Autore |
Digressione verso Godard |
13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 04-03-2004 14:23 |
|
Questo topic riguardava inizialmente il film "I 400 Colpi" di Francois Truffaut.
Visto che il tema della discussione si è rapidamente spostato su altri frangenti (Jean-Luc Godard e il suo cinema, per essere precisi), abbiamo concordato con la moderatrice Mallory di spostare i primi post in un altro topic già esistente e riguardante il film di Truffaut.
Quest'ultimo lo potete trovare in archivio.
Per non effettuare tagli nei confronti degli utenti, ci scusiamo se qualche intervento è privo di attinenza all'argomento.
Vi assicuro, comunque, che è un fattore irrilevante.
Buona lettura.
Leggevo giusto l'altro giorno sull'ottimo libro di Fornara come Godard possa dirsi un rappresentante del "cinema che c'è e si vede", in netta opposizione alle opere di autori classici come Hawks o il più recente Eastwood.
La messinscena è lì, con i suoi segni e il senso che si crea dalla loro combinazione. Il metalinguaggio che ne deriva è tanto più attinente alle intenzioni del regista quanto più grandi sono le capacità di analisi e rappresentazione dello stesso.
Nel caso di Godard, basta un buon numero di idee geniali e i mezzi si adattano di conseguenza, contro le convenzioni, contro qualsiasi "grammatica" prestabilita, al solo scopo di servire alla perfezione proprio il metalinguaggio.
_________________
- Vago, vago e ancora vago... -
[ Questo messaggio è stato modificato da: 13Abyss il 09-03-2004 alle 23:02 ] |
|
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 04-03-2004 15:23 |
|
[quote]In data 2004-03-04 14:23, 13Abyss scrive:
quote: In data 2004-03-04 13:59, AlZayd scrive:
Difatti è la ripovava che il cinema a budget ridotto, che deve vederselas con la tirannia del produttore/industria, a dirirgelo un bravo "artigiano", aguzza l'ingegno. E da lì al metalinguaggio il passo è breve.
|
quote: [i]Suvvia, "artigiano" mi pare un pò riduttivo visto il personaggio in questione, almeno che il senso dell'interpretazione non debba essere ironico...
|
Naturalmente lo dicevo nel senso alto, rinascimentale del termine, fuor d'ironia.
Il mio rapporto con Godard è stata sempre un po' conflittuale, solo ultimamente - e dovrei per questo anche ringaziare qualche utente che scrive in 'sto forum - mi avvio ad una più consapevole e piena rivalutazione. Sarebbe lungo dire perchè alcuni suoi film mi piacessero da morire ed altri un po' meno, già che li trovavo eccessivamente concettuali, quasi un saggio letterario.
quote: [i]Quanto al metalinguaggio, chi dei grandi autori non lo usa? Oserei dire che anche gli scarsi registi ne creino uno, per quanto questo risulti fuori dalle loro intenzioni e dal loro controllo, figuriamoci registi come Godard...
|
Concordo mon ami.., nell'affermare quel che ho affermato, non intendevo escludere una tale possibilità. Tutta l'arte è meta-significante, altrimenti non sarebbe arte, bensì artigianao, stavolta nel senso limitante del termine.., come un portacenere che non è altro che un contnitore di cenere di sigaretta. In ogni caso, sia nel regista consapevole che nell'inconsapevole, non credo vi sia sempre una perfetta consapevolezza del proprio meta-linguaggio o meta-significato. Spesso siamo noi spettatori a vedercelo, magari come proiezione delle nostre pulsioni e bisogni più o meno subcoscienti. In tal senso - se parlava altrove - Un cien Andalou di Bunuel, che è un vero e proprio monumento alla più pura ed astratta meta... e qualcosa ( aggiungi pure il sostantivo che preferisci e non sbaglieresti), è l'esempio più chiaro e lampante del potere "manipolatorio" dell'arte. Al di la di queste sofistichezze.., tornando a bomba, non poteri non essere d'accordo con te.
quote: [i]Leggevo giusto l'altro giorno sull'ottimo libro di Fornara come Godard possa dirsi un rappresentante del "cinema che c'è e si vede", in netta opposizione alle opere di autori classici come Hawks o il più recente Eastwood.
|
Non parlarmi di Fornara, che dopo la sua stroncatura - più che altro per le ragioni addotte a sostegno della sua inconsistente critica - di Le Valigie di Tulse Luper di Greenaway(ecco cosa ti combinano i "media"..; ecco un'opera pura espressione del meta-cinema, appena nata e tosto ricacciata a malo modo nell'oblio), mi è caduto sul... più bello. Confesso inoltre che mi sfugge il senso del suo pensiero cui hai fatto cenno.
quote: [i]La messinscena è lì, con i suoi segni e il senso che si crea dalla loro combinazione. Il metalinguaggio che ne deriva è tanto più attinente alle intenzioni del regista quanto più grandi sono le capacità di analisi e rappresentazione dello stesso.
Nel caso di Godard, basta un buon numero di idee geniali e i mezzi si adattano di conseguenza, contro le convenzioni, contro qualsiasi "grammatica" prestabilita, al solo scopo di servire alla perfezione proprio il metalinguaggio.
|
Più che d'accordo, con le riserve di cui sopra.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
|
13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 04-03-2004 17:13 |
|
Rispondo ad Alzayd.
Impossibile essere sempre d'accordo con un critico nelle stroncature o negli elogi di un film: per quanto io sia un ignorante di cinema, apprezzo Fornara pur non condividendo interamente il suo pensiero sul cinema.
Non mi esprimo poi sul film in questione, che non ho visto e sul quale ho letto poco.
Quanto alla visione di Fornara che non hai ben capito, sempre che tu ti riferisca a quella riguardante il cinema di Godard, proverò a spiegarmi meglio.
Stando a quanto si evince dal libro Geografia del Cinema , di cui il critico è autore, ci sono quattro fondamentali modelli a cui ispirarsi per fare cinema.
Il primo, quello più "classico", è quello della trasparenza. La messinscena c'è, ma è velata dalla perfetta grammatica del linguaggio, a cui il regista si deve attenere completamente. Nessun trucco, nessun divagare.
Lubitsch dichiarava: "Vi sono tanti modi di piazzare la macchina da presa e in realtà ce n'è soltanto uno."
Quello funzionale alla narrazione della storia, logicamente...
Il secondo modello va invece in direzione totalmente opposta ed è la metodologia registica a cui lo stesso Godard ha dato nuova linfa (insieme agli altri autori della Nouvelle Vague, logicamente): si devono mostrare le componenti del cinema, il montaggio, la composizione visiva, la tecnica in generale, e su di esse si deve creare l'arte cinematografica pura.
Le convenzioni della messinscena sono soltanto ciò che il nome stesso proclama, "convenzioni", appunto, e come tali possono essere ignorate, modificate, evitando qualsiasi costrizione nella messinscena.
Godard afferma che il film, pur senza le tecniche classiche , funziona lo stesso, anche se in un modo diverso, mostrando chiaramente gli effetti della ricomposizione dei segni cinematografici nelle sequenze e fornendo a tali segni un nuovo senso, una nuova linfa vitale, sfruttando il mezzo fondamentale che sta alla base dei legami tra le immagini: il montaggio.
Lo stesso Bunuel che hai citato, molti anni prima, presentava gli stessi intenti in una forma ancora più primordiale, ma ugualmente efficace.
Per la cronaca, gli altri due modelli del "fare cinema" proposti da Fornara sono il "metodo del piano sequenza e della profondità di campo" e il "metodo dello sguardo fisso". |
|
sloberi
 Reg.: 05 Feb 2003 Messaggi: 15093 Da: San Polo d'Enza (RE)
| Inviato: 04-03-2004 19:40 |
|
quote: In data 2004-03-04 14:23, 13Abyss scrive:
Leggevo giusto l'altro giorno sull'ottimo libro di Fornara come Godard possa dirsi un rappresentante del "cinema che c'è e si vede", in netta opposizione alle opere di autori classici come Hawks o il più recente Eastwood.
|
Questa frase rappresenta in effetti una delle essenze del cinema godardiano. L'opposizione coi due autori citati si riferisce alla loro tendenza di adottare una regia al servizio della storia, che si stacchi da essa.
Per Godard invece non è mai così; ogni singola inquadratura è pensata e ragionata in modo autonomo per rappresentare ciò che l'autore vuole rappresentare in quel momento, indipendentemente dalla storia che viene raccontata.
Cinema in senso puro per l'appunto; che c'è e si vede. Che si erge sopra la storia e scardina tutte le regole esistenti per gridare che il cinema è ben diverso dalla narrazione.
Portato all'estremo quando in certi casi diventa il cinema nel cinema, che racconta se stesso come in "Le mepris" o ancora più sfacciatamente ne "La cinese" quando ad essere ripresi sono il ciak e l'operatore con la sua m.d.p stessi del film.
"Io non invento niente, leggo molto. La mia originalità, e il mio fardello, sta nel credere che il cinema sia fatto più per pensare che per raccontare storie" (J. Godard).
_________________ E' ok per me! |
|
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 05-03-2004 00:14 |
|
quote: In data 2004-03-04 17:13, 13Abyss scrive:
Rispondo ad Alzayd.
Impossibile essere sempre d'accordo con un critico nelle stroncature o negli elogi di un film: per quanto io sia un ignorante di cinema, apprezzo Fornara pur non condividendo interamente il suo pensiero sul cinema.
Non mi esprimo poi sul film in questione, che non ho visto e sul quale ho letto poco.
Quanto alla visione di Fornara che non hai ben capito, sempre che tu ti riferisca a quella riguardante il cinema di Godard, proverò a spiegarmi meglio.
Stando a quanto si evince dal libro Geografia del Cinema , di cui il critico è autore, ci sono quattro fondamentali modelli a cui ispirarsi per fare cinema.
Il primo, quello più "classico", è quello della trasparenza. La messinscena c'è, ma è velata dalla perfetta grammatica del linguaggio, a cui il regista si deve attenere completamente. Nessun trucco, nessun divagare.
Lubitsch dichiarava: "Vi sono tanti modi di piazzare la macchina da presa e in realtà ce n'è soltanto uno."
Quello funzionale alla narrazione della storia, logicamente...
Il secondo modello va invece in direzione totalmente opposta ed è la metodologia registica a cui lo stesso Godard ha dato nuova linfa (insieme agli altri autori della Nouvelle Vague, logicamente): si devono mostrare le componenti del cinema, il montaggio, la composizione visiva, la tecnica in generale, e su di esse si deve creare l'arte cinematografica pura.
Le convenzioni della messinscena sono soltanto ciò che il nome stesso proclama, "convenzioni", appunto, e come tali possono essere ignorate, modificate, evitando qualsiasi costrizione nella messinscena.
Godard afferma che il film, pur senza le tecniche classiche , funziona lo stesso, anche se in un modo diverso, mostrando chiaramente gli effetti della ricomposizione dei segni cinematografici nelle sequenze e fornendo a tali segni un nuovo senso, una nuova linfa vitale, sfruttando il mezzo fondamentale che sta alla base dei legami tra le immagini: il montaggio.
Lo stesso Bunuel che hai citato, molti anni prima, presentava gli stessi intenti in una forma ancora più primordiale, ma ugualmente efficace.
Per la cronaca, gli altri due modelli del "fare cinema" proposti da Fornara sono il "metodo del piano sequenza e della profondità di campo" e il "metodo dello sguardo fisso".
|
Grazie per l'esplicazione, ora credo di aver capito meglio. In linea di principio mi sembra innegabile che il linguaggio artistico cambi continuamente - e mi permetto di dire che ne ero al corrente - ma la precisione quasi chirugica con la quale il Fornara, e non solo lui, cerca di tracciare una linea di demarcazione netta tra il cinema classico e il cinema moderno, mi lascia un po' perplesso. Il cinema classico a suo tempo fu moderno o post- moderno, così come il cinema dell'oggi prima o poi diventerà classico... Il classicismo, come tutte le etichette, è pura convenzione e nell'arte non va inteso come memoria e celebrazione di fasti passati, imbalsamati ed obsoleti. Ritengo che le forme della tecnica e dello stile del cinema classico siano ancora attivi e vitali nel cinema moderno. Quando rivedo un film di Ophuls a me sembra di ritrovarci tutta la mestria, perfino l'ansia, del grande narratore di storie e pure del costruttore di tecniche che depongono a favore di un linguaggio filmico assolutamente puro ed autonomo, che non paga il dazio nè alla letteratura nè alle altre arti. Linguaggio classico o moderno? Per me non si pone il problema, gà che non apprezzo Godard ed i "moderni" in quanto inventori di forme nuove - meglio dire "successive" - ma perchè le loro forme sono belle da vedersi. Las Von Trier, ad esempio, da tempo impegnato sul fronte delle (presunte)novità, mi ripugna perchè trovo che le sue forme siano orrende e il suo pensiero pretenzioso e pretestuoso. Questa frase riferita al cinema classico: "La messinscena c'è, ma è velata dalla perfetta grammatica del linguaggio, a cui il regista si deve attenere completamente. Nessun trucco, nessun divagare." per me è limitante, manichea, scontata e miope.
Citavamo Bunuel: ritengo che l'anarchica iconoclastia stilistica, narrativa e figurativa de L'Age d'Or - ottenuta con mezzi espressivi tutt'altro che primordiali - smentisca in pieno tale affermazione. Il tempo passa e le consapevolezze pure.., e a scavare meglio potremmo magari scoprire che la Nouvelle Vague affonda le sue radici proprio in quei territori. Dopotutto resteremmo sempre in Francia, una trentina d'anni prima...
Bunuel non rappresenta un'eccezione e, partendo dal cinema muto, ci sarebbe da ricordare come una marea di opere "classiche" tendessero, riuscendovi, al superamento di se stesse. L'arte imita sempre se stessa. Pertanto la novità fa parte del vecchio; il vecchio riaffiora prepotentemente nello stile novello. Pur nelle riconoscibili e salutari differenze.
_________________
"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" L. Bunuel
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 05-03-2004 alle 00:24 ] |
|
13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 05-03-2004 00:37 |
|
Molto interessante...
Mi ci vorrà un pò di tempo libero per rispondere, facciamo domani va... |
|
mallory
 Reg.: 18 Feb 2002 Messaggi: 6334 Da: Genova (GE)
| Inviato: 05-03-2004 01:55 |
|
Ma è stupendo.
Abyss che cita Fornara e Alzayd che ringrazia Abyss per le "delucidazioni" (nella sua accezione più ironica) su Jean-Luc Godard.
Personalmente questa discussione mi diverte, ma ciò non significa che non la trovi estremamente interessante.
A questo punto, dopo un esordio un tantino sarcastico, dovrei esporre il mio punto di vista sulla questione, eppure, anche dopo aver letto, credo di non aver colto a pieno il discorso.
Forse perchè è tardi e sono stanca, e ho anche un po' di mal di testa.
C'è una cosa comunque che mi ha lasciata perplessa, e mi riferisco precisamente a questa
quote: In data 2004-03-04 17:13, 13Abyss scrive:
Il secondo modello va invece in direzione totalmente opposta ed è la metodologia registica a cui lo stesso Godard ha dato nuova linfa (insieme agli altri autori della Nouvelle Vague, logicamente): si devono mostrare le componenti del cinema, il montaggio, la composizione visiva, la tecnica in generale, e su di esse si deve creare l'arte cinematografica pura.
|
Su questo punto non sono molto d'accordo, e se dico questo è perchè credo che se di modelli si debba parlare, allora Godard non può e non deve essere accostato a nessuno in tale gerarchia. Il cinema di Godard è paradigma assoluto di cinema puro, che assomiglia solo a se stesso perchè si riflette solo sullo stesso Godard, che non è Nouvelle Vague, o meglio, che rappresenta da solo la Nouvelle Vague.
Nessun'altro di coloro che aderirono ad una certa idea di cinema che Fornara compendia (forse troppo categoricamente) in una definizione data dall'interno di un movimento cultural cinematografico come la Nouvelle Vague, utilizzarono il mezzo filmico al pari di Godard, nè con le stesse finalità, nè con lo stesso metodo critico. Se i Chabrol, Truffaut o Rohmer, oggi vengono accostati a Godard, è solo perchè in senso molto ampio la loro idea del cinema ha coinciso (e il tempo ci ha mostrato che in senso più stretto, ragionato e messo in pratica, non avrebbe mai potuto essere sempre così... Si faccia il confronto oggi...), e che l'approccio quindi, sia stato (inizialmente) omogeneo per tutti gli autori dell'epoca, ma si badi, solo l'approccio.
Quando si parlava di critica scritta, questo paragone sarebbe anche potuto esistere, e anzi, esiste nei documenti delle pagine dei Cahiers du Cinema, di Arts e Positif, esiste e muore lì, poichè al momento del passaggio di questi critici alla regia, le differenze ( e con questo intendo i pro e i contro) sono venute fuori, sono saltate agli occhi nel vero senso del termine; quelle critiche si sono materializzate, mettendo quegli autori nella condizione di verificare le loro idee e la possibilità di renderle legislative per tutta la critica nuova che di lì a poco sarebbe nata o di quella vecchia che si sarebbe dovuta adeguare.
Dunque, alla luce di tale messa in pratica, si può affermare senza troppi orpelli che Godard è l'unico ad essere riuscito nell'impresa, ad averci creduto, e quindi ad averla portata intatta e solida fino ai giorni nostri. Gli altri sono Nouvelle Vague nell'accezione che ha assunto oggi questo termine, una nuova ondata di cineasti con un'idea diversa di regia, meravigliosi e capaci (io amo Truffaut quasi più della mia vita), tra loro accostabili, ma non certo a Godard.
Questo solo per mettere in chiaro le cose.
Adesso potete continuare, io sono un po' stanchina.
A domani
_________________
|
|
13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 05-03-2004 02:54 |
|
quote: In data 2004-03-05 00:14, AlZayd scrive:
Grazie per l'esplicazione, ora credo di aver capito meglio. In linea di principio mi sembra innegabile che il linguaggio artistico cambi continuamente - e mi permetto di dire che ne ero al corrente - ma la precisione quasi chirugica con la quale il Fornara, e non solo lui, cerca di tracciare una linea di demarcazione netta tra il cinema classico e il cinema moderno, mi lascia un po' perplesso. Il cinema classico a suo tempo fu moderno o post- moderno, così come il cinema dell'oggi prima o poi diventerà classico... Il classicismo, come tutte le etichette, è pura convenzione e nell'arte non va inteso come memoria e celebrazione di fasti passati, imbalsamati ed obsoleti. Ritengo che le forme della tecnica e dello stile del cinema classico siano ancora attivi e vitali nel cinema moderno. Quando rivedo un film di Ophuls a me sembra di ritrovarci tutta la mestria, perfino l'ansia, del grande narratore di storie e pure del costruttore di tecniche che depongono a favore di un linguaggio filmico assolutamente puro ed autonomo, che non paga il dazio nè alla letteratura nè alle altre arti. Linguaggio classico o moderno? Per me non si pone il problema, gà che non apprezzo Godard ed i "moderni" in quanto inventori di forme nuove - meglio dire "successive" - ma perchè le loro forme sono belle da vedersi. Las Von Trier, ad esempio, da tempo impegnato sul fronte delle (presunte)novità, mi ripugna perchè trovo che le sue forme siano orrende e il suo pensiero pretenzioso e pretestuoso. Questa frase riferita al cinema classico: "La messinscena c'è, ma è velata dalla perfetta grammatica del linguaggio, a cui il regista si deve attenere completamente. Nessun trucco, nessun divagare." per me è limitante, manichea, scontata e miope.
Citavamo Bunuel: ritengo che l'anarchica iconoclastia stilistica, narrativa e figurativa de L'Age d'Or - ottenuta con mezzi espressivi tutt'altro che primordiali - smentisca in pieno tale affermazione. Il tempo passa e le consapevolezze pure.., e a scavare meglio potremmo magari scoprire che la Nouvelle Vague affonda le sue radici proprio in quei territori. Dopotutto resteremmo sempre in Francia, una trentina d'anni prima...
Bunuel non rappresenta un'eccezione e, partendo dal cinema muto, ci sarebbe da ricordare come una marea di opere "classiche" tendessero, riuscendovi, al superamento di se stesse. L'arte imita sempre se stessa. Pertanto la novità fa parte del vecchio; il vecchio riaffiora prepotentemente nello stile novello. Pur nelle riconoscibili e salutari differenze.
_________________
"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" L. Bunuel
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 05-03-2004 alle 00:24 ]
|
E invece rispondo stasera.
Stai molto attento, non ho accennato a nessuna "linea di demarcazione netta" nelle metodologie registiche, nessuna "precisione chirurgica" nello schematizzare.
Si parla di modelli teorici e come tali vanno presi: non c'è film che appartenga ad una categoria "in senso stretto" poichè ogni film è frutto di precise scelte personali.
In tali scelte, scegliere un modello, non significa seguirlo in senso assoluto, ma sfruttarlo, nei suoi (molto) labili confini, modificarlo (seppur minimamente), fino a creare una nuova visione fortemente soggettiva, anche quando si cerca di andare in senso totalmente contrario, anche quando si cerca di effettuare un banale copia-e-incolla di chi ci ha preceduto.
I modelli vanno quindi presi per quelli che sono: punti di riferimento che aiutino a costruire un proprio punto di vista della messinscena cinematografica.
Attenzione, poi.
Il cinema "classico" che intende il Fornara non va confuso con quello "storico", quindi l'accostamento con il termine "moderno" è decisamente sbagliato.
Per "classico", ripeto, si intende un approccio alla messinscena che sia il più funzionale possibile nei confronti della narrazione. Moltissimi registi "moderni" utilizzano le sue basi per ottenere la trasparenza del linguaggio, visto che sono quelle più collaudate e più "d'impatto" per il grande pubblico.
In conclusione, concordo con te, sono solo convenzioni, tentativi di schematizzare ed ingabbiare un concetto particolarmente evanescente e instabile: il "fare cinema".
La catalogazione non può quindi mai essere esatta, ma può creare punti di riferimento, che siano teorici o esemplificativi, di grande utilità.
O almeno si sono rivelati utili per me, che mi sono avvicinato al cinema "oltre il racconto" da poco tempo.
Mi trovi d'accordo anche nel disprezzo per la "forma" di Von Trier, ma evitiamo di andare troppo oltre l'argomento in questione (fondamentalmente perchè è un regista che conosco poco, secondariamente perchè sto perdendo interesse nel desiderio di conoscerlo meglio...).
Hai citato una mia frase definendola una visione "limitante e miope".
Tranquillizzati, era soltanto un'estremizzazione di certi ideali: quello che per registi come Ford, Wilder o Hawks è di fondamentale importanza è rappresentare una storia nel modo più chiaro possibile, celando il linguaggio cinematografico allo spettatore o per meglio dire, rendendolo "invisibile".
Ciò non toglie che vadano sacrificati gli altri fattori (come hai erroneamente dedotto), anzi, il lavoro sulla rappresentazione pura, al livello del singolo fotogramma, è altrettanto fondamentale ed è proprio questo che differenzia i registi "massimi" dai più comuni "artigiani" (questa volta utilizzato con accezione negativa).
Il risultato filmico, però, almeno ad un livello superficiale e banale di visione, è sbilanciato indubbiamente sul primo fattore.
Proprio questo disequilibrio è l'unico elemento che forza la definizione di cinema "classico" come lo intende Fornara.
Ho finito, per adesso...
_________________
- Vago, vago e ancora vago... -
[ Questo messaggio è stato modificato da: 13Abyss il 05-03-2004 alle 02:59 ] |
|
13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 05-03-2004 03:19 |
|
E ti pareva che scappa fuori Godard e mallory non ci mette bocca?
Siamo fottuti, noi poveri ignoranti, di fronte all'immenso pensiero di questa ragazza così dedita al cinema...
Una puntura a me, una puntura a te...tiè.
Ma passiamo senza indugi al punto, che sono le 3 di notte passate.
Per fortuna posso rispondere con poche parole.
Mia cara, ma io concordo con tutto quello che hai scritto. Non puoi mettermi al rogo perchè ho accostato, con il solo scopo di sintesi, Godard a "gli altri autori della Nouvelle Vague"...
Questo regista è unico. Chi lo mette in dubbio?
Banalizziamo ancor di più.
Tutti i registi sono unici nel loro campo.
Non puoi però negare che ci siano punti in comune tra i registi che hai citato, punti riguardanti la precisa selezione di un linguaggio che poi, ogni regista, ha sviluppato in modo personale.
Godard il migliore? Si? No?
Godard il più coerente? Questo certamente si, almeno per quel che la storia racconta, visto che sai benissimo che non conosco il regista post '68. Non era lui che infamava il Truffaut di "Effetto Notte" accusandolo di aver tradito? Beh, ma allora torniamo al discorso di partenza: se Truffaut ha tradito, qualche punto in comune da tradire ci deve essere stato...
Vogliamo discutere di questi punti in comune? Facciamolo. Mi vergogno ad ammetterlo, come al solito, ma di cose da imparare ne ho...
quote: In data 2004-03-05 01:55, mallory scrive:
[...]si può affermare senza troppi orpelli che Godard è l'unico ad essere riuscito nell'impresa, ad averci creduto, e quindi ad averla portata intatta e solida fino ai giorni nostri. Gli altri sono Nouvelle Vague nell'accezione che ha assunto oggi questo termine, una nuova ondata di cineasti con un'idea diversa di regia, meravigliosi e capaci (io amo Truffaut quasi più della mia vita), tra loro accostabili, ma non certo a Godard.
|
Beh, proprio di questo parlerei...
Approfondisci meglio.
_________________ Rubare in Sardegna è il Male. |
|
mallory
 Reg.: 18 Feb 2002 Messaggi: 6334 Da: Genova (GE)
| Inviato: 05-03-2004 18:10 |
|
quote: In data 2004-03-05 03:19, 13Abyss scrive:
E ti pareva che scappa fuori Godard e mallory non ci mette bocca?
Siamo fottuti, noi poveri ignoranti, di fronte all'immenso pensiero di questa ragazza così dedita al cinema...
Una puntura a me, una puntura a te...tiè.
|
Ma sei scemo?
La risposta è: indubbiamente si.
quote: In data 2004-03-05 03:19, 13Abyss scrive:
Ma passiamo senza indugi al punto, che sono le 3 di notte passate.
Per fortuna posso rispondere con poche parole.
Mia cara, ma io concordo con tutto quello che hai scritto. Non puoi mettermi al rogo perchè ho accostato, con il solo scopo di sintesi, Godard a "gli altri autori della Nouvelle Vague"...
Questo regista è unico. Chi lo mette in dubbio?
Banalizziamo ancor di più.
Tutti i registi sono unici nel loro campo.
Non puoi però negare che ci siano punti in comune tra i registi che hai citato, punti riguardanti la precisa selezione di un linguaggio che poi, ogni regista, ha sviluppato in modo personale.
|
No, non ti metto al rogo Abyss, non ne avrei motivo, soprattutto perchè il discorso da me accennato non ha la pretesa di elevarsi a postulato inattaccabile; e poichè nasce essenzialmente come postriflessione a svariate letture e visioni, non vuole essere null'altro che il tentativo di una nuova costruzione interattiva sul cinema di Godard.
In verità, un tempo, non avrei mai osato proporre una tale supposizione, poichè da sempre e da tutti, Godard è considerato uno dei capostipiti della Nouvelle Vague, al pari di Truffaut, Chabrol e gli altri... E credo che i pochi che si azzardino ad affermare il contrario, non lo farebbero se non dopo aver osservato con attenzione i limiti verso i quali si spinge Godard, in senso filmico e metafilmico; per questo, lungi da me l'intenzione di metterti al rogo e lungi da me con altrettanta distanza, l'intenzione di convincerti che questa ipotesi possa trasformarsi in tesi assoluta, per questo ( e non solo ), provo fastidio nel leggere che la tua voleva essere solo una generalizzazione, quando per me, non esiste generalizzazione plausibile in tal senso, come non esiste contraccolpo del tipo: "Tutti i registi sono unici nel loro campo.", quando il mio discorso era incline ad una puntualizzazione che trascendeva sia lo stile di un autore che il contesto attraverso il quale esso viene giudicato, ma che più precisamente si riferiva all'uso "critico" (o meglio dire politico) della regia di Godard, imbastito in termini da tutti i critici dei Cahiers, ma in parte abbandonato da essi (ad esclusione di Godard) nell'applicazione filmica.
Forse sono stata poco incisiva, e me ne rammarico... Ma visto che sei tu, magari posso anche azzardare l'ipotesi sempre valida che non sai leggere... Ah ah.
Però hai ragione, bisogna approfondire meglio e quindi aggiungo:
l'opera di Godard, che non è solo da identificare nella summa di tanti film, ma che divulga la sua significazione nella visione onnicomprensiva di tanti frammenti di un unico e immenso film, "il film perpetuo", che non ha nè fine nè inizio e che ammette continuamente, dal momento che non si aggrappa unicamente al significante dell'immagine, un ulteriore osservazione, fuori dal contesto, ovviamente diegetico, di consueto filmico, straordinariamente metafilmico quando questa valica i limiti dei contesti temporali, e che quindi si raccorda in maniera sempre efficace ai quesiti della vita del passato, del presente e del futuro a venire, il cinema di Godard è dunque verità, forse universale, e che quindi può anche essere definito parametro critico, per ciò che riguarda tutto il cinema.
Dunque dicevo, visione onnicomprensiva, un po' come sosteneva Barthes ne Il piacere del testo: "Testo vuol dire Tessuto", ed esattamente nel tessuto godardiano, dove i soggetti si disfano e la tessitura rende visibile in testo, dunque la concretezza dell'intenzione, che il film perde in un certo senso la sua accezione consueta, per elevarsi a modello di cinema ontologico, un cinema purissimo.
Il dove e come questo fare cinema "politicamente" agisce e fa si che si discosti automaticamente (e non per ciò che riguarda lo stile e l'abilità registica, macchissenefrega) dal resto del cinema Nouvelle Vague, non può dunque essere "mostrato" a parole, in quanto già il termine chiarisce che deve essere mostrato, ma può essere accennato teoricamente e metaforicamente come fece Gilles Deleuze definendo il metodo di Godard : "il metodo del Tra" che "scongiura ogni cinema dell'Uno", che esiste quindi "tra due azioni, tra due affezioni, tra due percezioni, tra due immagini visive, tra due immagini sonore, tra sonoro e visivo; far vedere l'indiscernibile, cioè la frontiera".
Ricordiamoci però che la frontiera, non sempre è visibile da ogni punto di vista...
E con questo, chiudo. |
|
stilgar
 Reg.: 12 Nov 2001 Messaggi: 4999 Da: castelgiorgio (TR)
| Inviato: 06-03-2004 01:07 |
|
quote: In data 2004-03-05 03:19, 13Abyss scrive:
E ti pareva che scappa fuori Godard e mallory non ci mette bocca?
|
Ma scusa, secondo te chi è l'utente misterioso che ha convinto Alzayd a rivalutare Godard?!
Comunque questo è uno dei topic per cui vale la pena continuare a scrivere e moderare su questo forum
_________________
Profundis - L'anima nera della rete |
|
13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 06-03-2004 05:57 |
|
Scusate l'orario assai notturno, quasi mattutino, e il flusso di pensieri che a quest'ora, per vari motivi che non sto a sottolineare, si fa denso e a tratti incomprensibile.
Chi non vuole leggere si fermi adesso, così non potrà darmi alcuna colpa che non sia la mia ignoranza.
Mallore, mallore... Un post che rasenta la perfezione (dico "rasenta" perchè certo sarcasmo forse non si abbinava al tema, ben sapendo che era un sarcasmo amichevole...), una presa di posizione decisa e personale, che forse svela davvero la prospettiva per mezzo della quale considerare Godard.
Già. Partire da un'idealizzazione personale, trovare riscontri in Deleuze e, infine, fare propria una teoria su un autore, che poi si rivela (magnificamente) una teoria sul cinema stesso.
Parole tue: "costruzione interattiva sul cinema di Godard". L'interazione richiede però un approfondimento ancora maggiore e fortemente tecnico. Visivo e non letterario, soprattutto nel caso di questo regista. Proviamo quindi, se sei d'accordo ad ampliare maggiormente questa tua "strada di giudizio" per permettermi di ottenere una mia personale opinione sulla tua teoria.
Passiamo alla sostanza.
Premetti che la mia conoscenza di Godard, ad un livello puramente superficiale, è incompleta. Conosco pochi suoi lavori degli anni '70 e successivi e ne ho visti ancor meno, ma ho potuto comunque leggere un pò di scritti sul suo "operato" di quegli anni.
Detto questo, sono molto affascinato dal concetto di "film perpetuo", che ha progressivamente distaccato il cinema di Godard da quello degli "altri autori della Nouvelle Vague" (eheheh...).
Hai ben esplicato che considerarlo "perpetuo" gli fornisce una globalità contenutistica che lo estrania dal fattore temporale e dalla frammentarietà a cui possono indurre le singole opere.
Perchè allora affermi che la distanza dal tempo diegetico è scandita da un "non aggrapparsi unicamente al significante dell'immagine"? Tale significante è anch'esso indipendente dal tempo, perciò non può essere l'elemento che permette il distacco. Forse indichi un senso filmico più "alto", completo e globale, proprio come quello che si interpone tra le inquadrature, nel montaggio, nel "Tra", un senso che travalica anche lo stesso significante dell'immagine? Se questo intendi, prova a spiegarmi più approfonditamente la metafisica in questione.
In conclusione, un'altra cosa non mi quadra: asserisci che il cinema di Godard ha una motivazione ben precisa, rappresentata tramite la politica della mdp, che forse rappresenta davvero la "verità universale" come dici tu, ma resta, per sua stessa definizione, una motivazione soggettiva, visto che una tale prospettiva è si onnicomprensiva, ma generata da una persona. UNA persona... E' giusto quindi sceglierla come parametro critico?
P.S.:
non ti accanire così tanto contro le mie "generalizzazioni", come quella sugli autori della Novelle Vague, sono soltanto rapide indicazioni...
_________________ Rubare in Sardegna è il Male. |
|
13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 06-03-2004 06:02 |
|
quote: In data 2004-03-06 01:07, stilgar scrive:
quote: In data 2004-03-05 03:19, 13Abyss scrive:
E ti pareva che scappa fuori Godard e mallory non ci mette bocca?
|
Ma scusa, secondo te chi è l'utente misterioso che ha convinto Alzayd a rivalutare Godard?!
Comunque questo è uno dei topic per cui vale la pena continuare a scrivere e moderare su questo forum
|
Toccale tutto ma non il suo Godard...
Cazzo però... ha scritto un topic veramente "imperativo"...
Mi sento sovrastato...
_________________ Rubare in Sardegna è il Male. |
|
mallory
 Reg.: 18 Feb 2002 Messaggi: 6334 Da: Genova (GE)
| Inviato: 07-03-2004 00:41 |
|
Dunque, andiamo per gradi, che la discussione comincia a divenire articolata.
Innanzi tutto chiedo scusa per il sarcasmo gratuito, ma ormai è divenuto solo un riflesso che non riesco più a tenere a bada, incondizionato come si suol dire...
Poi.
La teoria da me avanzata, a dire il vero solo accennata, alla quale sono giunta attraverso un'indagine sulla bibliografia e filmografia di Jean-Luc Godard, non è da definirsi (come tu scrivi) un'idealizzazione personale, in quanto non scaturisce da una libera interpretazione e non si fonda su nessuna astrazione dettata dal gusto; quella che io ho denominato "costruzione interattiva sul cinema di Godard", non è altro che l'assemblamento di dati necessari confacenti a rendere comprensibile il cinema di Godard all'interlocutore, e non solo, ma anche a farla diventare costruzione sistematica personale, al fine di raggiungere più rapidamente il coronamento di un ragionamento altrimenti lungo e complicato; una sorta di sintetizzazione utile ed esaustiva, un po' come "zipparla" all'interno della memoria.
Il riscontro in Deleuze poi, è una piacevole scoperta posteriore, che ho colto solo in questi giorni, poichè quando lessi le parole da me riportate nel precedente post, mi parvero prive di sostanza, retorica fine a se stessa; mentre al contrario ricalcano fedelmente e in modo molto acuto, un procedimento mentale di riflessione sul cinema che io stessa mi sono trovata ad affrontare, seppur in maniera più disordinata, poichè in assenza di quel materiale del quale il critico Gilles Deleuze si è avvalso per svolgere i suoi studi sull'autore, oltre naturalmente alla vasta cultura dalla quale poter attingere preziose informazioni...
La teoria quindi c'è, poichè aldilà delle parole, è visibile sullo schermo, impressa nei film di Godard, percepita anche da coloro che del cinema non conoscono nulla, ma si ritrovano infastiditi, frastornati, colpiti, stremati dai film di Godard, ma mai impassibili; il motivo di tutto ciò, è rintracciabile quindi nella regia, che se smontata e analizzata, comprova quella teoria plasmata da chi, in passato, ha smontato e analizzato per costruirla.
A questo punto la tua richiesta di approfondimento può essere esaudita solo in parte, poichè l'approfondimento di cui parli potrebbe essere fatto solo davanti ai film di Godard, o se non altro, operato con qualcuno che alla stessa maniera del suo interlocutore, fosse in possesso di ingenti nozioni su Godard, e oltre a quelle, una solida conoscenza cinematografica e una considerevole cultura generale, soprattutto relativa alla pittura, scultura, musica e filosofia, alle quali Godard fa continuamente riferimento.
Per questi motivi la nostra discussione non potrà mai raggiungere quella frontiera di cui parla Deleuze riferendosi al cinema del regista ginevrino, poichè quella, non solo è visibile a pochi, ma anche solo mediante il mezzo cinematografico.
Questa è inoltre una delle più valide motivazioni sul perchè i critici del passato e del presente, abbiano incontrato numerose difficoltà analizzando i film di Godard.
Detto questo, posto come limite a tutto quello che si è detto e che si dirà all'interno di tale discussione, si può anche tentare di redigere un certo approfondimento, seppur le tue conoscenze siano scarne (e non solo le tue, ti assicuro...), ma ci vorrà tempo e pazienza, oltre alla partecipazione di qualche altro "appassionato".
Proviamo.
Il concetto di "film perpetuo", nasce a ridosso di una distinzione concepita dallo stesso Godard nel testo Godard par Godard, nel quale egli afferma che "I film girati dopo il '68 sono i gradini della stessa scala, mentre quelli girati prima del '68, sono ognuno un gradino di una scala diversa". Questo significa che, nonostante sin dall'inizio l'intento dell'autore fu quello di realizzare film fortemente critici e tesi verso una ramificazione in direzione di molteplici riflessioni sull'arte, la politica e la filosofia, al fine di rintracciare il significato più completo delle sue riflessioni dandogli un "volto visibile", attraverso quindi l'uso di un mezzo polifunzionale come il cinema; il raggiungimento concreto e percepibile di questa intenzione avvenne in seguito ad un lungo periodo di pratica sperimentale, agevolata dalle possibilità che il movimento della Nouvelle Vague offrì "ai giovani turchi", e che fu per Godard periodo di formazione, intellettuale e pratica.
Dunque è nel Godard post '68 che abbiamo l'effettiva possibilità di percorrere la scalinata costruita dall'autore per raggiungere la summa di tutte quelle riflessioni, e quindi, Godard stesso, il raccolto del suo seminato.
"Tutto si svolge come se un'opera, e un'opera soltanto, esercitasse una funzione seminale" ( Jean-Louis Leutrat ).
_________________
|
|
13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 08-03-2004 04:49 |
|
Bene.
Un limite è stato posto.
La frontiera è stata delineata, pur nella sua inafferabilità che hai puntigliosamente sottolineato.
Le mie conoscenze sono scarne, lo ammetto continuamente.
Giunti a questo punto?
Giunti a questo punto spererei di portare avanti una discussione interessante, aperta, acuta e affrontabile da chiunque si senta di poter fornire un apporto intelligente all'argomento in questione.
Priviamoci di linearità: se parliamo di un regista la cui opera è unica, pur nella sua frammentazione, non ne abbiamo bisogno.
Creiamo una traccia o lasciamo che essa scaturisca autonomamente, parola dopo parola, osservazione dopo osservazione, limite dopo limite.
Chissà... forse si può ottenere qualcosa di più di ciò che avevamo previsto, o forse riusciremo soltanto a constatare con voce cosciente certe evidenze del cinema godardiano che prima sfuggivano al mio occhio e al mio pensiero.
Comunque vada sarà un successo.
Non mettiamo fretta nelle nostre affermazioni. Ponderiamo, riflettiamo, convinciamoci realmente delle nostre idee.
Il tempo non si opporrà.
Già. Proviamo...
Il cinema di Godard è un cinema politico, composto da forti riflessioni e da varie, quanto estreme, tematiche.
Fino ad adesso mi hai trovato d'accordo in una definizione di "film perpetuo": un'opera che non si svolge nel tempo, bensì si costruisce sui singoli apporti, sulle immagini, le inquadrature, le sequenze di un pensiero portato aldilà della narrazione.
Ogni mattone di questa complessa architettura visiva compone il pensiero godardiano, lo struttura e lo rende immortale sulla pellicola.
Tutta questa mancanza di linearità, come ho accennato prima, rende impossibile una completa ricomposizione dei singoli apporti: possiamo cogliere più "particolari", ed ogni persona che si cimenta nel tentativo di una pura analisi può raggiungere diversi (come hai espresso precedentemnte) livelli di approfondimento, ma non c'è via di uscita che possa portare alla verità assoluta.
Soltanto opinioni più o meno convincenti.
Del resto questa è la critica: un tentativo di cogliere, delineare, esprimere analiticamente ciò che è sfuggente e incorporeo per sua stessa natura.
Risulta adesso chiaro che non esiste alcun punto da cui partire e, al tempo stesso, qualsiasi punto può essere accettabile.
Messo in chiaro questo (anch'io avevo bisogno di fare una personale premessa...), partirei proprio dalle ultime frasi che hai postato...
Pare che soltanto i film posteriori al '68, secondo le tue stesse parole, permettano di apprendere realmente la figura Godard.
Accettata un'idea del genere, mi viene da credere che tutte le opere precedenti a tale periodo, pur se nate nell'intento di esprimere particolari ideologie critiche nei confronti dei più svariati campi (cinema in primis...), risultino incomplete o, ancor meglio, slegate da un punto di vista stabile che soltanto una "maturazione artistica" può concedere.
Possiamo, tenendo conto di questo, ritenere i suoi primi film simboli di una evoluzione intellettuale e pratica volta proprio al raggiungimento di tale maturazione?
Se la risposta è affermativa, la contestazione del '68 svolge un ruolo dominante in questo iter, svelando a Godard un ben determinato percorso di elaborazione prima pensato e conseguentemente mostrato.
Il cinema dell'autore trova quindi i mezzi e le intenzioni in una prima fase, per poi riunificarli in una reale politica ben delineata nella seconda fase.
A sua volta, questa seconda fase, è stata scomposta in due parti distinte e diverse nelle ispirazioni, almeno secondo le fonti che ho potuto avere: fino al 1980 il suo cinema presenta una forte componente militante presentata al pubblico tramite molteplici digressioni, come le famigerate "tematiche marxiste" a lui care.
Da quella data in poi la ricerca si è spostata verso un binario morale, formato da riflessioni sulla società contemporanea e sui suoi valori.
Secondo il mio parere, però, il "periodo formativo" di una persona resta quello più denso di ispirazione e fortemente esplicito, maggiormente generoso nel mostrare la fisionomia di un pensiero in continua mutazione e, quindi, un ottimo punto di partenza.
Tenendo conto di questo e del fatto che non si può parlare di un regista senza affrontare direttamente i suoi film, sta adesso a te, Mallory, scegliere la traccia da sviluppare all'interno di questo periodo.
Mi affido alla tua conoscenza.
E' tutto, per adesso.
[ Questo messaggio è stato modificato da: 13Abyss il 08-03-2004 alle 04:56 ] |
|
|