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Autore VFC
sloberi

Reg.: 05 Feb 2003
Messaggi: 15093
Da: San Polo d'Enza (RE)
Inviato: 02-02-2006 15:56  
quote:
In data 2006-02-02 15:47, MaratSafin scrive:

Del resto la narrazione ha sviluppato un linguaggio (parlo di montaggio e mise en scene) abbastanza autosufficiente da non aver bisogno di strumenti di ridondanza o di rinforzo.




Ma infatti non sempre la VFC quando è voce narrante vuole avere il ruolo di rinforzo dell'istanza dell'enunciazione.
A mio avviso, mi ripeto, quella di Jules et Jim non ha questo significato ma è più che altro un omaggio che il regista vuole fare allo scrittore che in vita sua ha più amato.
Oppure mi viene in mente "La fiamma del peccato"; il debrayage enunciazionale che contraddistingue tutto il film ha significati semantici diversi da quello del rinforzo dell'enunciazione. Spesso infatti nei film noir il ricorso alla voce fuori campo del protagonista ha lo scopo di figurativizzare il concetto di un destino ineluttabile che ha portato gli eventi in una certa direzione; a ben vedere, infatti, sono tanti i casi in cui della voce narrante si potrebbe fare a meno.
_________________
E' ok per me!

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sloberi

Reg.: 05 Feb 2003
Messaggi: 15093
Da: San Polo d'Enza (RE)
Inviato: 02-02-2006 16:00  
quote:
In data 2006-02-02 15:52, sandrix81 scrive:
Ecco perché la vfc, narrante, in Jules e Jim non è fisiologicamente necessaria alla narrazione, come appunto quando non è voce narrante ma sintagma interpretativo (nel Marienbad, o in Weekend), ma resta un elemento irrinunciabile.



Ma quindi non è un elemento irrinunciabile.
O meglio, è irrinunciabile all'interno del discorso autoriale che Truffaut porta avanti; però non è irrinunciabile a priori per la trasposizione filmica del film.
_________________
E' ok per me!

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pkdick

Reg.: 11 Set 2002
Messaggi: 20557
Da: Mercogliano (AV)
Inviato: 02-02-2006 16:07  
quote:
In data 2006-02-02 15:37, sloberi scrive:
Per quanto riguarda Jules et Jim, non dimentichiamo che il film di Truffaut è tratto da un libro di Roche e il regista francese ha probabilmente utilizzato la VFC per oggettivare il racconto e poter inserire per quanto possibile la marca enunciativa dello scrittore francese. La VFC di Jules et Jim, a mio avviso una degli esempi migliori che il cinema ci abbia mai proposto, è dunque da vedere principalmente come un omaggio che Truffaut ha voluto fare al buon Henri-Pierre Roche.


non c'entra moltissimo, ma a proposito del rapporto tra vfc e matrice lettaria mi viene in mente l'uso che se ne fa in Dune (non a caso tratto da un romanzo), come manifestazione dei pensieri dei personaggi... elemento tanto comune su carta quanto inusuale al cinema.
in effetti non so nemmeno se, in questo caso, si possa parlare tecnicamente di vfc

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ermejofico

Reg.: 17 Ago 2005
Messaggi: 662
Da: roma (RM)
Inviato: 02-02-2006 16:44  
No, non mi piace la vfc in nessun caso. Introduce un tasso di falsità che mi disturba immancabilmente. E proprio per questo adoro quella di ZELIG, perchè lì tutto deve essere documentaristicamente falso.
BLADE RUNNER in effetti crea qualche problema:siamo troppo abituati a sentire i pensieri di Dekkart per rinunciarvi a cuor leggero. Bisognerebbe forse provare ad immaginare di aver visto SOLO la director's cut ,magari dieci volte, e poi, anni dopo, vedere la versione classica con la vfc. Magari, a quel punto, sarebbe la versione originale a sembrarci appesantita.
Un caso in cui sicuramente il film avrebbe guadagnato dall'eliminizione della vfc è DOPO MEZZANOTTE di Ferrario.
_________________
"Che cosa te ne fai di una banca se hai perduto l'amore?"

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MaratSafin

Reg.: 17 Ott 2004
Messaggi: 831
Da: trafalmadore (CO)
Inviato: 02-02-2006 16:49  
quote:
In data 2006-02-02 15:56, sloberi scrive:
quote:
In data 2006-02-02 15:47, MaratSafin scrive:

Del resto la narrazione ha sviluppato un linguaggio (parlo di montaggio e mise en scene) abbastanza autosufficiente da non aver bisogno di strumenti di ridondanza o di rinforzo.




Ma infatti non sempre la VFC quando è voce narrante vuole avere il ruolo di rinforzo dell'istanza dell'enunciazione.
A mio avviso, mi ripeto, quella di Jules et Jim non ha questo significato ma è più che altro un omaggio che il regista vuole fare allo scrittore che in vita sua ha più amato.
Oppure mi viene in mente "La fiamma del peccato"; il debrayage enunciazionale che contraddistingue tutto il film ha significati semantici diversi da quello del rinforzo dell'enunciazione. Spesso infatti nei film noir il ricorso alla voce fuori campo del protagonista ha lo scopo di figurativizzare il concetto di un destino ineluttabile che ha portato gli eventi in una certa direzione; a ben vedere, infatti, sono tanti i casi in cui della voce narrante si potrebbe fare a meno.




Non credo che nel noir si tratti di figurativizzazione (e infatti in che senso una voce sarebbe una figura?, ti ricordo che la figurativizzazione implica una dimensione iconica o, per lo meno, di riconoscibilità sulla base di una griglia culturale, quindi al massimo trattasi di una figura del discorso tematizzata ex-post) , quanto piuttosto di un rimando ad una diversa istanza enunciativa che consente la presa di distanza rispetto al piano della rappresentazione, oggettivando e quindi dotando di linearità spazio-temporale (in ultima istanza di una direzione, e quindi, di un destino) la concatenazione degli eventi.

La voce fuori campo viene cioè usata per inscatolare la irriducibile indeterminatezza del materiale visibile, la sua polisemia, attraverso un processo che viene quasi ad essere un montaggio secondo, se così possiamo dire.

La stessa trasposizione dal letterario, come giustamente fate notare, reca al suo interno le marche enunciative di questa traduzione da un altro universo. In questo modo il nuovo testo viene inserito nell'universo intertestuale con precise indicazioni circa la sua collocazione, il suo essere un ibrido. Strategia raffinata, anche ottima in certi film, ma pur sempre una strategia metatestuale, sia essa di richiamo alle istanze di enunciazione (un narratore esterno come in molti noir), funzionale alla creazione di un narratore incorniciato (per esempio, Diario di un curato di campagna), o semplicemente a segnalare l'adattamento (Jules e Jim).

Quello che voglio dire io è che la voce fuori campo nel film che ho citato ha un ruolo radicalmente diverso: è strumento per la ri-creazione pratica del senso, non per la sua puntualizzazione (semantica o pragmatica che si voglia).

[ Questo messaggio è stato modificato da: MaratSafin il 02-02-2006 alle 16:55 ]

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 02-02-2006 17:08  
quote:
In data 2006-02-02 16:44, ermejofico scrive:
E proprio per questo adoro quella di ZELIG, perchè lì tutto deve essere documentaristicamente falso.


mm.. nsomma.

Nella serie di documentari Why we fight? di Capra, la voce fuori campo aveva la funzione di collaborare alla pari con il materiale visivo per la creazione di senso: la voce forniva interpretazione alle immagini, le immagini documentavano i fatti e i concetti espressi dalla voce.
Questo espediente viene ribaltato nella prima sequenza di Cantando sotto la pioggia. Don Lockwood (Kelly) narra dei primi passi della sua carriera, ma in questo caso immagini e voce vanno in direzioni opposte. Le immagini (i flashback) smentiscono allo spettatore quello che Lockwood sta raccontando al pubblico; la voce di Kelly dunque non interpreta le immagini, ma crea senso autonomamente, generando l'effetto comico nel momento in cui ci si accorge che il senso creato non è che una montatura del divo; i significati vengono smontati direttamente dal film.
In Zelig, il meccanismo di collaborazione voce-immagini è ribaltato ulteriormente. Nell'ambito del cinema postmoderno, dove il simbolico non riesce più a creare ponti tra il reale e l'immaginario, questi due registri non riescono più a confrontarsi. Allora può succedere che un documentario possa ancora funzionare come i Why we fight?, con voce e immagini che cooperano organicamente, ma che i significati - "correttamente" - generati siano assurdi.
Dunque in Zelig i fatti non sono "documentaristicamente falsi", anzi, sono "documentaristicamente" veri, ma sono falsi solo nel momento in cui riusciamo a confrontarli con la realtà.

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Non vorrei mai appartenere ad un forum che accettasse tra i suoi moderatori uno come me.

[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 02-02-2006 alle 17:09 ]

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sloberi

Reg.: 05 Feb 2003
Messaggi: 15093
Da: San Polo d'Enza (RE)
Inviato: 02-02-2006 17:15  
quote:
In data 2006-02-02 16:49, MaratSafin scrive:

Non credo che nel noir si tratti di figurativizzazione



Hai pienamente ragione. Ero abbastanza di fretta e ho scritto una discreta minchiata.
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E' ok per me!

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ermejofico

Reg.: 17 Ago 2005
Messaggi: 662
Da: roma (RM)
Inviato: 02-02-2006 17:22  
quote:
In data 2006-02-02 17:08, sandrix81 scrive:
[...]Dunque in Zelig i fatti non sono "documentaristicamente falsi", anzi, sono "documentaristicamente" veri, ma sono falsi solo nel momento in cui riusciamo a confrontarli con la realtà.

_________________
Non vorrei mai appartenere ad un forum che accettasse tra i suoi moderatori uno come me.

[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 02-02-2006 alle 17:09 ]

Se non è quello che ho detto, è quello che volevo dire.
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MaratSafin

Reg.: 17 Ott 2004
Messaggi: 831
Da: trafalmadore (CO)
Inviato: 02-02-2006 17:53  
quote:
In data 2006-02-02 17:15, sloberi scrive:
quote:
In data 2006-02-02 16:49, MaratSafin scrive:

Non credo che nel noir si tratti di figurativizzazione



Hai pienamente ragione. Ero abbastanza di fretta e ho scritto una discreta minchiata.




Ma no. In fondo tutta la semiotica è una discreta minchiata, un giochino accademico per consentire al mondo accademico di rinchiudersi ulteriormente in torri d'avorio. In fondo, si riduce tutto a una strategia di sistemizzazione, di ordinamento della cultura.

Cultura che è, per definizione, invece conflittuale e creativa. Quindi irriducibile, in certa misura, a modelli e dispositivi. Proprio per questo amo L'anno scorso a Marienbad: perchè sfugge alla convenzionalizzazione narrativa, perchè intriso di sensi altri, perchè irriducibile ad un canone.

La voce fuori campo non è un congengo dell'orologio: ti dice sostanzialmente che l'orologio non esiste, o meglio, non esiste un'ora esatta.

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kagemusha

Reg.: 17 Nov 2005
Messaggi: 1135
Da: roma (RM)
Inviato: 03-02-2006 09:04  
dimenticavo il migliore di tutti nell'uso della voce fuori campo oggi è Wang kar way.
quella di hong kong express è indimenticabile.
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http://trifo.blogspot.com

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kornnet

Reg.: 27 Nov 2004
Messaggi: 156
Da: Salerno (SA)
Inviato: 03-02-2006 09:58  
HKE l'ho rivisto pochi giorni fa e confermo che Wong Kar-Wai è uno dei migliori in questo senso. Un'altra vfc alla quale mi son affezionato è quella di oldboy
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"Ridi, ed il mondo riderà con te. Piangi, e piangerai da solo" - Old Boy
"Lo so che sei un bravo ragazzo. Ma tu lo sai perchè io devo ucciderti? Lo capisci? Huh? Lo sai?" - Sympathy for Mr.Vengeance

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vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
Messaggi: 4111
Da: roma (RM)
Inviato: 04-02-2006 15:26  
quote:
In data 2006-02-02 15:41, MaratSafin scrive:
ah, ciao a tutti.





oh bella. mi piace pensare che ti ho evocato io col mio interessantissimo topico, anche se magari non è vero.

nel notare quanto quei parolari dei francesi usino la vfc, tiro fuori due esempi freschi, che mi smbravano non male.
La voce di Lady Vendetta, che nel caotico montaggio iniziale (misto di flashback e prolessi, e anche visione onirica) è nello stesso tempo guida e causa di ulteriore disorientamento, coerentemente col ritratto moralmente ambiguo della protagonista che si va delineando.
E la doppia voce fuori campo di The New World, lirica come le immagini che la supportano.


_________________
La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili

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royearle
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Reg.: 06 Mag 2005
Messaggi: 6294
Da: napoli (NA)
Inviato: 04-02-2006 18:29  
Avrei risposto il commento fuori campo nei film di Godard, spesso la voce del regista stesso, ma leggendo su mi viene di voglia dia ggiungere anche le voci interiori dei personaggi di Hong Kong Express e Angeli Perduti di Wong Kar Wai.

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Ayrtonit
ex "ayrtonit"

Reg.: 06 Giu 2004
Messaggi: 12883
Da: treviglio (BG)
Inviato: 04-02-2006 20:48  
quote:
In data 2006-02-04 15:26, vietcong scrive:
quote:
In data 2006-02-02 15:41, MaratSafin scrive:
ah, ciao a tutti.





oh bella. mi piace pensare che ti ho evocato io col mio interessantissimo topico, anche se magari non è vero.

nel notare quanto quei parolari dei francesi usino la vfc, tiro fuori due esempi freschi, che mi smbravano non male.
La voce di Lady Vendetta, che nel caotico montaggio iniziale (misto di flashback e prolessi, e anche visione onirica) è nello stesso tempo guida e causa di ulteriore disorientamento, coerentemente col ritratto moralmente ambiguo della protagonista che si va delineando.
E la doppia voce fuori campo di The New World, lirica come le immagini che la supportano.





quoto per la voce fuori campo di the new world e rilancio con quelle della sottile line a rossa, per rimaner vicini. non amo particolarmente la vdp, cmq, mi dà sempre l idea che voglia dirci DI PIU', qualcosa forse che il regista non riesce a far vedere con le immagini. il che per me è anche un pò fallimentare. o no?
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"In effetti la degenerazione non è mai divertente, bisogna saperla mantenere su livelli tollerabili.
Non è tanto una questione di civiltà, ma di intelligenza."
DEMONSETH

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 05-02-2006 16:45  
due casi praticamente contemporanei di voce fuori campo che meriterebbero due parole sono Dogville di Lars Von Trier (tralaltro, curiosamente, la voce nella versione italiana è dello stesso Albertazzi) e Dear Wendy di Thomas Vinterberg.


ora però sono in partenza, quindi se ne riparla un'altra volta. se qualcuno intanto vuole iniziare, ben venga.
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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