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a scanner darkly - un oscuro scrutare |
kubrickfan
 Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 27-10-2006 00:12 |
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Trama : contea di orange, Los Angeles...Actor e' un agente della narcotici che sta concentrando i suoi sforzi per riuscire a scoprire i produttori di una droga potentissima che puo' cuocere il cervello dopo un tempo relativamente breve ...per riuscire a scoprire la fonte di questo il poliziotto e' costretto addirittura a sorvegliare i suoi amici che sono tutti o tossicomani o nel giro del consumo di droghe.Quasi subito si trovera' a dover sorvegliare anche se stesso con un delicato meccanismo di registrazione e rivisione in quanto non si capacita di poter perdere il senno...un turbinio di avvenimenti che porta a una decifrazione della relata' difficilissima, fino a che...
Sunto del commento: un film dall'animazione straordinaria , riuscitissima e innovativa , che riesce a trasporre il romanzo di Dick in maniera perfetta.Coinvolgente e mentalmente ustionante, questo film necessita di una attenzione estrema per i suoi elaborati meccanismi e le sue astrazioni di racconto.Ma se si riesce a seguirne il filo logico la visione e' apapssionante e appagante per la sua complessa profondita' in bilico tra psiche e indagine.Da vedere in prima serata ma da vedere assolutamente: non chiamatelo cartone,la fase animata e' solo un mezzo e non un limite anche per coloro che possono ancora miopamente credere che la fase animata sia comunque distintiva di un racocnto innocuo.
Osservazioni :incredibile questa trasposizione cinematografica del romanzo di Dick: gli attori hanno dato voce e corpo ai personaggi animati che si muovono sullo schermo in maniera assolutamente perfetta, e presto ci dimentichiamo che il film usa l'animazione per raccontare la storia tanto siamo coinvolti.L'animazione raggiunge l'apice nella tuta mutaforme dove vengono incollati stile tassello pezzi sempre diversi per rendere irriconoscibile chi la indossa dando sicurezza per agire sotto copertura.La semplicita' apparente del disegno e' trascinante nel coinvolgimento emotivo dello spettatore che si sente subito nel giusto confort per seguire questo tipo di storia, storia diciamo subito difficile , ostica e molto complessa nel suo dualismo schizofrenico-spionisitico.
Il racconto necessita di una attenzione particolare, ma l'amalgama del tutto se seguito e' coinvolgente perche' chiude benissimo il cerchio e si possono aprire infinite domande a livello umano.
E' giusto privare della minima intimita' una persona per giungere all'obbiettivo ? E' giusto che di facciata si dicano belle cose e poi se ne facciano altre ? Questa sorta di Grande Fratello micronizzato in un manipolo di strani e disperati riconosce che l'individuo ha una sua dignita' in ogni caso , e non si puo' dubitare del singolo anche se apparentemente deviato se poi le grandi corporazioni fanno di tutto per conquistarne i soldi e l'anima,necessita' che il singolo consumi per far funzionare il sistema.ed e' difficile cappire il vero , dimostrato quando ci si autocontrolla.Ecco quindi che assistiamo impotenti al declino dell'individuo strafatto di droga ma sopratutto di insicurezze.
Ci sono dialoghi strepitosi ( come quello dentro la tuta,ma non da meno e' il battibecco sulle marce della bicicletta o quello del silenziatore),situazioni ben descritte e profonde ( la spiegazione delle macchie di rorscach e della visualizzazione di un soggetto,nel primo caso si astrae quindi tante risposte giuste, nel secondo una giusta e basta),il tutto completando la vicenda che rimane anche interessante e non verbosa per la sua profondita' e eimportanza della guerra alle droghe e alla manipolazione del cervello.
Grandi gli attori che hanno prestato voci e volti alla animazione di se stessi ( Winona e Keanu sono incredibili, riuscitissime quelle di tutti comunque), per la realizzazione di questo piccolo gioiello valido sia tecnicamente che narrativamente,costruito senza timore in fase produttiva dal mai impaurito Sodebergh, splendido regista-produttore incurante di richiami sirenici del facile mercato.
Linklater ,autore tra gli altri del divertente e interessante " The school of rock ",si e' cimentato con questo anomalo prodotto : i risultati sono stati veramente validi , speriamo che il pubblico risponda positivamente a questo lavoro/prova/esperimento.
_________________ non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT |
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Marienbad
 Reg.: 17 Set 2004 Messaggi: 15905 Da: Genova (GE)
| Inviato: 07-11-2006 00:15 |
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Cacchio nessuno ha detto nulla su questo film che, aldilà del fatto che sia più o meno piaciuto, merita senza dubbio due parole.
Dai su.
_________________ Inland Empire non l'ho visto e non mi piace |
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13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 07-11-2006 00:16 |
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ma si vai, scrivo qualcosa io.
però non prima di una telefonata.
_________________ Rubare in Sardegna è il Male. |
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Marienbad
 Reg.: 17 Set 2004 Messaggi: 15905 Da: Genova (GE)
| Inviato: 07-11-2006 01:51 |
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A scanner darky, non lo conoscevo.
Se ne parlò dopo la visione dei trailer prima di Lady in the water.
Un nome, poi una storia, un libro di un autore ben noto, e pian piano una full immersion in quello che di lì a poco si sarebbe trasformato in un film da vedere, da gustare, da comprendere e analizzare.
E alla fine è arrivato, attraverso gli occhi, dritto nella mente e vivo nella memoria odierna con la quale ne scrivo.
A scanner darkly è un film particolarissimo, e non per lo stile che Linklater ha utilizzato per modellarlo e caricarlo di una linfa vitale che per altro gli si confà alla perfezione, ma proprio per la struttura latente (che poi è quella realmente portante) che egli, non del tutto efficacemente, riesce a far emergere dalle situazioni narrate, dai tempi quasi morti dell'azione, dai giochi di sguardo scambiati tra le inquadrature.
Il film, che dovrebbe agire attraverso i suoi sottotesti - vera e unica esplosione di sensi e quindi di senso generale - evita di piegarsi ad essi per farsi cinema d'atmosfera e d'emozione e decide invece di piegarli ad una stesura che lascia intravedere ma non esprime quel senso di profondo e autoridicolizzante stato di solitudine e nichilismo che infetta e ipersensibilizza il consumatore di droghe.
E' infatti trascurabile la spy story quando il pretesto stesso, la droga M, diviene appunto segno di una condizione che deriva a monte da una devastante sofferenza da sedare e da trasformare in voglia di vivere una vita che valga la pena di essere vissuta. Una vita frenetica, viziata da un'adrenalinica paranoia capace di corrompere repentinamente una lenta sensorialità, annebbiata dalla letargia emozionale, sessuale e mentale.
Linklater qui commette l'errore, si spaventa di un soggetto come questo, che appunto vive nelle pieghe di un testo intensissimo come quello di Dick e concede al suo spettatore una doppia traccia sfalsata che viaggia in parallelo sui binari che portano il senso dallo schermo al cervello.
Commette l'errore perchè si stringe forte alla letteralità del testo, alla sceneggiatura fin troppo fedele di un testo che non vuole essere testo, ma pura e inquietante divagazione sull'essere umano e l'essere drogato. Linklater si oppone alla stesura di un film che avrebbe potuto essere troppo allucinato e allucinante, esattamente come una droga; toccante come la notizia di un lutto, quello del positivismo; pornografico come una autopsia alla mente.
Quindi, mentre Linklater ci offre un pacato scrutare, l'oscuro scrutare di Dick si adagia nelle pieghe del testo filmico, sbirciando di tanto in tanto da una scelta visiva intimamente agguerrita.
Alcune cose purtroppo (e mi duole dirlo, lo giuro, perchè con i giorni mi sono davvero affezionata a questo piccolo film) sono addirittura, dal momento che la scelta è stata quella di rimanere piuttosto aderenti alla trama lineare e comunque "speciale" della storia, trattate con fastidiosa sbrigatività, come se in un certo senso il regista si fosse dimenticato di non parlare della mera condizione psicofisica e morale del personaggio principale, ma di una serie di eventi legati tra loro, quindi tralasciandone la coerenza appunto narrativa, insinuando nello spettatore dubbi di ordine pratico-linguistici propri della narrazione di eventi. Si salta, si ritorna sui passi, si accelera e si frena, ma senza una precisa logica storica.
E quel che ne resta allora?
Un Linklater che ci racconta un po' un libro di Dick, privo della sua anima, solo echeggiante...
L'eco però affascina e ci fa amare il film. Perchè? Perchè in un film come questo, il filtro, seppur a maglie troppo sottili, ci dona un po' di essenza di vita, di essenza di cinema.
_________________
Ma levati!
[ Questo messaggio è stato modificato da: Marienbad il 07-11-2006 alle 02:00 ] |
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13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 07-11-2006 02:03 |
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Ah cazzo, hai fatto prima di me...
posto subito.
_________________ Rubare in Sardegna è il Male. |
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13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 07-11-2006 02:03 |
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Ah, che maledettissima delusione questo film...
Devo confessare che al mio ingresso in sala l'eccitazione era situata su livelli stratosferici: ho amato visceralmente il libro di Dick (nella mia personalissima classifica se la contende con Ubik come capolavoro assoluto dello scrittore) e Linklater mi è piaciuto molto in tempi recenti, quando mi sono finalmente deciso a guardare Waking Life. Le premesse erano tutte ottime, quasi da capolavoro post-moderno, ma a fine visione infiniti dubbi sulle reali qualità dell'opera filmica si sono insinuati dentro di me, fino a convincermi del fatto che avevo appena assistito ad un fallimento. Ben attenti, non un fallimento roboante, evidente, bensì sotterraneo, situato (o insinuatosi) dentro la struttura, nell'endoscheletro visivo...
Dovrei presentare una premessa fondamentale: sento di essere troppo legato al romanzo per fornire un giudizio particolarmente oggettivo sul film (tralasciando la mia riconosciuta ignoranza in campo cinematografico), quindi ciò che seguirà sarà un convulso sciame di parole "viziate" alla base, ma non per questo meno sentite...
Il film inizia. Il mitico primo capitolo che in nuce racchiude il senso globale dell'intera opera viene riportato in maniera fottutamente fedele sullo schermo del cinema, per quanto la distanza tra i due ambiti provochi necessarie mutazioni. "Once a guy stood all time shaking bugs from his head..." Eccola là, la frenesia paranoica e allucinata di un tossico all'ultimo stadio diventa l'incipit di questo schizzatissimo viaggio nell'inferno della dipendenza. Mmmmmmm... L'inferno della dipendenza. Quello era il tema portante del libro. Dick spogliava il suo scrivere di quasi tutti i connotati futuristici, dell'ambientazione science-fiction, per mostrare un qualcosa di più puro e intenso, reale e contemporaneo, vicino a noi più di quanto lo erano stati gli androidi emotivi o il decadimento temporal-sociale di Ubik. La dipendenza è un frutto della società moderna, un itinerario rapido e distruttivo per l'autore del libro, il seme malato e apatico dei sogni lisergici del'68 decantato da Hunter S.Thompson (si scriveva così?).
Quanto della paranoica e claustrofobica discesa negli inferi che confondeva, sbalordiva e infine spezzava il lettore è presente nel film? Poco, veramente poco. Ma questo non è dovuto ad una differenza di intenti fra scritto e visivo, come si è invece potuto notare nel recente ultimo lavoro di De Palma. No. Linklater è fin troppo fedele a Dick, tanto da dimenticarsi di quanto spazio sensitivo separa il mondo del cinema da quello della letteratura. Un grave errore, a mio parere, poichè laddove la descrizione soggettiva del protagonista riguardo al mondo che gli si sta disintegrando/sdoppiando intorno risultava claustrofobica e destabilizzante, nella resa filmica si avverte un distacco insolito e nello spettatore si alimenta un continuo sforzo alla ricerca del senso narrativo. Questo è un risultato sbagliato, totalmente. Se alla trama si dedica l'epicentro di questa trasposizione, allora lo si deve fare con certosino impegno, vista la difficoltà intrinseca del testo... ma se invece il punto focale su cui concentrarsi è l'involuzione distruttiva della coscienza e dell'identità intellettiva del protagonista tratteggiato da Dick, allora il regista ha sbagliato interamente nel suo approccio, poichè getta lo spettatore in un universo estraneo e privo di coinvolgimento, nel quale una trama confusa non fa altro che produrre ulteriore distacco. Si finisce così per uscire dalla sala senza aver raggiunto un minimo legame empatico con i protagonisti, con le tematiche e con l'intero film. Rimaniamo svuotati e confusi, ma sicuramente non toccati. Peccato...
E si che Linklater deve essersi impegnato non poco nella realizzazione di questo film... Lo si nota dall'accuratezza dedicata ai dettagli descrittivi. Compito arduo riportare visivamente la "tuta disindividuante" e l'Io-non-Io che dentro vi si cela, senza contare l'ottimo supporto che il processo di interpolated-rotoscoping ha fornito alla materia prima del racconto e l'ottima gestione degli attori, tutti in stato di grazia (sebbene proprio la tecnica rappresentativa proponga un sotterraneo disidentificarsi dai protagonisti della storia). Il risultato, però, rimane come amputato. Mostra si le conseguenze psicologiche del drogarsi, ma rende frammentario e confuso il percorso che porta a queste conseguenze. Lo sdoppiamento di personalità di Bob Arctor lo percepiamo come istantaneo e non progressivo, le paranoie persecutive dei suoi compagni non insinuano dubbi nelle nostre menti, non celano tracce di verità, ma solo giudizi degni del tipico psicologo della domenica, che afferma tutto pomposo "i trip lisergici causano paranoie continue dovute unicamente al corrodersi dei neuroni del drogato, che percepisce avversione da parte del mondo esterno, laddove il mondo lo osserva semplicemente indifferente". Si perde quindi l'identificazione soggettiva, siamo estranei a ciò che viene raccontato sullo schermo. Osserviamo, magari ammiriamo l'innovativa tecnica registica e le trovate visive, cerchiamo di raccapezzarci nella confusa storia che ci si prospetta davanti, ma ne siamo al di fuori, mentre nel libro eravamo tutt'uno con Bob Arctor.
Già, peccato.
_________________ Rubare in Sardegna è il Male. |
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gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 07-11-2006 07:48 |
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bunch311
 Reg.: 20 Gen 2005 Messaggi: 430 Da: roma (RM)
| Inviato: 07-11-2006 15:24 |
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ma a roma l hanno dato in una sala
ma possibile che film come questo oppure down in the valley siano già spariti dal circuito?che paese di merda e poi facciamo pure le mostre del cinema
_________________ "tutti sognamo di tornare bambini,anche i peggiori di noi,anzi forse loro lo sognano più di tutti" il mucchio selvaggio |
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Marienbad
 Reg.: 17 Set 2004 Messaggi: 15905 Da: Genova (GE)
| Inviato: 08-11-2006 13:53 |
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quote: In data 2006-11-07 07:48, gatsby scrive:
anche per me è stata una mezza delusione, poi vi leggo meglio.
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... e scrivi qualcosa, che siamo curiosi.
_________________ Inland Empire non l'ho visto e non mi piace |
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gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 08-11-2006 14:24 |
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l'ho visto una cinquantina di film fa, e onestamente non mi sento in grado di scriverne. però leggendovi ho trovato alcuen considerazioni che condivido e che costituiscono la ragione epr cui non fui tropo soddisfatto del film.
le quoto qui:
quote: In data 2006-11-07 01:51, Marienbad scrive:
ma proprio per la struttura latente (che poi è quella realmente portante) che egli, non del tutto efficacemente, riesce a far emergere dalle situazioni narrate, dai tempi quasi morti dell'azione, dai giochi di sguardo scambiati tra le inquadrature.
Il film, che dovrebbe agire attraverso i suoi sottotesti - vera e unica esplosione di sensi e quindi di senso generale - evita di piegarsi ad essi per farsi cinema d'atmosfera e d'emozione e decide invece di piegarli ad una stesura che lascia intravedere ma non esprime quel senso di profondo e autoridicolizzante stato di solitudine e nichilismo che infetta e ipersensibilizza il consumatore di droghe.
E' infatti trascurabile la spy story quando il pretesto stesso, la droga M, diviene appunto segno di una condizione che deriva a monte da una devastante sofferenza da sedare e da trasformare in voglia di vivere una vita che valga la pena di essere vissuta.
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Alcune cose purtroppo sono addirittura, dal momento che la scelta è stata quella di rimanere piuttosto aderenti alla trama lineare e comunque "speciale" della storia, trattate con fastidiosa sbrigatività... Si salta, si ritorna sui passi, si accelera e si frena, ma senza una precisa logica storica.
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quote: In data 2006-11-07 02:03, 13Abyss scrive:
Quanto della paranoica e claustrofobica discesa negli inferi che confondeva, sbalordiva e infine spezzava il lettore è presente nel film? Poco, veramente poco....Un grave errore, a mio parere, poichè laddove la descrizione soggettiva del protagonista riguardo al mondo che gli si sta disintegrando/sdoppiando intorno risultava claustrofobica e destabilizzante, nella resa filmica si avverte un distacco insolito e nello spettatore si alimenta un continuo sforzo alla ricerca del senso narrativo.
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premesso che io non ho letto il libro, ero "vergine" alla storia, i sottotesti li ho intravisti senza capire quali fossero quelli realemnte letterari e quali (se diversi) quelli filmici. Ho pensato solo alla pèrima ipotesi proprio perchè come ghai scritto te mi sembravano buttati lì senza conmvzione.
Avevo pensato ad un film sul controllo, sulla manipolazione (non solo la droga, ma anche il controllo che Reeves fa attraverso alle telecamere nascoste con cui spia il proprio appartamento, ed il fatto che lui stesso sia una marionetta in mano all'FBi o quello che è) però poi i discorsi dei protagonisti trattavano tutt'altro. ed in questo ho notato la famosa verbosità di Linklater, che in questo caso invece che innalzare l'"intellettualità" del testo, ne disperde la forza. ho apprezzato la scelta del roboscope perfetta per estetizzare senza forzature gli effetti della droga e di questo mondo così estraniato, però finsice per essere più che un contorno il motivo d'attrazione, essendo l'unico aspetto ad apparire chiaro agli occhi di chi come me non ha letto il libro. Finisce che il film si confonda con ciò di cui vuol parlare, soggettivizzando l'oggetto.: un film che è un trip. Non ci si capisce molto e le cose buone si perdono nel fumo di un disegno o di una parola di troppo.
L'ho trovato eccessivamnete costruito (come comunque hai già scritto), quando una certa lineraità e secchezza avrebbe fatto emeregre ancor più quei sottotesi che sono la forza di questo dramma travestito da spy-story.
_________________ Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è |
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Ayrtonit ex "ayrtonit"
 Reg.: 06 Giu 2004 Messaggi: 12883 Da: treviglio (BG)
| Inviato: 09-12-2006 19:45 |
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devo dire, leggendo i bei testi di marien e abyss, che sono d accordo con entrambi.
non ho letto il libro quindi non riesco ad avvertire tutta la delusione di abyss, tuttavia la sua critica alla narrazione è giusta, cosi come quella di marien che parla di mancanza di logicità storica.
è vero tuttavia che qualcosa di buono rimane, e non so se sia frutto di dick o di linklater. certo è che vista la sceneggiatura, visto il tema trattato, è facile dire "si poteva fare di meglio", ma mi sembra cmq che a scanner darkly sia stato un progetto ambizioso e rischioso, e forse è di questo che gli si deve dare atto.
_________________ "In effetti la degenerazione non è mai divertente, bisogna saperla mantenere su livelli tollerabili.
Non è tanto una questione di civiltà, ma di intelligenza."
DEMONSETH |
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godfew
 Reg.: 24 Lug 2006 Messaggi: 453 Da: Pesaro (PS)
| Inviato: 11-12-2006 17:46 |
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Io trovo che rendere il personaggio di Bob distaccato sia stata una scelta, come una scelta quella di rendere manifesto lo sdoppiamento di personalità da un momento all'altro. Il film è un viaggio visionario di cui per lunghi tratti non ne è partecipe nemmeno il protagonista stesso, o almeno non sa di esserlo. Non riesce ad essere partecipe nemmeno di ciò che vede nelle registrazioni delle telecamere a circuito chiuso, di cui lui stesso è autore.
Bob non sa di essere ben oltre un principio di tossicità alla sostanza M, la notizia lo colpisce e lo atterisce e come un fulmine a ciel sereno gli fa crollare il castello di carte che lo stava sostenendo fino a quel momento. Penso proprio che il film sia riuscito a rendere a pieno quel senso di smarrimento. |
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