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FilmUP Forum Index > Cinema > Tutto Cinema > La dea del ’67 (2000) di Clara Law   
Autore La dea del ’67 (2000) di Clara Law
lilja4ever
ex "natalie73"

Reg.: 23 Ago 2003
Messaggi: 1872
Da: este (PD)
Inviato: 20-02-2004 00:45  
Questo è un film di cui si parla troppo poco, e che per giunta non è classificabile: non è un road movie, non è assolutamente una commedia, ma nemmeno un film prettamente drammatico. E’ piuttosto una magica combinazione, di quelle che non si scordano facilmente: una bellissima attrice al suo meglio, un’Australia grandiosa e dai colori formidabili, il viaggio interiore dei protagonisti (poeticamente rappresentato dal viaggio a bordo della ‘Dea’), una fotografia coloratissima e surreale, dialoghi ridotti all’essenziale, e una regista in grado di rendere palpabili sentimenti e sensazioni. A qualcuno sarà sembrato un esercizio di stile pretenzioso, ma l’uso sapiente e calcolato della fotografia è servito per mettere in evidenza il contrasto che sta alla base del film: il ricordo di un passato tragico e crudele (e ormai non più modificabile), affiora prograssivamente da continui flashback che indagano sempre più a fondo a ritroso nel tempo, finendo per contrapporsi al procedere spensierato e onirico della ‘Dea’. Lei, la macchina, continua il suo viaggio, lieve e indisturbata, sfiorando questo immenso, quieto, primitivo paesaggio dai colori forti e dal sapore antico. Sono proprio i colori i veri protagonisti del film: strati di colori su colori, caldi e freddi, a rappresentare gli strati dell’animo umano, l’accumularsi di esperienze e sofferenze durante il ‘nostro’ viaggio in questo mondo. Ecco allora scusata la fusione tra surreale e reale usata per rappresentare il viaggio interiore dei due protagonisti. Ad un certo punto, in effetti, è impossibile non chiedersi cosa ci facciano questi due strani personaggi a spasso per l’Australia su una fiammante Dea del ‘67: lui un giapponese high-tech isolato, oserei dire ‘disconnesso’, dal suo stesso caotico mondo, che tenta di possedere ‘la macchina’, questa specie di sogno mitologico post-moderno della perfezione tecnologica; lei, cieca, dall’infanzia triste e sofferta, che cerca di esorcizzare il proprio passato e si affida all’amore e alla speranza, ben lieta di intraprendere questo strano viaggio. Viaggiare per crescere e ritrovarsi, un concetto semplice, disarmante, rappresentato con lucidità e senza quella retorica strascicata da road-movie hollywoodiano che tanti film ha appesantito (e rovinato). Questo anzi, è un film di arte contemporanea, mai banale, splendidamente fotografato, e assolutamente fuori dagli schemi. Credetemi, sono veramente pochi oggi i registi che si possono permettere il lusso di ‘sconfinare’, di usare il surreale per concretizzare su schermo una propria visione, uscendo da qualsiasi canone e dal ‘già visto’.
Imperdibile, voto 9/10.

[ Questo messaggio è stato modificato da: lilja4ever il 14-06-2004 alle 23:33 ]

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