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Autore Pansa spiega le due Simone e il suo nuovo libro
ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 09-10-2004 11:27  
Le Simone, i kamikaze,Cossutta:Pansa smonta le tesi della sinistra


di MATTIA FELTRI -«Credo di essere una persona bonaria, lenta all’ira, ma le due Simone mi hanno fatto davvero imbufalire. Mi hanno fatto uscire dai gangheri. Quando sono rimpatriate non hanno avuto parole per nessuno se non per i loro sequestratori, e lo trovo inammissibile. Non hanno ringraziato Berlusconi, e passi; non hanno baciato in fronte Scelli, e Scelli se ne farà una ragione. Ma le vittime! Dimenticare le vittime è stato vergognoso. Gli altri ostaggi meno fortunati di loro, quelli accoppati come vitelli al mattatoio, i carabinieri e i civili di Nassiryia: come hanno fatto a dimenticarli?». Parlando con Giampaolo Pansa del suo ultimo libro è inevitabile finire su altri terreni: la guerra d’oggi, il terrorismo islamico, l’atteggiamento dell’Italia e di tutto l’occidente, le questioni di casa nostra. Il libro si intitola “Prigionieri del silenzio”, è edito come tutti gli ultimi da Sperling & Kupfer, conta 445 pagine, costa 17 euro e sarà in libreria da martedì. Il protagonista è Andrea Scano, comunista finito nei gulag di Tito dove gli vengono inflitti i peggiori tormenti. Eppure rimane comunista. Così sono saltate fuori le Simone, simpatizzanti della «resistenza irachena » anche dopo il sequestro.

Pansa dice: «Queste due ragazze sono figlie del loro mondo, ma sono state capaci di perdersi da sole. Tutta Italia, o quasi, le guardava con simpatia, perché sono giovani, perché sono donne, perché sono generose. Potevano dire quello che volevano. Ma cancellare Quattrocchi e Baldoni, no. Allora poi è giusto mandarle a quel paese. E ho trovato sconcertante questo atteggiamento verso i loro rapitori, come se il sequestro di persona fosse nulla, anziché una delle violenze più infami che si possano concepire. Il sequestro annulla tutto, annulla la libertà, la dignità. È mostruoso. Può essere peggio dell’omicidio. Passare sopra al sequestro in sé è un’altra cosa che mi ha mandato in bestia».

Perché lo hanno fatto?
«Non lo so. Non so nemmeno quale cultura appartengano. So che queste ragazze non hanno il senso della normalità. Bisogna dire le cose normali, le cose vere. Con gli anni, e ne ho quasi sessantanove, ho imparato che la verità col tempo viene sempre fuori».

Già che ci siamo, che pensa dei soldi presi da Cossutta?
«Ho letto i vostri articoli. Mi paiono documentati. Vedremo. Certo, se saltasse fuori che davvero Cossutta si è messo in tasca i soldi del Kgb destinati al Pci, sarei l’ultimo a stupirmi. Poi posso dire che nessun giornale vi verrà dietro. Quelli di destra per gelosia, quelli di sinistra per convenienza».

Torniamo al suo libro, nel quale la menzogna al servizio della causa è protagonista importante.
«Nel libro si racconta una storia vera, quella di Andrea Scano. Dopo aver scritto “Il sangue dei vinti” per ripercorrere la resa dei conti, brutale e spesso inutile, dei partigiani sui fascisti, mi interessava concentrarmi sui guai di un vincitore. O almeno, di uno che si credeva tale».

Chi era Andrea Scano?
«Un comunista sardo. Partecipò alla guerra civile spagnola, poi alla guerra contro i nazifascisti dopo la caduta di Mussolini. Nel dopoguerra dedicò, come tanti del Pci, ad accumulare le armi in vista dell’ora X, quella della rivoluzione che avrebbe portato l’Italia a diventare una repubblica popolare. Scoperto, fu condannato al carcere e, per scamparne, con l’aiuto del partito fuggì in Jugoslavia. Per sua sfortuna in quel momento consumò la rottura fra Tito Stalin. Il Pci si schierò con Mosca, cioè con il Cominform, la federazione dei partiti comunisti europei. I cominformisti furono visti da Belgrado come traditori del socialismo e nemici del popolo, e dunque perseguiti. Scano fu arrestato condotto nel gulag. Fu torturato, umiliato, ridotto alla fame, costretto a picchiare i suoi compagni per dimostrare di essere tornato sulla retta via»

Un incubo. A maggior ragione per un comunista convinto.
«Non è tutto. Nel gulag fu costretto a spedire in Italia una cartolina inneggiante al compagno Tito. E quando, dopo tre anni di supplizi, riuscì a tornare in patria, nessuno volle aiutarlo: era un traditore, venduto a Tito, che la propaganda sovietica, e dunque del Pci, indicava come venduto agli imperialisti, all’America, alla Cia».

Non è cambiato molto. Oggi lo si dice del presidente iracheno Allawi, dell’Onu quando è d’accordo con Bush...
«No, non è cambiato molto. Certa sinistra, e mi duole dirlo, è malata da decenni di complottismo. Vede complotti ovunque. Se i terroristi rapiscono le Simone, si parla subito della Cia. C’è la Cia ovunque. La sinistra si deve sempre inventare un nemico. Poi gira e rigira è l’America. Ma vorrei tornare alle vicende di Scano. . . » .

Non è finita?
«Macché. Insomma, traditore per i titini e traditore per gli italiani, a causa di quella cartolina. Non gli davano lavoro, non gli davano ospitalità, non lo rivolevano nel partito. Poi, per colmo, Krushev riagganciò con Tito. Sbarcò a Belgrado, lo baciò sulla bocca e disse che era un bravo comunista, e che tutto quello di pessimo che s’era detto sul suo conto dipendeva dalle trame imperialiste, filoamericane e fasciste di Berija (ministro di Stalin, ndr). Caso chiuso. Tranne che per Scano. Allora gli dissero: ma come, sono anni che vai dicendo che Tito è un furfante. Capito? La cartolina che l’aveva compromesso per tanto tempo tornava a comprometterlo, stavolta perché era una soltanto e nemmeno troppo convincente».

Eppure Scano continuò a considerarli compagni che sbagliano. Restò comunista e stalinista.
«È la forza dell’ideologia. Chi è giovane non può capirlo fino in fondo. Per Scano, e per tanti come lui, il comunismo era una fede, uno scopo nella vita. Con gli occhi di oggi può sembrare una follia, ma l’idea di rivoluzionare il mondo per portarvi la felicità era qualcosa cui aggrapparsi. Come se un prete di campagna venisse sequestrato e seviziato da una banda di vescovi. Non per questo smetterebbe di credere in Dio».

È scandaloso, dopo aver letto il suo libro, pensare che fosse preferibile finire nelle mani dei fascisti piuttosto che in quelle dei titini?
«Bisogna fare attenzione. I totalitarsimi sono uno schifo comunque, non è bello mettersi a fare delle graduatorie. Berlusconi fece uno scivolone tremendo quando disse che il confino in Italia era una villeggiatura. Scano finì a Ventotene per mano dei fascisti, e patì la fame e le botte. Però è vero, ed è una verità storica inoppugnabile, che fra Ventotene e Goli Otok (uno dei gulag di Tito, ndr)c’è una distanza incolmabile. L’orrore di Goli Otok non è paragonabile con altri. Molti dei reclusi scampati sia al nazismo che a Tito, raccontarono che Goli Otok fu anche peggio dei lager di Hitler. Ad Auschwitz puntavano ad annientarti fisicamente, a Goli Otok ti annientavano psicologicamente. Lì si diventava cadaveri viventi. I prigionieri non dovevano morire, dovevano soffrire il più possibile».

Lei è un uomo di sinistra. La accuseranno di nuovo di revisionismo storico. Di essersi venduto alla destra.
«Non mi importa. Ma davvero per nulla. Hanno detto di me che sono diventato un agit prop delle destre. Che ci posso fare? Io vado avanti per la mia strada, che è quella di raccontare il Novecento, che è il mio secolo, da povero dilettante quale sono. Del resto ho visto che anche il bravo Toni Capuozzo, dopo l’intervista concessa a Libero, in cui parla di un Iraq diverso da quello di cui parlano altri giornalisti, è stato pesantemente criticato a sinistra. A me piace Capuozzo, lo seguo sempre, trovo che sia un uomo sereno e preparato. Purtroppo in Italia continua una guerra civile delle parole. E tanti giornalisti continuano ad andare in giro con l’elmetto. Chi non la pensa come loro è un nemico».

Si sente un po’ come Scano?
Per cortesia, non bestemmiamo. Quella di Scano fu una tragedia immane, imparagonabile a qualche malevolenza di cui sono talvolta l’obiettivo. A me preme la stima dei miei lettori che sono tanti. “Il sangue dei vinti” ha venduto 330 mila copie, e continua a vendere. Mi preme la stima di chi è disposto a leggermi e a giudicarmi senza vedere in me un nemico. Se poi salterà su qualche storico col bollo a dire che sono passato con Berlusconi, pazienza».

Però le dinamiche sono le stesse di sessanta anni fa.
«No, no. Assolutamente. Sono un uomo fortunato. Sono cresciuto in un’Italia democristiana senza essere democristiano. Anzi, dalle mie parti ero considerato una specie di rivoluzionario in calzoni corti. Non sono nato in una famiglia importante, non avevo santi in paradiso, eppure ho fatto la mia strada, in un paese libero. Questo grazie a quel sant’uomo di Alcide De Gasperi. La vera data della Liberazione non è il 25 aprile 1945, ma il 18 aprile 1948, quando De Gasperi vinse le elezioni».

Lei scrive di essere dipiaciuto perché tante cose le ha scoperte quando già aveva i capelli grigi. Scano forse non le ha mai capite. Però in Spagna, con lui, c’era George Orwell, ancora marxista. Si ricredette prima della fine della guerra civile.
«Orwell capì tutto. Mi viene in mente il finale di “Omaggio alla Catalogna”, il suo libro sulla guerra civile spagnola. Era il 1939. Rientrava in Inghilterra. Era l’alba. Vedeva le villette ordinate, i giardinetti, i quotidiani e le bottiglie di latte all’uscio. Pensò a quel beato e profondo sonno, e che presto tutti sarebbero stati ridestati dal fragore delle bombe. Mi viene in mente l’Italia di oggi, coi suoi cellulari, le sue moviole, i suoi grandi fratelli. Come se la guerra non ci fosse. Come se il terrorismo islamico fosse un film per altri schermi. Come se Quattrocchi e Baldoni non ci riguardassero. Come se quei morti non fossimo noi. Poi un giorno saremo svegliati dal fragore delle bombe. E sarà tardi».


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ADRIANOOOOOOOO!!!!!!!

[ Questo messaggio è stato modificato da: ipergiorg il 09-10-2004 alle 11:34 ]

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Engels

Reg.: 05 Ott 2004
Messaggi: 65
Da: San Remo (IM)
Inviato: 10-10-2004 22:29  
questa intervista è molto bella, anche se nn la condivido in pieno.
bravo.
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ho speso una vita cercando di farmi un nome, ora sono "Aman", il senza nome. (T.T.)

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