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Osservatorio sulle tragedie trascurate dai media |
ipergiorg
Reg.: 08 Giu 2004 Messaggi: 10143 Da: CARBONERA (TV)
| Inviato: 29-10-2004 14:58 |
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ipergiorg
Reg.: 08 Giu 2004 Messaggi: 10143 Da: CARBONERA (TV)
| Inviato: 29-10-2004 14:58 |
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Congo : quarantamila vittime di stupro , denuncia Amnesty(osservatoriosullalegalità)
di Carla Amato
Almeno 40000 persone, donne, giovinette, bambini e uomini, sarebbero stati vittime di violenze sessuali negli ultimi 6 anni nella repubblica democratica del Congo. E' questa la denuncia che emerge da un rapporto presentato oggi da Amnesty International, che reclama un piano d'urgenza.
Nel rapporto si legge che gli abusi sono avvenuti ad opera di combattenti irregolari e che decine di migliaia di vittime continuano a soffrire per gli effetti delle violenze, cui gli ospedali della regione non sono in grado di far fronte che in misura minima. A piu' di un anno dall'installazione del governo di transizione a Kinshasa, infatti, solo 6 ospedali riescono a prendere in carico le vittime delle violenze sessuali.
Amnesty chiede dunque a Kinshasa ed ai gestori dei fondi internazionali di mettere in opera un programma d'urgenza al fine di fornire sostegno medico e psicologico alle vittime ed esortano il governo congolese a prendersi delle responsabilita' in ordine alla prevenzione ed alla punizione delle violenze al fine di mostrare che tali atti non sono tollerati.
Alla questione non sono estranei gli Stati occidentali esportatori di armi, che mettono le truppe irregolari in condizione di proseguire le loro razzie e violenze - dettaglio questo non irrilevante, soprattutto durante la settimana mondiale ONU del disarmo (24-30 ottobre).
A seguito di incontri avvenuti fra Amnesty, membri dell'ONU ed altre ONG umanitarie, e' stato unanimemente osservato che non si e' mai riscontrato in precedenza un cosi' alto numero di vittime delle violenze sessuali in un conflitto armato.
Una delle conseguenze di questo tipo di abusi e' l'aumento esponenziale delle malattie a trasmissione sessuale, fra cui in primo luogo l'AIDS: secondo il direttore del programma nazionale congolese di lotta all'AIDS, il tasso di contaminazione della malattia e' del 20-22% e nelle province orientali del Paese minaccera' piu' della meta' della popolazione da qui a dieci anni.
_________________
La sinistra: 2 persone 3 opinioni!
(rubata da Law & Order; non certo mia)
[ Questo messaggio è stato modificato da: ipergiorg il 29-10-2004 alle 15:01 ] |
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Julian
Reg.: 27 Gen 2003 Messaggi: 6177 Da: Erbusco (BS)
| Inviato: 29-10-2004 18:19 |
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Iper..mi stupisci!!Hai aperto un topic da vero "comunistaccio"!!
_________________ Se nulla capivo, qui tu finalmente
nulla lasciavi germogliare sulla brulla,
paradossale, tra noi terra infondata,
dove sono i leoni, ammattiti e marroni
lasciando immaginare
la sposa occidentale. |
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Tenenbaum
Reg.: 29 Dic 2003 Messaggi: 10848 Da: cagliari (CA)
| Inviato: 29-10-2004 20:08 |
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perchè non parliamo dei soldati onu che non hanno alzato un dito davanti a qualche strage
_________________ For relaxing times make it Suntory time |
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xander77
Reg.: 12 Ott 2002 Messaggi: 2521 Da: re (RE)
| Inviato: 29-10-2004 20:45 |
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Tortura sistematica contro i prigionieri di Aceh
Inviato da Ornella Sinigaglia
mercoledì, 06 ottobre 2004 21:32
I soldati indonesiani ricorrono abitualmente alla tortura nei confronti dei prigionieri sospettati di essere miliziani del GAM, il movimento armato per l'indipendenza di Aceh. A farne denuncia è l'organizzazione Human Rights Watch, che per redarre il rapporto ha intervistato 35 sospetti ribelli imprigionati, tra i quali anche due adolescenti. Bruciature di sigarette, privazione del sonno, percosse, umiliazioni, scosse elettriche. Di questo sono accusati i vertici militari, che non sono nuovi alle accuse ma continuano a negarle.
Il rapporto ha anche sottolineato le sistematiche violazioni nel corso degli arresti, della detenzione e dei processi ai sospetti ribelli del GAM. Nella maggior parte dei casi le forze di sicurezza indonesiane hanno arrestato i sospettati senza accertare la colpevolezza, e il consiglio per la difesa non prendeva parte al processo; nel corso dei processi inoltre non si portavano prove delle dubbie confessioni e non si facevano controlli incrociati sulle evidenze di innocenza.
Sebbene essere membri del GAM non sia un crimine per la legge indonesiana, centinaia di persone in Aceh sono state processate e condannate con l’accusa di makar, traducibile come “ribellione”. Ma il crimine di makar è una definizione ampia e dai contorni mal definiti, che rende molto difficile la difesa giudiziale e che diventa per questo un capo d’accusa abusato.
“Dopo l'arresto sono stato portato in una base illegale. Era una sede per le torture. Sono stato interrogato e maltrattato, mi hanno legato le mani e mi hanno bendato, e poi hanno iniziato a picchiarmi, mi hanno applicato degli elettrodi e hanno abusato di me finché sono diventato livido”. Questa è solo una delle numerose testimonianze contenute nel rapporto di oltre 50 pagine.
Sopyani, un ragazzo di 16 anni, è stato condannato a tre anni di detenzione. Non ha potuto difendersi e la sua condanna è basata sulle confessioni estorte a suon di bastonate e colpi con il calcio dei fucili. Ha avuto paura di trattare la sua condanna per timore che venisse ampliata. E non può vedere la sua famiglia, perché è rinchiuso a 1.100 chilometri da casa sua.
“Al mattino ero picchiato da due uomini, alla sera ero picchiato dal celerino. Mi colpivano con un pezzo di legno, uno usava il calcio del fucile e un altro mi prendeva a calci. Sono stato picchiato per tre giorni e tre notti, e ci praticavano l’elettro-shock”, ha raccontato Sopyani a un incaricato di Human Rights Watch.
Il tipo di torture e il fallimento dei processi documentato dall’organizzazione umanitaria dimostra che non si tratta semplicemente di abuso di potere da parte degli ultimi anelli della catena militare. I casi di tortura documentati sono tristemente simili a quelli commessi dalle forze di sicurezza indonesiane in Aceh e in altre regioni del paese.
Ironicamente, in primavera i portavoce del governo indonesiano avevano criticato il comportamento degli Stati Uniti in Iraq e il ricorso sistematico alla tortura nel carcere di Abu Graib.
Susilo è il nuovo presidente dell'Indonesia
Lo scorso 4 ottobre la Commissione elettorale indonesiana ha annunciato il nuovo presidente: Susilo Bambang Yudhoyono ha vinto il ballottaggio del 20 settembre con il 60,6% dei voti, contro il 39,4 conferiti alla presidente uscente Megawati Sukarnoputri. Una differenza che, in numero di schede, corrisponde a 25 milioni di voti. La presidente uscente annuncia di voler aprire un'indagine sul conteggio dei voti, poiché sostiene che in alcune province ci sarebbero stati brogli. Ma la minaccia non sembra preoccupare il neo eletto, che nel governo di Sukarnoputri era ministro per la sicurezza.
Il prossimo 20 ottobre Susilo giurerà e ha annunciato che inizierà a lavorare dal primo giorno. Gli analisti internazionali hanno diffuso le loro previsioni già prima che la commissione annunciasse il risultato ufficiale: se il nuovo presidente Susilo gioca bene le sue carte l'Indonesia potrebbe entrare in un periodo di mini-boom economico. Le possibilità di una crescita verticale, sostiene il rappresentante permanente del Fondo internazionale mondiale (FMI) a Giakarta Stephen B. Schwartz, sono dovute dalla stabile macroeconomia costruita da Sukarnoputri, dalle enormi risorse naturali e sulle potenzialità di un mercato interno di 220 milioni di abitanti, allo stesso tempo vastissimo bacino di manodopera.
Non sono così ottimisti gli abitanti di Aceh, e soprattutto i portavoce del GAM: “Yudhoyono ha un'ottima formazione e riconosce l'impatto politico e le implicazioni del dialogo bilaterale, ma è comunque un militare e pensa come un militare”, ha commentato Abdullah Bakhtiar, portavoce dei ribelli rifugiatosi a Stoccolma.
“Qualunque cosa succeda in Indonesia è irrilevante per la popolazione di Aceh perché continuano ad essere uccisi, torturati e oppressi giorno per giorno. Le nostre personalità chiave sono state uccise, i negoziatori arrestati e condannati a molti anni di carcere o banditi dal paese”, ha continuato Bakhtiar.
Yudhoyono nel frattempo ha rigettato la possibilità che Aceh, provincia ricca di gas e petrolio, possa ottenere l'indipendenza. Sebbene nel 2003 Susilo fosse stato una figura chiave nei processi per il cessate il fuoco, allo stesso tempo, in qualità di ministro della sicurezza, ha avuto un ruolo nelle pressioni sull'allora presidente a imporre la pena capitale in Aceh.
Ornella Sinigaglia
_________________ "Quando sarò grande non leggerò i giornali e non voterò. Così potrò lagnarmi che il governo non mi rappresenta. Poi quando tutto andrà a scatafascio, potrò dire che il sistema non funziona e giustificare la mia antica mancanza di partecipazione" |
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xander77
Reg.: 12 Ott 2002 Messaggi: 2521 Da: re (RE)
| Inviato: 29-10-2004 20:48 |
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Ai testimoni del genocidio viene chiusa la bocca
Ruanda: 17/12/03 - 13:30:19 da F.Poglio
I testimoni del genocidio del 1994 di quasi un milione di Tutsi ed Hutu moderati avvenuto in Ruanda sono sistematicamente intimiditi, malmenati ed addirittura uccisi; altri sono stati costretti a darsi alla macchia per non essere assassinati.
Lo rivela un rapporto dell'associazione Ibuka ("ricordati" in lingua Kinyarwanda), creata nel 1995, che difende e rappresenta i sopravvissuti alla tragedia. Gli omicidi avvengono al ritmo di più di uno al mese e solo negli ultimi giorni almeno tre testimoni sarebbero stati uccisi nella provincia sudoccidentale di Gikongoro. L'ultimo omicidio in ordine cronologico ha una connotazione spaventosa: un uomo sarebbe stato smembrato di fronte alla sua famiglia come monito per altri eventuali testimoni.
Nel luglio del 1999 sono stati istituiti dei tribunali speciali, per sveltire e rendere più efficienti i processi a chi ha partecipato ai cento giorni di massacri, almeno centotrentamila persone sarebbero in attesa di giudizio: le corti Gacaca, riedizioni dei tribunali tradizionali per l'amministrazione della giustizia nei villaggi. Sono per questo stati formati e nominati più di duecentocinquantamila giudici civili, scelti tra persone di comprovata integrità.
L'obbiettivo è quello di sveltire e riuscire a smaltire le procedure giudiziarie visto l'altissimo numero di imputati, una persona su settantatrè ha preso parte ai cento giorni di eccidi, e di facilitare la riconciliazione tra le etnie sul territorio.
I reati sono stati divisi in quattro categorie: pianificazione ed organizzazione del genocidio, partecipazione diretta e volontaria alle uccisioni, omicidio colposo durante gli scontri e reati contro la proprietà.
I colpevoli della prima categoria vengono processati dai tribunali internazionali, come accade al tribunale di Arusha (Tanzania) per numerosi esponenti hutu al governo nel 1994, mentre per le altre tre categorie sono state rese competenti le corti Gacaca.
"La ragione dietro alle uccisioni è quella di bloccare e spaventare i sopravvissuti al genocidio dal testimoniare nelle corti Gacaca" - spiega un documento di Ibuka - "Questi omicidi sono stati ben pianificati e sono mirati a far sì che una certa parte della popolazione tenga la bocca chiusa. Li condanniamo e chiediamo alle autorità di fare qualcosa".
_________________ "Quando sarò grande non leggerò i giornali e non voterò. Così potrò lagnarmi che il governo non mi rappresenta. Poi quando tutto andrà a scatafascio, potrò dire che il sistema non funziona e giustificare la mia antica mancanza di partecipazione" |
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xander77
Reg.: 12 Ott 2002 Messaggi: 2521 Da: re (RE)
| Inviato: 29-10-2004 20:52 |
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E infine un riassuntino da cui trarre qualche spunto.
Messico/Chiapas
I guerriglieri dell'EZNL combattono contro il governo centrale rivendicando i diritti delle comunità indigene
Guatemala
A 7 anni dalla fine della trentennale guerra civile, tarda ad arrivare un vero accordo di pace
Bolivia
Dopo la "guerra del gas", la situazione di estrema miseria di gran parte della popolazione non contribuisce a riportare pace e serenità ai piedi della Ande
Venezuela
Iil duro scontro istituzionale tra il presidente Chavez e l'opposizione, continua a far vivere il Paese in costante tensione
Perù
Dopo 20 anni di guerra civile, una pace duratura, tra corruzione, scontri occasionali e diritti negati, tarda ad arrivare
Regno Unito/Irlanda del Nord
Continua il contrasto tra i protestanti e la minoranza cattolica, che chiede l'annessione dell'Ulster alla repubblica d'Irlanda
Spagna/Paesi Baschi
Nonostante i ripetuti colpi subiti dai separatisti dell'ETA, continuano sporadici gli attentati dinamitardi
Francia/Corsica
Decisamente in calo le attività armate dei separatisti corsi, ma scontri si verificano ancora di quando in quando
Bosnia
12mila uomini della Nato mantengono l'ordine in questa terra che tutto appare fuorchè pacificata
Serbia-Montenegro/Kosovo
Tarda ad arrivare una soluzione definitiva per questa provincia autonoma della Serbia, dal 1999 protettorato ONU
Macedonia
La difficile convivenza tra macedoni ed albanesi resta il problema centrale di questa repubblica
Moldova/Transdnistria
Lla Transdnistria, la repubblica non riconosciuta della minoranza russa, rimane un problema per tutta la comunità internazionale
Georgia
Iil Paese rimane dilaniato sia al proprio interno che nelle sue repubbliche autonome, Abkhazia e Adjaristan, di fatto indipendenti
Armenia-Azerbaijan
Rrimane irrisolta la questione del Nagorno-Karabakh, enclave armena in territorio azero e controllata dall'Armenia
Turchia/Kurdistan
La minoranza curda in Turchia, dopo decenni di persecuzioni e guerre, chiede diritti troppo a lungo negati
Iran
I contrasti tra riformisti e conservatori al potere appaiono sempre più insanabili
Pakistan
Il governo sempre più in difficoltà, mentre monta la protesta dell'opposizione islamica
Myanmar
I contrasti tra governo centrale e minoranze etniche sfociano periodicamente in scontri, nonostante ripetuti accordi di pace
Indonesia/Molucche
Prosegue il faticoso processo di pacificazione tra le comunità cristiana e quella islamica nell'isola
Indonesia/Sulawesi
Continuano gli attacchi alle popolazioni cristiane dell'isola
Indonesia/Papua
Le popolazioni locali continuano a chiedere l'indipendenza dall'Indonesia, spesso in manifestazioni che terminano con morti e feriti
Cina/Sinkiang-Uygur
Attentati e strani legami in questo lembo dimenticato dell'Asia Centrale che difende la propria identità
Cina/Tibet
Dal 1949, anno dell'invasione cinese, si consuma il dramma di un popolo che non vuole scomparire
Laos
I ribelli/fuorilegge Hmong schiacciati dalla spietata repressione del governo laotiano
Thailandia
Sconfinamenti di ribelli birmani ad ovest e tumulti della minoranza malay al Sud, creano preoccupazioni nell'antico regno del Siam
Marocco/Saharawi
Dal 1975 il popolo saharawi si oppone all'occupazione marocchina, il conflitto è irrisolto ma mantiene una bassa intensità
Senegal/Casamance
Ancora si segnalano scontri e attentati nell'area del Casamance, abitata in prevalenza da cristiani che vogliono l'autonomia da Dakar
Guinea Bissau
Colpi di stato a ripetizione non facilitano lo sviluppo di questo poverissimo Paese
Sierra Leone
Dopo la fine della devastante guerra civile, la Sierra Leone deve ora affrontare i problemi della ricostruzione e della rivalità tribali
Ciad
Continua instabilità ed estrema rimangono un seria ipoteca sulla via dello sviluppo del Ciad
Congo Brazzaville
L'accordo di pace con i ribelli ninja non ha ancora permesso di riportare il Paese alla normalità
Angola
La trentennale guerra civile, pur terminata, ha lasciato il Paese in ginocchio, inoltre, rimane irrisolto il problema Cabinda
Zimbabwe
La repressione del presidente/dittatore Mugabe sta conducendo lo Zimbabwe al collasso
Comore
Frequenti colpi di stato e forti tensioni sociali provocano grave instabilità politica in tutto il piccolo arcipelago
Ruanda
Dopo l'apocalisse di 10 anni fa, il ritorno alla normalità è un lungo ed irto cammino
Repubblica Centrafricana
Colpi di stato e rivolte militari sullo sfondo di un Paese tra i più poveri del Mondo.
E un link interessante.
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xander77
Reg.: 12 Ott 2002 Messaggi: 2521 Da: re (RE)
| Inviato: 04-11-2004 20:32 |
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Chi sono gli Uiguri
_________________ "Quando sarò grande non leggerò i giornali e non voterò. Così potrò lagnarmi che il governo non mi rappresenta. Poi quando tutto andrà a scatafascio, potrò dire che il sistema non funziona e giustificare la mia antica mancanza di partecipazione" |
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