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Autore Barry Lyndon di Stanley Kubrick e Il Casanova di Federico Fellini
parret

Reg.: 14 Set 2004
Messaggi: 446
Da: milano (MI)
Inviato: 06-09-2005 20:30  
Libri di riferimento: “Invito al cinema di Kubrick” di Eugeni, “Fare un film” di Fellini


Spesso si è detto sulla vicinanza dei due autori nella rappresentazione di un secolo, il ’700, tutto culto e tensione per l’esteriorità, dalla sostanza affettiva intrisa di oscurità e negatività, inarrestabilmente declinante verso il basso. Differenti, se non opposte, trovo invece le radici e le modalità di manifestazione di questa crisi. Barry Lyndon dà la misura del congelamento dei sensi e dell’umoralità in nome del decoro e dello splendore formale, Il Casanova quella dell’annullamento dell'individuo nell’esasperato abbandono consumistico agli stessi (umoralità e sensi). Come conseguenze da un lato un’estetica lussureggiante del bello e della misura, dall’altro un’estetica infernale dell’osceno e del disfacimento fisico, in comune l’estremità dell’esperienza visiva e esistenziale, al fondo al fondo fiaccante, devitalizzante, troppo intensa da sostenere.
Dietro il decoro in Kubrick c’è dunque controllo, controllo sull’emotività impossibile da esternare in tutta la sua dirompenza ed estemporaneità (salvo rari e indicativi momenti di crisi, raptus di violenza o di disperazione liberatori, ripresi con la macchina a mano), controllo sulla gestualità e sul linguaggio che possono colorarsi di aggressività e competitività solo nelle raffinate forme istituzionalizzate, un controllo sociale, nuda violenza imposta dalla civiltà all’individuo, che ben dà la misura della vacuità e della castrazione dell’esperienza umana correlata. Svuotamento delle pulsioni vitali, pesantezza, adagiamento del protagonista al mero privilegio del possesso e correlata rovina esistenziale, economica e sociale nella seconda parte acquistano poi un senso tutto particolare se messi in relazione a quella mitologica fenomenologia del soggetto individuale che è Arancia meccanica; un soggetto, questo, tutto proteso alla ricerca del proprio piacere, all’affermazione sugli altri del proprio interesse particolare, alla conquista-stupro-violenza dell’esterno, dell’alterità, fallo (cit.) perennemente eretto fino all’appagamento finale. Barry Lyndon rappresenterà in un certo senso il “dopo”, le conseguenze, il lento afflosciarsi del corpo-soggetto su se stesso, la punizione dall’alto per aver tanto osato (Barry finirà i propri giorni storpio, povero, orfano di un figlio, solo), ciò che rimane all’individuo dopo tanto battagliare e peregrinare, ossia di nuovo il nulla, il vuoto, l’esser fagocitato dello stesso da parte di una società severa e repressiva, che prima o poi riotterrà ciò che le è stato sottratto.
Simile cupezza presente nel Casanova si lega però a un modo diverso di vivere l’esteriorità, qui non più salvaguardata nella sua integrità, ma succhiata e spolpata fin nel midollo; di qui la deriva verso il mostruoso, l’eccessivo, il bislacco e l’ostentazione delle interiora. Immagini chiave diventano la tempesta e la voragine marine: la profondità dell’elemento acqueo rimanda direttamente al liquido fetale, seduzione ultima del maschio alla ricerca del piacere sessuale (impossibile ritorno all’indietro, penetrazione completa del corpo nel corpo della donna), ma anche esperienza terminale in quanto causa di morte per annegamento; dunque vortice come vagina e madre esercitante la sua attrazione verso il fondo e al contempo forza avviluppante, castrante e soffocante per l’individuo che si lascia fagocitare; tempesta come sballottamento e stordimento emotivo che si accompagnano all’abbandono sensoriale: regressione, intontimento, consumazione interna nella continua e inesausta ricerca della fusione con l’oggetto sessuale fino allo spegnimento di qualsivoglia energia costituiscono qui la cifra del vuoto che esercita la propria malia sul protagonista

[ Questo messaggio è stato modificato da: parret il 28-02-2007 alle 11:06 ]

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paolo14

Reg.: 16 Giu 2004
Messaggi: 778
Da: Ferrara (FE)
Inviato: 06-09-2005 23:19  
Non ho visto il Casanova di Fellini, ma credo che Kubrick apprezzasse quella razionalità di cui parli (e parla).
L'affresco satirico credo sia da cercare altrove in Barry Lyndon, l'essenzialità formalistico-calligrafica della regia non credo vada a ricadere metaforicamente sul contenuto del film.

Ma può darsi, non ammetto verità nelle mie opinioni.
_________________
L'ozio è il padre delle virtù.
Tinto Brass

http://arteonline.blog.excite.it/

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parret

Reg.: 14 Set 2004
Messaggi: 446
Da: milano (MI)
Inviato: 07-09-2005 13:07  
Più che di razionalità parlerei di forma, di esteriorità, di bellezza, del substrato più o meno invisibile di tensione interna atta a salvaguardarle nel quotidiano. E della correlata castrazione di energie e vitalità in funzione dell'ordine e dell'armonia, tutti esteriori, del bel vivere sociale

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paolo14

Reg.: 16 Giu 2004
Messaggi: 778
Da: Ferrara (FE)
Inviato: 07-09-2005 18:03  
Ebbene, credo che a Kubrick non dispiacesse nemmeno tanto quello che hai detto.
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Tinto Brass

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parret

Reg.: 14 Set 2004
Messaggi: 446
Da: milano (MI)
Inviato: 01-12-2005 16:52  


[ Questo messaggio è stato modificato da: parret il 26-01-2007 alle 09:42 ]

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parret

Reg.: 14 Set 2004
Messaggi: 446
Da: milano (MI)
Inviato: 01-12-2005 16:55  
Ripropongo qui un bellissimo commento al film scritto da Shizo in sezione registi

quote:
In data 2005-12-29 09:51, Schizo scrive:
La madre di tutte le sconfitte (ovvero il Casanova di Federico Fellini)

Tre anni di lavorazione, liti furibonde e costi stratosferici.
Il 1976 è l’anno d’uscita del film: risultati scarsi al botteghino e critici per la maggior parte con il pollice verso. Fellini è come Attila, il maestro è stanco, si ripete, ha odiato troppo il personaggio, sembra volersi autodistruggere. Sembra un bollettino di guerra. Lo stesso regista nelle interviste sembra avallare questo sentimento di disapprovazione generale (ricordiamoci il vicino successo di Amarcord) affermando:“Ma come fa essere simpatico un tipo così, Casanova è uno stronzone”
Invece rivedendolo oggi non posso fare a meno di stupirmi.
Il film è l’estremo tentativo di FF di concludere ed includere in un solo sguardo (film) tutto quello che è stato espresso nei film precedenti, è il titanico tentativo di aprire e chiudere ogni discorso nello spazio di tre ore di film. Il tema della memoria, la visione della donna, la sessualità, il rapporto con la madre (finalmente affrontato direttamente in una delle scene più belle di tutta la filmografia felliniana quella di Casanova solo in un teatro tetro con la madre), il tema dell’avidità e aridità umane, della caducità dell’esistenza, dell’ineluttabilità della morte. Casanova per tutto il film cerca di giustificarsi: è vero sono un amante insuperabile ma sono anche poeta, ingegnere, scienziato, colto letterato. Insomma sembra distrutto dalla sua fama. Fermiamoci un attimo in questo punto:”distrutto dalla sua fama”. Io credo che dietro questo Casanova stanco, invecchiato, che in un teatro vuoto e solo, a luci spente, si sente dire Cabajon (cavallone) dalla madre, insomma si sente respinto e beffeggiato dall’unica donna che forse è proprio la causa della sua incapacità a capire le donne, ecco dietro questo Pinocchio-Arlecchino meccanico forse si cela il nostro Federico, il nostro vitellone mai cresciuto, il cui successo ha forse amplificato la solitudine e gli aspetti tetri e malinconici, ha elevato al cubo il senso di conflittualità di certi personaggi, l’ambivalenza di certi sentimenti universali, la contraddizioni di un uomo che comincia a rendersi conto che sono rimaste poche vie d’uscita. Il prezzo della ricerca continua della verità è alto, squarciare il velo di Maya significa forse perdere sé stessi. “Difficile non è viaggiare controcorrente, ma raggiungere il cielo e non trovarci niente”. Da questo momento in poi Fellini si fa più cupo, cinico, amaro a volte disperato. La memoria non consola più ma diventa motivo di rimpianto. Le ombre della morte si fanno sempre più consistenti e rendono cupa la visione. Dov’è finita Gelsomina, dov’ e finita Cabiria? Dove è finita la salvezza? Marcello Rubini- Guido Anselmi Toby Dammit Casanova: 1960-1976, sembra una caduta senza mai toccare il fondo, come se il processo di invecchiamento fosse inversamente proporzionale alla crescita spirituale (spiritualità non religiosa). C’è una scena particolare in questo film: una donna gigantesca che fa il bagno in una grossa tinozza con due nani: Gelsomina si è dilatata a donnone da circo, il Matto e Zampanò si sono miniaturizzati e omologati a nani, senza alcuna differenza. Torna l’altalena dello sceicco bianco ma si moltiplica in una giostra assurda, delirante. Torna il suicidio, ma stavolta è un tentato (direi meglio abbozzato) suicidio: Casanova non è un eroe schopenhaueriano, non ha la grandezza morale per compiere l’unico gesto Rappresentativo. Non è Steiner, non è un nobile patrizio. Il problema filosofico è che Casanova sa chi non è, ma non sa più chi è. Eiaculando di qua e di là, in gare di resitenza amorosa, ha sfiancato l’Ana Nisi Masa. La sua forza vitale si è pietrificata.
Prendete Casanova vecchio, nell’inverno della sua vita, guardare con stupore sotto la lastra di ghiaccio la grande polena raffigurante un viso femminile che giace nelle profondità della laguna.
E’ la polena che a inizio film era emersa e poi per un incidente era sprofondata nell’abisso.
Simbolismo? Cabiria, Gelsomina? La salvezza? Oppure la donna non è conoscibile? O forse è la vita a non essere conoscibile? O forse è la realtà a non essere rappresentabile? Possono esserci mille spiegazioni: quello che rimane è Casanova alla fine della sua vita. in un sogno che sembra un manifesto felliniano: Casanova e la sua bambola meccanica ballano sulle note di una musica da carillon e diventano essi stessi meccanico carillon. Casanova è sconfitto. I sogni sembrano ghiacciati, cristallizzati, pronti a spezzarsi in mille frammenti. Come se la meccanicità coincidesse con l’aridità della ispirazione. Fellini alza bandiera bianca: vi ho fatto sognare, ridere, piangere, pensare….adesso sono stanco imbalsamato come un burattino nei fili diabolici del mio stesso genio creativo. La musica è finita, il buio ci avvolge. Non ho risposte, solo domande. Il Quadro è frammentato, il labirinto senza soluzioni.Tutto rimane in profondità, sotto tonnellate d’acqua, Atalantide terra sommersa. Il direttore d’orchestra vede allontanarsi i musicanti mentre la nave affonda. Sono tempi bui, il terrorismo, la lotta armata. La Notte della Repubblica.
La minaccia è interna ed esterna, i nemici sono fuori e dentro di noi.
Potremo mai cambiare il mondo se non riusciamo a cambiare la nostra natura?



[ Questo messaggio è stato modificato da: parret il 15-06-2006 alle 21:38 ]

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parret

Reg.: 14 Set 2004
Messaggi: 446
Da: milano (MI)
Inviato: 07-12-2005 09:48  
Frammenti di un'intervista a Truffaut che parla anche del Casanova: http://www.sentieriselvaggi.it/articolo.asp?idarticolo=8705&idramo1=6

[ Questo messaggio è stato modificato da: parret il 07-12-2005 alle 10:23 ]

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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 08-12-2005 09:53  
Credo Truffaut abbia centrato l'unicità di Fellini in questa frase "È raro avere allo stesso tempo in un'immagine, l'invenzione, la bellezza e l'umorismo: in Fellini ci sono sempre queste tre cose, e questo è formidabile."
Fellini aveva un dono unico quello di trasfigurare la realtà facendola sembrare più vera del vero. Diceva spesso "Sono un gran bugiardo!". Ma le sue bugie erano immagine invenzione bellezza e umorismo e alla fine non sapevi più se la Rimini che ricordava lui era solo nel suo ricordo o era veramente esistita.
Fellini rappresentava l'arte di trasfigurare il reale, sganciarlo dalle contingenze e renderlo immortale.
Non è un fotografo Fellini, è un poeta.

Amo molto il cinema di Kubrick ma per me rappresenta la ragione, il filtro della ragione, il mitigare attraverso la fotografia il potere emotivo contaminante della realtà.
Fellini la reinventava, Kubrick ne prendeva le distanze (a volte in maniera cinica, a volte in maniera formale, a volte con iperboli)
Kubrick era capace di prendere un genere (guerra, horror, film in costume, fantascienza) e reinventarlo con il suo occhio da fotografo freddo, impassibile a volte distaccato. Non sembra emotivamente coinvolto (non è sempre un male...)ed è più obiettivo nel giudizio (non è sempre un bene).



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trelkowski

Reg.: 09 Mar 2006
Messaggi: 107
Da: palermo (PA)
Inviato: 07-04-2006 16:51  
BASRRY LINDON VOTO 9
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Dick Laurant è morto

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cannella

Reg.: 01 Mar 2007
Messaggi: 32
Da: Tivoli (RM)
Inviato: 04-03-2007 23:08  
quote:
In data 2006-04-07 16:51, trelkowski scrive:
BARRY LINDON VOTO 9





BARRY LINDON VOTO 10 CON LODE E BACIO CON LINGUA






http://sardegnavacanze.spazioblog.it/

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http://sardegnavacanze.spazioblog.it/

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DaveNet

Reg.: 23 Giu 2006
Messaggi: 138
Da: Piemonte (PS)
Inviato: 05-03-2007 07:58  
quote:

BARRY LINDON VOTO 10 CON LODE E BACIO CON LINGUA


Quoto e te l'appoggio con vigore.
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"Il cervello è il mio secondo organo preferito " (W.Allen)

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kagemusha

Reg.: 17 Nov 2005
Messaggi: 1135
Da: roma (RM)
Inviato: 05-03-2007 15:08  
c'è forse un doppio senso?

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claude03

Reg.: 29 Feb 2008
Messaggi: 6
Da: Padova (PD)
Inviato: 29-02-2008 18:58  
Riapro questo post da novizio e spero veramente che qualcuno mi possa aiutare... Vi spiego la situazione... Vi prego, aiutatemi, ho poche idee...ma confuse. Domani ho un esame, filologia cinematografica, devo sapere cosa c'è di felliniano in barry lyndon e cosa c'è di kubrickiano in il casanova... Uno spunto basterebbe...

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 29-02-2008 20:38  
Forse, sia nel Casanova, sia in Barry Lyndon, c'è un'intenzione di eros (amore) inteso come "ambizione", sorta di "casanovismo", per l'appunto, o "dongiovannismo", dietro cui si cela invero l'ossessione onanistico-erotica (che nel flm di Kubrick, dove potremmo chiamarla "raymondbarrysmo", viene sublimata/identificata con il potere), dunque come "atto mancato", come, in definitiva, destino d'"impotenza" (di natura più psicologica che fisica).

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 29-02-2008 alle 20:43 ]

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Fakuser

Reg.: 04 Feb 2005
Messaggi: 2656
Da: Milano (MI)
Inviato: 29-02-2008 20:48  
Ma studiare no ?
_________________
Silencio...

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