Autore |
il mestiere dell'attore |
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 15-01-2007 19:00 |
|
quote: In data 2007-01-15 13:16, alessio984 scrive:
quote: In data 2007-01-14 16:12, AlZayd scrive:
Ci sono poi i registi capaci di far recitare anche i morti. Tra i più encomiabili, direi Stanley Kubrick (unica eccezione le ammorbanti interpretazioni in EWS - concausa della mancata perfezione di detto film - della coppia Cruise/Kidman). Basti pensare che fu l'unico regista capace di far recitare in maniera decente, perfettamente funzionale al suo personaggio, perfino Marisa Berenson, portando a livelli metafisici l'intensa (sennen controllata) interpretazione di Ryan O Neal.
| Egli invece in questo libro sostiene che sia l'unica cosa che Kubrick non sappia fare, riferendosi in modo particolare agli interpreti del film FMJ
|
E poi con Marco Spagnoli!!! Mi era sfuggito! Dio ce ne scampi e liberi!!!
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
|
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 15-01-2007 19:11 |
|
quote: In data 2007-01-15 15:00, roccomedia scrive:
quote: In data 2007-01-15 12:47, AlZayd scrive:
quote: In data 2007-01-15 10:54, HistoryX scrive:
Il teatro è maschio, severo ed essenziale, mentre il cinema in quanto costola è donna
|
Ma non esiste proprio. Ce n'è voluta per superare le reticenze dei vecchi e paludati accademici che si opponevano al riconoscimente del cinema come forma d'arte, da costoro per l'appunto ritenuto una sorta di "degenerazione" del teatro...
|
Ma non si può negare che per il suo stesso diritto all'esistenza (gli stessi Lumiere erano parecchio diffidenti sulle potenzialità di questo cinematografo)il cinema ha dovuto per forza di cose richiamarsi ad una tradizione di messa in scena già esistente e florida come quella del teatro (neanche si contano l'infinità di testi teatrali trasposti in celluloide nel periodo del muto). Una originaria e necessaria dipendenza in vista di comprendere al meglio le potenzialità e specificità espressive del nuovo mezzo.
|
Forse, sul piano "filosofico", non vi era piena consapevolezza nei Lumieres (ma parliamo di quando il cinema era ritenuto poco più di una "lanterna magica", forografie in movimento, e non si era capita, la portata "strategica" del nuovo strumento), ma di fatto, tecnicamente, semanticamente, linguisticamente, riprendere il "movimento", svilupparlo, proiettarlo.., ritengo che fin da subito le differenze con il teatro fossero evidenti.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
|
sandrix81
 Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 15-01-2007 19:57 |
|
ma infatti il cinema, subito dopo lumiere e melies, comincia a funzionare quando si stacca dal teatro. che merda fregoli, ad esempio, ma anche i melodrammoni italiani dei primi due decenni del secolo scorso.
insomma, il teatro per il cinema è stato come uno di quei cesteli con le rotelle che usano i bambini mentre imparano a camminare.
che poi quei due decenni iniziali di stallo non sono stati tanto perché il cinema doveva trovare a propria dimensione, quanto forse perché non c'era nessuno che ci credesse, nessuno che si sia reso conto di quale fosse quella dimensione.
se per un po' il cinema è stato succedaneo de teatro, è stato per un errore umano, non certo per sua natura.
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
|
roccomedia
 Reg.: 15 Lug 2005 Messaggi: 3829 Da: Bergamo (BG)
| Inviato: 15-01-2007 20:41 |
|
quote: In data 2007-01-15 19:11, AlZayd scrive:
di fatto, tecnicamente, semanticamente, linguisticamente, riprendere il "movimento", svilupparlo, proiettarlo.., ritengo che fin da subito le differenze con il teatro fossero evidenti.
|
Forse è così, ma è comunque una considerazione ex-post. Quando si è parte integrante di un processo di trasformazione di vaste proporzioni, quale è stato lo sviluppo della tecnologia cinematografica, è quasi impossibile non essere sommersi da quello "stato ipnotico" (la famosa "narcosi" di cui parla McLuhan)che procura un inevitabile annebbiamento percettivo delle potenzialità del mezzo stesso. Cosicchè l'accostamento tra Cinema e Teatro era la più ovvia, "ingenua", naturale, risposta ontologica alle esigenze di statuto della celluloide. |
|
mescal
 Reg.: 22 Lug 2006 Messaggi: 4695 Da: napoli (NA)
| Inviato: 15-01-2007 21:09 |
|
Il concetto fondamentale, nel valutare la recitazione di un attore, è che ogni regista ha la propria idea di cinema, il proprio metodo, che richiede agli attori un tipo diverso di prestazione. Il cinema di Cassavettes, che è stato citato, è in realtà un progetto collettivo in cui la recitazione gioca il ruolo fondamentale, ed è fondamentale che gli attori si sottopongano a un training che li rende parte attiva del processo creativo, tanto che Cassavettes è uno dei registi che preferisce affidarsi a determinati attori che ritroviamo di film in film.
Diversamente, in determinati film di genere, può diventare fondamentale la presenza e la rispondenza dell'attore a determinate carattteristiche fisiche. Per cui possono diventare efficacissimi, all'interno di un peplum, i forzuti alla Steve Reeves, pur con scarsissime attitudini alla recitazione intesa in senso classico. Questo è comunque vero in tutto il cinema in cui poco contano le sfumature, la gamma di emozioni che un attore è in grado di comunicare allo spettaore, ma è sufficiente che il corpo e il volto dell'attore trasmettano determinate informazioni allo spettatore, che lo mettano in condizioni di riconoscerne il ruolo all'interno di un sistema fortemente codificato. Diventa essenziale, a questo punto, al di sopra di ogni altro elemento, il fattore che potremmo definire iconicità dell'attore. La naturale capacità del cinema di comunciare direttamente con l'inconscio, la sua natura fantasmatica, sono esaltate da una fisicità attoriale che trasmetta, di per sé, determinati significati alla psiche dello spettatore e, accoppiata alle caratteristiche del personaggio, lasci una traccia più o meno indelebile nell'immaginario dello spettatore.
Una iconicità che può derivare dalla bellezza, ma anche da un aspetto caratteristico e inconfondibile, o da determinati atteggiamenti e modi di fare, che ritroviamo prestati a tutti i personaggi i cui panni quel determinato indosserà, di film in film.
Il criterio a cui ho accennato all'inizio, e cioè la rispondenza dell'attore a un determinato progetto registico, e quindi, in definitiva, di un determinato progetto di cinema, si riflette nella versatilità, nella capacità che l'attore deve avere di comprendere quale è il proprio ruolo, per quel regista e per quel determinato film.
E quindi si ariva a un altra qualità fondamentale, a mio avviso, dell'attore: la completa disponibilità, la capacità di sottomettersi in maniera totale alle esigenze del film, e di mettersi del tutto a nudo emotivamente, rinunciando a ogni difesa nei confronti della macchina da presa.
L'esempio più lampante di dedizione all'arte cinematografica rimane, in questo senso, Divine che mangia la cacca del cane in Pink Flamingos... |
|
mescal
 Reg.: 22 Lug 2006 Messaggi: 4695 Da: napoli (NA)
| Inviato: 15-01-2007 21:28 |
|
Ah, poi mi viene in mente un caso in cui si affida alla recitazione un compito assolutamente incongruo, del tutto estraneo alle proprie possibilità.
In una sequenza de La Tigre e la neve, Benigni scopre che uno dei personaggi si è tolto la vita. Con una scelta registica che sottintende probabilmente una forma di rispetto di fronte alla morte, vediamo il personaggio suicida solo in capo lungo, e tutta la drammaticità della scena viene affidata a un primo piano di Benigni, che comincia a fare una serie di smorfie finalizzate a indicare uno stato di tristezza del suo personaggio, e quindi trasmettere allo spettatore un senso di commozione per ciò che nel film è appena avvenuto. La scena, probabilmente con qualche richiamo chapliniano nelle intenzioni, fallisce, perché il Benigni regista non si è preoccupato abbastanza di creare una reale empatia nei confronti del personaggio destinato a suicidarsi, caricando tutto il peso dell'effetto tragico ricercato sulle smorfie del Benigni attore. In questo caso è il Benigni regista, il cui progetto è di creare le condizioni più favorevoli all'espressione del Benigni attore, che non ha saputo svolgere il proprio ruolo... |
|
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 15-01-2007 23:49 |
|
quote: In data 2007-01-15 20:41, roccomedia scrive:
quote: In data 2007-01-15 19:11, AlZayd scrive:
di fatto, tecnicamente, semanticamente, linguisticamente, riprendere il "movimento", svilupparlo, proiettarlo.., ritengo che fin da subito le differenze con il teatro fossero evidenti.
|
Forse è così, ma è comunque una considerazione ex-post. Quando si è parte integrante di un processo di trasformazione di vaste proporzioni, quale è stato lo sviluppo della tecnologia cinematografica, è quasi impossibile non essere sommersi da quello "stato ipnotico" (la famosa "narcosi" di cui parla McLuhan)che procura un inevitabile annebbiamento percettivo delle potenzialità del mezzo stesso. Cosicchè l'accostamento tra Cinema e Teatro era la più ovvia, "ingenua", naturale, risposta ontologica alle esigenze di statuto della celluloide.
|
Giusto da parte tua rimarcare questa naturale inconsapevolezza nel "passaggio". Precisavo, magari troppo col senno del poi. Ah.., hi dimenticato poi l'aspetto che più di tutti differenzia il cinema dal teatro (e che lo avvicina forse di più alla musica): il montaggio. Che forse, e anche senza forse, è il cuore del cinema. |
|
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 16-01-2007 00:01 |
|
quote: In data 2007-01-15 19:57, sandrix81 scrive:
ma infatti il cinema, subito dopo lumiere e melies, comincia a funzionare quando si stacca dal teatro. che merda fregoli, ad esempio, ma anche i melodrammoni italiani dei primi due decenni del secolo scorso.
insomma, il teatro per il cinema è stato come uno di quei cesteli con le rotelle che usano i bambini mentre imparano a camminare.
che poi quei due decenni iniziali di stallo non sono stati tanto perché il cinema doveva trovare a propria dimensione, quanto forse perché non c'era nessuno che ci credesse, nessuno che si sia reso conto di quale fosse quella dimensione.
se per un po' il cinema è stato succedaneo de teatro, è stato per un errore umano, non certo per sua natura.
|
Uhmmm.., è proprio in quei primi due decenni, esattamente nel 1916, che Griffith, con Nascita di una nazione, fa nascere il cinema come arte, gettando le solide basi anche del cinema moderno. Dov'è, per non ripetermi, che ne ho già più volte parlato? Vatti a ricordare...
Nella lista dei melodrammoni italiani di impianto molto tetrale, nonostante la grandeur, ed alcune invenzioni tecniche, che comunque non erano ancora "espressione", e alle quali Griffith in effetti si rifarà, includerei anche Gabiria di Pastrone. Ma stiamo andando fuori tema.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
|
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 16-01-2007 00:25 |
|
quote: In data 2007-01-15 21:09, mescal scrive:
Il cinema di Cassavettes, che è stato citato, è in realtà un progetto collettivo in cui la recitazione gioca il ruolo fondamentale, ed è fondamentale che gli attori si sottopongano a un training che li rende parte attiva del processo creativo, tanto che Cassavettes è uno dei registi che preferisce affidarsi a determinati attori che ritroviamo di film in film.
|
La scuola di recitazione di Cassavetes è ricerca collettiva ma improvvisativa - niente a che vedere con i dettami dell'Acrot Studio - è ciò si nota nei primi film: Shadows, Faces, Blues di mezzanotte... e nell'immenso capolavoro che è Assassinio di un allibratore cinese, altro raro e stupefacente esempio di interprete - un grande ed insieme sommesso Ben Gazzara - "messinscensa". Anche nei film successivi in cui ripropone i suoi attori feticcio, tra cui la moglie Gena Rowlands, una vera grande star senza lustrini.., le interpretazioni sono quanto di più lontano dagli stilemi hollywoodiani.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
|
Marienbad
 Reg.: 17 Set 2004 Messaggi: 15905 Da: Genova (GE)
| Inviato: 16-01-2007 00:41 |
|
quote: In data 2007-01-15 21:28, mescal scrive:
...
|
Ma infatti tu parli di "iconicità" dell'attore, che è ben altra cosa rispetto alla prova attoriale.
L'attore, come dicevo prima, viene indagato dalla macchina da presa come fosse un oggetto, un paesaggio, una situazione. La fisicità, l'espressione, sono dati determinati dall'immagine, ed è l'occhio della macchina da presa che ce li restituisce, così come vuole che si presentino e quindi l'espressione è in quella, non nella recitazione.
E chiaro che se si parla di sentimenti, nel cinema, è necessario utilizzare gli uomini alle prese con quelli, ma non sono gli uomini che le esprimono è l'immagine manipolata.
Il cinema per altro funziona come l'occhio umano, il sentimento è nell'occhio di chi guarda non nell'atteggiamento di chi lo prova. Possiamo accorgerci o non accorgerci di una persona triste, perchè il percepirlo è determinato dalla nostra attenzione. La macchina da presa pone l'attenzione su ciò che il cinema seleziona. Per questo esiste una scala dei piani e dei campi, un movimento, un montaggio...
Al teatro, dove tutto questo viene a mancare, l'espressione resta a carico dell'attore che è l'unico catalizzatore di attenzione, con le sue parole e le sue gesta. Il teatro non ha linguaggio proprio e l'attore è il regista e l'opera.
_________________ Inland Empire non l'ho visto e non mi piace |
|
mescal
 Reg.: 22 Lug 2006 Messaggi: 4695 Da: napoli (NA)
| Inviato: 16-01-2007 00:44 |
|
quote: In data 2007-01-16 00:25, AlZayd scrive:
quote: In data 2007-01-15 21:09, mescal scrive:
Il cinema di Cassavettes, che è stato citato, è in realtà un progetto collettivo in cui la recitazione gioca il ruolo fondamentale, ed è fondamentale che gli attori si sottopongano a un training che li rende parte attiva del processo creativo, tanto che Cassavettes è uno dei registi che preferisce affidarsi a determinati attori che ritroviamo di film in film.
|
La scuola di recitazione di Cassavetes è ricerca collettiva ma improvvisativa - niente a che vedere con i dettami dell'Acrot Studio - è ciò si nota nei primi film: Shadows, Faces, Blues di mezzanotte... e nell'immenso capolavoro che è Assassinio di un allibratore cinese, altro raro e stupefacente esempio di interprete - un grande ed insieme sommesso Ben Gazzara - "messinscensa". Anche nei film successivi in cui ripropone i suoi attori feticcio, tra cui la moglie Gena Rowlands, una vera grande star senza lustrini.., le interpretazioni sono quanto di più lontano dagli stilemi hollywoodiani.
|
Ma infatti l'Actor's Studio alla fine è basato su un realismo che è molto più esteriore, almeno se devo valutarlo in base agli attori di Hollywood che hanno detto di provenire da quella scuola...
Vista con i nostri parametri odierni, la tecnica Actor's Studio appare molto più esteriore ed estetizzante.
Tecnica che comunque è di provenienza teatrale, nasce nell'ambito del Group Theatre a partire dal metodo Stanislavski. Tra l'altro io ho letto un libro di Stanislavski, e identificare un vero e proprio metodo Stanislavski secondo me è una forzatura successiva, in realtà la sua ricerca era in continuo movimento e non credo che sia mai arrivato a stabilire un metodo fisso e definitivo.
Il metodo dell'Actor's Studio ha anche dato origine a molte prese in giro, per la questione della memoria emotiva - pensa a quando eri bambino e ti è morto il gatto, per fare scene tragiche, eccetera...- mentre la ricerca di Cassavetes era sia sull'attore che sul personaggio, e idealmente era contemporanea alla scrittura della sceneggiatura. In pratica la sceneggiatura doveva svilupparsi proprio a partire dal'improvvisazione degli attori...
Un vero e proprio metodo conoscitivo, se vogliamo un grande tentativo utopico di risolvere la contraddizione interna al cinema tra la sua natura di strumento conoscitivo ma contemporaneamente di spettacolo. |
|
Marienbad
 Reg.: 17 Set 2004 Messaggi: 15905 Da: Genova (GE)
| Inviato: 16-01-2007 00:45 |
|
E comunque lo sosteneva anche Genette...
"Non è l'oggetto a rendere la relazione estetica, ma è la relazione a rendere estetico l'oggetto".
E con questo chiudo, perchè non solo ho ragione, ma sono anche la più figa.
_________________ Inland Empire non l'ho visto e non mi piace |
|
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 16-01-2007 00:48 |
|
quote: In data 2007-01-16 00:41, Marienbad scrive:
Il teatro non ha linguaggio proprio e l'attore è il regista e l'opera.
|
E qui forse sbagli. Il teatro ha un linguaggio letterario che è fondamentale, e poi l'attore che è il linguaggio primario, quindi il tetro stesso. Sono poi importanti le scenografie, le coreografie, dunque anche la regia. Come nel cinema la mdp, la messinscena, il montaggio. Sono soltanto linguaggi diversi.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
|
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 16-01-2007 01:01 |
|
quote: In data 2007-01-16 00:44, mescal scrive:
quote: In data 2007-01-16 00:25, AlZayd scrive:
quote: In data 2007-01-15 21:09, mescal scrive:
Il cinema di Cassavettes, che è stato citato, è in realtà un progetto collettivo in cui la recitazione gioca il ruolo fondamentale, ed è fondamentale che gli attori si sottopongano a un training che li rende parte attiva del processo creativo, tanto che Cassavettes è uno dei registi che preferisce affidarsi a determinati attori che ritroviamo di film in film.
|
La scuola di recitazione di Cassavetes è ricerca collettiva ma improvvisativa - niente a che vedere con i dettami dell'Acrot Studio - è ciò si nota nei primi film: Shadows, Faces, Blues di mezzanotte... e nell'immenso capolavoro che è Assassinio di un allibratore cinese, altro raro e stupefacente esempio di interprete - un grande ed insieme sommesso Ben Gazzara - "messinscensa". Anche nei film successivi in cui ripropone i suoi attori feticcio, tra cui la moglie Gena Rowlands, una vera grande star senza lustrini.., le interpretazioni sono quanto di più lontano dagli stilemi hollywoodiani.
|
Ma infatti l'Actor's Studio alla fine è basato su un realismo che è molto più esteriore, almeno se devo valutarlo in base agli attori di Hollywood che hanno detto di provenire da quella scuola...
Vista con i nostri parametri odierni, la tecnica Actor's Studio appare molto più esteriore ed estetizzante.
Tecnica che comunque è di provenienza teatrale, nasce nell'ambito del Group Theatre a partire dal metodo Stanislavski. Tra l'altro io ho letto un libro di Stanislavski, e identificare un vero e proprio metodo Stanislavski secondo me è una forzatura successiva, in realtà la sua ricerca era in continuo movimento e non credo che sia mai arrivato a stabilire un metodo fisso e definitivo.
Il metodo dell'Actor's Studio ha anche dato origine a molte prese in giro, per la questione della memoria emotiva - pensa a quando eri bambino e ti è morto il gatto, per fare scene tragiche, eccetera...- mentre la ricerca di Cassavetes era sia sull'attore che sul personaggio, e idealmente era contemporanea alla scrittura della sceneggiatura. In pratica la sceneggiatura doveva svilupparsi proprio a partire dal'improvvisazione degli attori...
Un vero e proprio metodo conoscitivo, se vogliamo un grande tentativo utopico di risolvere la contraddizione interna al cinema tra la sua natura di strumento conoscitivo ma contemporaneamente di spettacolo.
|
Ottimo! (però non ho letto Stanislawki).
Cassavetes spalancò nuovi orizzonti; fu una via di mezzo tra le spesso improbe sperimentazioni dell'underground americano, e un cinema più fruibile, sempre di elevatissima qualità.
Ah.. è il free cinema inglese?
Karel Reisz.., Morgan matto da legare, Sabato sera domenica mattina.; Lindsay Anderson; il primo cinema di Forman: Gli amori di una biona; L'asso di picche.., fantastici! Interpreti che quasi non si ricoedano e che pure sono il "film".
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
|
mescal
 Reg.: 22 Lug 2006 Messaggi: 4695 Da: napoli (NA)
| Inviato: 16-01-2007 01:02 |
|
quote: In data 2007-01-16 00:41, Marienbad scrive:
quote: In data 2007-01-15 21:28, mescal scrive:
...
|
Ma infatti tu parli di "iconicità" dell'attore, che è ben altra cosa rispetto alla prova attoriale.
L'attore, come dicevo prima, viene indagato dalla macchina da presa come fosse un oggetto, un paesaggio, una situazione. La fisicità, l'espressione, sono dati determinati dall'immagine, ed è l'occhio della macchina da presa che ce li restituisce, così come vuole che si presentino e quindi l'espressione è in quella, non nella recitazione.
E chiaro che se si parla di sentimenti, nel cinema, è necessario utilizzare gli uomini alle prese con quelli, ma non sono gli uomini che le esprimono è l'immagine manipolata.
Il cinema per altro funziona come l'occhio umano, il sentimento è nell'occhio di chi guarda non nell'atteggiamento di chi lo prova. Possiamo accorgerci o non accorgerci di una persona triste, perchè il percepirlo è determinato dalla nostra attenzione. La macchina da presa pone l'attenzione su ciò che il cinema seleziona. Per questo esiste una scala dei piani e dei campi, un movimento, un montaggio...
Al teatro, dove tutto questo viene a mancare, l'espressione resta a carico dell'attore che è l'unico catalizzatore di attenzione, con le sue parole e le sue gesta. Il teatro non ha linguaggio proprio e l'attore è il regista e l'opera.
|
sì, non nego affatto che il ruolo principale spetti al montaggio e all'inquadratura nel comunicare il valore espressivo di una scena e di un film, però è un'idea estremistica ridurre a zero il valore dell'interpretazione.
Che vuol dire anche sapere come stare nell'immagine, sapere come muoversi eccetera... gli attori non studiano mica solo come declamare, ma anche come caratterizzare un personaggio con una certa camminata, una certa gestualità, e spesso sono queste cose, a rimanerci impresse di un film.
Ricordo che tu non ami Scorsese, ma comunque mi è venuto in mente questo come esempio, per cui pazienza. Se la famosa scena allo specchio in Taxi Driver fosse stata interpretata da Steve Reeves, che ho citato prima, difficilmente avrebbe sfondato nell'immaginario collettivo, e dubito che avrebbe potuto farla anche Lee Marvin, che reputo un grandissimo attore, ma era un attore adatto a parti che ne esaltavano il dinamismo fisico, la faccia da duro, e sarebbe stato incongruo se preso a simbolo della anomia e delle nevrosi metropolitane. |
|
|