modo di affrontare su un altro forum e che potrebbe ricondursi riassuntivamente al concetto di "democrazia dell'immagine" (e cioè di film - o arte, più in generale - che porge la mano allo sopettatore/critico dandogli il tempo, lo spazio o l'autonomia di reagire all'immagine stessa, di interpretarla, di capirla)?
Spero di no, perché credo che il Cinema e l'arte siano proprio l'opposto.



Non mi riferivo in particolare a quello, ma in parte anche a quello che tu chiami "democrazia dell'immagine"... Non sono naturalmente d'accordo con te, penso sia sempre esistita un'arte che comunica a un livello più viscerale ed emotivo, e altra arte che si rivolge anche all'intelletto, oltre che all'emozione pura... Forse non è una regola che vale sempre, ma in linea genrale credo che il secondo tipo di arte valga di più.



Io invece penso che, fatte le debite proporzioni fra arte didascalica o meno, in generale, l'espressione artistica imponga sempre un punto di vista e non scenda a compromessi con nessuno. E' lo spettatore, l'intrprete, il critico che deve tentare di porsi sullo stesso piano dell'artista. Vero è che ultimamente, come dici, alcuni films inglobano lo spetattore nella scena stessa, così da concedergli uno sopazio di autonomia maggiore (es.: Transporters ed Harry Pottere e il prigioniero di Azkaban , per citare i due più recenti che mi vengono in mente - non capolavori - dai quali oltretutto è partita la discussione che dicevo).
Ma non si tratta nè di un ifetto nè di un pregio: non credo si possa richiedere all'artista di essere democrtico nell'esternare le sue sensazioni, perché noi vedremo sempore e solo quello che vuole lui. Secondo me.
_________________
L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 18-09-2007 14:09  
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In data 2007-09-18 12:09, RICHMOND scrive:


Io invece penso che, fatte le debite proporzioni fra arte didascalica o meno, in generale, l'espressione artistica imponga sempre un punto di vista e non scenda a compromessi con nessuno. E' lo spettatore, l'intrprete, il critico che deve tentare di porsi sullo stesso piano dell'artista. Vero è che ultimamente, come dici, alcuni films inglobano lo spetattore nella scena stessa, così da concedergli uno sopazio di autonomia maggiore (es.: Transporters ed Harry Pottere e il prigioniero di Azkaban , per citare i due più recenti che mi vengono in mente - non capolavori - dai quali oltretutto è partita la discussione che dicevo).
Ma non si tratta nè di un ifetto nè di un pregio: non credo si possa richiedere all'artista di essere democrtico nell'esternare le sue sensazioni, perché noi vedremo sempore e solo quello che vuole lui. Secondo me.



quello che intendo è che un artista a volte può darci un'immagine che siamo spinti in qualche modo a completare, delle idee che ne mettono in moto altre, e il cui approdo non è definito e uguale per tutti gli spettatori. Sono in fondo quelle opere che in qualche modo ti lasciano qualcosa dentro anche dopo la visione, qualcosa che va oltre il film stesso. E questa è senz'altro una virtù.
Altro cinema vive dell'esperienza spessa della visione, e si esaurisce nell'intensità del momento stesso della fruizione. Anche questa a ben vedere può arrivare ad altissimi livelli, ma quando lo fa in fondo si trascende, e finisce per rientrare nel campo dell'altra tipologia.



[ Questo messaggio è stato modificato da: Valparaiso il 18-09-2007 alle 14:11 ]

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vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
Messaggi: 4111
Da: roma (RM)
Inviato: 18-09-2007 15:34  


certo Tristam che non sarebbe male se indicassi quali sono i nuovi valori messi in campo da Disturbia e che la critica (mi pare di capire unanime, ma segnalo questa disparità senza intenti polemici) non è stata in grado di riconoscere.
a me piace molto il tuo entusiasmo, l'ardore con cui ti dipingi al centro di una rivoluzione cinematografica che la critica vecchia, intrappolata nei suoi vecchi schemi, non vede. Ma ha volte ho l'impressione che tu non faccia altro che proiettare la tua personalissima passione militante sulla realtà. Ma forse ciò dipende anche dalla tua tendenza a parlare molto più di cinema che di film, e anche nel topic di Transformer se ben ricordo, ti sei lanciato nella propaganda a favore del film ben prima di fornire la tua interessantissima visione dello stesso.
(Del resto Tristam è un po' come Lynch, intrigante e stimolante come nessuno, ma non esente dal sospetto della fumisteria e dalla cripticità)

In attesa che i più preparati del forum tornino a riflettere sul nuovo corso del cinema, voglio sottolineare un aspetto importante emerso nella discussione, cioè quello della crisi della critica, che anche a me appare clamorosamente indietro, specialmente quella quotidianista, dotata per altro della maggiore visibilità (e usurpata autorevolezza che ne consegue). Mi sembra per altro che questo spinga i ciritici più avvertiti e insofferenti a questo stato di cose da un lato a un'operazione assolutamente salutare: cioè il recupero di film e generi periferici, nel tentativo di riallineare i valori estetici secondo logiche meno mainstream (o anche solo estendere i confini del gusto popolare). Penso, fra le poche cose che leggo, a quanto fa Terrone su Segnocinema con la sua campagna a favore del "filmetto" (la neo commedia brillante americana) e della serialità televisiva statunitense, o all'elogio dell'animazione giapponese e di misconosciuti film d'azione orientali da parte di Filippo Mazzarella sulle pagine di Linus.
D'altro canto però, queste operazioni odorano anche un bel po' di snobismo e da desiderio da parte del critico di crearsi un proprio orticello, una nicchia privilegiata da custodire e valorizzare. Forse anche l'elogio sperticato di questo diavolo di un Wayne Kramer da parte di Tristam potrebbe ricadere nella categoria, ma mi sto zitto in attesa di vedere qualche suo film...

_________________
La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili

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RICHMOND

Reg.: 03 Mag 2003
Messaggi: 13088
Da: genova (GE)
Inviato: 18-09-2007 15:49  
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In data 2007-09-18 14:09, Valparaiso scrive:
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In data 2007-09-18 12:09, RICHMOND scrive:


Io invece penso che, fatte le debite proporzioni fra arte didascalica o meno, in generale, l'espressione artistica imponga sempre un punto di vista e non scenda a compromessi con nessuno. E' lo spettatore, l'intrprete, il critico che deve tentare di porsi sullo stesso piano dell'artista. Vero è che ultimamente, come dici, alcuni films inglobano lo spetattore nella scena stessa, così da concedergli uno sopazio di autonomia maggiore (es.: Transporters ed Harry Pottere e il prigioniero di Azkaban , per citare i due più recenti che mi vengono in mente - non capolavori - dai quali oltretutto è partita la discussione che dicevo).
Ma non si tratta nè di un ifetto nè di un pregio: non credo si possa richiedere all'artista di essere democrtico nell'esternare le sue sensazioni, perché noi vedremo sempore e solo quello che vuole lui. Secondo me.



quello che intendo è che un artista a volte può darci un'immagine che siamo spinti in qualche modo a completare, delle idee che ne mettono in moto altre, e il cui approdo non è definito e uguale per tutti gli spettatori.




Su questo sono d'accordo. Ma quando espressi il mio punto di vista sull'interpretazione critica mi dicesti che non aveva il minimo senso.
_________________
L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 19-09-2007 00:55  
quote:
In data 2007-09-18 15:49, RICHMOND scrive:

Su questo sono d'accordo. Ma quando espressi il mio punto di vista sull'interpretazione critica mi dicesti che non aveva il minimo senso.



Per quel che ricordo tu parlavi di un testo "incompleto" o qualcosa del genere... Se intendevi quello di cui parlavamo ora, francamente non era chiaro, anzi mi pare che tu lo avessi escluso espressamente dopo una mia domanda, comunque se mi trovi quel post... Ma fai prima, secondo me, a leggere Umberto Eco, che sul tema ne sa più di noi due sicuramente.

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RICHMOND

Reg.: 03 Mag 2003
Messaggi: 13088
Da: genova (GE)
Inviato: 19-09-2007 11:18  
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In data 2007-09-19 00:55, Valparaiso scrive:
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In data 2007-09-18 15:49, RICHMOND scrive:

Su questo sono d'accordo. Ma quando espressi il mio punto di vista sull'interpretazione critica mi dicesti che non aveva il minimo senso.




Per quel che ricordo tu parlavi di un testo "incompleto" o qualcosa del genere...




Non escludo che possa essermi espresso male (capita di frequente), ma la mia idea (che gggovine quale è, non può che evolversi piacevolmente; ma anche no) è più o meno legata ad un'opera più che completa, che impone un punto di vita e non porge a nessuno una chiave di lettura o di interpretazione con garbo e gentilezza (soprattutto in Lynch). Per me è l'interprete che a suo modo, completa sì l'opera d'arte (ma non significa che essa non sia completa nel suo compimento): il cinema è un lavoro d'equipe. Visualizzare il cinema è compito assai arduo per il regista (si legga, a questo punto, Visualizzare il film , di K. Steven), egli non parte quasi mai con il traguardo prefissato e stampato nella sua geniale mente, ma solo con l'intenzione di giungere ad un traguardo. Hitckock traeva ispirazione dai luoghi, perché suscitavano tensione ( in questa stamberga ci vedrei bene un bel thriller, tanto per capirci ). Quello che veniva fuori, poi, è quello che sappiamo.
La critica dà ad esso un significato, sì.
Ed in tutto questo, credo che l'artista non faccia nulla per mettersi sullo stesso piano di chi il film lo guarda (tanto meno Lynch, che a detta di molti apre la mente allo spettatore , al quale però - secondo me - offre sì molti spunti critici, ma nascondendo per benino la sua chiave di lettura).
Cinema e critica sono due componenti che spesso subiscono osmosi, secondo me.
Ma l'artista rimane l'artista e non scende a compromessi "democratici" con nessuno.
Questo intendevo.

_________________
- Ma almeno ha un lieto fine?

- Di quelli che solo la celluloide sa dare...

[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 19-09-2007 alle 11:19 ]

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 20-09-2007 01:52  
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In data 2007-09-19 11:18, RICHMOND scrive:
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In data 2007-09-19 00:55, Valparaiso scrive:
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In data 2007-09-18 15:49, RICHMOND scrive:

Su questo sono d'accordo. Ma quando espressi il mio punto di vista sull'interpretazione critica mi dicesti che non aveva il minimo senso.




Per quel che ricordo tu parlavi di un testo "incompleto" o qualcosa del genere...




Non escludo che possa essermi espresso male (capita di frequente), ma la mia idea (che gggovine quale è, non può che evolversi piacevolmente; ma anche no) è più o meno legata ad un'opera più che completa, che impone un punto di vita e non porge a nessuno una chiave di lettura o di interpretazione con garbo e gentilezza (soprattutto in Lynch). Per me è l'interprete che a suo modo, completa sì l'opera d'arte (ma non significa che essa non sia completa nel suo compimento): il cinema è un lavoro d'equipe. Visualizzare il cinema è compito assai arduo per il regista (si legga, a questo punto, Visualizzare il film , di K. Steven), egli non parte quasi mai con il traguardo prefissato e stampato nella sua geniale mente, ma solo con l'intenzione di giungere ad un traguardo. Hitckock traeva ispirazione dai luoghi, perché suscitavano tensione ( in questa stamberga ci vedrei bene un bel thriller, tanto per capirci ). Quello che veniva fuori, poi, è quello che sappiamo.
La critica dà ad esso un significato, sì.
Ed in tutto questo, credo che l'artista non faccia nulla per mettersi sullo stesso piano di chi il film lo guarda (tanto meno Lynch, che a detta di molti apre la mente allo spettatore , al quale però - secondo me - offre sì molti spunti critici, ma nascondendo per benino la sua chiave di lettura).
Cinema e critica sono due componenti che spesso subiscono osmosi, secondo me.
Ma l'artista rimane l'artista e non scende a compromessi "democratici" con nessuno.
Questo intendevo.

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- Ma almeno ha un lieto fine?

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[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 19-09-2007 alle 11:19 ]


In questo caso è condivisibile.
Aggiungo che il critico, pur dovendo forzatamente mantenere all'interno dell'opera il posto per lui, come per qualunque spettatore, stabilito dall'autore, può comunque influenzare il modo in cui, potenzialmente, generazioni di spettatori vedono un'opera.
E la cosa dell'esempio che hai portato che mi piace, è che dimostra che in fondo un regista è un po' un critico della realtà: dove noi avremmo visto una semplice stamberga, lui legge la stamberga a suo modo, e vi vede la tensione e un potenziale thrilling. Magari nella stessa stamberga Sirk ci avrebbe visto del melodramma, Spielberg(abbi pazienza AlZayd) l'avrebbe immaginata come il luogo dell'incontro con forme di vita aliene...
In fondo tutti questi generi sono null'altro che la particolare forma attraverso la quale ognuno di questi artisti interpreta, e critica, la realtà.

[ Questo messaggio è stato modificato da: Valparaiso il 20-09-2007 alle 13:54 ]

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AlZayd

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Inviato: 20-09-2007 02:10  
Per la miseria come correte.., sto incartato col tempo!
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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RICHMOND

Reg.: 03 Mag 2003
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Da: genova (GE)
Inviato: 20-09-2007 13:08  
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In data 2007-09-20 01:52, Valparaiso scrive:
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In data 2007-09-19 11:18, RICHMOND scrive:
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In data 2007-09-19 00:55, Valparaiso scrive:
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In data 2007-09-18 15:49, RICHMOND scrive:

Su questo sono d'accordo. Ma quando espressi il mio punto di vista sull'interpretazione critica mi dicesti che non aveva il minimo senso.




Per quel che ricordo tu parlavi di un testo "incompleto" o qualcosa del genere...




Non escludo che possa essermi espresso male (capita di frequente), ma la mia idea (che gggovine quale è, non può che evolversi piacevolmente; ma anche no) è più o meno legata ad un'opera più che completa, che impone un punto di vita e non porge a nessuno una chiave di lettura o di interpretazione con garbo e gentilezza (soprattutto in Lynch). Per me è l'interprete che a suo modo, completa sì l'opera d'arte (ma non significa che essa non sia completa nel suo compimento): il cinema è un lavoro d'equipe. Visualizzare il cinema è compito assai arduo per il regista (si legga, a questo punto, Visualizzare il film , di K. Steven), egli non parte quasi mai con il traguardo prefissato e stampato nella sua geniale mente, ma solo con l'intenzione di giungere ad un traguardo. Hitckock traeva ispirazione dai luoghi, perché suscitavano tensione ( in questa stamberga ci vedrei bene un bel thriller, tanto per capirci ). Quello che veniva fuori, poi, è quello che sappiamo.
La critica dà ad esso un significato, sì.
Ed in tutto questo, credo che l'artista non faccia nulla per mettersi sullo stesso piano di chi il film lo guarda (tanto meno Lynch, che a detta di molti apre la mente allo spettatore , al quale però - secondo me - offre sì molti spunti critici, ma nascondendo per benino la sua chiave di lettura).
Cinema e critica sono due componenti che spesso subiscono osmosi, secondo me.
Ma l'artista rimane l'artista e non scende a compromessi "democratici" con nessuno.
Questo intendevo.

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- Ma almeno ha un lieto fine?

- Di quelli che solo la celluloide sa dare...

[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 19-09-2007 alle 11:19 ]


In questo caso è condivisibile.
Aggiungo che il critico, pur dovendo forzatamente mantenere all'interno dell'opera il posto per lui, come per qualunque spettatore, stabilito dall'autore, può comunque influenzare il modo in cui, potenzialmente, generazioni di spettatori vedono un'opera.
E la cosa dell'esempio che hai portato che mi piace, è che dimostra che in fondo un regista è un po' un critico della realtà: dove noi avremmo visto una semplice stamberga, lui legge la stamberga a suo modo, e vi vede la tensione e un potenziale thrilling. Magari nella stessa stamberga Sirk ci avrebbe visto del melodramma, Spielberg(abbi pazienza AlZayd) l'avrebbe immaginata come il luogo dell'incontro con forme di vita aliene...
In fondo tutti questi generi sono null'altro che la particolare forma in cui ognuno di questi artisti interpreta, e critica, la realtà.





Allora la pensiamo allo stesso modo, pur essendo la mia idea in catiere perenne.
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L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.

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