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Autore Latinoamericana insurgente
Futurist

Reg.: 30 Giu 2005
Messaggi: 1290
Da: firenze (FI)
Inviato: 31-07-2006 18:05  
Julian, io posso anche essere d'accordo con te, anche perchè la storia è quella, c'è poco da discuterci. Ma qui si rischia di perdere di vista l'argomento del topic, che riguarda il Sud America e in particolare il Venezuela.
Torniamo un momento in argomento: tu dici che in passato la borghesia dovette strappare il potere con la forza dalle mani della nobiltà... verissimo. Poi dici che oggi è l'alta finanza che comanda, quindi il popolo comune dovrebbe usare la forza, come in passato, perchè non ci si può aspettare che l'alta finanza divida il potere spontaneamente... o sì?
Non mi sembra ci siano presupposti che giustifichi rivoluzioni in Sud America e se c'erano sono smentiti dai mutamenti politici più recenti. In Venezuela per esempio (ma si può citare brasile, cile, bolivia), che dovrebbe essere il grande feudo della finanza USA, il popolo ha eletto presidente un estremista sinistroide come Hugo Chavez e il giorno dopo le potentissimissime corporations statunitensi (così vengono dipinte) stavano lì a guardare mentre venivano messe alla porta, ormai divenute più impotenti di un monarca in una repubblica.
C'è forse stata la rivoluzione armata? Non s'è vista. Non c'è stato bisogno, segno che tutte le sciocchezze sulla sottomissione al potere, la non possibilità di ribellarsi per vie democratiche, gli imperialisti cattivi e così via erano solo ciarle inventate magari per alimentare un clima di sdegno politicamente favorevole alla sinistra estrema internazionale. Insomma era propaganda, solo propaganda, oggi smentita dai fatti che non sapendo più come giustificare si inventano golpe che non ci sono, minacce inesistenti di corporations non meglio identificate... praticamente scenari di fantascienza.
La verità è che in Sud America si vota e si cambiano completamente gli scenari politici con semplicità, basta ci sia la volontà degli elettori, tutto il resto non pesa.
Per questo io non credo proprio che il potere politico sia dell'alta finanza o degli industriali, loro sono solo ingranaggi del sistema, ingranaggi forse privilegiati ma pur sempre ingranaggi.
Nel sistema democratico il potere politico è del cittadino. In un sistema liberale il potere economico è del consumatore.
In Sud America c'è un deficit di liberalismo, ecco perchè stanno peggio di noi, perchè industriali e finanzieri si coalizzano in cartelli e monopoli sottraendo il potere di scelta al consumatore, che può essere impoverito così a piacimento. Il problema del Sud America è solo questo. Ma non serve nessuna rivoluzione armata, solo riforme legislative.

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Julian

Reg.: 27 Gen 2003
Messaggi: 6177
Da: Erbusco (BS)
Inviato: 31-07-2006 19:56  
Attenzione Futurist...in Venezuela si ha avuto negli ultimi anni una decisa ripresa dell' economia. La maggior forza del capitalismo venezuelano ha consentito loro di allentare la presa degli USA.
Ma rimane una faccenda di "imperialismo" e di conquiste.
La via democratica in ogni caso può consentirti di far sentire in parte la tua voce, ma le decisioni fondamentali sono sempre appannaggio di una stretta minoranza oligarchica, i proprietari dei mezzi di produzione, quelli che necessitano di manodopera e di mercati.
Qualche esempio?
Perchè il tanto vituperato ma da me e tanti altri sempre rinnegato centro-sinistra, una volta al potere, sta proseguendo sulla stessa linea politica del centro-destra, anche e soprattutto nel mercato del lavoro?
Ricorda che i primi a liberalizzare il mercato del lavoro nel 1997 furono proprio quelli del centro-sinistra; e lo fecero perchè la liberalizzazione era necessaria alla competitività delle imprese italiane.
Il centro-destra ha proseguito nella stessa linea, e nessuno di noi ha potuto farci nulla.
Io sono dottore in legge e lungi da me pensare che le leggi non servano a nulla. Sono fondamentali. Però devono essere leggi democratiche e approvate in vista dei bisogni di tutti, e non di una minoranza.
In ogni caso, con gli strumenti della democrazia puoi limitare certi problemi ( e ben venga, ovvio), però il problema alla radice non lo risolvi.
Guarda il nostro mondo politico: spaccano i maroni per 2-3 mesi con proposte elettorali, promesse, prese per il culo. Una volta finite le elezioni, improvvisamente queste persone spariscono, non esiste possibilità di controllarli in nessun modo democratico, non sappiamo bene nemmeno cosa fanno. Fino alle prossime elezioni. E se approvano un provvedimento assurdo come l'ultimo indulto, noi cosa possiamo fare? Era nel programma? Abbiamo qualche strumento per fermarli? NO!
E' questa la democrazia? Io dico di no.
Io sono per una democrazia vera...non per una in cui i deputati ed i senatori " esercitano le proprie funzioni senza vincoli di mandato" ( così dice la Costituzione).
Entrare in guerra è un vantaggio per tutti o è un'esigenza di pochi?
Perchè nessuno ha mai parlato del fatto che Della Valle e tantissimi altri gruppi di rilievo, specie al centro-nord, oltre a controllare diversi mezzi di informazione ( su tutti il gruppo RCS che controlla fra le altre il Corriere), hanno appoggiato finanziariamente il centro-sinistra?
E' così difficile vedere che la politica è uno scontro fra "bande" di lobby che cercano di avere un peso maggiore all'interno del paese e quindi a livello internazionale??
Cazzo, in Francia quantomeno sono scesi in piazza ed hanno ottenuto qualcosa. Però son dovuti scendere in piazza, con gli strumenti della democrazia nessuno ha potuto fare nulla.

Con questo non voglio dire che ogni legge o ogni provvedimento sia al servizio del potere..il rapporto è più complesso e dialettico, ci sono settori dove questi rapporti sociali incidono meno, ma in ultima istanza è così, e lo capisci benissimo anche tu, ne sono sicuro.
_________________
Se nulla capivo, qui tu finalmente
nulla lasciavi germogliare sulla brulla,
paradossale, tra noi terra infondata,
dove sono i leoni, ammattiti e marroni
lasciando immaginare
la sposa occidentale.

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Futurist

Reg.: 30 Giu 2005
Messaggi: 1290
Da: firenze (FI)
Inviato: 31-07-2006 22:16  
quote:
In data 2006-07-31 19:56, Julian scrive:

(......)




Il sistema italiano ha molti difetti, infatti va sempre più a fondo... ma te credi veramente che la fonte del marcio sia un Rutelli o un Della Valle o un Berlusconi, per non dire altri. Tu credi che se il popolo volesse sul serio mettere da parte determinati personaggi o atteggiamenti non ci riuscirebbe se non con la violenza?
Io dico invece che ogni popolo ha i governanti che si merita, specie quello italiano. Se per esempio un Fassino la mattina fa gli incontri nelle fabbriche, promettendo illusioni e false speranze per la sua campagna elettorale; e se poi la sera si incontra con i vari banchieri, i Consorte, i Fazio, i De Bustis e così via per muoversi alle spalle degli elettori; se poi tutto questo viene alla luce e gli elettori della sinistra invece di reagire dicendo "che schifo che mi fa Fassino" dicono "ma è normale, sta bene così" allora vuol dire che gli sta bene così.
Il sistema esistente in Italia è il sistema che gli italiani vogliono... lungi da me il difenderlo, a me l'italiano medio fa abbastanza pietà. Io attribuisco agli italiani la decadenza dell'italia, non ai soliti capri espiatori, ai soliti "loro". Ma non ho il diritto di imporre la mia volontà spasciando tutto, come fanno gli pseudomanifestanti di oggi. Per cambiare le cose è sufficiente avere idee concrete, il resto è fumo negli occhi.
Il discorso può essere comodamente generalizzato anche al Sud America. Che poi tu sostieni che in Venezuela sia stata l'imprenditoria locale irrobustitasi a pesare. Se fosse vero allora questi imperialisti yankee si sono fatti crescere il nemico nel loro giardino di casa, lo stesso in cui avrebbero dovuto avere il potere assoluto, che evidentemente non avevano... come vedi il discorso non cambia.

Comunque sia dato che sei dottore in legge capirai che un ipotetico diritto alla rivoluzione armata non può certo cadere dal cielo, ma va giustificato. Se esistesse un vero muro di gomma tra chi ha potere e chi non ne ha allora si potrebbe dire che la rivoluzione è legittima. Ma se non esiste nulla di simile, se perfino un analfabeta può usufruire di una vasta gamma di diritti tra cui quello di interagire con l'amministrazione pubblica (che rappresenta lo stato e quindi il potere politico) che diritto ci può essere alla rivoluzione? Penso che la domanda sia chiara.

[ Questo messaggio è stato modificato da: Futurist il 31-07-2006 alle 22:18 ]

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Julian

Reg.: 27 Gen 2003
Messaggi: 6177
Da: Erbusco (BS)
Inviato: 01-08-2006 10:37  
In Venezuela è accaduta la medesima cosa che avvenne negli altri paesi colonizzati...lo sviluppo di un'economia locale ha consentito loro di liberarsi, ma non si è formato alcun socialismo. D'ora in poi i venezuelani saranno "sottomessi" al capitalismo nazionale e non più a quello americano, e ciò potrà portare sicuramente qualche vantaggio ma nei fatti la sostanza non cambierà.
In ogni caso io non parlo di diritto alla rivoluzione armata. Dico solo che questa rivoluzione, che oggi è nei fatti impossibile ma in futuro chissà, è l'unico strumento per cambiare una certa forma di stato.
Io non dico che sia tutto sbagliato, la ricetta per avere un mondo perfetto non l'ha ancora trovata nessuno ( e del resto non si è d'accordo neppure su come dovrebbe essere, sto mondo perfetto). Però ci sono diversi problemi anche molto gravi, e su questo siamo d'accordo.
Ciò che ci divide è l'individuazione della matrice di questi problemi: secondo me sta principalmente -anche se non esclusivamente, entrano in gioco altri fattori-nel sistema economico. Nel capitalismo, se vuoi sopravvivere, devi mettere il profitto personale o d'impresa davanti a tutto. Davanti alla salute, al diritto al lavoro, al rispetto di certi diritti umani. Certe leggi, che hanno un'importanza storica fondamentale (penso ai diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione, allo Statuto dei lavoratori, ai diritti delle minoranze etc..) , hanno limitato questa intriseca barbarie, però non ne hanno eliminato la radice.
Io non penso che il problema stia in questa o quella persona, nè nella cultura italiana in sè. Probabilmente la nostra cultura aggravia una certa situazione, ma questa situazione è oggettiva e determinata dal sistema economico in cui viviamo.
Ed il popolo non può farci nulla. Neppure nell'ipotesi in cui mandasse al governo Rifondazione, che una volta al potere ha svelato il suo volto reale. E tu non puoi controllare nulla...aggiungiamo a questo il fatto che l'Italia ha da sempre una cultura tradizionalista, che vede in tutto ciò che è vagamente di sinistra un qualcosa di sbagliato (al contrario della Francia, che se da un lato è molto più nazionalista, dall'altro ha storicamente una forte cultura di protesta). Ed i primi a considerare sbagliate certe posizioni sono proprio i lavoratori dipendenti di ogni tipo e specie.
Dalle mie parti persino uno sciopero è accusato di essere "comunista". Nel mio comune non esiste neppure una forza di " centro-sinistra", perchè i DS sono accusati di essere comunisti. E quando fai notare che sono finaziati da RCS, ti dicono " Ecco, ora pure gli imprenditori sono comunisti!". Non è uno scherzo purtroppo.
Al di là di questo, io rimango dell'opinione che la nostra non è una vera democrazia, e che lo stato così congeniato non è al servizio delle persone ma è uno strumento con cui una ristretta oligarchia mantiene i propri privilegi. Cambiare questo stato dall'interno è assolutamente impossibile, esattamente come non era possibile superare la monarchia senza modificare radicalmente il sistema politico.
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Futurist

Reg.: 30 Giu 2005
Messaggi: 1290
Da: firenze (FI)
Inviato: 01-08-2006 18:11  
quote:
In data 2006-08-01 10:37, Julian scrive:
Nel capitalismo, se vuoi sopravvivere, devi mettere il profitto personale o d'impresa davanti a tutto. Davanti alla salute, al diritto al lavoro, al rispetto di certi diritti umani. Certe leggi, che hanno un'importanza storica fondamentale (penso ai diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione, allo Statuto dei lavoratori, ai diritti delle minoranze etc..) , hanno limitato questa intriseca barbarie, però non ne hanno eliminato la radice.



Ma guarda che la filosofia capitalista ha molte conseguenze in una società, una di queste porta all'inevitabile desiderio del lavoratore di pretendere quelli che tu chiami diritti fondamentali, ovvero il diritto ad avere anche lui più profitto, il diritto ad avere legittimi interessi, il dirito a tirare l'acqua al proprio mulino, il diritto di essere egoista.
Un filosofo, mi pare lo stesso Kant, teorizzò il concetto "dell'insocievole socievolezza". Secondo tale concetto in una società civile regolata dal diritto il naturale egoismo umano può essere tradotto nel bene. L'antagonismo individualista può rivelarsi quindi un potente motore sociale, il denaro il carburante propulsore di tale motore. Per questo il capitalismo è in grado di migliorare se stesso. Quelli che scioperano cosa vogliono? Perchè lo vogliono? Chi gli ha fatto credere che sia giusto volerlo? E' evidente che sia la logica dell'egoismo, la logica materialista, la logica del profitto, la logica del capitalismo a motivarli.
Detto tutto questo possiamo valutare la diffusione del capitalismo in una società. Per esempio in una teocrazia cristiana il capitalismo è praticamente assente, anzi la religione lo considera il male insieme a qualunque desiderio di realizzazione individuale. Il buon cristiano deve porgere l'altra guancia, mai reagire a nulla, menchemmeno pretendere qualcosa dal prossimo, neanche se tale prossimo è visibilmente più privilegiato di te... tanto la ricchezza è nulla (cioè, se io fossi un malvagio intento a sottomettere il mondo inventerei il cristianesimo). Una società come quella impermiata dai valori cristiani è destinata all'immobilità ed il cittadino alla sottomissione eterna.
Il capitalismo è diverso, traduce in progresso sociale e culturale le ambizioni dei singoli. I singoli lottano solo per se stessi ma così migliorano la collettività. Non cogli la genialità di tutto questo?
In sud america c'è stato un deficit di capitalismo per lungo tempo a causa di cartelli e monopoli (io considero i monopoli, di qualunque natura siano, limitazioni alla libertà individuale dei consumatori, degli imprenditori e dei lavoratori, in quanto impediscono l'antagonismo). Ma le cose possono cambiare. Ma non sarà sostituendo i monopoli yankee a quelli di stato che il Venezuela migliorerà, su questo concordo. Ma non sarà neanche una rivoluzione a migliorare le cose, a meno che non sia una rivoluzione liberale, come quella americana, allora forse sì.

[ Questo messaggio è stato modificato da: Futurist il 01-08-2006 alle 18:14 ]

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Julian

Reg.: 27 Gen 2003
Messaggi: 6177
Da: Erbusco (BS)
Inviato: 01-08-2006 20:13  
Beh ma cosa dimostri in questo modo? Che ho perfettamente ragione.
Io dico che la società si basa principalmente anche se ovviamente non in modo esclusivo sui rapporti economici.
Tutti, ed ovviamente anche i lavoratori dipendenti, vogliono mangiare e vivere bene.
Io non sostengo nè mai sosterrò che i "poveri" o comunque chi ha meno sia migliore come persona. E qui sta il punto: è una persona che ha lo stesso diritto di chi sta bene di vivere bene, di farsi una cultura, di non essere sfruttato. La mia posizione è palesemente mossa da interessi economici: io voglio tutelare tutti i lavoratori dipendenti del mondo dal punto di vista economico. Vorrei che la loro sopravvivenza non dipendesse dalle esigenze di mercato del capitalismo; vorrei che non venissero mandati a morire quando serve al capitalismo ( e non perchè sia cattivo, tutt'altro..spesso i capi di stato cercano in ogni modo di evitare i conflitti, però ad un certo punto hanno la necessità di agire in tal modo).
Chi ha potere e chi lavora ed è sfruttato ha esattamente gli stessi diritti; nessuno dei due è migliore o peggiore, entrambi sono mossi da esigenze di carattere economico, entrambi vogliono sopravvivere.
Però c'è qualcuno che lo fa sulle spalle degli altri, li sfrutta, consegue profitti ingenti grazie al loro lavoro, è essenzialmente un parassita. E questo non è giusto da nessun punto di vista. Tirare fuori l'egoismo dell'uomo per giustificare il capitalismo, i conflitti e le guerre è una tattica tipicamente borghese di risolvere la questione. L'uomo è egoista quando ne ha bisogno, l'uomo è buono e cattivo, è molte cose. La violenza se vogliamo è una componente della persona umana..però la violenza di stato, quella istituzionalizzata, quella che ha fatto e fa morti su morti, non è frutto dell'uomo in sè, è frutto delle esigenze di una minoranza di persone che sfrutta la maggioranza. Anche il terrorismo lo è, perchè il terrorismo è l'arma con cui un capitalismo debole combatte il capitalismo forte. Già, nessuno lo dice ma i terroristi devono comprarsi le armi ed organizzarsi...chi dispone delle rrsorse per farlo? i leader non si sognano di farsi esplodere o di dirottare aerei...sfruttano la persone comuni dei propri paesi con una bieca ideologia e le mandano a morire. Bin Laden era un immenso proprietario di svariate risorse, comprava le armi dagli Usa, ed ha attaccato i propri ex-soci perchè era necessario dal punto di vista capitalista, mandando a morire qualche morto di fame afghano.
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honecker

Reg.: 31 Gen 2005
Messaggi: 626
Da: Pankow (es)
Inviato: 02-08-2006 21:45  
Il "lider maximo", malato, fa sapere di "non poter dare buone notizie
perché non sarebbe vero" e che il suo stato di salute è "segreto di Stato"
Cuba, messaggio di Castro al Paese
"Le mie condizioni sono stabili"
Ma aggiunge: "Il mio stato d'animo è perfetto
e passeranno molti giorni prima che arrivi la mia ora"


Fidel Castro
L'AVANA - Il presidente cubano Fidel Castro ha assicurato che le sue condizioni di salute "sono stabili", in un messaggio letto in serata dal giornalista Randy Alfonso. "Le mie condizioni di animo sono perfette" , ha aggiunto il lider maximo nel comunicato letto nel corso della trasmissione televisiva 'Tavola rotonda', la più popolare del Paese, assicurando che "passeranno ancora molti giorni prima che arrivi la mia ora".

Il presidente cubano, nel suo primo messaggio dopo l'intervento chirurgico, ha anche sottolineato che "non posso inventare buone notizie perchè non sarebbe etico, e se le notizie fossero cattive, l'unico che ne trarrebbe profitto sarebbe il nemico".

"Nella situazione specifica e visti i piani dell'impero (americano, ndr) - ha poi detto Castro - le mie condizioni di salute si convertono in un segreto di stato che non può essere reso noto in modo costante ... L'importante è che nel paese tutto va avanti e continua ad andare avanti molto bene ... Il Paese è preparato per la sua difesa con le Forze armate rivoluzionarie e con il popolo".

La trasmissione è poi continuata con la diffusione di molti dei messaggi giunti a Fidel Castro da tutto il mondo, nonchè con una serie di commenti sul futuro dell'isola.

(2 agosto 2006)
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honecker

Reg.: 31 Gen 2005
Messaggi: 626
Da: Pankow (es)
Inviato: 02-08-2006 21:46  
INTERVENTO ALL’INTESTINO PER IL LEADER OTTANTENNE

Castro operato
Cuba, il potere
nelle mani
del fratello
Voci dagli Usa: «E’ morto»
Ma nella notte dall’Avana
«Sto bene e di buon umore»

2/8/2006
di Paolo Mastrolilli




Fidel Castro e il fratello Raul
NEW YORK. È vivo o morto? L'unica vera domanda è questa, dopo il comunicato di lunedì notte che annunciava il passaggio del potere a Cuba da Fidel Castro al fratello Raúl. Quella emorragia intestinale che lo ha costretto ad operarsi è una vera malattia, oppure una maniera per preparare la popolazione alla fine del Líder Máximo?

Il primo sospetto nasce dal fatto che la notizia non l'ha data lo stesso Castro, come era successo quasi sempre quando aveva avuto problemi di salute. Davanti alle telecamere è andato il suo segretario, Carlos Valenciaga, per leggere le parole che in teoria erano uscite dalla bocca di Fidel: «Lavorare giorno e notte, dormendo a mala pena, ha pesato sulla mia salute, che ha sopportato tutto, ma ora ha sofferto uno stress estremo e ha ceduto». Il leader cubano ha incolpato il recente viaggio in Argentina e le fatiche per la celebrazione dell'anniversario dell'assalto alla caserma Moncada. Questo stress «ha provocato un acuto disturbo intestinale con emorragia, che mi ha obbligato a subire una delicata operazione chirurgica. L'intervento mi costringe a mettere da parte le mie responsabilità e i miei doveri per alcune settimane. Siccome il nostro Paese è minacciato in circostanze come quelle causate dal governo degli Usa, ho deciso di delegare i miei poteri». Il capo ad interim è il fratello Raúl, già designato da tempo come successore. L'annuncio ha colto di sorpresa tanto L'Avana, quanto Miami, dove vive la più grande comunità dei cubani fuggiti dall'isola. Anche se nella notte Castro ha fornito alla tv cubana un comunicato rassicurante («Le mie condizioni di salute sono stabili - ha letto lo speaker - e sono in buono spirito»), permangono i dubbi sulle sue condizioni. «Questa notizia - ha detto la dissidente Marta Beatriz Roque - va seguita con grande attenzione». Il senatore americano Mel Martinez, nato a Cuba e scappato da ragazzo, ha aggiunto quello che la Roque non poteva dire: «Credo ci sia la possibilità che Castro sia morto, o comunque molto malato. Altrimenti non penso che ci sarebbe stato un annuncio come questo».

Per le strade di L'Avana non si sono viste manifestazioni di gioia, anche perché il regime è ancora al suo posto. «Non c'è nessuno come lui» ha detto Osmar Fernandez, mentre beveva rum in un bar della capitale. «Io - ha giurato - voglio che Fidel viva per altri ottant’anni». Opposto l'umore a Miami, dove gli esiliati sono scesi in piazza a ballare appena hanno sentito la notizia. Calle Ocho, la strada principale di Little Avana, si è riempita di auto, tamburi, e qualunque altro oggetto facesse abbastanza rumore. «Castro - ha detto Christian Lopez - è morto o sta morendo, ma le autorità cubane non sono ancora pronte ad ufficializzare la notizia».

Il presidente Bush era stato a Miami proprio lunedì, prima che la voce della malattia del Líder Máximo si diffondesse. «Se Castro - aveva detto - uscisse di scena per cause naturali, noi avremmo un piano per aiutare la gente di Cuba a capire che c'è una maniera migliore di vivere, rispetto al sistema sotto cui si trovano». Poi aveva aggiunto: «Nessuno sa quando lui se ne andrà. La sua sorte, secondo il mio giudizio, è nelle mani di Dio». Ieri il portavoce della Casa Bianca, Tony Snow, ha ripetuto che Washington non sa bene cosa stia accadendo: «Non conosciamo il vero stato di salute di Fidel Castro, nessuno lo sa». Però ha confermato che gli Usa sono pronti ad assistere la transizione verso la democrazia. Proprio tre settimane fa, una commissione presidenziale aveva chiesto di investire 80 milioni di dollari in un programma per aiutare oppositori e gruppi non governativi a Cuba. Da anni gli Usa sono pronti per gestire la successione, nella speranza di guidarla dall'embargo quarantennale verso la democrazia, senza spargimenti di sangue. Invece i mezzi di propaganda usati per decenni da Washington, come Radio Martì, mandano solo messaggi di speranza alla popolazione. Dietro le quinte, si lavora inevitabilmente al dopo Castro. Raúl ha la fama di pragmatico, e dopo il crollo dell'Urss aveva detto che «ora per la rivoluzione i fagioli sono più importanti dei proiettili». L'importante è che i proiettili restino fuori dalla scena.


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honecker

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Inviato: 24-08-2006 19:33  
Cuba, migliorano condizioni Fidel Castro,mai stato così riposato
mercoledì, 23 agosto 2006 11.23
Versione per stampa

L'AVANA (Reuters) - Il leader cubano Fidel Castro sta riposando per la prima volta nella sua vita, mentre si riprende dall'intervento chirurgico all'addome che lo ha liberato dalla consueta mole di lavoro di presidente dell'isola.

Lo ha detto ieri suo fratello maggiore Ramòn Castro, precisando che il lider màximo sta recuperando bene dall'intervento per un'emorragia intestinale che ha fatto temere per la sua incolumità e che lo ha costretto a consegnare i poteri dell'isola al fratello minore Raúl per la prima volta lo scorso 31 luglio.

"Sta meglio. Il problema è stato risolto subito. E' tranquillo e riposato", ha detto a Reuters l'81enne Ramòn.

Ramón Castro, il contadino della famiglia che si è sempre tenuto lontano dalle faccende politiche, ha detto che Castro sta sfruttando questo momento di calma dopo aver consegnato la presidenza temporaneamente.

"E' contento di essere libero. Per la prima volta nella sua vita ha lasciato il lavoro a Raùl", ha detto.

Nè Fidel nè Raùl sono apparsi in pubblico sino al 13 agosto, quando il capo delle forze armate e successore designato al potere è comparso alla tv di Stato.

I dettagli sulla malattia di Castro e il suo stato di salute sono rimasti un segreto di Stato.

Fotografie e filmati divulgati il giorno dopo l'80esimo compleanno di Castro, che è caduto il 13 agosto, mostravano il leader cubano a letto ma vispo e sorridente in compagnia del presidente venezuelano Hugo Chávez, il suo principale alleato.

Nelle sue prime dichiarazioni pubbliche, divulgate venerdì, Raúl Castro ha detto che il paese è assolutamente calmo, sebbene le forze armate e decine di migliaia di riservisti sono stati mobilitati nelle ore cruciali che hanno seguito lo storico passaggio di consegna dei poteri dell'isola, temendo una possibile invasione militare degli Stati Uniti.

Osservatori a Cuba hanno fatto notare che il trasferimento dei poteri, dopo 47 anni di dominio di Castro, è stato realizzato in silenzio, ma non si sa se il lìder màximo potrà recuperare le piene funzioni di governo in uno degli ultimi paesi comunisti al mondo.



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honecker

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Inviato: 04-12-2006 13:38  

Troppe complicità
per chi ha tradito un paese
di LUIS SEPULVEDA

Sono chiuso in casa da tre settimane per terminare un romanzo, senz'altra compagnia se non quella del mio cane Zarko e del mare, felice tra i miei personaggi, ma dalle prime ore di domenica, ho cominciato a ricevere delle telefonate dei miei amici e amiche del Cile.

"Prepara i calici", mi dicono dal mio lontano paese. Ho pronta una bottiglia di Dom Perignon in frigorifero. È un riserva speciale e me la regalò a questo fine il mio caro amico Vittorio Gassman una sera a Trieste. "Spero che la berremo insieme", mi disse in quell'occasione e sarà così, perché a casa mia c'è un calice che porta inciso il suo nome.

Alla radio, una voce dice che il tiranno sta davvero male e che, a quanto pare, stavolta la Parca se lo porterà all'inferno degli indegni, anche se noi cileni non ci fidiamo mai delle repentine malattie che lo colpiscono ogni volta che deve affrontare la giustizia.

Vorrei essere in Cile tra i miei cari e condividere con loro la spumeggiante allegria di sapere che finalmente finisce l'odiosa presenza del vile che ha mutilato le nostre vite, che ci ha riempito di assenze e di cicatrici. Pinochet non solo ha tradito il legittimo governo guidato da Salvador Allende, ha tradito un modello di paese e una tradizione democratica che era il nostro orgoglio, ma in più ha tradito anche i suoi stessi compagni d'armi negando che gli ordini di assassinare, torturare e far scomparire migliaia di cileni li dava lui personalmente, giorno dopo giorno. E come se non bastasse, ha tradito i suoi seguaci della destra cilena rubando a dismisura e arricchendosi insieme al suo mafioso clan familiare.

L'ex dittatore paraguayano, Alfredo Stroessner, è morto poco tempo fa nel suo esilio brasiliano, pazzo come un cavallo, dichiarando persone non gradite in Paraguay cento persone al giorno i cui nomi estraeva dall'elenco del telefono di Sau Paulo. Pinochet, invece, muore simulando una follia che gli permette fino all'ultimo minuto di fare assegni e transazioni internazionali per nascondere la fortuna che ha rubato ai cileni. Muore amministrando il suo bottino di guerra con la complicità di una giustizia cilena sospettosamente lenta.

Smette di respirare un'aria che non gli appartiene, di abitare in un paese che non merita, tra cittadini che per lui non provano altro che schifo e disprezzo. Ma muore, e questo è quello che importa. La sua immagine prepotente di "Capitán General Benemérito", titolo di ridicola magniloquenza che si autoconcesse, svanisce nella figura dell'anziano ladro che nasconde il suo ultimo furto tra i cuscini della sedia a rotelle. Ma muore, e questo è quello che importa.

Prima di tornare al mio romanzo, apro il frigorifero e palpo il freddo della bottiglia. Poi dispongo i calici con i nomi dei miei amici che non ci sono, dei miei fratelli che difesero La Moneda, di quelli che passarono nei labirinti dell'orrore e non parlarono, di quelli che crebbero nell'esilio, di quelli che fecero tutte le battaglie fino a sconfiggere il miserabile che ha gettato un'ombra sulla nostra vita per sedici anni ma non ci ha tolto la luce dei nostri diritti. Con tutti loro brinderò con gioia alla morte del tiranno.
(traduzione di Luis E. Moriones)

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honecker

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Da: Pankow (es)
Inviato: 04-12-2006 13:42  
Trionfo di Chavez: «Lezione agli imperialisti» Il presidente rieletto con largo margine. Secondo gli ultimi dati, ha ottenuto il 61% dei voti


CARACAS - Hugo Chavez è stato rieletto presidente del Venezuela con un largo margine. Con l'80% delle schede scrutinate, l'ex colonnello dei parà ha ottenuto il 61% dei voti contro il 38% dello sfidante, Manuel Rosales, che ha dapprima denunciato irregolarità e poi ha ammesso la sconfitta. «Abbiamo dato un'altra lezione di dignità agli imperialisti, è un'altra sconfitta per l'impero di Mr.Pericolo», ha dichiarato Chavez ai sostenitori festanti usando uno dei nomi con cui irride a George W. Bush. Chavez ha poi dedicato la sua vittoria al leader cubano Fidel Castro.

L'ALTRO CANDIDATO - «Riconosciamo che oggi ci hanno battuti, ma continueremo la lotta», ha detto dal canto suo Rosales, 53 anni e 10 figli, che ha ottenuto il sostegno delle classi media e superiore. Chavez ha già vinto le elezioni nel 1998 e nel 2000, ma se i dati fossero confermati questo sarebbe il suo miglior risultato elettorale.

GLI USA - Per Washington la rielezione del leader populista che ha voluto dedicare il suo trionfo a Fidel Castro rappresenta un altro brutto colpo dopo i successi di tre esponenti della sinistra latino americana nelle ultime cinque settimane: Rafael Correa in Ecuador, Luiz Inacio Lula da Silva in Brasile e Daniel Ortega in Nicaragua.
04 dicembre 2006
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Futurist

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Inviato: 08-12-2006 16:23  
HUGO BOSS, LO STILE DEL NUOVO DESPOTA

Carisma, retorica anti-imperialista e l'appoggio degli emarginati: non bastano i capisaldi del populismo per spiegare il Venezuela di Hugo Chávez. La sua forza sta infatti nell'opposizione: sa di non aver abbastanza potere per reprimerla, ma ne ha a sufficienza per batterla alle urne. E ha capito che la presenza di avversari politici garantisce una parvenza democratica al suo regime. E se i nemici in patria perdono carisma, restano sempre gli Stati Uniti.


Verso la fine del XX secolo il Sud America sembrava essere finalmente riuscito a scrollarsi di dosso la nomea di un subcontinente dominato dalle dittature militari. Certo, ci sono stati alcuni golpe che però hanno finito per sgretolarsi, lasciando il posto all'ordine costituzionale. Poi entrò in scena Hugo Chávez, eletto presidente del Venezuela nel dicembre 1998. Il colonnello, che aveva tentato un colpo di Stato sei anni prima, attualmente è in carica da quasi un decennio. In questo lasso di tempo ha accentrato il potere, tormentato gli oppositori, punito i reporter, perseguitato le organizzazioni civili e aumentato il controllo dell'economia da parte dello Stato. Tuttavia è riuscito a far tornare nuovamente di moda il regime autocratico: se non proprio tramite le masse, almeno attraverso i voti degli elettori. In molti non erano disposti ad ammettere che in Venezuela avesse preso corpo un'autocrazia. Dopotutto Chávez aveva vinto con i voti e attraverso l'aiuto dei poveri. Propio questa è la peculiarità del regime di Chávez. Egli ha effettivamente eliminato la contraddizione tra autocrazia e competitività politica. Inoltre, il suo successo non si fonda unicamente su un carisma personale o su delle circostanze eccezionali: Chávez ha rimodellato l'autoritarismo adeguandolo a un'epoca democratica. In effetti in Venezuela si può ancora trovare un'opposizione attiva e vitale, una società civile vibrante e organizzata, ci sono le elezioni, la stampa può esprimere tranquillamente i suoi giudizi negativi. Insomma, il Venezuela appare quasi democratico.
Ma quando si considerano i limiti al potere presidenziale la questione diventa molto più discutibile. Chávez ha raggiunto il controllo di tutte le istituzioni statali che potrebbero esercitare un monitoraggio del suo operato. Nel 1999 studiò un nuovo sistema costituzionale per cui il Senato oggi non esiste più, riducendo così da due a una il numero di camere con cui è obbligato a negoziare. Secondo molti analisti, l'abilità di Chávez nel mantenere il potere è facile da capire: i poveri lo adorano. Chávez sarà anche un caudillo, spiegano, ma diversamente da altri dittatori assomiglia a Robin Hood. È fuor di dubbio che la sua strategia abbia portato a programmi sociali innovativi in quartieri che prima erano stati abbandonati nelle mani di bande criminali sia dai privati sia dallo Stato. Ma è giusto ricordare che questi cambiamenti ebbero luogo solo dopo che Chávez fu costretto a competere nel richiamo alle urne per il secondo referendum. Il caudillo ha aumentato le spese pubbliche in maniera mai vista prima in altri Paesi in via di sviluppo: dal 19 per cento del Pil nel 1999 a più del 30 per cento nel 2004. Tuttavia non è riuscito a migliorare in modo significativo né le condizioni di povertà, né le carenze del sistema educativo e tantomeno l'equità. Nonostante l'approccio alla Robin Hood, non tutti i poveri sono suoi sostenitori. La maggior parte dei sondaggi rivela infatti che almeno il 30 per cento della fascia bassa della popolazione disapprova il suo operato. E si puù ragionevolmente presumere che il 30-40 per cento dell'elettorato che non va a votare sia costituito principalmente da persone dai redditi minimi.
L'incapacità di Chávez di stabilire un controllo sulla popolazione disagiata è la chiave per comprendere il suo nuovo stile dittatoriale, una vera e propria «autocrazia competitiva». Un autocrate competitivo ha abbastanza appoggio da poter competere nelle elezioni, ma non tanto sovrastare l'opposizione. Chávez è diverso da due altri tipi di dittatori. L'«autocrate temuto» si avvele infatti di un ristretto numero di sostenitori e deve ricorrere all'oppressione vera e propria per mantenere la leadership. L'«autocrate rilassato» ha invece poca opposizione e può godersi tranquillamente il potere. Nel caso di Chávez l'opposizione è troppo forte per essere repressa apertamente e le conseguenze internazionali di una simile strategia sarebbero proibitive. In questo modo il presidente mantiene una parvenza di democrazia: il suo successo elettorale non dipende infatti dalle politiche in favore della fascia debole della società, bensì dal modo in cui Chávez gestisce l'opposizione organizzata. Ha scoperto di essere in grado di concentrare il potere nelle sue mani più facilmente con un'opposizione aggressiva piuttosto che negando il suo diritto a esistere e, così facendo, sta riscrivendo il manuale su come fare il dittatore nella società moderna. In seguito al richiamo alle urne del 2004, in cui Chávez vinse con una maggioranza del 58 per cento, l'opposizione rimase sotto choc. Ciò è stato per il presidente una sorta di benedizione ambivalente. Da un lato, gli permise infatti un ulteriore accentramento del potere nelle proprie mani, dall'altro questo silenzio lo lasciò senza nessuno da poter attaccare.
La soluzione? Prendersela con gli Stati Uniti. Gli attacchi contro gli americani divennero sempre più violenti verso la fine del 2004. Chávez ha accusato gli Stati Uniti di aver complottato per ucciderlo, di progettare la sua destituzione dal potere, di aver pianificato l'invasione del Venezuela e di aver terrorizzato il mondo. Denigrare la superpotenza o affrontare l'opposizione interna sono strategie con lo stesso scopo: servono a unificare e a distrarre la sua ampia coalizione. Con un beneficio collaterale notevole: quello di ingraziarsi la sinistra internazionale. Avendo pochi successi social-democratici di cui vantarsi, Chávez ha infatti un disperato bisogno di accattivarsi la sinistra. Sta giocando la carta anti-imperialista, semplicemente perché non ha altri assi nella manica.

Javier Corrales
(Traduzione di Gabriela Lotto)

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Inviato: 05-03-2007 19:02  
Chávez ha definito il percorso verso la Repubblica Socialista del Venezuela

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Chávez ha definito il percorso verso la Repubblica Socialista del Venezuela


Granma Int. – Il presidente Hugo Chávez ha reso nota la decisione di iniziare una riforma costituzionale verso la Repubblica Socialista del Venezuela nel suo prossimo mandato 2007-2013, che comincerà il prossimo 10 gennaio.
Chávez ha convocato il suo nuovo gabinetto a scendere in strada, nei villaggi e nelle campagne, in modo da diventare un governo endogeno e popolare e ha chiamato a smontare lo stato borghese creandone un altro “comunale, socialista e bolivariano”.
In questo contesto ha annunciato la prossima nazionalizzazione delle proprietà sociali privatizzate, come la Compagnia Anonima Nazionale dei Telefoni del Venezuela (CANTV).
Ha precisato che lo stato recupererà anche il controllo e il dominio del processo di miglioramento dei petroli greggi pesanti della fascia dell’Orinoco, oggi in posesso di imprese straniere.
Il Capo dello Stato ha annunciato che chiederà al Parlamento l’approvazione di una Legge Abilitante, definita “madre delle leggi rivoluzionarie”, valida possibilmente per un anno, in modo da dare al gabinetto poteri speciali per promulgare un insieme di leggi.
Queste legislazioni, ha detto, devono impattare con una potenza molto maggiore sull’attuale situazione economica del paese.
Abbiamo chiuso un ciclo e quello che sta iniziando è molto più esigente e difficile. Ci stiamo impegnando a fondo affinchè questa nuova fase abbia successo, ha detto Chávez nella cerimonia di giuramento dei suoi 27 ministri e del vicepresidente della Repubblica Jorge Rodríguez, nel teatro Teresa Carreño.
Il Presidente venezuelano ha definito cinque linee principali per il suo nuovo mandato. La prima è la Legge Abilitante, sulla quale ha detto che è pronto il documento preparato per essere inviato all’Assemblea Nazionale e chiedere poteri speciali.
La seconda è stata identificata come la riforma socialista costituzionale “verso la Repubblica Socialista del Venezuela” e ha precisato che comprenderà modifiche di leggi come il codice di commercio approvato nel 1904 e riformato nel 1955.
Questo codice, ha sottolineato, è meramente capitalista e serve ad evitare altri rapporti commerciali che diano priorità all’aspetto sociale.
Va quindi gettato nella spazzatura e ne va fatto un altro per il socialismo del XXI secolo venezuelano, ha puntualizzato.
Come terzo punto, indirizzato a sviluppare l’educazione popolare, ha definito la realizzazione nel 2007 di una giornata nazionale chiamata “Morale e luci”.
Il quarto è stato definito “nuova geometria del potere”, indirizzato a eliminare l’esistenza di regioni remote, dimenticate e arretrate.
Come quinto punto ha orientato “l’esplosione rivoluzionaria del potere comunale” per “andare al di là dell’aspetto locale e creare, per legge, una specie di confederazione dei consigli comunali, verso uno stato comunale”.
Dobbiamo smontare progressivamente il vecchio stato borghese, che ancora vive e crearne un altro comunale, socialista e bolivariano, allo scopo di fare una rivoluzione, non di fermarla.
Chávez, che ha annunciato la ripresa del suo programma radiofonico e televisivo Alo, Presidente il prossimo 14 gennaio, ha chiesto ai suoi ministri di lavorare nei loro uffici dal lunedì a mercoledì e da giovedì a domenica di visitare le differenti regioni del paese sudamericano.
Ha anche dato l’indicazione di ingaggiare una battaglia a morte contro la corruzione e il burocratismo che ha considerato “correnti controrivoluzionarie dentro la rivoluzione”.
Finisce una fase di transizione di 8 anni e ne comincia una nuova: il progetto nazionale Simon Bolívar 2007-2021 per la creazione del Socialismo Bolivariano, ha sottolineato il Capo dello Stato venezuelano. (PL)
IL NUOVO GOVERNO DEL PRESIDENTE DEL VENEZUELA HUGO CHÁVEZ
Il presidente del Venezuela, Hugo Chávez, ha nominato i nuovi membri del suo governo che dirigeranno i diversi ministeri nel nuovo periodo presidenziale appena iniziato.
Dopo la vittoria elettorale del 3 dicembre scorso, Chávez ha annunciato le modificazioni della composizione del governo, convinto che così il paese potrà affrontare meglio le sfide di una nuova tappa del paese.
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