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Quel maledetto problema di un'analisi cinematografica..... |
Richmondo
Reg.: 04 Feb 2008 Messaggi: 2533 Da: Genova (GE)
| Inviato: 02-10-2008 15:27 |
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quote: In data 2008-10-02 13:34, DeadSwan scrive:
Ripeto, quell'impostazione di lettura e' e rimane una vaccata.
Cio' non ha niente a che fare con l'analisi dettagliata, 'anatomica', delle sequenze, che e' cosa giusta e sacrosanta, ne' con la formalizzazione delle convenzioni narrative e cinematografiche, che e' cosa altrettanto giusta e sacrosanta.
Ma una impostazione come quella del nostro matematico assertore della incontrovertibilita' delle regole inverte explicans ed explicandum, mezzo e fine.
Tanto per cominciare, ricava un giudizio normativo da una analisi descrittiva, cosa che ogni semiologo degno di rispetto rifugge come la morte. Le 'deviazioni' da regole assodate sono, appunto, solo deviazioni, non errori (od orrori) estetici. Non ci si puo' nascondere dietro una pretesa di scientificita' per gettare giudizi di valore. (In parole povere: "Nolan non ha rispettato la grammatica delle scene di suspence? Sticazzi").
In secondo luogo, confonde la sintassi di un certo messaggio con il suo esito comunicativo (emozionale, per di piu'). Come se la grammmatica di una sequenza di suspence SIA la suspence. Se la sintassi puo' essere trattata in termini di assiomi matematici (a parte il fatto che logici di genio hanno tentato di farlo per linguaggi molto piu' semplici di quello cinematografico, ed hanno fallito), cio' non implica la deducibilita' da questa dell'esito comunicativo. (In parole povere: "E se la gente nel cinema questa suspence l'ha provata? Che fa, va lui con gli Elementi di Euclide in mano a dimostrare che si sbagliano?").
In terzo luogo, e le convenzioni linguistiche del cinema e gli esiti comunicativi dello stesso nascono da pratiche ben precise che, per quanto studiabili anche con strumenti scientifici, non sono sottoposte a criteri deduttivi. E, sicuramente, NON si limitano alla struttura formale del film. Nel cinema come in ogni comunicazione umana, esiste tutta una pragmatica della comunicazione (che i soliti logici di genio hanno trattato con strumenti logici raffinatissimi... guarda caso, proprio dimostrando la sua irriducibilita' agli aspetti formali della sintassi). Per dire, costui da per scontato che Nolan abbia voluto costruire una scena di suspence, NON RIUSCENDOCI: ogni essere pensante si dovrebbe chiedere, se formalmente quella NON e' una scena di suspence, come fa a dire il nostro calcolatore che DOVREBBE esserla (e quindi che e' errata)? Queste sono cose che in pragmatica si chiamano 'implicature comunicative'.
Quarto, tutti questi aspetti pragmatici sono stati studiati in modo formale. Lo stesso vale per le convenzioni artistiche. Ma, e qui il nostro novello Euclide prende un abbaglio grosso come la Piramide di Cheope, il fatto che siano in generale studiabili con strumenti rigorosi, NON VUOL DIRE che ogni applicazione particolare sia deducibile per via assiomatica dalla regola. Le massime pragmatiche sono formalmente molto ben definite, ma il loro uso non e' una questione di On/Off, o dentro o fuori; e' questione di interpretazioni ed ipotesi. Costui confonde il rigore degli strumenti formali elaborati per fare l'analisi con il rigore delle regole da seguire assolutamente, pena il pollice verso del critico.
Infine, quinque parli di "assiomi" e regole "incontrovertibili" in riferimento ad un qualsiasi linguaggio che non sia quello della logica formale, potra' essere un dio dell'analisi cinematografica, ma dovrebbe farsi un nel po' di doposcuola di linguistica e semiotica.
Questo sempre ipotizzando che la sua tesi sia quella riportata da Richmond.
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Ottimo post, che chiarisce certe posizioni.
Ma il punto è proprio questo: purtropo, al giorno d'oggi, si confonde, probabilmente, lo srumento analitico con l'esegesi complessiva.
L'analisi dell'elemento non serve a giudicare il film (e come tu rimarchi, nemmeno ad inficiarne i presunti valori qualitativamente positivi, cosa che il nostro opossum si è gettato a capofitto nel fare), bensì, serve al critico, proprio. O comunque all'appasionato che voglia capire. Ma certamente non il film, bensì il linguaggio con cui sia formulato il film, più in generale, il cinema.
Un singolo elemento, minimale, atomico, molecolare, non comunica e non parla.
Tranne la particella di sodio dell'acqua Lete.
_________________ E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti. |
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Richmondo
Reg.: 04 Feb 2008 Messaggi: 2533 Da: Genova (GE)
| Inviato: 02-10-2008 16:02 |
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Ed aggiungo: con il tuo "sticazzi", in riferimento alla presunta scivolata (secondo l'opossum) di Nolan sulla buccia di banana del mancato rispetto di regole che banalmente (ma direi erroneamente) si definiscono "matematiche" (quando in realtà sono convenzoni, sovvertibili quando lo si voglia), hai centrato in pieno il problema.
Ben venga l'anarchia formale, lo stravolgimento del testo e della sintassi, la rivuluozine nel linguaggio.
Purché, naturalmente, non sia fine a se stessa ma comunichi, a tutti gli effetti, anche nella sua apparente incoerenza (vedi David Lynch), comunque, un profondo e rintraciabile senso o significato.
_________________ E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti. |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 02-10-2008 17:47 |
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quote: In data 2008-10-01 17:20, Richmondo scrive:
quote: In data 2008-10-01 17:19, AlZayd scrive:
...forse capire...
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Ahaha, spero solo di non aver divagato come al solito in eccesso.
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E' che non ho (ancora) visto il film di Nolan. Però ad occhi è croce la discussione verte su aspetti più generali... Appena riesco a leggere tutto aritorno!
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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Fakuser
Reg.: 04 Feb 2005 Messaggi: 2656 Da: Milano (MI)
| Inviato: 02-10-2008 19:30 |
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Ha già detto troppo il Cigno (un lapsus freudiano mi stava imponendo di scrivere "Genio " malefica consonanza..... ) e quindi io mi limito ad abbozzare i punti fermi della mia esperienza cinefila che parte SEMPRE e con immensa gioia dal particolare, per giungere spesso indebitamente va detto, all'universale, al generale, alla percezione che diventa sensazione cognizione ed emozione. Ma questa scala è possibile salirla solo servendosi di uno sguardo generale e non limitato al singolo frammento, più o meno riconducibile a presunti dettami prescrittivi.
_________________ Silencio... |
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TheSpirit
Reg.: 21 Set 2008 Messaggi: 3605 Da: Napoli (NA)
| Inviato: 02-10-2008 20:08 |
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Letto il post iniziale di Richmond.
Ovviamente ha ragione il tizio che sostiene che le regole del linguaggio cinematografico siano delle convenzioni, anche se alcune sembrano essere in qualche modo universali, e fondate su strutture psichiche che variano poco da individuo a individuo e da nazione a nazione. Nel senso che, ad esempio, dato un periodo di iniziale acclimatamento al concetto dell'immagine in movimento, anche un selvaggio che fino a ieri non aveva avuto nessun contatto col cinema coglierà che passare da un'inquadratura ampia a un primo piano significa focalizzare e restringere l'attenzione.
Mentre è di contro evidente il tizio che parlava di regole matematiche diceva una stronzata. E ancora più una stronzata è l'idea che, ponendo il caso che tali regole esistano, The Dark Knight possa averle violate.
Ci sono parti del film che trovo deboli, anche se, come è ovvio, non vi è né vi può essere, in una pellicola hollywoodiana di questo livello, alcun errore "grammaticale" nel montaggio. Ma la costruzione della tensione almeno nella parte centrale è assolutamente da manuale.
Per il resto trovo abbastana condivisibile il resto del discorso, anche secondo me la comprensione piena del film può esserci solo dopo la parola "fine".
Una recensione scritta da uno che ha visto solo il primo tempo di un film sarà quasi sempre più incompleta (non necessariamente migliore) rispetto a quella scritta da qualcuno che lo ha visto tutto.
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 05-10-2008 14:06 |
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quote: In data 2008-10-01 16:50, Richmondo scrive:
Quale credete sia l'approccio migliore nella critica cinematografica? Un analisi testuale accurata, puntuale e sempre impeccabile riguardo al riconoscimento di quelle regole (ferree, matematiche) da sempre accettate nel cinema, oppure il ragionamento a posteriori, un'esegesi sicuramente condizionata dalla trasfigurazione, nel tempo, dell'immagine vista (vissuta), ma comunque già scremata di tutto il superfluo, di tutti i fronzoli, ma densa e piena solamente di quel senso che è rimasto impresso dentro di noi?
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Queste tematiche ricorrono spesso, le abbiamo affrontate tantissime volte, di passaggio, durante discussioni varie) e in topic specifici. Ma vale sempre la pena di tornarci su. Proverò a riassumere la mia idea sperando di non ripetermi troppo.
Esistono tecniche di ripresa, alcune risalenti ai tempi di Griffith che le mise a punto, praticamente "codificate", basilari, a cui tutti i registi fanno da allora ricorso, e altre, più sperimentali e rivoluzionarie (naturale evoluzione delle prime, nel corso del tempo, risultati di innesti del superamento ed insieme della continuità con la tradizione), che servono a dare voce al linguaggio. Ma non a creare il linguaggio che esiste prima delle tecniche che semplicemente lo "incartano". Come accade nella scultura: la statua esiste già nel grezzo ed inanimato blocco marmoreo (la materia), si tratta solo di liberarla con lo scalpello (lo strumento). Stesso discorso per quanto riguarda la musica: nella tastiera di un pianoforte, ad esempio, in quell’ordinata e “matematica” fuga di tasti bianchi e neri (la materia) si chiede soltanto di liberare le infinite, inesauribili combinazioni sonore con le “dita” (lo strumento). Il linguaggio non è dunque la tecnica, né la materia, né lo strumento, ma è lo spirito stesso dell'arte che alberga nell’uomo, da sempre, è la trasfigurazione lirica, il sentimento poetico, l’immaginario collettivo, comune denominatore della riconoscibilità, che esprime un’infinità di mondi poetici, sempre diversi e rinnovati, nelle molteplici fonti d’ispirazione, pur nell’unico e comune punto di aspirazione ideale e spirituale. Per restare al cinema, il suo linguaggio è lo stesso linguaggio dell’intera storia “artistica” e psichica (che sono la stessa cosa) dell’uomo: linguaggio unico e multiforme che di volta in volta si trasferisce, assumendo forme diverse, ricorrendo a materie e strumenti diversi, nei differenti territori delle varie arti che sono invero un’unica sola arte. Il linguaggio dei graffiti preistorici, della musica, della danza, della pittura, della letteratura, ecc, sono dunque anche la base del linguaggio cinematografico. Più che di matematica (anche se l’”arida” matematica è presente un po’ in tutto - tecnica, tecnologia, scienza, arte -, dove tuttavia può restare celata mentre compiere il suo invisibile lavoro) parlerei di architettura, di volumi, di proporzioni di forme, di ordine estetico che danno voce e corpo al linguaggio. Ma una volta stabilito (e questo lo si può più o meno facilmente stabilire, studiare, analizzare, basta seguire il “manuale”) che tecniche, forme, materia e strumenti, siano ben funzionanti, giostrati con grande maestria, resta da verificare la “verità” artistica ed estetica del linguaggio. Che trascende le verità della tecnica, della matematica, della materia, dello strumento. Qui si complicano le cose, l’analisi strutturale, non basta, non aiuta a capire perché, date due opere, entrambe tecnicamente perfette, come da manuale, una funziona e l’altra no. O meglio perché un linguaggio riesce a “parlarci” mentre l’altro ci lascia freddi e indifferenti, anche se ne ammiriamo la confezione che si perde come polvere sollevata dal vento. E’ un po’ come accade con la bellezza umana. Prendiamo una donna. Ha le tre fatidiche misure (seno, fianchi spalle.., se non ricordo male) perfette, canoniche, da manuale, ben tornita e soda, bel viso, abbronzata, ecc, eppure… una donna piena di difetti, le cui forme non corrispondono ai canoni di bellezza dettati dal manuale, da quella “disumana” matematica del corpo, ci attizza più della prima.
Qui salta tutto… ci rendiamo conto che occorre altro per afferrare e riconoscer(ci)e i(ne)l “mistero” dell’arte, comprendiamo quanto sia inutile la critica, “malata di limiti”, nemica della poesia che non “chiede forme, bensì midollo di forme”, che più “… non esiste né mappa né esercizio … [che esauriscono] tutta la dolce geometria appresa, che rompe gli stili … che fa si che Goya, maestro dei grigi, degli argenti e dei rosa della miglior pittura inglese, dipinga con le ginocchia e i pugni con orribili neri bitume … o veste con un abito verde da saltimbanco il tenero corpo di Rimbaud, o colloca occhi di pesce morto al conte di Lautréamont nell’alba del boulevard…” (F.G. Lorca – Teoria e gioco del duene)”
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TheSpirit
Reg.: 21 Set 2008 Messaggi: 3605 Da: Napoli (NA)
| Inviato: 06-10-2008 02:55 |
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quote: In data 2008-10-05 14:06, AlZayd scrive:
quote: In data 2008-10-01 16:50, Richmondo scrive:
Quale credete sia l'approccio migliore nella critica cinematografica? Un analisi testuale accurata, puntuale e sempre impeccabile riguardo al riconoscimento di quelle regole (ferree, matematiche) da sempre accettate nel cinema, oppure il ragionamento a posteriori, un'esegesi sicuramente condizionata dalla trasfigurazione, nel tempo, dell'immagine vista (vissuta), ma comunque già scremata di tutto il superfluo, di tutti i fronzoli, ma densa e piena solamente di quel senso che è rimasto impresso dentro di noi?
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Queste tematiche ricorrono spesso, le abbiamo affrontate tantissime volte, di passaggio, durante discussioni varie) e in topic specifici. Ma vale sempre la pena di tornarci su. Proverò a riassumere la mia idea sperando di non ripetermi troppo.
Esistono tecniche di ripresa, alcune risalenti ai tempi di Griffith che le mise a punto, praticamente "codificate", basilari, a cui tutti i registi fanno da allora ricorso, e altre, più sperimentali e rivoluzionarie (naturale evoluzione delle prime, nel corso del tempo, risultati di innesti del superamento ed insieme della continuità con la tradizione), che servono a dare voce al linguaggio. Ma non a creare il linguaggio che esiste prima delle tecniche che semplicemente lo "incartano". Come accade nella scultura: la statua esiste già nel grezzo ed inanimato blocco marmoreo (la materia), si tratta solo di liberarla con lo scalpello (lo strumento). Stesso discorso per quanto riguarda la musica: nella tastiera di un pianoforte, ad esempio, in quell’ordinata e “matematica” fuga di tasti bianchi e neri (la materia) si chiede soltanto di liberare le infinite, inesauribili combinazioni sonore con le “dita” (lo strumento). Il linguaggio non è dunque la tecnica, né la materia, né lo strumento, ma è lo spirito stesso dell'arte che alberga nell’uomo, da sempre, è la trasfigurazione lirica, il sentimento poetico, l’immaginario collettivo, comune denominatore della riconoscibilità, che esprime un’infinità di mondi poetici, sempre diversi e rinnovati, nelle molteplici fonti d’ispirazione, pur nell’unico e comune punto di aspirazione ideale e spirituale. Per restare al cinema, il suo linguaggio è lo stesso linguaggio dell’intera storia “artistica” e psichica (che sono la stessa cosa) dell’uomo: linguaggio unico e multiforme che di volta in volta si trasferisce, assumendo forme diverse, ricorrendo a materie e strumenti diversi, nei differenti territori delle varie arti che sono invero un’unica sola arte. Il linguaggio dei graffiti preistorici, della musica, della danza, della pittura, della letteratura, ecc, sono dunque anche la base del linguaggio cinematografico. Più che di matematica (anche se l’”arida” matematica è presente un po’ in tutto - tecnica, tecnologia, scienza, arte -, dove tuttavia può restare celata mentre compiere il suo invisibile lavoro) parlerei di architettura, di volumi, di proporzioni di forme, di ordine estetico che danno voce e corpo al linguaggio. Ma una volta stabilito (e questo lo si può più o meno facilmente stabilire, studiare, analizzare, basta seguire il “manuale”) che tecniche, forme, materia e strumenti, siano ben funzionanti, giostrati con grande maestria, resta da verificare la “verità” artistica ed estetica del linguaggio. Che trascende le verità della tecnica, della matematica, della materia, dello strumento. Qui si complicano le cose, l’analisi strutturale, non basta, non aiuta a capire perché, date due opere, entrambe tecnicamente perfette, come da manuale, una funziona e l’altra no. O meglio perché un linguaggio riesce a “parlarci” mentre l’altro ci lascia freddi e indifferenti, anche se ne ammiriamo la confezione che si perde come polvere sollevata dal vento. E’ un po’ come accade con la bellezza umana. Prendiamo una donna. Ha le tre fatidiche misure (seno, fianchi spalle.., se non ricordo male) perfette, canoniche, da manuale, ben tornita e soda, bel viso, abbronzata, ecc, eppure… una donna piena di difetti, le cui forme non corrispondono ai canoni di bellezza dettati dal manuale, da quella “disumana” matematica del corpo, ci attizza più della prima.
Qui salta tutto… ci rendiamo conto che occorre altro per afferrare e riconoscer(ci)e i(ne)l “mistero” dell’arte, comprendiamo quanto sia inutile la critica, “malata di limiti”, nemica della poesia che non “chiede forme, bensì midollo di forme”, che più “… non esiste né mappa né esercizio … [che esauriscono] tutta la dolce geometria appresa, che rompe gli stili … che fa si che Goya, maestro dei grigi, degli argenti e dei rosa della miglior pittura inglese, dipinga con le ginocchia e i pugni con orribili neri bitume … o veste con un abito verde da saltimbanco il tenero corpo di Rimbaud, o colloca occhi di pesce morto al conte di Lautréamont nell’alba del boulevard…” (F.G. Lorca – Teoria e gioco del duene)”
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Bellissimo post, clap clap... |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 06-10-2008 12:20 |
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GaZZie! (alla Guccini...)
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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Richmondo
Reg.: 04 Feb 2008 Messaggi: 2533 Da: Genova (GE)
| Inviato: 07-10-2008 12:40 |
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[quote: In data 2008-10-05 14:06, AlZayd scrive:
quote: In data 2008-10-01 16:50, Richmondo scrive:
Quale credete sia l'approccio migliore nella critica cinematografica? Un analisi testuale accurata, puntuale e sempre impeccabile riguardo al riconoscimento di quelle regole (ferree, matematiche) da sempre accettate nel cinema, oppure il ragionamento a posteriori, un'esegesi sicuramente condizionata dalla trasfigurazione, nel tempo, dell'immagine vista (vissuta), ma comunque già scremata di tutto il superfluo, di tutti i fronzoli, ma densa e piena solamente di quel senso che è rimasto impresso dentro di noi?
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Queste tematiche ricorrono spesso, le abbiamo affrontate tantissime volte, di passaggio, durante discussioni varie) e in topic specifici. Ma vale sempre la pena di tornarci su. Proverò a riassumere la mia idea sperando di non ripetermi troppo.
Esistono tecniche di ripresa, alcune risalenti ai tempi di Griffith che le mise a punto, praticamente "codificate", basilari, a cui tutti i registi fanno da allora ricorso, e altre, più sperimentali e rivoluzionarie (naturale evoluzione delle prime, nel corso del tempo, risultati di innesti del superamento ed insieme della continuità con la tradizione), che servono a dare voce al linguaggio. Ma non a creare il linguaggio che esiste prima delle tecniche che semplicemente lo "incartano". Come accade nella scultura: la statua esiste già nel grezzo ed inanimato blocco marmoreo (la materia), si tratta solo di liberarla con lo scalpello (lo strumento). Stesso discorso per quanto riguarda la musica: nella tastiera di un pianoforte, ad esempio, in quell’ordinata e “matematica” fuga di tasti bianchi e neri (la materia) si chiede soltanto di liberare le infinite, inesauribili combinazioni sonore con le “dita” (lo strumento). Il linguaggio non è dunque la tecnica, né la materia, né lo strumento, ma è lo spirito stesso dell'arte che alberga nell’uomo, da sempre, è la trasfigurazione lirica, il sentimento poetico, l’immaginario collettivo, comune denominatore della riconoscibilità, che esprime un’infinità di mondi poetici, sempre diversi e rinnovati, nelle molteplici fonti d’ispirazione, pur nell’unico e comune punto di aspirazione ideale e spirituale. Per restare al cinema, il suo linguaggio è lo stesso linguaggio dell’intera storia “artistica” e psichica (che sono la stessa cosa) dell’uomo: linguaggio unico e multiforme che di volta in volta si trasferisce, assumendo forme diverse, ricorrendo a materie e strumenti diversi, nei differenti territori delle varie arti che sono invero un’unica sola arte. Il linguaggio dei graffiti preistorici, della musica, della danza, della pittura, della letteratura, ecc, sono dunque anche la base del linguaggio cinematografico. Più che di matematica (anche se l’”arida” matematica è presente un po’ in tutto - tecnica, tecnologia, scienza, arte -, dove tuttavia può restare celata mentre compiere il suo invisibile lavoro) parlerei di architettura, di volumi, di proporzioni di forme, di ordine estetico che danno voce e corpo al linguaggio. Ma una volta stabilito (e questo lo si può più o meno facilmente stabilire, studiare, analizzare, basta seguire il “manuale”) che tecniche, forme, materia e strumenti, siano ben funzionanti, giostrati con grande maestria, resta da verificare la “verità” artistica ed estetica del linguaggio. Che trascende le verità della tecnica, della matematica, della materia, dello strumento. Qui si complicano le cose, l’analisi strutturale, non basta, non aiuta a capire perché, date due opere, entrambe tecnicamente perfette, come da manuale, una funziona e l’altra no. O meglio perché un linguaggio riesce a “parlarci” mentre l’altro ci lascia freddi e indifferenti, anche se ne ammiriamo la confezione che si perde come polvere sollevata dal vento. E’ un po’ come accade con la bellezza umana. Prendiamo una donna. Ha le tre fatidiche misure (seno, fianchi spalle.., se non ricordo male) perfette, canoniche, da manuale, ben tornita e soda, bel viso, abbronzata, ecc, eppure… una donna piena di difetti, le cui forme non corrispondono ai canoni di bellezza dettati dal manuale, da quella “disumana” matematica del corpo, ci attizza più della prima.
Qui salta tutto… ci rendiamo conto che occorre altro per afferrare e riconoscer(ci)e i(ne)l “mistero” dell’arte, comprendiamo quanto sia inutile la critica, “malata di limiti”, nemica della poesia che non “chiede forme, bensì midollo di forme”, che più “… non esiste né mappa né esercizio … [che esauriscono] tutta la dolce geometria appresa, che rompe gli stili … che fa si che Goya, maestro dei grigi, degli argenti e dei rosa della miglior pittura inglese, dipinga con le ginocchia e i pugni con orribili neri bitume … o veste con un abito verde da saltimbanco il tenero corpo di Rimbaud, o colloca occhi di pesce morto al conte di Lautréamont nell’alba del boulevard…” (F.G. Lorca – Teoria e gioco del duene)”
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Bellissimo.
Centrato il succo del discorso, eponendolo sicuramente molto meglio di come potessi mai fare io.
Questo, quindi, dà la misura di come il cinema - o l'arte - sia(no) faccende effettivamente tanto di testa, quanto di pancia. Come nel calcio, dove un buon talento non può sopperire alla mancanza di una mente lucida e di una certa cognizione tecnica.
Paragone all'apparenza infelice, lo so, ma in fin dei conti tutti sappiamo (anche se spesso lo neghiamo) che dietro lo sport c'è la competizione, quindi la voglia di affermarsi, quando non, più spesso, di dimostrare, parlare, comunicare alla collettività - o ad un insieme disomogeneo di individui - che noi abbiamo qualcosa da far vedere, da raccontare.
Così anche nell'arte, e soprattutto in essa, dove probabilmente sparisce la volontà di affermarsi od imporsi, ma permane quell'istinto inguaribile dell'uomo, che è una sentita volontà di comunicazione, di dialogo.
Mi preoccupa, in tal senso, l'incartamento che parrebbero star subendo forme artistiche e comunicative come la pittura, soppiantate letteralemnte, appunto, dal linguaggio cinematografico. Il quale, se non - da molti (la massa) considerato alla stregua delle altre arti (pur sapendo, noi, benissimo che di arte si tratta), ma casomai scremato delle sue componenti comunicative per lasciarlo da solo in balia del solo ed unico intrattenimento (che mai ho rinnegato) - sembrerebbe una forma comunicativa innegabilmente più completa e, come tale, degna di essere sfruttata, da chi ancora si ritenga portatore di idee nuove e degne di esportazione, come mezzo di dialogo, non diffusione, ma avvicinamento fra lo stesso artista ed il suo pubblico.
Nella pittura, sinceramente, continua l'estetica ad essere fulcro di tutto il discorso, ma sono venute meno (e questa è solo una mia personalissima impressione, naturalmemnte, smentibile e contestabile, se lo si vorrà, in qualsiasi momento) le implicazioni proprio linguistiche, sintattiche, di un'arte che ha smesso di essere un linguaggio aperto ed accessibile a tutti. Mi pare che il quadro giaccia oggi nell'oblio di un universo introverso, quello di chi lo produce, lo realizza, senza più la benché minima pretesa di porsi in rapporto con chi ne fruisce, bensì prendendone proprio le distanze, negando ogni possibile contatto od ogni presumibile apiglio esegetico, interpretativo.
L'impressione che mi sono fatto del pitore contemporaneo è quella di un artista che parla da solo, afflitto dala sua stessa condizione di immobilità, tanto sua, quanto della sua stessa arte, tropo vetusta, secondo la moltitudine, tropo ancorata al quadro, appunto, a ciò che è incluso, alle linee - interpretabili, leggibili, visionabili e traducibili finché si vuole - ma pur sempre ferme, statiche. Troppo lontane, da un lato, da quell'idea di progressione temporale e narrativa che le contrappongono linguaggi più "aggiornati" come appunto il fumetto od il cinema; dall'altro, da quei concetti di realismo, nella sua accezione più "materiale", rappresentativa, fisica, insomma, del termine, che ad essa mancano e che la pongono in antagonismo a forme d'arte - e comunicative - decisamente più ancorate al linguaggio del "reale", che sfruttano una materia già di per sé preesistente, quindi già piena dello spirito e, citando le tue stesse parole, del midollo dell'arte, liberandola con lo scalpello o con una reflex digitale (od analogica): mi riferisco, ovviamente, alla scultura e alla fotografia.
Naturalmente questa è solo una mia personalissima ed opinabile impressione, derivatami dalla mia limitata esperienza, la quale mi ha portato ad avvicinarmi inconsciamente al cinema anche e proprio per quest'aspetto e a far sì che, nei giri e nei rigiri, abbia potuto riscontrare molto più interesse alle diffusissime mostre fotogafiche, alle gallerie espositive di sculture, che non alle più (quantitativamente) scarse esposizioni di quadri.
_________________
L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.
[ Questo messaggio è stato modificato da: Richmondo il 07-10-2008 alle 12:48 ] |
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joeblack
Reg.: 23 Set 2004 Messaggi: 12354 Da: Roma (RM)
| Inviato: 07-10-2008 13:10 |
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mi accodo ai complimenti per il post, ma visto che sono un ingegnere vorrei precisare
quote: In data 2008-10-05 14:06, AlZayd scrive:
Prendiamo una donna. Ha le tre fatidiche misure (seno, fianchi spalle.., se non ricordo male)
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.. trattasi bensì di seno, vita e fianchi. |
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TheSpirit
Reg.: 21 Set 2008 Messaggi: 3605 Da: Napoli (NA)
| Inviato: 07-10-2008 13:24 |
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E si è scoperto che Joeblack era il lettore più attento di Tuttocinema... |
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joeblack
Reg.: 23 Set 2004 Messaggi: 12354 Da: Roma (RM)
| Inviato: 07-10-2008 13:31 |
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quote: In data 2008-10-07 13:24, TheSpirit scrive:
E si è scoperto che Joeblack era il lettore più attento di Tuttocinema...
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no dai, così mi fai arrossire...
e poi ci combatto quotidiamente con quel tipo di misurazioni, per cui non ho potuto fare a meno di intervenire, una sorta di deformazione professionale... |
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vietcong
Reg.: 13 Ott 2003 Messaggi: 4111 Da: roma (RM)
| Inviato: 07-10-2008 13:43 |
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sei ingegnere o sarto?
_________________
Klaatu barada nikto!
[ Questo messaggio è stato modificato da: vietcong il 07-10-2008 alle 13:43 ] |
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vietcong
Reg.: 13 Ott 2003 Messaggi: 4111 Da: roma (RM)
| Inviato: 07-10-2008 13:44 |
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quote: In data 2008-10-02 14:46, DeadSwan scrive:
quote: In data 2008-10-02 13:51, sandrix81 scrive:
sì sì la tesi è quella, ma il tipo è chiaramente un demente.
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Vabbe', avevo del tempo da perdere per rimarcare l'ovvio.
Scherzi a parte, trovo le analisi formali degli strumenti particolarmente utili (ma appunto: "strumenti") se usati con criterio, non mi va di vederle sputtanate da gente che ha appena scoperto il kit del piccolo critico.
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ma veramente, dio ci scampi da questi piccoli anatomisti con uno zeppo nel culo e niente nel cuore
_________________ La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 07-10-2008 13:44 |
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forse sta perfezionando la procedura per creare La donna esplosiva.
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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