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jarhead |
Atreiu
 Reg.: 14 Gen 2006 Messaggi: 24 Da: Torino (TO)
| Inviato: 18-02-2006 18:48 |
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é uscito il nuovo film di Mendes! Io lo vedrò domenica. Chi l'ha già visto non aspetti a farci sapere cosa ne pensa |
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kubrickfan
 Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 18-02-2006 19:52 |
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un film sulla guerra in irak ( la prima ) e' un frullato cinematografico di tanti altri film ( mitici) come full metal jacket,apocalypse now,il cacciatore.l'inizio riprende la caserma dove zio stanley ha girato fmj , e il film e' incentrato sulla gloria del colpo solo, singolo e preciso ( filosofia del cacciatore).bisogna dire che nel film i capolavori sopracitati sono ampiamente mostrati da mendes,senza voler attingere al loro immaginario collettivo ingannando lo spettatore non preparato che pensa a chissa' che genio del regista che li usa ( la cosa e' molto piu' frequente di quanto si pensi...) : fatte queste premesse bisogna dire che il film non e' malaccio, macho al punto giusto e senza troppa morale, i marines vengono indottrinati ma la loro indole verso l'uccisione e' sincera e voluta, come e' in fondo nella realta',consapevoli di essere macchine di morte e la cosa peggiore che gli puo' capitare e' che qualcuno gli impedisca di uccidere il nemico.Tutti i protagonisti sono sincopati,violenti e folli ( x natura o per situazione ).iL film e' ideologicamente diviso in 2 parti , come in fmj una nella caserma e una nel campo da ( non ) combattimento,e la migliore e ' sicuramente quella nel deserto perche' piu' diversificata nelle situazioni, con un lavoro sulla psiche dei personaggi piu' stratificato.Belle le situazioni notturne, dove in fondo il lavoro di distruzione degli aerei non gli permette il combattimento tanto agognato ma crea delle situazioni oniriche ,con paesaggi desertici illuminati e uomini infangati e coperti di nero del petrolio che brucia ( la terra sanguina....) .Un film che non denuncia e non critica nulla in fondo,rimane un po' a se' perche' il pensiero dei protagonisti e' solo di rassegnazione e consapevolezza di essere marines,giusto o sbagliato che sia.
Il suo grosso difetto e' non la mancata o presente denuncia di fatti o misfatti,ma quanto piu' la stiratezza delle situazioni che molte volte si ripetono ( la tiritera che essere marines e' essere nella m**** a vita e' presentissima, con gabinetti sempre presenti e latrine dovunque ) , la troppa citazione che alla fine puo' infastidire ( l'inizio e' identico a fmj ) e la paradossalita' di alcune situazioni.( che senso ha scavare buche nel petrolio? possibile che la compagnia prosegua l'occupazione del deserto solo in otto ?si puo' cucinare dei wurstel sulle casse di ........ ?) .La regia e' comunque ottima e il regista di american beauty si conferma talentuoso.un bloopers e una curiosita': sono inquadrati dei pc con schermi ultrapiatti flat ( nel 90 non c'erano) e viene utilizzato per una parte cameo lo strepitoso padre marine foille di american beauty.Per una serata di dismpegno va bene, oltre per me non arriva a pungere la coscienza...... |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 18-02-2006 22:26 |
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Per ora dico solo che non mi è affatto piaciuto.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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Tristam ex "mattia"
 Reg.: 15 Apr 2002 Messaggi: 10671 Da: genova (GE)
| Inviato: 19-02-2006 02:01 |
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Ciao Peppe,
gurda tu sai e se non lo sai lo ripeto la mia avversione nei confronti di Mendes... American Beauty mi era sembrato un film appena appena interessante e assolutamente lontano da quella bellissima ingenuità che caratterizza e sensibilizza le opere prime, mentre Era mio padre un film assolutamente sconclusionato, macchinoso, estetizzante e vuoto perchè senza una struttura su cui basare una certa ricercatezza ridondante...
Eppure sono rimasto piacevolmente colpito, anzi quasi entusiasta, di questo ultimo film. E per una ragione semplicissima: sembra la vera opera prima di Mendes. Jarhead ha la semplicità e la dolcezza di uno sguardo leggermente critico eppure efficace e oggettivo, un metodo di messa in scena semplice e per nulla ricercato e calcato (seppure è vero che sia molto studiato, ma non passa nemmeno troppo) archittetato con linearità e con una progressione narrativa che elude tutte quelle considerazioni moralistiche che avrebbero appesantito un film sulla guerra nel golfo. Inoltre si costruisce su una mobilità liquida (se così posso dire) che non blocca la regia in scelte troppo azzardate e ricercate, lasciando il giusto spazio di azione e di variazione ritmica a seconda delle necessità imposte dalla narrazione...
Narrazione poi mai veramente ingombrante, ma al contrario molto attiva e semplificata in quegli stereotipi di una cultura che vagamente colpisce la generazione che negli anni 90 aveva 20 anni o giù di lì (vedi anche banalmente la citazione a Star Wars).
Mendes mi è sembrato per la prima volta cosciente dei suoi mezzi, delle possibilità del suo cinema che negli altri film avevano preso per esclusione delle strade troppo poco autorevoli...
Non dimentichiamo che il film è tratto da un romanzo e che quindi tutte le implicazioni della guerra, le considerazioni morali etc etc fanno parte del punto di vista di un protagonista che racconta le cose come lui le ha vissute. Sono certo che non sono queste le cose che ti hanno dato fastidio del film perchè di fatto non appartengono al film stesso, ma bensì al libro... So che il tuo giudizio è racchiuso nelle implicazioni filmiche...
ma dimmi... cosa c'è di preciso che non ti ha convinto?
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Una minchia/sapida
[ Questo messaggio è stato modificato da: Tristam il 19-02-2006 alle 02:06 ] |
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kubrickfan
 Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 19-02-2006 08:42 |
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Sono certo che non sono queste le cose che ti hanno dato fastidio del film perchè di fatto non appartengono al film stesso, ma bensì al libro... So che il tuo giudizio è racchiuso nelle implicazioni filmiche... ( da tristam )
attendo anche io il giudizio di alz per sapere cosa ne pensa e per sentirne le motivazioni,( e quello di tutti gli altri ovvio ) vorrei solo sottolineare che se mendes e' cosi' impastoiato nella trasposizione filmica di uno scritto allora si perde gia' di base ogni caratteristica autoriale,amando american beauty ( film quanto mai riuscito e apripista di varie cose nell'imamginario filmico ) sono convinto che sam abbia voluto rimanere e trasporre in maniera fedele il libro non per pastoie varie(diritti, produzione ) ma perche' questo era quello che voleva mostrare.E a quel punto il discorso di fatto se pecca e' derivazione sia filmica che letteraria. |
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Tristam ex "mattia"
 Reg.: 15 Apr 2002 Messaggi: 10671 Da: genova (GE)
| Inviato: 19-02-2006 13:28 |
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indubitabile.
ma proprio per il fatto che i contenuti morali e blandamente narrativi appartengono ad un libro prima che al film non si può giudicare il film per cose contenute altrove, se non unicamente il regista o chi per lui per aver scelto le trasposizione per immagini. Che certo comunque non è mica poco eh... Ogni scelta è vagliabile di morale... prima e mentre si gira il film.
Già altrove dissi, per fare un esempio, che Arancia Meccanica non è un film interessante per il modo in cui i personaggi parlano, o per il fatto che si presenta la violenza come stile di vita,ma per altri motivi inerenti al film E questo poichè la base narrativa appartiene prima al libro di Burgess...
così, se si vuole giudicare il film di Mendes non si possono certo addurre responsabilità che non gli apprtengono... Al massimo si possono considerare queste responsabilità come una base da cui si parte...
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Una minchia/sapida
[ Questo messaggio è stato modificato da: Tristam il 19-02-2006 alle 13:30 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: Tristam il 19-02-2006 alle 13:32 ] |
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Janet13 ex "vinegar"

 Reg.: 23 Ott 2005 Messaggi: 15804 Da: Cagliari (CA)
| Inviato: 20-02-2006 10:24 |
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Non ho letto il libro, pertanto non so dire se Mendes sia stato fedele o meno.
Il film mi ha lasciato totalmente indifferente: personaggi stereotipati, alcune scene troppo lunghe, non indispensabili per la comprensione del film, troppe frasi ad effetto.
Al contrario ottima la fotografia, la colonna sonora e anche la caratterizzazione di alcuni personaggi.
Al contrario di Kubrickfan ho trovato la prima parte più intensa per via delle varie trasformazioni che i protagonisti subiscono dal momento del loro ingresso. |
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nboidesign
 Reg.: 18 Feb 2006 Messaggi: 4789 Da: Quartu Sant'Elena (CA)
| Inviato: 20-02-2006 10:57 |
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credo che il film potesse durare tranquillamente mezz'ora in meno senza risentirne.
Inoltre ho trovato Jake Gyllenhaal molto piatto nella recitazione, troppe pause, troppi momenti riflessivi e uno sguardo da pesce lesso che non faceva trasparire emozioni.
Jamie Foxx mi è sembrato all'altezza, ma credo fosse l'unico.
La colonna sonora inoltre la reputo un incompiuto, bei pezzi musicali ma che non hanno saputo incorniciare al meglio il film e calcare su determinati punti.
Non avendo letto il libro non so quanto Sam Mendes sia rimasto fedele ad esso, ma anche se fosse così, questa non è un'attenuante, poichè se il libro è mediocre non per forza deve venir fuori un film mediocre. e viceversa.
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NancyKid ex "CarbonKid"
 Reg.: 04 Feb 2003 Messaggi: 6860 Da: PR (PR)
| Inviato: 23-02-2006 13:47 |
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qualche pensierino già pubblicato QUI
VITA E MORTE DI SAM MENDES
Amavo Sam Mendes alla follia. Così amabile (bisognava amare Sam Mendes) così lucido e (anche se molti ancora lo negano) così fottutamente personale nel mostrarci un’America si patinata (oscuramente patinata, grazie alla fotografia di Conrad L.Hall, morto l’anno di Era mio padre), ma così elegantemente noir e inversamente in decadenza di valori che scorrono a retro. American Beauty è la folgorazione dell’esordio al lungometraggio cinematografico, tra i film migliori degl’anni 90’, un classico ritinto di (in)valori attualizzati, come un lungo squarcio gelido e alienante, depresso seppur carico di quella tenerezza della solitudine che pochi registi americani della nuovissima generazione avevano saputo mostrare sullo schermo. Poi seguì Era mio padre, un viaggio nell’America di Al Capone che sembra irrimediabilmente unire Howard Hawks a Clint Eastwood, non solo per quella fattura così incenerita e carbonizzata, per quei duelli che sembrano tanto una resa dei conti (sia col tradimento indiretto che diretto) tra pelle carne e sangue western, film di sacrificio e anche stavolta, di valori oscurati dalla vita (dura): questione di scelte e di etica, potremmo in fondo affermare.
In questa new Hollywood della new Hollywood Sam Mendes non poteva che conquistarsi un posto nell’Olimpo (con le varie divergenze, è ovvio), e con trepidanza aspettavamo (in gergo potremmo dire: attendevamo col cazzo in mano) questo Jarhead, in qualche modo il completamento di questa specie di trilogia sull’America dai valori decaduti, e quale miglior occasione da cogliere se non la guerra per il petrolio che tanto ha destato scandalo e scalpore, un film bellico quindi, di militari (in questo caso: marines) dalla testa rapata (e dalla forma di queste teste deriva il senso del titolo) che sembrano delle “scodelle vuote”. E la percezione è che le teste di questi marines mostratoci siano veramente scodelle vuote, prive di riflessione e di consumo. O forse (anzi: sicuramente), e questa è dura da ammettere, è la testa di Sam Mendes che si è trasformata in una scodella vuota, cancellando di fatto ogni nostro rispetto ed affetto nei suoi confronti, perché Mendes cancella sé stesso, non solo togliendosi dalla propria mano registica tutto ciò che lo distingueva da ogni comune e qualunque regista giovincello hollywoodiano, ma anche cambiando completamente rotta dal classico al post-moderno inteso nel senso più cool del termine, svuotando di fatto la significazione riflessiva e riflettente del suo Cinema. Difficile, a primo occhio, credere che dietro questa spazzatura di film ci sia proprio la stessa mano del realizzatore di American Beauty ed Era mio padre, anche se eravamo stati avvertiti da quel trailer che sparava musica simpatizzante hip-hop e frasi ad effetto come “Benedico ogni giorno che sto nei marines” pronunciata da un Jamie Foxx, che passata la mimica metempsicotica di Ray, si dilegua nel gigioneggiare in mezzo al deserto.
Per non subire lo stesso trattamento (iper-torturante, ammettiamo) che abbiamo subito, bisognerebbe dunque dimenticare tutto ciò che Mendes ha fatto in questo passato prossimo, fingere che sia la prima volta che lo vediamo sugli schermi, in quanto il proprio topoi (amabilissimo) del Cinema mendesiano è completamente inesistente in Jarhead.
In primis la meditazione, corredata da piani fissi per imprimere la riflessione (o (in)volontariamente il ritratto) dei personaggi, o meglio, del personaggio fulcro che ritagliava perfettamente un proprio spazio nel racconto corale, diventando di fatto corpo sangue e ossa che irrimediabilmente rispecchiava non tanto uno stereotipo della società, bensì la nullità di questa società, in un’indagine per la ricerca del riscatto. Il Kevin Spacey di American Beauty o il Tom Hanks di Era mio padre, che giunti ad un punto cruciale della loro vita, ne cambiano totalmente la direzione, in un tentato ricerca di assoluzione o perdizione; la critica velata di silenzio sussiste proprio in questi tentativi di riscatto, in questa scelta di condanna, di malattia che si riflette negl’occhi del proprio contorno sociale. In Jarhead invece, non c’è nulla di introspettivo, forse perché alla storia (quella di Jack Gyllenhaal), Mendes preferisce far parlare le storie, provando a delinearci la collettiva dei marines in un tentativo di sguardo corale e generalizzante a questo elite. Però questi marines vengono privati della loro personalità, del loro modo di pensare e d’intendere la vita, delle loro ideologie sul mondo (indirettamente la risposta c’arriva proprio da uno dei personaggi, che sussurra: “Noi siamo qui, ed è questa l’unica cosa importante”). Abbiamo dunque un raffreddamento di sensi e di sensazioni, che non ci permette di amare nessuna di queste anime vaganti, in quanto non c’è un minimo intreccio con l’apparato emotivo dello spettatore. Sono caratterizzazioni così piatte e lineari, prive di un cambiamento o di un’evoluzione (o retro-evoluzione), dove la guerra non è che un intermezzo nel nulla, un intervallo tra 2 tempi dalla stessa polarità psicologica. Tantochè vedremo pochissimo sangue nell’opera (perlopiù scorreranno invece le nuvole di fumo di petrolio bruciante rifatto a pc grazie alla Industrial light and magic di Lucas), e loro, i marines, incazzatelli in quanto non hanno ammazzato nessuno, malinconici perché non hanno visto la guerra che volevano. Si torna a casa tra un funerale e un paio di corna, con l’indifferenza sotto mano. E Jake Gyllenhaal, che è arrivato in Iraq senza uno scopo nella vita, se ne torna negli States nello stesso modo.
In modo ambiguamente pericoloso, Mendes spettacolarizza la guerra, e in questo senso è emblematica la scena dove i soldati, guardando sul grande schermo Apocalypse now di Coppola, siano completamente esaltati dall’arrivo degl’elicotteri per lo sterminio dei vietcong e dei civili. Indirettamente, forse, Mendes arriva ancora una volta a mostrarci un’America malata, ma fatto in un modo così distaccato e privo d’interiorizzazione che la sua operazione si riduce ad una pura esibizione di coolness, tantochè la colonna sonora ci bombarda continuamente di quella musica rappo-ganstà fastidiosa all’inverosimile, come se la guerra sia un’esibizione tra big boys, in un procedere simil vagamente Tarantiniano, fino alla scena dove i soldati arrivano con un’immagine dissolta nel deserto come fossero i RunDmc pronti a fare una gara rap con gl’arabi in cammello.
Una volta, Francois Truffaut disse che è impossibile girare un film di guerra pacifista, in quanto mostrarlo al Cinema equivarrebbe, implicitamente o esplicitamente, a spettacolarizzarlo e a renderlo appetibile. E Jarhead ottiene proprio questo effetto perché tinto di insensibilità dall’inizio alla fine, senza una chiave d’approccio investigativa o introspettiva nella mente di questi marines spediti al fronte e rispediti indietro senza volontariamente un come e un perché. Una messa in scena impersonale e comune a diversi action movies che girano tranquillamente per i multiplex per un sabato sera in compagnia, tra macchine a mano e un qualcosa che un tempo si usava chiamare dinamismo(?).
Ripercorrendo all’inverso la (breve) filmografia di Mendes, ricordiamo con particolare affetto e amore la scena del ragazzo che riprende un sacchetto vagante in American Beauty, esponendoci l’illimitatezza del mondo nel suo essere assoluto e totale. Ma Mendes sembra aver perso questo amore per la scoperta e per il pensiero, mostrandoci dei soldati robotizzati e macchinizzati, ma non per una trauma a causa della guerra, ma perché erano così fin dal principio. Soldatini di legno, appunto. E non si può rimanere né turbati né interessati nel vedere soldatini di legno brucianti o pseudo brucianti.
Per la bruttezza del film, persino gl’omaggi cinefili (l’inizio uguale a Full Metal Jacket, passando per Il Cacciatore o Lawrence d’arabia) assumono un effetto dissacrato, fastidioso perché immeritevoli di essere inseriti o accennati in un’opera di bassa capacità comunicativa come questo Jarhead.
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Zhang Yimou è il teatro. Kim Ki Duk la pittura. Wong Kar Wai il videoclip.
Takashi Miike è il CINEMA.
[ Questo messaggio è stato modificato da: NancyKid il 23-02-2006 alle 14:55 ] |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 24-02-2006 23:16 |
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quote: In data 2006-02-19 02:01, Tristam scrive:
Ciao Peppe,
... So che il tuo giudizio è racchiuso nelle implicazioni filmiche...
ma dimmi... cosa c'è di preciso che non ti ha convinto?
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Una minchia/sapida
[ Questo messaggio è stato modificato da: Tristam il 19-02-2006 alle 02:06 ]
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Ciao Mattia, scusa se non ti ho letto e risposto prima ma non avevo ancora partorito le mie quattro chiacchiere di critica. Le ragioni del mio dissenso sono per gli aspetti puramente filmici, anche se varrebbe la pena spendere due parole sulla pericolosa tendenza - che riguarda soprattutto il cinema americano - "restaurazionista", bushista, insomma, americanista in senso monco... Non è solo un problema di dover sopperire alla mancanza di idee con il citazionismo selvaggio, al limite del plagio, ma anche che le idee sono congelate dall'autoritarismo, come mi scriveva tempo fa un amico di penna. Se avrai la bontà di leggere troverai una risposta, un minimo articolata, alle tue domande. Il saluto e l'invito è rivolto anche a kubrickfan, naturalmente.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 24-02-2006 23:19 |
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Innegabile che una considerevole porzione di cinema contemporaneo sia votata al “citazionismo”, rielaborati e riscritti in maniera personale gli archetipi di un passato prossimo/remoto, quale segno di una felice continuità con le invenzioni, i linguaggi e i significati universali di un’arte che (come ogni altra forma d’arte) “copia” sempre se stessa e che sempre si rinnova. E’ altrettanto vero che la pedissequa riproduzione dei frammenti filmici, e/o di intere scene e sequenze, in assenza di un progetto evoluto e contraddistinto dall’originalità, finisca per rappresentare un ristagno delle idee.
Tratto dall’omonimo bestseller autobiografico di Antony Swofford (un giovane Marine americano reduce della prima Guerra del Golfo) e diretto da Sam Mendes, JARHEAD è, esemplarmente, il film del rimescolamento delle carte, in un gioco scontato e prevedibile, sul fronte delle intenzioni, degli sviluppi e degli esiti “citazionisti” che, quantunque dichiaratamente omaggianti, rappresentano il fine e non il mezzo della messinscena. Non convince pertanto il furbo espediente di un autore sopravvalutato che al fine di giustificare l’operazione “cito, ergo sum”, fa leva sul presupposto che: “ogni guerra è diversa, ma tutte le guerre alla fine sono uguali”. Innegabile, condivisibile e scontato, ma, a scanso d’equivoci, varrebbe la pena ricordare che tale “formula” non funzionerebbe se applicata alla parola film. JARHEAD è un “bignami” cinematografico, una serie di parodianti variazioni sui molteplici temi presi pretestuosamente in prestito da una mezza dozzina di pellicole d’annata: lungometraggi e documentari, di e sulla guerra. La citazione (la storia del cinema insegna) dovrebbe limitarsi al flash, alla battuta, al rimando/riferimento visivo e narrativo saliente e pur tuttavia transitorio, suggerito, mai ostentato, mentre il film di Mendes (che si prende troppo sul serio), inizia con una lunga, clamorosa, incomprensibile ed insensata scopiazzatura (nel senso letterale del termine) di Full Metal Jackett. Nel mezzo, i rimandi alle opere belliche di Cimino, Coppola, Fuller, Malick, Kubrick, si accavallano senza soluzione di continuità. Non si bada a spese in questo bislacco e pretenzioso calderone delle ovvietà. C’è la sospensione filosofica ed esistenziale nell’estenuante attesa di un nemico invisibile, se non come miraggio (ma non è il deserto dei Tartari, nè quello d’Arabia); l’intenzione “metafisica” in una sequenza notturna attraversata da bagliori infuocati (psichedelie degli anni ’70 in vendita al miglior offerente nei mercatini dell’usato), che scade nella comicità involontaria, allorché, tra i pozzi petroliferi in fiamme (sorta di herzogiana tempesta nel deserto), fa la sua apparizione un cavallo (di tarkowskiana memoria) imbrattato di petrolio, prontamente rassicurato da un Marine che gli sussurra, con fare assai partecipe: “non ti preoccupare, passa presto”. Il collante di tali ridondanti e mal assortiti siparietti non è dei più tenaci; tolto ciò che è di troppo, e l’indebito, emerge una struttura narrativa debole, vieta e misera, che fa il paio con l’ambizioso progetto figurativo diligente ma scontato, incapace di evocare le profonde e durature suggestioni, i sapori e i “misteri” che hanno le cose (quasi) mai viste. Quel che resta del film è la goliardia da fronte militare, della peggior specie, battuta(ccia) stereotipata e di facile presa, quadretto patriottico-moralistico, tragicomico, patetico, melodrammatico. Una saga delle banalità. Il tutto, ad imitazione di un grande patrimonio filmico saccheggiato e involgarito con spregiudicata e goffa superficialità.
qui
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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Tristam ex "mattia"
 Reg.: 15 Apr 2002 Messaggi: 10671 Da: genova (GE)
| Inviato: 25-02-2006 03:20 |
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Ti ho letto e rilancio:
nel mondo ex-postmoderno la citazione e ricitazione non invade più la smeplice vita della singola persona, ormai ignara di quello che gli succede intorno se non è stato prima mostrato al cinema o in televisione o su internet (e che basa le proprie esperienze attraverso esperienze già esperite e riformulate, quindi falsificate e romanzate)... anche il cinema nasce sulle ceneri del 'vecchio' cinema rielaborandone le immagini, copiandole e ripresentandole, come la pop art trasformava e distruggeva le icone della società dello spettacolo e del consumismo. Mendes non è un'artista Pop e l'idea di un cinema Pop potrebbe essere di per se deleteria se male interpretata e utilizzata (di fatto il cinema pop esiste), ma Mendes non è nemmeno uno dei registi pop... è semplicmente un regista che nasce dal cinema e che dal cinema parte e riparte, come tanti altri registi e come molti film.
Il citazionismo di per sè non è nemmeno un male nel cinema, questo perchè è lo stesso uomo, prima del regista, a ricercare le basi storico-culturali in quella cultura già rivisitata che poi non è altro che il cinema. Se ci fai caso il cinema trasfigura sempre di più gli eventi storici e biografici...facendoli passare come assolutamenti veri grazie ad una cultura che non si preoccupa più di ricercare nelle fonti la realtà dei fatti(se poi si possono mai scoprire), ma che si accontenta delle immagini così come state adattate da un regista... Basti vedere quello che succede in Walk the line di James Mangold e sulla sua trasfigurazione (bellissima e sublime) di Johnny Cash.... Non è un male di per sè, ma è vero che è il cinema la nostra (non mia, ma della nostra cultura) prima fonte di "verità"... Per questo dal cinema, come fosse un testo scritto, un libro di storia si riparte e si cita e si trasforma e si reinventa...
Un tempo questa pratica era molto più sottile e segreta, semplicemente perchè agli albori. Nessuno ha mai detto che anche Kubrick copiò le scene iniziali di Full Metal Jacket da Basic Training di Wiseman, documentario sui primi mesi di addestramento delle reclute dell'esercito americano in partenza per il Vietnam che presentava le stesse accattivanti inquadrature centrali tra le file di soldati insultati dal sergente di turno, le stesse inquadrature mentre si smontavano e rimontavano i fucili... Si poteva chiamare, allora, un prelevamento da una realtà. Eppure lo stesso Wiseman che imprestò la pellicola a Kubrick (e che mai la restituì) rimase abbastanza soprpeso, nonchè irritato, dal 'plagio'...
Non è quindi in queste cose che secondo me il film andrebbe giudicato, come nemmeno nelle spetacolarizzazione della guerra ribaltata dalla prospettiva pacifista.
Quello che conta di più è secondo me il solito approccio che contraddistingue il racconto dalle immagini, e le immagini dal racconto e che poi soggiace nella pratica registica con cui un regista restituisce emozioni e sensazioni. E ancora di più piace vedere che un regista che spacciava come interessanti le imbecilli immagini di un sacchetto che svolazzava al vento tra le foglie, che sterotipava in maniera esagerata e semplicistica il nichilismo della società americana, l'odio per il diverso (e American Beauty in questo rappresentava un esempio veramente ridicolo) e tante altre banalità attraverso un discorso moraleggiante e aulico si sia affinato in una modalità rappresentativa poetica e sospesa dedicando la sua attenzione finalmente a raccontare quel nulla che tanto aveva cercato e mai ancora trovato... Per questo ripeto che Jarhead è finalmente il suo vero primo film... e dopo i primi tentativi falliti che miravano ad un senso e ne centravano soltanto l'estetismo lasciandoci una struttura per immagini completamente vuota e a se stante, senza comunicazioni tra segni e significato, questo ultimo film riesce ad unire tutto attraverso un mezzo comunicativo veramente efficace capace di collegare i diversi sotto e sopra testi che si nascondono nella pellicola..
Comunque sono solo punti di vista...
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Una minchia/sapida
[ Questo messaggio è stato modificato da: Tristam il 25-02-2006 alle 03:32 ] |
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kubrickfan
 Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 26-02-2006 07:05 |
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eccomi qua ...ho letto con molta attenzione le vostre interessantissime riflessioni su " jarhead" e devo dire che mi ritrovo di piu' con il parere di alz che quello di tristam in quanto l'eccessivo citazionismo per me e' mancanza di vera sorgente di idea, perche' il citare deve limitarsi all'ispirarsi e non al plagiare ( i primi 5 minuti sono scandalosi in questo senso ) ,deve riprendere lezioni del passato per poi proporle in maniera autoriale ( e kubrick ha molto preso in tutti i suoi film da tutto ma con la propria sublime arte ha reso immenso e perfetto cio' che in fondo era solo buono,e qui il paragone con il saccheggio di wiseman viene giustificato, da me,per questo )e darne una propria ragione filmica.
Questo difetto se non altro e'piu'che mostrato senza inganni, non dimentichiamo che non tutto il grande pubblico arriva a rimandi e citazioni piu' o meno nascoste ( o volute ,per me quella del cavallo mendes l'ha messa senza ricordarsi come diceva perfettamente alz di tarkowsky) e quindi bisogna riconoscere a mendes almeno l'onesta'.Troppo poco ovvio,troppo semplice, ma probabilmente la pochezza d'intenti del romanzo scritto da un ex marine ( per cui teoricamente privo di vere possibilita' di interpretazione se non quelle di mostrare la propria vita tal quale ) porta mendes a rispettare questa ottica che impastoia ogni possibile invenzione narrativa e di storia ( tutto e' molto grezzo,non ci sono mostrati marine poeti e lo stesso protagonista non eccelle in comportamenti diversi da quelli delle pulsioni semi animali del sesso e del bere).
Mendes comunque ci pone un prodotto raffinato a livello di tecnica, non pregno di significati come american beauty ( a me la sequenza del sacchetto ha ricordato come anche le cose piu' semplici possano godere di vita meravigliosa se se ne scopre il lato spirituale )e pieno di cose piu' o meno piacevoli come detto sopra nei post precedenti,ma e' sempre una proposta di cinema degna di visione in quanto comunque la lettura del tutto e' decisamente accattivante nel bene o nel male. |
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trentinara
 Reg.: 29 Dic 2003 Messaggi: 65 Da: Napoli (NA)
| Inviato: 27-02-2006 13:56 |
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american beauty buono
era mio padre delusione e qui quoto tristam
jarhead visto ieri sera,bellissimo tra i migliori film di quest'anno. |
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coriander
 Reg.: 23 Ott 2003 Messaggi: 98 Da: napoli (NA)
| Inviato: 27-02-2006 15:41 |
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american beauty non mi piacque per nulla. terribile è proprio la sequenza citata da tristam :"un regista che spacciava come interessanti le imbecilli immagini di un sacchetto che svolazzava al vento tra le foglie". anche se, essendo la cosa più irritante, è praticamente l'unica che ricordi. il che mi fa riflettere. oltre all'altrettanto snervante meccanismo "tutti sono il contrario di quel che hai visto nella prima ora e mezza di film", ripreso dall'ultimo crash. era mio padre è così così, ma qui si parla d'altro.
jarhead è invece un buon film, rinfrancate dopo il peggio di quanto pensassi lady vendetta, visto il giorno prima.
parlare di eccesso di citazionismo significherebbe 1) mandare all'aria tutto quel che si dice da anni su postmoderno (o tarda modernità) 2) non tener presente che è l'uomo ad essere tale, a costruire la propria identità sulle testimonianze frammentarie, per forma e contenuto, del passato 3) pretendere che la formazione di personaggi verosimili sia differente da quella di tutti (quelli veri), solo perchè personaggi cinematografici. il che comporterebbe un'esclusione forzata dalla realtà del mondo filmato, anche quando questo mondo filmato è (o vorrebbe essere) dimostrazione della realtà.
non si tratta di citazione, ma di ritagliare e costruire una vicenda nell'unico modo possibile: seguendo le sedimentazioni presenti nell'immaginario comune e mostrando le inevitabili discrepanze. quiindi, ci sarebbe anche da notare che anche il più antimilitarista dei film viene recepito, da chi lo voglia, come un'inno alla violenza , meglio se con una buona riuscita estetica. ma questa è solo amarezza a margine.
insomma, il film mostra quel che più verosimilmente è lo stato delle cose: enormi forze che si muovono inutilmente per fare il loro show mediatico, enormi forze formate da ragazzi che ricercano del sangue visto su pellicole anni settanta-ottanta, che stanno lì ad aspettare ed a sparare in aria perchè quello è il loro ruolo nell'economia (in senso letterale) della guerra.
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...i'll tell you all my secrets but i lie about my past...
[ Questo messaggio è stato modificato da: coriander il 27-02-2006 alle 15:44 ] |
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