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Autore IOMA 2005: IL DIARIO DI NALY
naly01

Reg.: 26 Nov 2001
Messaggi: 2248
Da: Rignano Sull'Arno (FI)
Inviato: 15-09-2004 16:06  
Qui inserirò tutti i commenti relativi ai film che vedo.
Buona lettura!

ELENCO DEI FILM VISTI


1 The Missing
2 Monster
3 La passione di Cristo
4 Kill Bill Volume 2
5 Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
6 Ladykillers
7 L’alba del giorno dopo
8 Jagoda: fragole al supermarket
9 Stai con me
10 Evilenko
11 La donna perfetta
12 Fahrenheit 9/11
13 School of Rock
14 Secret Window
15 Il vestito da sposa
16 Una canzone per Bobby Long
17 The Terminal
18 La terra dell’abbondanza
19 Le chiavi di casa
20 Spiderman 2
21 L’amore ritrovato
22 Mucche alla riscossa
23 Hero
24 La mala educaciòn



_________________
Don't dream it. Be it.

Know your soul like the blood knows the way from your heart to your brain.

Mi perseguita l'idea che dietro al mio amore per lui non ci sia stato altro che pura volontà: pura volontà di amarlo.



[ Questo messaggio è stato modificato da: naly01 il 14-10-2004 alle 13:37 ]

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naly01

Reg.: 26 Nov 2001
Messaggi: 2248
Da: Rignano Sull'Arno (FI)
Inviato: 15-09-2004 16:34  
THE TERMINAL

8

Steven Spielberg, dopo il successo di Prova a prendermi, torna nei cinema con una commedia assolutamente imperdibile. Questa volta il regista di Et ci racconta la storia, ispirata ad un fatto realmente accaduto, di un immigrato in viaggio per New York, Viktor Navorsky, che quando atterra sul suolo americano viene informato della drammatica notizia di un colpo di stato nel suo paese, così che il suo passaporto (e il suo biglietto di ritorno) non è più riconosciuto dalle autorità statunitensi. A Viktor viene quindi negata la possibilità di tornare nella sua patria, ma non potendo entrare neanche negli Stati Uniti, si vede costretto a stabilirsi nel Terminal. Una parte del film è quindi dedicata alle buffissime e divertenti idee di Viktor per trovare il modo di sopravvivere in un aeroporto. Tra letti fatti di sedie, bagni pubblici e raccolta di monetine dei carrelli per riuscire a mangiare almeno un panino invece che i soliti cracker, seguiamo ogni giorno il povero protagonista nella sua continua attesa di una chiamata o di una notizia che gli consentano finalmente di lasciare il terminal. Chiamata che naturalmente tarda ad arrivare, e quindi Viktor non può fare altro che adattare il più possibile l’aeroporto ad una sorta di “casa dolce casa”. Con la sua bontà d’animo e la sua simpatia riesce a crearsi una fitta schiera di amici, dall’uomo delle pulizie (inizialmente scettico e scontroso) al poliziotto, fino a conquistarsi la maggior parte degli impiegati. Come in ogni storia però, anche qui non può mancare il cattivo della situazione, magistralmente interpretato da Staley Tucci, un uomo arido e arrabbiato che tenta di tutto, nei (non) limiti del legale, per liberarsi della scomoda presenza di un residente nell’aeroporto. La parte comica del film è incredibilmente perfetta, il ritmo non ha un attimo di incertezza e pur svolgendosi interamente in una sola location (il terminal, esplorato però in tutto e per tutto) ogni minima scena risulta del tutto frizzante e piacevole. E perfetta è anche la parte romantica della storia, immancabile, con una Catherine Zeta Jones sorprendentemente funzionale alla parte e la possibilità di creare un piccolo amore fugace nel Terminal, che difficilmente lascia indifferenti per la sua dolcezza e sincerità. In questo caso non c’è lieto fine, perché a volte la volontà di amare qualcuno che non si può avere è purtroppo più forte di un qualsiasi nuovo amore onesto e pieno di emozioni.
Un The Truman Show (non a caso scritto dallo stesso sceneggiatore, Andrew Niccol) in versione leggera, un uomo solo contro i potenti, amato dagli spettatori (i clienti dell’aereoporto) e sempre sotto gli occhi di tutti. Ottima la scelta Tom Hanks, un attore che raramente delude e che qui sfodera un’interpretazione brillante che illumina tutto il film, di nuovo un One-man-show come in Cast Away e l’ennesima prova della sua grandezza d’attore. Pochi saprebbero incarnare così bene l’ingenuità e la onestà di Viktor, eroe dei giorni nostri che rappresenta tutte le nostre piccole e grandi battaglie che ci troviamo a vivere ogni giorno. Viktor lotta per il padre, per un sogno, e il sogno è il vero protagonista della vicenda, la lotta per quello che in sui crede e per quello che si desidera. L’attesa di un amore, di un autografo, di un ritorno, Viktor ci ammalia e affascina perché è un piccolo uomo in un mondo infinito. Divertente, brioso, profondo e affascinante, The Terminal è davvero un ottimo film. Una storia meravigliosa, fatta di quella magia che solo Spielberg sa regalare alle sue storie, che saranno anche buoniste e a volte addirittura scontate, ma allo stesso tempo terribilmente sincere.

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Sono impossibile da dimenticare
e difficile da ricordare.


IOMA 2007

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Reg.: 26 Nov 2001
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Da: Rignano Sull'Arno (FI)
Inviato: 04-10-2004 06:51  
LE CHIAVI DI CASA

VOTO: 7 1/2

Raccontare la storia di un ritrovato rapporto tra padre e figlio, dove il padre è un bellissimo ragazzo che ha vissuto per quattordici anni un’altra vita, e il figlio è un bambino disabile costantemente sotto cure mediche. Si conoscono per la prima volta in viaggio a Berlino, quando Gianni accetta finalmente di incontrare il figlio rifiutato al momento del parto che costò la vita della madre, e per 14 lunghi anni ha cancellato dalla propria esistenza.
E’ questa la storia di Le chiavi di casa, semplice ma intenso film diretto da Gianni Amelio e presentato in concorso al Festival di Venezia. Gianni e Paolo cercano di instaurare un rapporto affettivo, si conoscono e si studiano, alla ricerca del legame tipico tra padre e figlio. Un rapporto non facile da costruire, vuoi per la condizione di Paolo, vuoi per il totale smarrimento di Gianni, ma che inevitabilmente crescerà nel corso della storia, arrivando ad un punto di fiducia e rispetto reciproci.
Narrato con intensità ma anche senso realistico, Le chiavi di casa coinvolge, diverte e commuove, riuscendo nel tentativo di raccontare l’affetto e la speranza, senza tralasciare il dolore inflitto dalla dura realtà di tutti i giorni che Paolo, e chi gli sta intorno, deve affrontare. Amelio non cede al ricatto del melodramma, il tema trattato permetteva scene strappalacrime e dolorose e invece sceglie la via della semplicità, toccando le giuste corde e correndo sul filo della lacrima sfuggente e schiva.
Ben raccontato il rapporto tra padre e figlio, con dialoghi dolorosamente attuali e sinceri, ma che trovano spazio anche per qualche tocco d’humour, specialmente grazie alla simpatia del piccolo Andrea Rossi. I due si conoscono, portandosi dietro anni di frustrazioni e lontananza, ma riescono a sostenersi a vicenda, cercando continuamente un equilibrio tra l’esuberante personalità di Paolo e quella insicura e spaesata di Gianni. Il più delle volte è proprio il bambino a guidare l’adulto, in un gioco delle parti che si ribalta continuamente, e asserendo un percorso di crescita che necessariamente coinvolge entrambi.
Bravissimi gli interpreti, da Andrea Rossi che rappresenta la vera ragion d’essere della storia, a Kim Rossi Stuart, in una parte matura e complessa che affronta con coraggio e realismo. A Charlotte Rampling l’onore di recitare le battute più toccanti del film, una madre rassegnata nel proprio dolore che dichiara il diritto saltuario alla superficialità per affrontare una realtà opprimente e angosciosa.
Un road movie dolce e tenero, talvolta divertente e talvolta doloroso, che difficilmente si può scordare per il suo realismo e la semplicità con la quale racconta un tema straziante e, spesso dimenticato, tristemente attuale.

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Reg.: 26 Nov 2001
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Da: Rignano Sull'Arno (FI)
Inviato: 04-10-2004 06:52  
LA TERRA DELL'ABBONDANZA

VOTO: 7

L'11 settembre è stato il giorno in cui il mondo è cambiato. L'america ha visto letteralmente crollare davanti ai suoi occhi i massimi simboli della sua florida economia e della sua potenza. Dopo, niente è stato più lo stesso; guerre, attacchi terroristici, elezioni e soprattutto la grande paura che ha colto l'intero popolo americano: pur di essere sicuri, hanno acconsentito a perdere la loro libertà, a rinunciare alla privacy. Gli americani hanno cominciato a vivere nel terrore, a sentire continuamente sopra di sé l'ombra della minaccia. Land of plenty utilizza questo terrore per raccontare la storia di Paul e Lana, zio e nipote che si ritrovano dopo anni e insieme investigano su un brutto omicidio. Il personaggio di Paul è alquanto singolare e la vera colonna portante del film: qualsiasi cosa e qualsiasi persona possono rivelarsi bombe di violenza pronte a scaraventarsi su chiunque.
Con uno stile che enfatizza i grandi spazi e immagini emozionanti, Wim Wenders ancora oggi sa raccontare con maestria un tema tragicamente attuale, nascondendolo sotto un velo di sano cinema-thriller, volto all'evolversi della trama e alla soluzione del caso.
Non perfetto sotto tutti i punti di vista, Land of Plenty si lascia comunque guardare volentieri, nonostante una trama che a metà film si immobilizza in sé stessa con una conseguente perdita di tono, e un cast forse non sorprendente ma comunque funzionale alla storia.
Una meravigliosa colonna sonora pop-rock aggiunge quel sapore in più a questo dramma-thriller ben diretto dal regista di Il cielo sopra Berlino, forse non una delle sue opere migliori ma sicuramente piena di riflessioni e dotata di grande capacità comunicativa.


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Reg.: 26 Nov 2001
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Da: Rignano Sull'Arno (FI)
Inviato: 04-10-2004 06:52  
JAGODA: FRAGOLE AL SUPERMARKET

Voto: 7 1/2
Fragola è una timida e infelice commessa che durante le ore di lavoro nel nuovissimo supermercato americano appena aperto a Belgrado sogna il grande amore. Una sera, frustrata e avvilita, scarica la sua rabbia su una dolce e tenera nonna, venuta a comprare delle semplici fragole per il nipote di ritorno dalla guerra e che viene cacciata via dal market con arroganza e cattiveria. Il giorno dopo irrompe il nipote, Marko, deciso a fare giustizia per il torto subito e pronto a sequestrare tutto il supermarket, commesse e clienti compresi. Inizia così un esilarante e divertente commedia mista di generi e citazioni, critiche e gag, il tutto raccontato con assoluta ironia e senza pretenziosità. Dusan Milic, alla sua opera prima, infonde il film di sottotesti e parodie, riuscendo a raccontare con leggerezza un paese ancora immerso negli echi lasciati dalla guerra e toccando temi come la globalizzazione, la democrazia, la non-violenza, l'ipocrisia e la giustizia. Temi che però sono solo le fondamenta di una sceneggiatura che non esita a imbastire una molteplicità di generi e atmosfere, correndo sempre sul filo dell'assurdo e districandosi con bravura tra serietà e farsa, tra critica sociale e politica e una comicità forse grossolana ma certamente godibile. Il tutto è arricchito da una trascinante colonna sonora irresistibile e originale, sfarzosa quanto la fotografia e l'atmosfera del film e che non può non ricordare Emir Kusturica, che infatti prende parte al progetto in veste di produttore e si ritaglia anche un breve cameo. Marko è l'irresistibile protagonista di questa commedia, un personaggio goffo e stravagante servito nei migliori dei modi dal bravissimo Srdjan Todorovic, eccellente nel comunicare simpatia e sincerità senza mai cadere nel ridicolo. Lo stesso vale per la protagonista femminile, una dolcissima Branka Katic, lodevole nella sua semplicità e autenticità. Il film è in continua evoluzione, il registro cambia costantemente e si immerge di volta in volta nel thriller, nell'azione, nella commedia, nel drammatico e nel sentimentale. Perché in fondo Jagoda - fragole al supermercato non è altro che una dolce storia d'amore, sicuramente insolita e paradossale, ma che non può lasciare indifferenti. I due protagonisti cercano l'amore e lo trovano nel modo più inaspettato e nella situazione più scomoda, riconoscendosi anime gemelle in un giorno di ordinaria follia e valorizzando il film con momenti di puro romanticismo e dolcezza. Certo, un'opera imperfetta e forse neanche così arguto come si potrebbe pensare, ma se andrete al cinema armati di buon umore e fiducia, sicuramente ne potreste uscire soddisfatti.

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Reg.: 26 Nov 2001
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Da: Rignano Sull'Arno (FI)
Inviato: 04-10-2004 06:53  
THE MISSING

Voto: 6,5
Ron Howard è un regista che nel corso della sua carriera ha cercato di esplorare i generi fra loro più diversi, e dopo il fantasy Il Grinch con Jim Carrey e il biopic A beautiful Mind con Russell Crowe, tenta adesso la carta del western, genere che Hollywood ha ultimamente riscoperto (Open Range, The Alamo) con discreto successo. Howard ci racconta la drammatica storia di Maggie (Cate Blanchett), madre di due figlie ancora giovani, che tutto d'un tratto si trova a dover accogliere in casa il padre (Tommy Lee Jones), un uomo che lasciò lei e la moglie per diventare un indiano. Il rapporto tra i due è denso di tensione e difficoltà, ma ben presto si ritroveranno insieme per salvare la figlia maggiore di Maggie, Lily, una ragazza fragile e scostante rapita da una banda che la vuole portare in Messico per venderla. Inizia così la loro lunga avventura, che come ogni grande storia sarà piena di pericoli e ostacoli, e che sarà anche l'occasione per padre e figlia di trovare il modo per comprendersi e appoggiarsi. Naturalmente il loro rapporto non si risolve, perché quello che un tempo è successo non si può più cambiare, e anche se Maggie non è pronta a perdonare il padre viste le sofferenze che ha provato a causa sua, i due riescono comunque a riavvicinarsi, a trovare un modo per stare insieme, a capirsi e ad aiutarsi a vicenda. Il carattere dei personaggi e i rapporti che li legano trovano ampio spazio nella storia, che esalta valori come la famiglia e la fede e pone grande attenzione sul percorso emotivo della protagonista; questo soprattutto grazie all'ottimo cast, che conta un misurato Tommy Lee Jones, aderente fisicamente ed emotivamente al suo personaggio, le giovani Evan Rachel Wood (vista in Thirteen) e Jenna Boyd (Dot), che dimostrano grande abilità nell'esprimere pathos e profonde emozioni, e, in piccoli ruoli, i bravi Aaron Echkart e Val Kilmer; ma la vera protagonista della storia è sicuramente Cate Blanchett, un'attrice dedita ai ruoli forti ed energici che regala qui una delle sue migliori interpretazioni, interpretando con tutta sé stessa il complesso ruolo di Maggie e capace di renderla, nonostante l'autorità e la caparbietà del personaggio, amabile e affascinante. Il mettere al centro della storia la psicologia dei protagonisti è sicuramente uno dei punti di forza del film, mentre i primi problemi arrivano quando Ron Howard si trova alle prese con la dinamicità e l'azione della storia. The Missing infatti è pieno di eventi che si susseguono con ritmo, ma alla lunga il tutto finisce per sembrare un tentativo di ravvivare la trama con ostacoli sempre più problematici che allungano oltre l'eccesso lo svolgimento della narrazione. La storia di Howard è epica e di ampio respiro (bellissimi i paesaggi e i costumi), ma quello che manca è un maggiore coraggio nell'imprimere intensità agli eventi raccontati, riuscendo solo a far commuovere grazie alla bravura degli interpreti, ma evitando di addentrarsi con tutto sé stesso nella drammaticità della vicenda. Questi difetti rendono The Missing un film che poteva essere un qualcosa di grande ma che invece si propone solo come una storia piacevole, anche appassionante, con momenti molti riusciti che lo rendono certamente meritevole e godibile, ma che alla fine lascia l'amaro in bocca per quella che è sostanzialmente un'occasione sprecata. Restano la bravura degli interpreti, i meravigliosi paesaggi, i bei ritratti dei personaggi, un'ottima colonna sonora del compositore James Horner e un film più che adatto per immergersi completamente in un'altra epoca e in una storia impetuosa e apprezzabile.

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Inviato: 04-10-2004 06:53  
STAI CON ME

Voto: 5

Relegato nell'esile distribuzione estiva, arriva nelle sale a tre anni dalla realizzazione il primo lungometraggio di Livia Giampalmo, imperniato sulle difficoltà dell'amore e della famiglia. Chiara e Nanni sono due giovani sposi profondamente innamorati, genitori di due piccoli gemelli e, almeno alle apparenze, felici e soddisfatti della loro vita insieme. Come si suol dire però, le cose non sono mai quel che sembrano, e presto o tardi la perfezione che avvolge il loro piccolo mondo si rivelerà alquanto fittizia. Infatti, a causa di un equivoco e di nascoste insoddisfazioni personali, il matrimonio tra Chiara e Nanni va presto in frantumi, distrutto da un tradimento in realtà mai avvenuto. I due si lasciano e spezzano la loro vita coniugale, divisi dal proprio orgoglio e dai loro cuori infranti. Il loro matrimonio sembrerebbe finito per sempre, ma il destino vuole che per i due innamorati ci sia ancora un'occasione da cogliere, in questo caso l'arrivo di altri due gemelli, a dimostrare che una vita insieme è ancora possibile. Stai con me, nonostante i sinceri propositi della regista, non riesce mai a decollare, troppo desideroso di affrontare temi complessi che mai approfondisce, e non aiutato da una fastidiosa regia televisiva e una musica stucchevole spesso anche non adeguatamente utilizzata. Il film è carico di luoghi comuni, di banalità, tocca in certi momenti le corde dell'assurdo (dialoghi irrisori, inserti a cartone animato) e del lezioso (i flashback), ed è incapace nel trovare un equilibrio nell'economia della storia, sempre portata all'eccesso nella sua sdolcinatezza o nella sua crudeltà. Non aiutano neanche i due protagonisti principali, con una Giovanna Mezzogiorno incostante nella sua recitazione, dove alterna momenti di intensità ad altri di irritante artificiosità, e un Adriano Giannini misurato ma non all'altezza nelle scene più drammatiche e strappalacrime. Livia Giampalmo cerca in tutti i modi di commuovere lo spettatore, ma la lacrima tarda ad arrivare e presto prevale l'insofferenza alla vicenda, raccontata con ampio uso di banalità e sminuita nel voler toccare temi importanti in modo fugace e superficiale. Certo, nel corso della storia si fanno spazio anche momenti riusciti, ma alla fine risulta chiaro che Stai con me è solamente un film eccessivamente pulito, leggero e futile, paradossale nel voler raccontare un sentimento profondo come l'amore e difettando proprio nella cosa più importante: un'anima.

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Inviato: 04-10-2004 06:53  
LA DONNA PERFETTA

Voto: 6

Una donna perfetta? E' un sogno diventato realtà nell'idilliaca cittadina di Stepford, dove le mogli sono casalinghe sempre soddisfatte, bambole bellissime che amano rassettare la casa, cucinare invitanti piatti e accogliere con un dolce sorriso i loro stanchi mariti. Peccato che a Joanna Eberhart, donna in carriera rifugiatasi a Stepford con marito e figli per guarire da un brutto esaurimento nervoso in seguito ad un licenziamento in tronco, le ville meravigliose e i giardini da sogno del paese non la incantino proprio. E decide di scoprire cosa si nasconde dietro i sorrisi deliziosi e i capelli impeccabili delle sue vicine di casa, che presto scoprirà essere senz'anima e, soprattutto, senza difetti. Remake di un film del 1975, La fabbrica delle mogli, La donna perfetta è una commedia lieve ed effimera che trasmette ben poco allo spettatore. Qualche risata, dovuta a labili gag presto dimenticate, non è abbastanza per salvare una pellicola sempre sospesa tra drammatico, thriller e commedia, incapace di affondare in uno dei generi e spesso peggiorata da cadute di tono e di ritmo. Il film manca di mordente, la critica sociale ad un mondo fatto di massificazione delle persone, cultura del consumismo e lotta tra i sessi rimangono purtroppo solo spunti offerti con poca convinzione, e ben presto lasciati cadere in favore di un'atmosfera più leggera ma anche meno stimolante. La storia d'amore tra i due protagonisti, cruciale nella risoluzione del finale, non è sufficientemente sviscerata, inquadrata con pochi dialoghi e poche scene che invece sarebbe stato interessante approfondire, perché non priva di ispirazioni affascinanti. L'amore e il suo equilibrio, la difficoltà nell'amare un'altra persona senza dimenticare sé stessi e rendersi schiavi della sua volontà, accettare e soprattutto amare i difetti dell'altro sono temi che nella storia vengono solo suggeriti e mai penetrati senza cadere nel luogo comune. Fortunatamente a sorreggere il film abbiamo un cast di prima scelta, guidato da una Nicole Kidman in grande forma e arricchito da rinomati attori come Christopher Walken, Bette Midler e Glenn Close. La Kidman si conferma ancora una volta una delle attrici più brave degli anni '90, eccellente anche nella commedia dopo anni di interpretazioni drammatiche (The Hours, Ritorno a Cold Mountain, La macchia umana) e sorprendente con una recitazione nervosa e piena di sentimento, assolutamente emozionante. Lo stesso dicasi per le formidabili Bette Midler (irresistibile nei panni della nevrotica e divertente scrittrice Bobbie) e Glenn Close (che come Christopher Walken rende amabile o comunque seducente il suo odioso personaggio) e perfetti nei loro ruoli il misurato Matthew Broderick (marito di Joanna) e il trascinante Roger Bart, lo stereotipato ma adorabile amico gay. Una trama fin troppo semplice e un'atmosfera da cartolina rendono il film una vaporosa commedia anche piacevole, ma che avrebbe potuto aspirare a molto di più, riuscendo magari nella sempre più difficile arte del fare ridere pensando. Ampio spazio trovano però le perfette mogli di Stepford, giovani e bellissime donne che fanno ginnastica in gonna e tacchi alti e che amano i proprio mariti senza contraddirli mai e soddisfandoli in tutti i loro piaceri (anche trasformandosi, se necessario, in un'infallibile banca). Ma alla lunga, la troppa perfezione stanca, e anche il più incallito dei mariti capisce che forse è meglio avere accanto una donna irritabile e ambiziosa ma che ti ama davvero piuttosto che una bambola tutta sorriso guidata da un telecomando. E perché forse la cosa più bella dell'amore è proprio la sua imperfezione.


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Inviato: 04-10-2004 06:54  
HARRY POTTER E IL PRIGIONIERO DI AZKABAN


Voto: 6

Harry Potter rappresenta un fenomeno particolare nel campo delle saghe cinematografiche, spesso avvilite da sequel più che dimenticabili: infatti se La camera dei segreti si era rivelato migliore del mediocre episodio iniziale (La pietra filosofale), questo terzo capitolo si può considerare, pur nei limiti, come il più riuscito e completo. Per quanto riguarda la seconda parte il merito probabilmente andava a Chris Columbus, che, già a suo agio con gli ambienti magici di Harry Potter, aveva potuto esplorare il mondo del piccolo mago con maggiore attenzione. Per Il Prigioniero di Azkaban invece, vale proprio il contrario: questa volta il regista è Alfonso Cuaron, lo stesso del bellissimo film messicano Y tu mama tambien, che riesce a valorizzare e ad arricchire con la sua impronta personale tutta la storia. Infatti finalmente le vicende di Harry e dei suoi due amici si impreziosiscono di maggiore dinamicità e densità, rendendole molto più complesse e interessanti. Cuaron dona atmosfera ed equilibrio al fitto numero di eventi che permeano Harry Potter, aiutato da un fattore visivo nettamente migliore rispetto ai primi due episodi. Le creature, gli effetti speciali e in generale la magia che contraddistingue la saga sono finalmente suggestive, affascinanti e ben realizzate. La regia, sicuramente migliore rispetto a quella convenzionale e di maniera di Columbus, non disdegna grande attenzione verso i dettagli e i particolari, scegliendo a volte delle soluzioni caratteristiche ed originali e confermando il talento di Cuaron. Ma il regista, purtroppo, non riesce comunque a sopperire ai difetti già riscontrati in La pietra filosofale e La camera dei segreti. La storia, pur essendo curiosa e finalmente più congrua, non perde quel sapore di già visto e di banalità che si riscontrano anche nei libri di provenienza, e il film non si sviluppa oltre al suo standard di cinema d'intrattenimento innocuo e ordinario. L'attore protagonista poi, Daniel Radcliffe, monocorde e inespressivo, perde il confronto con i due coetanei, certamente più intensi e vitali e questo non può non aggravare l'intera riuscita del film. Per fortuna tra le nuove entrate del cast troviamo Emma Thompson, Gary Oldman e Timothy Spall, solidi attori di cinema che, nonostante il tempo limitato a loro concesso, si presentano fin da subito come gli elementi migliori del film, accrescendolo di momenti unici e divertenti. Nonostante le qualità di questo terzo episodio quindi, Harry Potter e Il Prigioniero di Azkaban resta comunque un film troppo lungo e piuttosto noioso e prevedibile che potrà piacere solo agli appassionati del genere.


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Inviato: 04-10-2004 06:54  
MONSTER


Voto: 5
Patty Jenkis esordisce con un film indipendente che propone di narrare la difficile e dolorosa storia di Aileen Wournos, una serial killer realmente esistita e condannata a morte nell'Ottobre del 2002. Il film s'incentra soprattutto sulla psiche e sui sentimenti della protagonista, alternando i suoi spaventosi omicidi con la tenera storia d'amore che vive con la giovane Selby. Fin dall'inizio Monster si presenta come un film pretenzioso, che tenta di dare una sorta di giustificazione agli omicidi commessi da Aileen con mediocrità ed un uso spicciolo della sua complessa psicologia, cercando di farne un ritratto veritiero che invece finisce per essere semplicemente banale e limitato. La regia è indubbiamente la parte più debole, Jenkis non riesce a costruire un'atmosfera adeguata intorno alla sua protagonista, proponendo un descrizione circoscritta e isolata che svigorisce l'intera tensione della pellicola. E' solo nelle scene più nude e crude che il film è capace di emozionare, mancando invece di forza e mano sicura in quelle più ricche di sfumature intime. Infatti dirige e narra la storia con uno stile fin troppo manieristico e ripetitivo, senza costruire efficacemente le sequenze, senza dare accento ed emozione ad esse, ricorrendo alle musiche per dare incisività ad una regia insicura e inefficace e cadendo nel difetto di sfavorire anche l'interprete femminile, Charlize Theron. Vincitrice di un immeritato Premio Oscar, la Theron tenta di immedesimarsi nella vera Aileen Wournos ricalcandone ossessivamente la gestualità, che però sullo schermo appare sopra le righe e fin troppo enfatica. Con la sua recitazione costantemente esasperata e quasi fastidiosa, fallisce nel tentativo di dare umanità al personaggio: non riesce a fare suoi, a interiorizzare, i gesti di Aileen, e finisce per risultare una caricatura della stessa, incastrata nella sua stessa interpretazione e mettendo troppa inflessione sul linguaggio del corpo, invece di quello emotivo. L'attrice manca di credibilità, e, salvo alcune scene ben riuscite, dove si rivela capace di esprimere verità e onestà interpretativa, manca nel dare autenticità al suo personaggio. Al contrario, risplende Christina Ricci, amabilmente misurata e intensa, capace di accrescere la poca caratterizzazione della sua Selby e facendosi interprete ambigua e sentita, dolce e turbata. Monster è quindi un film che viene meno proprio nei suoi stessi obiettivi, incapace di raccontare la sua storia in modo totale ed ampio, concentrandosi troppo su degli elementi che poi appaiono ripetitivi e senza riuscire ad emozionare e coinvolgere in una maniera più adeguata e profonda.


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Inviato: 04-10-2004 06:55  
L’AMORE RITROVATO

VOTO: 5 ½

Raccontare un amore realistico, intimo, semplice ma intenso. E’ questo il tentativo romantico di Carlo Mazzacurati, regista di L’amore ritrovato e co-autore della sceneggiatura tratta dal romanzo Una relazione di Carlo Cassola. Purtroppo, quel che ne risulta è un film mancante di vera passione, incapace di smuovere gli animi degli spettatori più esigenti, di commuoverli e di emozionarli. Cercando di dare un taglio realistico alla storia d’amore tra Giovanni (Stefano Accorsi, purtroppo monocorde e inespressivo) e Maria (Maya Sansa, eccezionale nella sua spontaneità e naturalezza), Mazzacurati cade ben presto nell’atmosfera pulita e cristallina, fin troppo piatta e semplicistica per una relazione così passionale. Tra gli altri punti negativi non si può certo scordare la poca attenzione dedicata al contesto storico, infatti i due innamorati, tolte le inevitabili differenze, potrebbero tranquillamente essere i protagonisti di una storia d’amore d’oggi, tant’è secondario il mondo attorno a loro: una mancanza grave, dato che le convenzioni storiche e sociali degli eventi raccontati sono così importanti nella riuscita della loro relazione. Ma nonostante questo, L’amore ritrovato riesce talvolta a risalire dalle superficialità e mancanze della storia e convincere, anche se non pienamente, lo spettatore. I più romantici e amanti delle storie strappalacrime infatti difficilmente resisteranno ad un amore così sofferto e pieno di avversità, dove il lieto fine è giustamente bandito dai cuori dei protagonisti e i pochi attimi di felicità vissuti insieme elevati a momenti indimenticabili. Giovanni e Maria s’incontrano fugacemente, lui marito in cerca di avventure e lei ragazza “facile” di campagna, ma s’incrociano qualche anno dopo e danno inizio ad un amore irrazionale e prettamente fisico, vorace nella sua passionalità e perciò presto condannato a finire. I due si incontrano per caso qualche mese più tardi, ed è solo a quel punto che l’amore vero entra nel loro cuore: si conoscono lentamente, senza fretta e con rispetto, si cercano, trascorrono insieme quel poco tempo a loro concesso, e senza neanche accorgersene, si innamorano. La loro relazione ha una durata complessiva di 10 anni, si ritrovano e perdono più volte, e ogni volta l’addio è crudele quanto più dolce è il momento della riconciliazione. Ma come l’amore tra Giovanni e Maria cresce sempre più, anche il desiderio di poter vivere la loro passione e tenerezza diventa invadente, e sarà lei a dire basta: l’amore che prova è troppo grande per essere rinchiuso in una storia clandestina vissuta in camere d’albergo e città sconosciute. In ogni amore, il dolore dell’addio è lacerante, ma la nostalgia ha un sapore dolce-amaro, e Giovanni e Maria si lasceranno con il regalo più immenso: infiniti ricordi di piccoli attimi di vita trascorsi insieme, quando il mondo non esisteva e il loro amore era unico.

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Sono impossibile da dimenticare
e difficile da ricordare.


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naly01

Reg.: 26 Nov 2001
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Da: Rignano Sull'Arno (FI)
Inviato: 04-10-2004 06:55  
SPIDER-MAN 2

VOTO: 7 ½

Un film migliore del primo. E’ sempre questa la sfida che di volta in volta si trovano ad affrontare i registi di sequel, e molto raramente è una sfida che riescono a vincere. Sam Raimi entra di diritto tra questi pochi autori, confezionando un seguito assolutamente e totalmente superiore al precedente. Una storia complessa e consistente, densa di avvenimenti e risvolti psicologici, dove non mancano né le scene d’azione che tanto piacciono agli appassionati, né le sequenze drammatiche e introspettive che tanto piacciono a chi pretende qualcosa in più di un mero film d’azione. Raccontata nel primo episodio la genesi del personaggio, adesso Sam Raimi si addentra con passione e divertimento nello sviluppo della storia, concentrandosi sui rapporti interpersonali e sulla psicologia del nostro piccolo eroe. Perché Spiderman è sì un supereroe, ma è soprattutto un ragazzo pieno di conflitti e dubbi, che in questo episodio deve fronteggiare definitivamente il dilemma (degno di Shakespeare) della sua vita: accettare il suo destino o tornare ad essere solamente il maldestro Peter Parker? “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, e Peter adesso più che mai desidererebbe solo essere un ragazzo normale con i suoi problemi “normali”, per vivere finalmente alla luce del sole l’amore che prova per la sua Mary Jane, regolarmente contrastato se continuasse ad essere l’eroe di New York City. Ma nessuno può sfuggire al proprio destino, soprattutto se ad un certo punto salvare il mondo non equivalesse a salvare il proprio amore: è proprio per la sua amata che Peter decide di rinunciare ai propri sogni e vivere la vita per la quale è designato.
Un film d’amore, è questo Spiderman: il rapporto tra Peter e Mary Jane diventa infatti il fattore cardine dell’intera storia, sviscerato nei suoi elementi conflittuali senza troppo sentimentalismo, e narrato così sinceramente e onestamente da rendere impossibile allo spettatore non affezionarsi a questa storia d’amore così complicata ma allo stesso tempo così semplice. Ma non solo: trovano ampio spazio anche le famigerate scene d’azione, alcune davvero ottime, anch’esse superiori all’episodio precedente per tensione, ritmo, costruzione narrativa e scenica, tempo dell’azione e coinvolgimento emotivo dei personaggi.
Il primo Spiderman ci appare adesso solo come una bozza, è il sequel il vero film della serie: completo, pieno di humour e di suspence, ben scritto e ben recitato (Tobey Maguire risulta ancora una volta la miglior scelta possibile per il suo sguardo da eterno ragazzino immerso in qualcosa più grande di lui) arricchito da elementi introspettivi rari in questo tipo di cinema ed eccezionalmente equilibrato in tutti i suoi elementi drammatici, comici e sentimentali. Sam Raimi non si prende troppo sul serio, ed è questo il punto di forza del film: si ride spesso del supereroe e del suo alter-ego, facendo di Spiderman un perfetto film d’intrattenimento narrato con intelligenza e cuore.

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Da: Rignano Sull'Arno (FI)
Inviato: 14-10-2004 13:23  
MUCCHE ALLA RISCOSSA

Voto: 5

Mrs Calloway, Grace e Maggie sono tre mucche che insieme intraprendono un faticoso viaggio: devono riuscire a salvare la loro fattoria “Angolo di paradiso”, colpita da un ingiunzione di sfratto e presto in vendita all’asta; si mettono quindi alla ricerca di un prepotente bandito, Alameda Slim, ladro di bestiame per il quale è prevista una ricompensa di 750$ per chiunque riesca a trovarlo. Ambientato nel Far West, il film utilizza i tipici elementi del genere western, dalle inquadrature alle musiche, senza però rielaborarli con originalità e cadendo ben presto in banalità e cliché. Mucche alla Riscossa non propone niente di nuovo, non ha la vitalità e l’intelligenza di un prodotto come Galline in fuga e la storia è fastidiosamente imperniata da un atmosfera infantile che lo rendono godibile solo per il pubblico più piccolo. Purtroppo la comicità nel film è quasi assente, si ride poco e le battute non brillano certo per originalità e ricercatezza. Anche il tocco commovente e il buonismo tanto cari alla casa targata Walt Disney questa volta non raggiungono lo spettatore, troppo avvolti da un’aria di deja-vu e fastidiosamente prevedibili e retorici. Anche i personaggi difettano degli stessi limiti, i personaggi sono piatti e stereotipati, magari strappano un sorriso che però non si trasforma mai in risata e complessivamente risultano poco carismatici.
Mancano in definitiva il ritmo e la genialità di film come Lilo & Stitch e la sensibilità e tenerezza dell’ultimo Koda fratello orso, che restano i soli due tentativi riusciti degli ultimi anni, confermando tristemente come la Disney sia ormai destinata a produrre film animati lodevoli per genialità e originalità solo quando in coppia con la Pixar, come è avvenuto con Monsters & Co e Alla ricerca di Nemo. Interessante il fatto che Mucche alla riscossa rappresenti l’ultimo lungometraggio Disney realizzato con l’animazione tradizionale per passare nel futuro alle sole opere 3D, ma in questo caso è poco importante la tecnica, quanto il fatto che la creazione della storia è mancante di estro e dinamismo. Sembrano ormai lontani e nostalgici i primi anni ’90, quando opere come La bella e la bestia e Il re leone brillavano per scrittura, dialoghi, inventiva, contenuto e musiche. Film completi, che davvero potevano competere con i film interpretati da attori in carne e ossa. Mucche alla riscossa non ha niente di tutto questo, le scene godibili sono poche e in fondo è un film che si dimentica non appena usciti dalla sala cinematografica.

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Da: Rignano Sull'Arno (FI)
Inviato: 14-10-2004 13:23  
HERO

VOTO: 9

Splendido. Semplicemente splendido. Hero è una continua sorpresa, un continuo incanto per gli occhi e la mente, perfetto in tutte le sue parti e con una storia capace di coinvolgere e entusiasmare. L’eroe: è questa la figura centrale del film. L’eroismo porta con sé innumerevoli riflessioni, e in Hero tutti gli ideali e i valori che portano a morire un guerriero sono ampiamente sviscerati. La premessa è che si può uccidere per gli stessi motivi per i quali si può morire: patria, amore, amicizia. E Senza Nome, il protagonista della vicenda, è un eroe che compie entrambi gli atti: uccide e muore da eroe.
Diretto dal regista di Lanterne rosse, Zhang Yimou, Hero racconta la storia della Cina di 2000 anni fa, quando il paese era diviso in sette regni in lotta fra loro. L’obiettivo del re del regno di Qin è quello di riunire la Cina sotto un unico regno, senza esitare per raggiungerlo ad eliminare tutti i suoi nemici.
Il re, sotto ampia protezione a causa delle continue minacce alla sua vita, accetta un’incontro con Senza Nome, l’unico guerriero che sia riuscito ad uccidere i suoi tre nemici più grandi, Cielo, Spada Spezzata e Neve che cade. Senza nome racconta di come è riuscito nell’impresa che pareva impossibile, ma ben presto vedremo come i fatti da lui raccontati non corrispondano alla realtà, fino ad arrivare ad un totale di tre variazioni sulle uccisioni dei tre grandi guerrieri, che porteranno infine alla risoluzione finale e allo svelarsi della verità. Sacrificio, lotta, eroismo, amore per la tradizione, lealtà, sono molteplici i temi toccati da Yimou e non vengono perse di vista neanche le relazioni tra i personaggi (bravissimi a tal proposito gli interpreti, con menzione speciale per la sempre bravissima Maggie Cheung), dove viene anche raccontato l’amore e la sua fine in un meraviglioso finale.
Ma più che il contenuto e la storia (abbastanza semplice, ma raccontata con intelligenza), di Hero non possono non colpire i meravigliosi combattimenti, le maestose scenografie, la suggestiva musica e l’incantevole fotografia. Non vi è una sola scena che stoni con l’insieme, tutte le sequenze sono piene di pathos e adrenalina, perfette in tutte le loro parti, con punte di diamante come il combattimento tra Neve che cade e Luna, meritevole singolarmente dell’intera visione del film: una pioggia e una distesa di foglie fanno da sfondo ad una lotta senza indecisioni, piena di meraviglie e altamente coinvolgente. Tutti i combattimenti non si riducono ad un mera lotta di spade, ma sono invece innalzate a puri attimi di poesia, dove ogni minimo attacco si trasforma in danza e i colori avvolgono simbolicamente la scena rendendola sempre più simile ad un vero dipinto. Ralenti, effetti speciali, costumi magnifici, musica, fotografia ampiamente cromatica, tutti gli accorgimenti e le parti tecniche rendono Hero un vero e proprio film poetico, che pur trattando un tema come la morte non scade mai nella volgarità, ma sorprende continuamente con sequenze mai uguali l’una all’altra, combattimenti sempre differenti e ben costruiti, arricchiti da ampie distese desertiche o scenografie imponenti e che davvero non possono deludere. La storia che tocca livelli lirici, la maestria che esprime Yimou con ogni singola inquadratura e la splendida costruzione d’insieme dei combattimenti fanno di Hero un film impedibile, un film che di volta in volta diventa pura musica, pittura, poesia; in due parole, un’opera d’arte.





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